ALBERI E ARBUSTI
Con il termine Albero si intende una pianta perenne il cui fusto principale, legnoso,
si sviluppa esternamente al terreno in senso verticale.
Le specie arboree, che a maturazione sono in genere le più alte fra le specie vegetali,
si differenziano dalle piante a portamento arbustivo, per avere spesso un unico fusto
principale, e da quelle a portamento erbaceo, per il fusto composto quasi interamente da
tessuto legnoso.
Sebbene gli alberi più piccoli si sviluppino a volte con più fusti, similmente a quanto
accade negli arbusti, la quasi totalità delle specie di dimensioni maggiori cresce solo
in forma arborea.
Le specie arboree sono comunemente suddivise in due gruppi: gli alberi a foglie
persistenti, o sempreverdi, e gli alberi a foglie decidue, o caducifogli.
Le specie sempreverdi mantengono le foglie in tutte le stagioni dell'anno, in quanto il
ricambio tra le foglie vecchie e quelle nuove avviene progressivamente e per piccole
quantità. Inoltre, a seconda della forma della foglia si distinguono le aghifoglie, come
le conifere, e le latifoglie, come il leccio e la sughera.
Le specie caducifoglie (ad esempio, il platano, il pioppo, il salice e l'acero) sono tutte
latifoglie e ogni anno perdono il fogliame nella medesima stagione, in genere
all'approssimarsi del periodo freddo o di quello meno luminoso. Tutte le specie arboree
sono spermatofite (dotate di semi) e sono suddivise in:
- gimnosperme (piante a seme nudo)
- angiosperme (con semi racchiusi nell'ovario).
A loro volta, le angiosperme vengono classificate come monocotiledoni o dicotiledoni, in
base a differenze nella struttura del seme.
Con il termine Arbusto si intende una pianta caratterizzata da un lato dalla presenza di un fusto legnoso, che la differenzia dalle piante erbacee, e dall'altro dalle dimensioni ridotte e dal portamento caratteristico che la rende immediatamente riconoscibile rispetto alle specie arboree. La definizione, tuttavia, non corrisponde pienamente alla grande varietà di forme e strutture presenti nel mondo vegetale: una stessa specie, infatti, può portare contemporaneamente un carattere tipico di una pianta erbacea e un altro riconducibile, invece, a un arbusto o a un albero; di conseguenza, una classificazione troppo schematica può in certi casi risultare artificiosa.
RADICE
La Radice è l' organo delle piante superiori, solitamente sotterraneo o ipogeo, con
funzioni di assorbimento, trasporto e conservazione dell'acqua e dei sali minerali, oltre
che di ancoraggio della pianta al suolo.
Le radici si distinguono dai fusti per la loro particolare struttura, per il tipo di
sviluppo e per l'assenza di appendici quali gemme e foglie. La prima radice della pianta
è detta radichetta e si sviluppa durante la germinazione del seme, allungandosi
progressivamente fino a formare la cosiddetta radice primaria, dalla quale, in un secondo
tempo, si dipartono svariate radici secondarie. In alcune piante le radici primarie
vengono dette "a fittone" perché crescono più delle radici secondarie, sia in
termini di dimensioni che di profondità all'interno del suolo. Il trapianto di piante
dotate di radici a fittone risulta spesso problematico, in quanto questi organi sono molto
fragili e dunque possono rompersi facilmente, causando così la perdita di gran parte
dell'apparato radicale e la morte della pianta. Le radici avventizie sono quelle che
crescono alla base del fusto mentre le radici aeree si sviluppano all'apice del fusto e
hanno anche una funzione di sostegno. In alcune piante, quando i nodi del fusto vengono a
contatto con il terreno possono sviluppare radici avventizie che penetrano all'interno del
suolo.
Le radici sono composte da tre tipi di tessuto:
- l'epidermide, che è lo strato più esterno,
- la corteccia, che si trova al di sotto dell'epidermide,
- il cilindro vascolare, che costituisce il cuore della radice.
Alcune cellule dell'epidermide presentano speciali propaggini, chiamate peli radicali,
specializzate nella funzione di assorbimento, oltre che nell'ancoraggio della pianta al
suolo; l'acqua assorbita dai peli radicali viene trasportata, attraverso la corteccia,
all'interno del cilindro vascolare, dal quale viene inviata agli altri tessuti della
pianta.
