Home Page         Pagina Iniziale        L 'angolo di Delphine       Io, Delphine

 

Racconti     Poesie    NewIdee

 

LUCI ed OMBRE 

parte terza

 

GUS VAN HELSING

 

            Quando il cervo distolse lo sguardo, Gus si sentì svuotato. Gli occhi della bestia erano entrati in lui ed avevano messo a soqquadro la sua mente. Cosa cercassero, solo Dio e l’essere che aveva dato vita all’animale potevano saperlo! Qualunque cosa fosse, però, dovevano averla trovata perché, nell’attimo stesso in cui il magnetico sguardo della creatura si era allontanato da lui, il cacciatore di vampiri si era reso conto di aver condiviso suo malgrado un’importante parte di sé.

                Si portò istintivamente le mani al torace. Voleva sfiorare la croce d’oro, il simbolo sacro che più di una volta gli aveva salvato la vita. In una realtà che lentamente si stava sgretolando intorno a lui, quella croce era l’unica cosa che ancora lo tenesse ancorato alla vita. Dopo la morte di Andrew e di Fay, Joy si era chiusa in se stessa divenendo ogni giorno più estranea al marito. Vivevano insieme, dormivano insieme e, qualche volta, facevano anche l’amore, ma erano distanti anni luce l’uno dall’altra. Gli occhi verdi della donna che più di ogni altra al mondo aveva amato, erano tristi e per questo Gus si sentiva terribilmente in colpa. Avrebbe potuto impedirlo? Questa domanda lo aveva torturato per mesi, trasformandosi poi in una certezza: avrebbe potuto impedirlo. Il demone era stato sconfitto, ma quante pedine erano state sacrificate? Ogni notte, prima di coricarsi, pregava di riuscire a dimenticare, ma Dio pareva non volerglielo concedere. (La punizione per aver lasciato in vita una creatura delle tenebre? O il castigo per aver abbandonato la caccia ai vampiri?) L’immagine pallida ed esanime di lady Faber tornava spesso a tormentarlo nel sonno. Talvolta, non c’era neppure bisogno che fosse addormentato per rivederla! Ogni sera, inoltre, pensava a suo figlio e pregava per la sua anima. Non voleva che Joy lo vedesse piangere, così se ne stava chiuso a chiave per ore nel suo studio a fare i conti con il proprio dolore. Andrew era morto nell’eroico tentativo di ricacciare il demone nell’abisso da cui proveniva. Sacrificandosi aveva salvato tutti loro ed eluso il triste destino dei Van Helsing, ma aveva anche rinunciato a quella vita che gli spettava di diritto. Andrew aveva portato via con sé tutta la voglia di vivere di Gus. Cercò la croce. Toccarla riusciva ad infondergli sicurezza. Non riuscì a trovarla. Lanciò involontariamente un’imprecazione. Aveva perso sua moglie, suo figlio, la voglia di continuare a dare la caccia alle creature delle tenebre ed ora anche la sua croce d’oro, l’antico cimelio dei Van Helsing.

                “Ti resta la fede, Gus Van Helsing!” esclamò improvvisamente una voce asessuata.

                Il cacciatore di vampiri volse istintivamente lo sguardo verso la quercia.

 

LORD OWEN F. FABER

 

                Distesa accanto al marito, cullata dal suono regolare del suo respiro, Fay si era addormentata. Owen aprì gli occhi e sollevato si rese conto che la morte della moglie era stato solo un crudele incubo. Fay era al suo fianco, i lunghi capelli castani sparsi sul cuscino ed un’espressione serena dipinta sul volto. Un timido sorriso illuminò lo sguardo triste del vampiro. Fay era ancora bella come il giorno in cui si erano conosciuti!

                “Quanto ti amo!” pensò lieto di averla accanto. Facendo attenzione a non svegliarla, la cinse in un abbraccio e lo scoccò un delicato bacio sulle labbra. Fay aprì gli occhi e gli rivolse un sorriso luminoso.

                “Ciao!” esclamò con voce impastata dal sonno.

