I 151-153: lo Stato aumenta le sue attività

 

[…] nel corso dell'evoluzione, l'economia privata si è gradualmente mutata in economia regionale, la quale poi, in un determinato momento all'inizio della storia moderna, sfocia nell'economia statale [il grassetto è mio - ndc]. Ciò avviene in modo assai caratteristico, in quanto l'economia privata, l'iniziativa economica privata, passa gradatamente ai corpi amministrativi, in quanto l'amministrazione fiscale si allarga ad economia totale. Vediamo in tal modo come l'economia si trasformi in vita statale, come la vita statale, come la vita statale assorba la vita spirituale [leggi: la vita immateriale, culturale - ndc]; poi vediamo sorgere il moderno organismo statale economico e spirituale che, come tale, si accresce sempre più in potenza; a sua volta esso dovrà subire una certa articolazione, se la vita economica vorrà progredire.


Di tutto ciò non ci interessa tanto questa articolazione, quanto il fondersi, come per lo più è avvenuto, delle aziende private in un complesso più vasto, nell'economia nazionale; in questo si crea una nuova struttura sociale che però mantiene ancora in vigore il principio economico privato, cioè l'elemento primitivo. Che cosa risulta qui dal punto di vista economico? Nasce fra le singole economie private uno scambio che viene regolato nei modi più diversi. Ma tale regolazione ondeggia come una nuvola al di sopra dell'intero complesso, mentre ciò che subentra in sostanza attraverso questa fusione delle singole economie private in un'economia nazionale, è lo scambio, il commercio tra le singole economie private. Ne consegue che, siccome dallo scambio economico (come abbiamo visto ieri) ognuno dei contraenti trae un guadagno, o almeno può trarlo, le singole economie che si uniscono per attivare tra loro degli scambi (e sappiamo che nel quadro economico lo scambio ha la parte essenziale), ne traggono un guadagno. Vediamo dunque che, per la semplice possibilità di esercitare uno scambio vicendevole, le singole unità economiche si avvantaggiano di questa loro fusione. Si può calcolare esattamente, con le cifre alla mano, quale guadagno tragga un'economia privata dallo scambio con altre economie private con le quali è unita in un sola compagine economica. Ognuna di esse ne trae qualche profitto, e dal punto di vista economico ciò ha a sua volta importanza.
 

Quando poi iniziò la scienza economica moderna, nei modi più svariati, si era in sostanza giunti al punto in cui dalle economie private si erano formate le economie nazionali; se si vogliono comprendere per esempio le concezioni economiche di Ricardo (David Ricardo, 1772-1823, economista inglese: con Adam Smith è considerato il più eminente teorico della scuola economica classica. Sulla base della libertà di commercio egli sviluppò una teoria del valore e soprattutto la sua teoria della rendita fondiaria. La sua opera principale è “Principles of political economy and taxation” del 1817) e di Adam Smith, bisogna tener conto che, nello svolgere il loro pensiero, essi osservavano appunto questa collaborazione di aziende private. In Adam Smith si noterà ad ogni passo come il suo pensiero prenda le mosse dalle aziende private e ne tragga le proprie conclusioni. D'altro lato, essi osservavano la fusione delle aziende private in un economia nazionale. Ma siccome anche a questa applicavano in massima parte lo stesso modo di pensare che avevano rivolto all'economia privata, svilupparono per lo più le loro opinioni considerando l'economia nazionale alla stessa stregua di quella privata; ossia vedevano la fecondità dell'economia nazionale nel fatto che le economie nazionali entrino a loro volta in rapporti di reciproco scambio e da questi traggano il loro vantaggio. Per esempio anche il sistema mercantilistico era fondato sulla base dei vantaggi derivanti dagli scambi citati.


Ma già da una tale fusione di singole aziende private in una grande economia nazionale, deve stabilirsi come una specie di direzione, da parte dell'azienda privata più potente formatasi in tale complesso. Questo fatto, che si sarebbe indubbiamente verificato col trapasso dall'economia privata all'economia nazionale, è stato appunto mascherato, nascosto, e non si è manifestato appieno, perché tale direzione venne assunta dallo Stato. Altrimenti questa direzione sarebbe stata assunta da un'azienda privata, e precisamente da quella più potente. Così tutto ciò che faceva parte di aziende private andò fluendo, direi quasi precipitando, nell'economia statale.


Quando però, nel corso dell'epoca moderna, lo scambio vicendevole tra le singole economie nazionali, cioè il traffico mondiale, diventò realmente sempre più vasto e generale, l'emergere della direzione sopraccennata divenne evidente, perché nel modo più ovvio l'Inghilterra, con la sua economia nazionale, divenne appunto l'economia dominante nei tempi moderni. Se già da un altro punto di vista ho richiamato l'attenzione sul fatto che l'Inghilterra ebbe uno sviluppo continuativo dal commercio all'industria, si deve pur dire d'altra parte che essa, durante la conquista delle sue colonie, cominciò a dettar legge per la stabilizzazione della moneta. Le sue colonie, come di solito avveniva per le economie private, si erano raggruppate in un più vasto complesso economico; ne derivarono anzi tutti i vantaggi interni che sorgono sempre con lo scambio, e cominciò altresì quella potente direzione economica cui fu possibile, col perfezionarsi degli scambi mondiali, di esercitare poi un'azione dominante nella vita economica del mondo. Inoltre l'Inghilterra divenne il paese che dettò legge per la stabilizzazione della moneta; gli Stati che adottarono la moneta aurea lo fecero in seguito all'imposizione inglese; e siccome nello scambio tra un paese ricco di valuta aurea è un altro che non ne possedeva, quest'ultimo doveva trovarsi in svantaggio, è facile comprendere come, sotto l'influsso del traffico, l'Inghilterra assurgesse a potenza economica dirigente.
 

Finché le cose stavano così, i concetti economici, sempre forse con qualche modificazione e qualche perfezionamento, potevano proseguire in linea retta le direttive elaborate da Hume (David Hume, 1711-1776, filosofo e storico inglese; influì fortemente sugli illuministi francesi, e anche sul positivismo e lo psicologismo del secolo diciannovesimo), da Adam Smith, da Ricardo, e in sostanza, sebbene quasi capovolte, anche quelle date in seguito di Karl Marx.