<%@LANGUAGE="VBSCRIPT" CODEPAGE="1252"%> Le acque a Monreale, amministrazione municipale e interessi affaristici nel XIX secolo
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FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN LETTERE MODERNE

Criminalità organizzata e commercio dell'acqua
Le acque a Monreale: sistema idrico e fontane
Monreale: caratteri generali
Bibliografia
Premessa

La storia del corso d'acqua S. Rosalia si puo riassumere entro cinque periodi principali:

 

·        Fino al 1762 la sorgente di S. Rosalia è di proprietà dell’Arcivescovo, ed è usata per l’irrigazione dei giardini circostanti l’omonima contrada. 

·        Dal 1763 al 1865 l’Arcivescovo F. Testa permuta l’acqua di S. Rosalia con l’acqua delle sorgenti Api Giacalone e S. Elia di proprietà comunale [1] .

·        Dal 1865 un capitolato di transazione stabilisce che entro il perimetro della sorgente la proprietà è demaniale, tutto ciò che vi sta al di fuori  è proprietà della Mensa [2] .

·        Dal 1873 la sorgente S. Rosalia è considerata una proprietà promiscua tra il demanio pubblico e quello privato [3] . 

·        Nel 1912 la Mensa dichiara esplicitamente che non è più interessata alla sorgente S. Rosalia, e rinuncia ad ogni pretesa su di essa [4] .

 Ma la sua vicenda nello specifico del XVIII secolo si può anche riassumere sulla scorta di tre interessanti documenti d'archivio, che ne mostrano lo stato di salute in tre diversi periodi del secolo:

La vicenda del corso d’acqua S. Rosalia comincia con una relazione ufficiale del 1829. Si tratta delle impressioni riportate dal delegato Don A. Emanuele Marvuglia all’Intendente della valle di Palermo, duca di Sammartino, che appunto lo invia a Monreale per ispezionare lo stato della sorgente, a seguito di numerosi reclami [5] . La visita di don Emanuele si articola in quattro giorni non consecutivi tra l’ottobre e il novembre del ’29 [6] .  Nel 1829, stante la relazione del Marvuglia, la sorgente innaffia dieci giardini disposti lungo il suo percorso, in parte all’interno delle mura in parte all’esterno [7] . Di questi giardini quattro sono periurbani, vicino alla sorgente, gli altri sono tutti situati nel territorio urbano monrealese [8] . La relazione del Marvuglia ci offre, anche indirettamente, la possibilità di operare una distinzione all’interno della categoria generica di utente dell’acqua:

1.     Proprietario

2.     Gabelloto

3.     Usurpatore

I proprietari sono i legittimi possessori di acqua. Sono coloro che ab antiquo ne possiedono una certa quantità, quasi sempre concessa in proprietà dalla Mensa arcivescovile [9] . La proprietà è concessa con atti notarili e con patti stipulati tra la Mensa e un suo enfiteuta [10] . Accade spesso che il possesso dell’acqua si sdoppi, in quanto un legittimo proprietario può concedere l’uso del bene in sua vece [11] . Di regola un utente è anche il proprietario dell’acqua di cui usufruisce quando questa è concessa dalla Mensa [12] .

Il gabelloto è il più classico degli utenti, cioè colui che compra l’acqua alla bisogna. Questo utente si rivolge all’ente comunale per essere inserito nel ruolo tornario, pagando in ragione della quantità d’acqua che usa, che comunque è sempre stabilità alla stipula del contratto di gabella. Anche qui il possesso può sdoppiarsi, e quindi può accadere che un certo utente lasci in sua vece l’uso del bene ad altre persone [13] .