Mentre all'interno del fusto i fasci vascolari, chiamati xilema e floema, hanno una
disposizione periferica, nella radice essi sono raccolti al centro.
Nelle radici ipogee il nucleo centrale xilematico è solitamente pieno e solido, mentre in
quelle aeree si trova spesso una tenera zona centrale, detta midollo.
Le radici tendono in genere a crescere in profondità nel terreno, in senso verticale, a
meno che la concentrazione dell'acqua nel suolo non sia superiore in superficie.
Nell'apparato radicale la crescita avviene secondo due diverse modalità: lo sviluppo
primario determina il prolungamento e la ramificazione della radice a partire dall'apice
vegetativo, mentre dallo sviluppo secondario si origina una corteccia dura e resistente,
simile in tutto e per tutto a quella del fusto, dovuta alla crescita dello xilema verso
l'interno della radice e del floema in direzione opposta.
Alcune specie sono in grado di sviluppare nuove radici dalle estremità recise dei rami,
dando così vita a nuove piante: questo sistema di propagazione delle piante, detto a
talea, è ampiamente utilizzato in floricoltura. Alcune piante, come il salice, producono
radici con facilità, mentre le conifere emettono radici solo dopo essere state sottoposte
a speciali trattamenti, come l'applicazione di speciali ormoni radicali, naturalmente
presenti nelle piante al momento della formazione di nuove radici.
In alcune specie arboree, dalle radici si sviluppano polloni che talvolta danno origine a
nuove piante, come si può osservare nel pioppo e nell' ailanto che sono spesso circondati
da giovani pianticine, poste anche a una certa distanza dal fusto.
FUSTO
E' l' organo fondamentale delle piante vascolari e generalmente porta foglie e gemme e
ha forma allungata, eretta o aerea; su questo modello esistono, tuttavia, numerose
variazioni.
Le foglie e le gemme sono inserite su punti specifici del fusto, detti nodi, separati da
spazi chiamati internodi.
I canali conduttori del fusto sono disposti verticalmente, nei cosiddetti fasci vascolari
composti dai tessuti dello xilema e del floema.
Dal fusto i fasci vascolari si estendono nella struttura fogliare, all'interno della quale
prendono il nome di nervature.
Man mano che il fusto si allunga anche la rete dei fasci si espande, in modo tale che
tutte le foglie e i rami di nuova produzione siano anch'essi dotati di tessuti conduttori.
La diversa disposizione dei tessuti vascolari caratterizza i due più importanti gruppi di
angiosperme: nelle monocotiledoni i fasci vascolari sono collocati in ordine sparso per
tutta la sezione del fusto; nelle dicotiledoni, invece, essi sono disposti ordinatamente
in un anello periferico, posto internamente alla corteccia ed esternamente al cilindro
centrale.
Le funzioni del fusto sono essenzialmente di sostegno per le foglie e tutte le altre
strutture della pianta, e di conduzione dell'acqua e delle sostanze nutritive, attraverso
i vasi del tessuto vascolare.
I fusti di tipo legnoso sono caratterizzati dalla presenza di un sottile strato di
cellule, detto cambio, posto tra lo xilema e il floema; essi sono diffusi in tutte le
gimnosperme, tra le quali sono comprese le conifere, mentre tra le angiosperme si trovano
solamente nelle dicotiledoni.
Al principio di ciascuna stagione di crescita le cellule del cambio iniziano a dividersi,
dando luogo alla formazione di nuove cellule che si differenziano progressivamente, verso
l'interno, nello xilema secondario e, verso l'esterno, nel floema secondario. Via via che
il cambio cresce, il diametro del fusto aumenta di dimensioni e il floema di nuova
formazione preme verso l'esterno, sui tessuti più teneri della corteccia, che si lacerano
e lentamente muoiono. Tuttavia, un secondo strato di cellule in grado di dividersi,
chiamato fellogeno, si forma all'interno della corteccia o, nel caso di fusti non più
giovani, all'interno del floema stesso. Il fellogeno produce sughero, che va a sostituirsi
alle cellule morte dell'epidermide, proteggendo così le parti più tenere e scoperte del
fusto. La corteccia dei tronchi d'albero è, dunque, costituita da un insieme di tessuti
che comprende il floema e lo strato di sughero.