                “Perdonami! Non volevo svegliarti!” si scusò Owen accarezzandole una guancia.

                Fay si tirò su e prese la mano del marito fra le sue.

                “Ti senti meglio?” domandò scrutandolo con attenzione. Ogni traccia della devastante malattia era scomparsa dal viso e dal corpo di Lord Faber.

                “Sono guarito!” rispose la creatura delle tenebre. Si sentiva completamente rinvigorito. “Sapessi quali orribili sogni mi hanno torturato durante questi giorni di agonia!”

                Fay lasciò la mano del marito, scese dal letto e si avvicinò alla finestra. Scostò i pesanti tendaggi di broccato amaranto. Fuori il cielo era un mosaico di cupe nuvole.  Una pallida luce grigia illuminò appena la stanza. In lontananza un tuono squarciò la volta celeste.

                “E’ stato tutto fin troppo reale, amore mio!” esclamò Fay appoggiando i gomiti sul davanzale e prendendosi la testa fra le mani. “Vorrei tanto che le cose fossero andate diversamente!”

                Owen si alzò a sua volta dal letto. Indossò rapidamente la vestaglia di velluto nero e raggiunse la donna. Il suo sguardo era carico di dolore e rabbia.

                “Perché sei tornata?” domandò. “Cosa disturba il tuo riposo, amore mio?”

                Fay scoppiò a piangere. Owen la prese fra le braccia faticando a considerarla solo un fantasma. Riusciva a toccarla, a percepirne il calore ed il profumo! Come poteva essere solo un’apparizione?

                “Gus Van Helsing!” rispose la donna fra le lacrime.

                “Van Helsing?” domandò il vampiro trasalendo. Erano mesi che non sentiva più quel nome.

                “Sì!” singhiozzò Fay. “Lui avrebbe potuto salvarmi e non lo ha fatto! Ha lasciato che il demone... ha permesso che il demone... Owen, lui era lì e non ha fatto nulla per impedirlo! Rideva! Lo capisci? Sapeva che la mia morte ti avrebbe indebolito! Lo sapeva ed è intervenuto solo quando ormai era troppo tardi per me!”

                Owen la strinse maggiormente a sé. Come gli pareva fragile sua moglie in quel momento! E quanto doveva aver sofferto! Una furia bestiale si impadronì di lui.

                “No!” gridò con voce che nulla aveva di umano.

                Fay alzò gli occhi arrossati dal pianto verso di lui.

                “Io non lo sapevo...” sussurrò lord Faber incapace di destreggiarsi di fronte a quello sguardo. “Cosa devo fare, Fay?

                “Vendicami!” implorò la donna “Vendicami e finalmente potrò riposare in pace! Uccidi Gus Van Helsing come avresti dovuto fare tanto tempo fa!”

                “Lo farò!” promise il vampiro.

 

GUS VAN HELSING

 

                “La mia fede?” domandò Gus rivolgendosi alla quercia.

                “Sì, ti resta la tua fede!” rispose la voce asessuata.

                “Mostrati!” esclamò il cacciatore di vampiri.

                “Sei sicuro di volermi vedere?”

                Gus sospirò.

                “Sono stanco di misteri, di inseguire animali e di parlare alle piante. Mostrati, per favore, chiunque tu sia!”

                “E va bene, se è proprio questo che vuoi. Chiudi gli occhi!”

                “E perché mai?” lo denigrò il cacciatore di vampiri.

                “Forse mi sbagliavo. Forse hai perso anche la fede.” Rispose la voce con una nota di amarezza.

                Gus chiuse gli occhi e rimase così a lungo.

                “Ora puoi aprirli!” esordì la voce.

                Gus obbedì e cadde pesantemente sulle ginocchia alla vista della creatura. Una luminosa figura umanoide alta quasi due metri e dotata di due lunghissime ali piumate stava dinnanzi a lui, lo sguardo colmo d’amore.

                “Un... un angelo!” balbettò.

                “Sì, sono un angelo. Guardami bene, Gus Van Helsing!” esclamò la creatura celeste. “Ti ricordi di me?”

