II 38-40: lo Stato scompare con la triarticolazione
Osservazione: Viene posto di nuovo in discussione il concetto
di riconoscimento, e di nuovo esso viene indicato da Rudolf Steiner come
inadatto per la scienza economica.
Rudolf Steiner: Il concetto di riconoscimento porta alla filosofia
dell'economia, e non in realtà nella vera e propria scienza economica. Inoltre
dobbiamo tendere a trovare nella scienza economica concezioni che possano essere
portate avanti, in quanto esse si modificano sempre da sole attraverso tutta la
vita economica. Col concetto di riconoscimento sarà difficile poter raggiungere
tutti gli elementi economici, senza dover ampliare molto il concetto stesso.
Naturalmente lo si può sempre fare con i concetti. Voglio fare un esempio: come
si strutturerebbe il concetto che ieri è stato formulato, se esso dovesse
confrontarsi con il caso di un quadro di Rembrandt, fino ad ora del tutto
sconosciuto, che fosse ritrovato in un posto qualsiasi in un magazzino, dove si
trattasse di stabilirne il valore economico, del quale certamente è possibile
parlare? Non intendo ora come in genere si potrebbe fare, ma come si porrebbe il
problema in base al concetto di riconoscimento.
Osservazione: Chi sostiene il concetto del riconoscimento tiene responsabile
la sfera "politica" [il grassetto è mio -
ndc] per il fatto
che riconoscimenti determinano processi asociali, per esempio ingiustificati
profitti di congiuntura.
Rudolf Steiner: Avendo la possibilità di tradurre giustamente in realtà la
triarticolazione, si elimina il concetto di "sfera politica", nel senso ora
esposto. Essa è in sostanza rappresentata dalla vita giuridica, e quindi
l'elemento politico verrebbe del tutto eliminato dalla vita economica; non si
dovrebbe cioè arrivare ad un "riconoscimento" da parte di qualsivoglia elemento
che si comporti politicamente.
Pure esiste il problema: che cosa è in definitiva la "sfera politica»?
È in sostanza un concetto straordinariamente secondario, molto deviato.
In una prospettiva solo economica non esiste infatti alcuna disposizione a
essere politici. Nell'esempio portato, in cui un imprenditore, avendo
calcolato su un ricavo di 200.000 marchi a fronte di una spesa per salari di
80.000, si trova a incassarne 500.000 per una congiuntura molto favorevole, non
esiste alcuna necessità di entrare nella politica. Può per esempio verificarsi
che l'imprenditore, avendo guadagnato di più ed essendo magari gli operai
soddisfatti con gli 80.000 marchi avuti, dica apertamente ai dipendenti: "Avevo
calcolato di ricavare 200.000 marchi, ma ora mi trovo ad averne 300.000 di più.
Avevamo iniziato questa operazione nella previsione di un ricavo di 200.000, e i
300.000 sono quindi tutti in più. Per diverse ragioni inerenti al complesso
dell'organismo economico nel quale viviamo, io trovo più giusto per esempio
fondare una scuola con questi 300.000 marchi invece di distribuirli fra voi.
Siete d'accordo?". Abbiamo qui un caso in cui il processo economico è rimasto
uguale, e non è affatto necessario fare i conti con chi sa quale fattore
politico.
Nella storia del mondo la sfera politica è un prodotto
secondario, e ciò deriva soltanto dal fatto che i primitivi rapporti di forza,
magari molto antipatici ma certo del tutto leali, hanno assunto a poco a poco la
forma della guerra fra gli uomini. Non si potrà magari dire che la guerra è
la continuazione della politica solo con altri mezzi, ma la politica è la
guerra moderna trasposta nell'elemento spirituale [leggi:
immateriale - ndc].
La guerra consiste infatti nell'ingannare l'avversario, nell'introdurre una
condizione qualsiasi per cui lo si inganna. Ogni aggiramento in guerra, tutto
quanto si fa senza che sia un attacco diretto, tende a ingannare l'avversario.
Il comandante militare avrà meriti tanto maggiori quanto meglio gli sarà
riuscito di ingannare il nemico. Trasposto nella sfera spirituale, è questa la
politica. In essa si trovano esattamente le stesse categorie di pensiero.
Quando si parla di politica, si vorrebbe dire che si dovrebbe
tendere a che la politica venisse superata in tutto, anche nella politica
stessa. In sostanza avremo una vera politica quando tutto quanto avviene
nella sfera politica si svolgerà in forme giuridiche. Ma allora avremo lo Stato
giuridico.
Viene posta una domanda relativa all'esempio del sarto (cfr. "I capisaldi
dell'economia", terza, quarta e settima conferenza).
Rudolf Steiner: L'errore deriva dalla circostanza che la perdita determinata da
ogni singolo vestito è piccolissima; di conseguenza occorre anche molto tempo
fino a che essa sia rilevabile nel bilancio del sarto, così che egli possa
sentirla. Il fatto è comunque che a seguito della divisione del lavoro i
prodotti sono in realtà più a buon mercato. Quando si lavora per la comunità
applicando appieno la divisione del lavoro, anche i propri prodotti risultano
più convenienti di quanto non lo sarebbero lavorando per sé. In questo consiste
appunto la vera convenienza della divisione del lavoro. Se la si rompe in un
punto qualsiasi, diventa più caro quel determinato articolo che ci si è fatti da
sé. Naturalmente una singola particella determinata da un singolo vestito non
modificherà molto la situazione, ma il fenomeno diverrebbe rilevante se tutti i
sarti si comportassero in quel modo.
In una divisione del lavoro avanzata nessuno più farà più nulla da sé, tranne forse in agricoltura. Se davvero un sarto si confeziona un abito e vuol formare il suo bilancio con molta precisione, egli dovrebbe semplicemente registrare il suo vestito a un prezzo maggiore di quello del mercato. Dovrà registrare le sue uscite a un prezzo maggiore di quello del mercato. Il problema non è comunque da decidere in base al singolo caso, se egli acquisti o meno davvero il suo vestito.
La premessa naturale non è che non vi siano altri sarti dai quali si comperano
vestiti, ma che vi siano commercianti. Il prezzo di un vestito in un negozio è
più basso di quello che si dovrebbe calcolare se il sarto lavorasse senza
commerciante, altrimenti la divisione del lavoro per la produzione e la
distribuzione non avrebbe alcun senso [...].