FOGLIA
LA FOGLIA
E' costituito dall'insieme delle foglie che formano la parte verde della chioma e
inoltre da quelle foglie "accessorie" che eventualmente compaiono sul tronco, su
rami isolati o sui cosiddetti polloni radicali, assi sottili e diritti emessi dalle radici
e che di solito portano foglie più grandi di quelle della chioma.
Questo apparato provvede all'assimilazione delle sostanze nutrienti attraverso il processo
di fotosintesi.
E' oltremodo difficile stimare quante foglie ci siano su un albero adulto sia perché sono
troppe sia perché il quantitativo dipende dallo sviluppo e dalle dimensioni della pianta;
in ogni caso si può trattare di decine di migliaia. Se però l'albero è una palma da
dattero, il numero complessivo non supera le 150, spesso addirittura 25. Se ne deduce che
esiste una relazione inversa tra dimensioni e numero delle foglie, fatto intuibile perché
è evidente che per la pianta la superficie fogliare totale non può essere inferiore a un
certo limite e quindi, mentre di foglie grandi ne bastano poche, di piccole ce ne vogliono
molte o moltissime.
LA FOGLIA: ASPETTO E VARIABILITÀ
La foglia appare uno degli organi più mutevoli e fantasiosi che madre natura abbia mai inventato. La forma "canonica" è quella di una lamina piatta dal contorno ora largo ora stretto, collegata per un'estremità al ramo in quel punto che viene detto nodo. Di norma il collegamento è mediato dal picciolo, sorta di rametto più o meno breve, a volte brevissimo o assente, che in sezione appare generalmente semicilindrico, con la faccia superiore piana o addirittura concava e quella inferiore convessa. In certi casi esiste una guaina, cioè un spansione membranosa del picciolo o della base della lamina (quando il picciolo manca) che tende ad abbracciare il ramo verso il nodo. Inutile dire che la lamina fogliare può presentarsi intera e con il margine perfettamente liscio, come ad es. nella Magnolia grandiflora; può avere margine dentato o seghettato come nel castagno e nel ciliegio, può infine presentare tutti i gradi di incisione fino alla divisione completa in foglioline secondarie ciascuno dei quali imita una foglia intera dotata o meno di un proprio picciolo; questo caso, comunissimo ad esempio nelle Leguminose, è quello delle foglie composte. Molto vario è anche l'aspetto delle nervature: nelle foglie pennate si distingue un nervo centrale più grosso al quale confluiscono nervi laterali più sottili, a loro volta variamente ramificati in nervature di ordine crescente, via via più fini e terminanti in un sistema reticolare formato di minute maglie poligonali che circondano isolotti di tessuto verde. Le foglie palmate dell' acero palmato e quelle orbicolari dell'albero di Giuda hanno diverse nervature principali disposte a ventaglio come se la foglia derivasse dalla fusione a cerchio di più foglie. Questa osservazione trova conferma in alberi come l'ippocastano. Le loro foglie sono composte, formate da segmenti indipendenti disposti a raggiera su un picciolo comune, ciascuno con una nervatura centrale.