                Gus, di nuovo, obbedì.

                Dove aveva già visto quei riccioli castani screziati d’oro? Dove aveva già visto quegli innocenti occhi celesti?

                “An... An... Andrew!” balbettò nuovamente a causa dell’emozione. Le lacrime gli annebbiarono la vista.

                “Sì, un tempo quello era il mio nome e tu eri mio padre. Ora sono un Suo messaggero, Gus Van Helsing.”

                Il cacciatore di vampiri si asciugò le lacrime. Suo figlio era divenuto bello oltre ogni immaginazione. Chissà cosa avrebbe provato Joy vedendolo! Sospirò. Avrebbe voluto abbracciarlo. Avrebbe voluto porgli centinaia di domande. Avrebbe voluto riportarlo a casa. Si rattristò. Non poteva fare nulla di tutto ciò. Andrew non gli apparteneva più. Andrew ora era un messaggero del Signore ed a Gus non restava che inchinarsi di fronte alla Sua volontà.

                “Perché mi hai condotto in questo luogo?” domandò l’uomo.

                “Devo consegnarti un Suo messaggio! Ora ascolta: un tempo sacrificai la mia vita per fare in modo che tu potessi continuare a cacciare le creature delle tenebre.” Cominciò l’angelo. “Questa era la volontà del Signore. Eri un Cavaliere della Luce, Gus Van Helsing! Il tuo compito era quello di liberare il mondo dalla progenie dell’oscurità!”

                L’angelo prese a brillare più intensamente.

                “Dopo la mia morte terrena, tu cosa hai fatto? Hai abbandonato il tuo destino per passare i giorni a piangerti addosso! Hai lasciato che il mio sacrificio divenisse inutile. Hai lasciato in vita lord Owen F. Faber! E quante altre creature generate dai peggiori incubi staranno contaminando il mondo in questo momento?”

                Gus arrossì vistosamente.

                “Io...”

                “Silenzio!” tuonò l’angelo. L’intera vallata si empì di luce. “Niente scuse!”

                Gus strinse i pugni.

                                “Il giorno del funerale di sua moglie avresti potuto ucciderlo!” esclamò l’angelo. “Il dolore l’aveva reso vulnerabile...”

                Gus scosse la testa.

                “Per un attimo ho visto in lui solamente un uomo disperato.”

                L’angelo gli lanciò uno sguardo di disapprovazione.

                 “Non sai quanto potrebbe costarti cara questa debolezza, Van Helsing! Credi che lui ti risparmierebbe? E’ una creatura malvagia! Cosa ti è successo? Sei cambiato! Il giorno in cui ci siamo incontrati ero fiero di essere tuo figlio, ora non ne sono più tanto sicuro!”

                “Cosa ne sapete voi angeli dei problemi che affliggono gli uomini?” domandò Gus trattenendosi a stento dal gridare. “Scendete fra di noi solo quando avete bisogno che facciamo qualcosa per voi. Non è forse così? Perché non ve le combattete da soli le vostre guerre? Perché avete bisogno degli esseri umani? Dove siete quando imploriamo il vostro aiuto?”

                “Povero Cavaliere della Luce! La tua rabbia è tale che neppure ti accorgi che stai bestemmiando!”

                Gus gli volse le spalle e si incamminò nella direzione da cui era provenuto. Quello non era Andrew. Quello era solo un angelo.

                “Van Helsing!” tuonò la creatura celeste. La sua voce si fece poi più dolce. “Ho qualcosa per te!”

                Gus si girò. L’angelo si avvicinò e gli porse una croce d’oro sulla quale brillavano tre rubini.

                “La mia croce!” esclamò Gus portandosela alle labbra e baciandola con affetto.

                “Qualunque cosa tu decida di fare, Gus Van Helsing, non perdere mai la fede. Non siamo sordi lassù. Abbiamo udito le tue suppliche, non scordarlo! Tante volte Lui ti ha parlato ma tu, perso nel tuo dolore, non hai voluto ascoltarLo.”