Quella dell’usurpatore è la tipologia di utente più vaga ed incerta, come del resto è ovvio ipotizzare. Infatti fra gli usurpatori si possono trovare sia i legittimi proprietari, che integrano il loro possesso, sia i gabelloti che attingono acqua dal doccionato maestro [14] . Infine ci sono gli usurpatori totali, cioè coloro che non possiedono alcun titolo di proprietà o gabella, e non sono inseriti nel ruolo tornario, ma che ugualmente il Marvuglia cita per nome e cognome [15] . Costoro prendono acqua abusivamente o dal doccionato maestro o dai giardini attigui o ancora da derivazioni sotterranee, e di sicuro non pagano alcuna somma di denaro per il servizio ricevuto. Tirando le somme di questo spaccato della sorgente nel 1829, si può tratteggiare lo stato di salute del corso: in totale esistono 157 utenti, di questi 93 sono legittimi proprietari, 42 sono le gabelle concesse, 22 nel complesso gli usurpatori del bene, 10 i giardini irrorati [16] . Salta subito all’occhio come nel 1829 i legittimi proprietari dell’acqua siano ben più dei 2/3 degli utenti totali, e come in realtà l’acqua del Comune sia acquista, e pagata, da un numero limitato di utenti, conseguendone un minore ricavo per le casse comunali.

La morale della relazione, in anticipo di almeno quaranta anni sulle lamentele della Monreale unitaria, informa sui mali che affliggono la distribuzione dell’acqua:

1.     I giardini hanno sempre costituto uno sbarramento al pieno godimento dell’acqua.

2.     I proprietari di questi giardini operano indisturbati, praticano furti e scassi alle strutture, abusi che danneggiano gli altri utenti e l’istituzione comunale.

3.     I fontanieri, dipendenti dell’ente stesso, operano per vie traverse come l’incuria del bene affidatogli, il tutto a scopo di lucro personale, o per vantaggio altrui.

Le autorità sanno cosa capita all’interno di questi giardini, ma non si adoperano concretamente per porvi un rimedio duraturo (la chiave di lettura del conflitto d’interesse è sempre valida) [17] .


[1] Atto notarile stipulato tra la Mensa e il Comune di Monreale presso il notaio monrealese A. Seggio, 18/03/1763, in ASCM – busta 1199 fascicolo 7, 1882, passim.

[2] ASCM- Registro delle delibere comunali n° 101 1864/1865, Trattato tra il Comune e la Mensa per l’acqua di S. Rosalia, 19/03/1865, p. 449.

[3] ASCM – busta 419, Amministrazione generale della Mensa arcivescovile di Monreale, 29/01/1873, passim.

[4] Tribunale superiore delle acque pubbliche, Memoria della Mensa arcivescovile di Monreale contro il Ministero dei L.L P.P. del Regno, Palermo 1938, p. 15.

[5] ASCM – Stato dei nominativi dei proprietari dell’acqua, busta n° 554/76, 1829. Questa relazione è fondamentale per il presente lavoro, vista anche l’accuratezza delle descrizioni dei luoghi, delle notazioni del Marvuglia e delle precise accuse che muove nelle sue conclusioni.

[6] Ibid., p. 1.

[7] ASCM – Stato dei nominativi dei proprietari dell’acqua, busta n° 554/76, 1829, passim. In CSR1  con le lettere a-d sono i giardini dentro le mura,  e-i sono i giardini all’esterno delle mura.

[8] Ibid.

[9] L’istituto della enfiteusi ha un ruolo di primo piano per quanto riguarda Monreale. Infatti la Curia nei secoli ha concesso beni, come la terra e l’acqua, a contadini che la coltivavano versando poi un tributo alla Mensa.

[10] Tribunale superiore delle acque pubbliche, Ragioni della Mensa arcivescovile di Monreale contro il Ministero dei L.L. del Regno d’Italia, Roma 1938, p. 22.

[11] ASCM – Stato dei nominativi dei proprietari dell’acqua, busta n° 554/76, 1829, passim.

[12] Tribunale superiore delle acque pubbliche, Ragioni della Mensa arcivescovile di Monreale contro il Ministero dei L.L. del Regno d’Italia, Roma 1938, passim.

[13] ASCM – Stato dei nominativi dei proprietari dell’acqua, busta n° 554/76, 1829, passim.

[14] Ibid.

[15] Ibid.

[16] Il calcolo è mio, fatto sulla base dei dati sparsi della citata relazione Marvuglia.

[17] Le conclusioni sono mie, ma commentano e  riassumono quelle del Marvuglia.

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