Nelle foglie delle Monocotiledoni non c'è una nervatura principale, ma numerosissimi nervi paralleli che percorrono tutta la foglia per il lungo confluendo nell'apice; questi possono a volte essere collegati trasversalmente da nervature molto più sottili, impercettibili a occhio nudo, che si dipartono ad angolo retto. Un ricco vocabolario di combinazioni terminologiche è correntemente in uso per classificare la morfologia dei diversi tipi fogliari, esso tiene conto dei seguenti elementi: forma dei perimetro e grado di divisione della lamina, apice, base, margine, nervature, picciolo. Inoltre le foglie possono essere anche distinte in base alla presenza, alla quantità, alla distribuzione e al tipo di peli (tricomi), alla presenza di tricomi ghiandolari, tasche lisigene, cioè gruppi di cellule trasformati in cavità piene di secreto, setole, mucroni, spine, cere ecc.Anche l'ordine con cui le foglie si inseriscono sui rami (fillotassi) è un elemento di un certo interesse, in parte utilizzabile come carattere utile a riconoscere certe specie o certi generi. Il problema della fillotassi nelle sue linee generali si risolve in due casi principali: a ogni nodo si attacca una sola foglia; a ogni nodo si attacca più di una foglia. Nel primo caso si parla di foglie alterne, nel secondo di foglie opposte (due per nodo) e di foglie verticillate (più di due per nodo). Le prime possono essere, a loro volta: distiche, quando ogni coppia è orientata esattamente come quelle adiacenti e tutte insieme giacciono, quindi, sullo stesso piano, in due file ordinate; decussate, quando una coppia è ruotata di 90° rispetto alla successiva. Le foglie distiche si trovano solo su rami a portamento orizzontale (abete bianco, tasso, Ligustrum sinense, ecc.) perché altrimenti ogni coppia farebbe ombra a quella sottostante, mentre tipiche dei rami a portamento verticale, sono le foglie decussate (frassino, sambuco, giovani getti di Eucalyptus ecc.), messe in modo da poter ricevere equamente la luce. Le foglie verticillate, piuttosto rare nelle piante legnose (oleandro, alcune mirtacee), sono orientate in modo che in un verticillo ognuna di esse si disponga lungo la bisettrice dell'angolo formato da due foglie del verticillo soprastante o sottostante.
Mentre un tempo nelle differenti fillotassi c'era chi ravvisava momenti diversi dell'evoluzione delle Angiosperme oggi si sa che questo, come ogni altro carattere, a priori non presenta aspetti più primitivi o più evoluti. Quindi non si può dire, ad esempio, che le foglie alterne caratterizzino le piante più primitive oppure che quelle più evolute abbiano foglie opposte, perché l'evoluzione ha favorito ugualmente ora l'una ora l'altra fillotassi un po' in tutti i gruppi di alberi. Anche se non di regola, la foglia è accompagnata da una coppia di foglioline accessorie molto ridotte, inserite sui due lati alla base dei picciolo; si tratta delle stipole, organi la cui funzione non è molto chiara, a meno che risulti evidente da precisi indizi. In certe acacie tropicali le stipole sono legnose, rigonfie e al loro interno delimitano una cavità abitata da formiche che difendono la pianta dagli attacchi dei fitofagi. Nella robinia (Robinia pseudoacacia) le,stipole si presentano sotto forma di un paio di robuste spine la cui funzione non può essere che quella di scoraggiare l'assalto di qualche specifico predatore legato, verosimilmente, all'habitat della specie nella sua area d'origine (Stati Uniti nordorientali), Infine ricordiamo nuovamente il caso di diverse acacie, le cui stipole sostituiscono integralmente le foglie assumendone aspetto e funzione. Ma a parte questi casi di evidente significato adattativo, nella maggior parte degli alberi che le possiedono le stipole sembrano apparentemente prive di funzione, trascurando il contributo che esse possono dare con la fotosintesi quando sono verdi. Verdi e persistenti infatti appaiono nei platani, ma i faggi e le querce hanno stipole lineari, brunastre e precocemente caduche; infine molti alberi, forse la maggior parte, sono privi di stipole o presentano stipole ridottissime, fugaci e difficilmente osservabili.
FIORE
Il fiore è l' organo riproduttivo esclusivo delle cosiddette piante con fiori o
angiosperme. Il fiore può essere considerato come un germoglio apicale, sorretto e
composto da un fusto modificato. Su di esso sono inserite numerose appendici
specializzate, formate da foglie modificate, che nei fiori più evoluti sono disposte in
anelli concentrici (verticilli), mentre in quelli più primitivi hanno una conformazione a
spirale. Il verticillo più esterno è detto calice e in genere è formato da una serie di
sepali verdi che proteggono la gemma fiorale prima che il fiore sbocci. All'interno del
calice è inserita la corolla, formata da una serie di petali che hanno la funzione di
attirare gli insetti impollinatori; per questo motivo hanno spesso colori sgargianti e
sono dotati di ghiandole che secernono nettare e altre sostanze zuccherine .
Procedendo verso l'interno del fiore si incontra l'androceo, formato dagli stami: essi
sono costituiti da lunghi filamenti sormontati da antere piene di granuli pollinici, che
al loro interno conservano i gameti maschili. Il verticillo centrale è detto gineceo ed
è costituito dai carpelli, spesso fusi assieme. Ogni carpello contiene un ovario che
porta i gameti femminili, detti ovuli.
Una volta avvenuta la fecondazione l'ovulo si trasforma in seme. Il calice e la corolla formano insieme il perianzio. Le angiosperme si dividono in due grandi classi, quella delle dicotiledoni e quella delle monocotiledoni, che presentano notevoli differenze anche a livello dei loro organi fiorali; le monocotiledoni, ad esempio, presentano sepali colorati e spesso indistinguibili dai petali, mentre le dicotiledoni portano spesso molti stami e carpelli separati.
I fiori di molte angiosperme si discostano dal modello descritto. Esistono, ad esempio,
fiori sprovvisti di alcune parti fiorali che pertanto vengono detti incompleti. Se a
mancare è una delle due parti sessuate (gli stami o i pistilli), il fiore è detto
imperfetto. In questo caso, se il fiore è provvisto solo di pistilli è detto
pistillifero, mentre se è provvisto solo di stami è detto staminifero. Solitamente i
fiori sono ermafroditi, ovvero presentano i caratteri di entrambi i sessi. Quando, invece,
i fiori sono unisessuati, le piante sono dette monoiche o dioiche a seconda che,
rispettivamente, portino i fiori di entrambi i sessi o di uno solo dei due su ciascun
individuo. Un altro carattere distintivo dei fiori è la disposizione delle parti fiorali,
che può essere di tipo radiale o bilaterale.
I fiori possono essere classificati anche in base alla posizione delle varie parti che li
compongono. Nei cosiddetti fiori ipogini il calice è posto inferiormente a tutti gli
altri verticilli. Nei fiori perigini, invece, il gineceo è circondato da una sorta di
coppa, sul cui margine superiore sono inserite le altre parti fiorali.
Nei fiori epigini, ad esempio quelli del melo, la coppa fiorale è fusa al gineceo, mentre
le altre parti fiorali sono inserite in cima all'ovario.
Il colore dei fiori è dovuto a due tipi di pigmenti: quelli liposolubili (solubili nei grassi) e quelli idrosolubili (solubili in acqua), che si trovano in due diversi tipi di organelli presenti all'interno delle cellule epidermiche della pianta. I fiori bianchi non devono la propria colorazione a particolari pigmenti, ma alla presenza di numerose sacche d'aria microscopiche, poste fra le cellule dei petali.
l profumo dei fiori è dovuto alla presenza nei petali dei cosiddetti oli essenziali.
Dai fiori di alcune piante si ricavano essenze usate come profumi.
FRUTTO
Il frutto è l' organo vegetale in cui si trovano racchiusi i semi, presente nelle
spermatofite, ossia nelle piante produttrici di semi (gimnosperme e angiosperme). In tal
senso, si possono considerare frutti anche le pigne delle conifere.
Da un punto di vista strettamente botanico, si definisce frutto la struttura che deriva
dall'accrescimento e dalla trasformazione dell'ovario (nel caso dei cosiddetti frutti
veri) ed eventualmente di altre parti del fiore, come il ricettacolo (nei frutti falsi):
in tal senso, il frutto è tipico delle sole angiosperme, cioè delle piante con fiori.
Il frutto viene normalmente prodotto solo dopo la fecondazione dell'ovulo. In entrambi
i casi, la maturazione dell'ovario provoca l'avvizzimento degli stimmi e delle antere e
l'accrescimento dell'ovario. Avvenuta la fecondazione, gli ovuli contenuti all'interno
dell'ovario fecondato si sviluppano in semi; nelle varietà non fecondate, invece, gli
ovuli non si sviluppano e l'ovario conserva le dimensioni originarie. La funzione
principale del frutto è quella di proteggere lo sviluppo dei semi e di contribuire alla
loro dispersione.
Dopo la fecondazione, i carpelli dell'ovario, suddivisi in tre strati, si sviluppano nell'
epicarpo, esterno e formato da un singolo strato di epidermide; nel mesocarpo, centrale; e
nell'endocarpo, interno e di spessore variabile a seconda della specie. Nei frutti carnosi
come le pesche e l'uva la polpa del frutto è in genere costituita dal mesocarpo.
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