                Gus girò per la seconda volta le spalle all’angelo.

                “Dove stai andando ora?” domandò la creatura.

                “Non posso restare qui a parlare con te! Ho un conto in sospeso con un vampiro!”

GUS E JOY VAN HELSING

 

            “Non andartene!” implorò Joy singhiozzando come una bambina. “Non lasciarmi sola!”

                Gus scosse la testa.

                “Devo farlo, Joy.” Rispose senza degnarla di un solo sguardo.

                “Devo farlo per Andrew, per tua sorella e per la felicità che ci è stata sottratta.” Questo avrebbe voluto dirle, ma le parole morirono fra le sue labbra.        

                “Non posso sopportare l’idea che tu mi abbandoni!” esclamò la ragazza fra le lacrime.

                Gus calzò uno stivale di cuoio.

                “Non ti sto abbandonando.”  Rispose infilandosi anche l’altro.

                “Ah no?” domandò isterica.

                “Se non lo capisci, allora non sei più la donna che ho sposato. Il giorno stesso in cui il prete ci ha uniti in matrimonio eri consapevole del mio destino! Sono un Van Helsing! Sono un cavaliere della luce! Sono un Suo servitore, Joy, e troppo a lungo ho trascurato la mia missione.” 

                “Sei anche mio marito! Non hai forse dei doveri verso tua moglie?”

                Gus scosse la testa.

                “E’ stato un anno terribile, Joy. Forse la lontananza ci aiuterà a ritrovare quello che abbiamo perduto.”           

                “E se non dovessi tornare?”

                L’uomo passò in rassegna per la seconda volta il contenuto dello zaino.

                “Tornerò, sta’ tranquilla.” Un timido sorriso illuminò appena il suo volto segnato dalla sofferenza poi, un battito di ciglia più tardi, si spense.

                Joy si lasciò cadere sconfitta sulla poltrona. Rimase muta ad osservare il marito che preparava le ultime cose. La rabbia incendiò lentamente le sue guance, le asciugò le lacrime ed inaridì il suo cuore.

                “Gus, questa volta devi fare una scelta!” esordì decisa. “Se resti, cercheremo di salvare il nostro matrimonio. Se invece decidi di andare, fra noi sarà tutto finito nell’attimo stesso in cui varcherai la soglia.”

                Gus raccolse lo zaino, poi si fermò di fronte alla moglie e rimase ad accarezzarla con lo sguardo per qualche momento. Non sapeva se e quando l’avrebbe rivista. Nonostante tutto, era sicuro che avrebbe sentito terribilmente la sua mancanza.

                “Devo andare, Joy!” esclamò. “Ho un conto in sospeso con Lord Faber.”

                Si chinò per baciarla, ma la ragazza volse il viso in un’altra direzione. Il cacciatore di vampiri provò una stretta al cuore.

                “Di quanto dolore può essere lastricata la strada che dalla nascita conduce alla morte?” pensò stringendo con rabbia i pugni.

                “Hai fatto la tua scelta.” Disse gelida la ragazza. “Addio Gus Van Helsing, cacciatore di vampiri!”

                “Addio, Joy.” Esclamò.

                “Arrivederci, amore mio!” avrebbe invece voluto risponderle.

                Uscendo sbatté con rabbia la porta lasciandosi alle spalle una statua di ghiaccio che vagamente somigliava a sua moglie.

 

LADY FAY FABER

 

Nell’attimo stesso in cui la giovane ed innocente Fay O’Brien si era innamorata di Lord Owen F. Faber, il Paradiso le era stato precluso. Aveva abbandonato la luce per amare una creatura delle tenebre, il frutto dell’unione blasfema tra una strega ed un demone. Aveva donato il cuore ad un essere più simile ad un vampiro che non ad un uomo. Fay, però, non era stata contagiata dal male. Il suo amore aveva placato il lato demonico della creatura ed era riuscito a far emergere quello umano, dolce e premuroso. La giovane donna aveva portato luce là dove pareva non potessero germogliare che impenetrabili tenebre.

                Il vampiro, infatti, aveva rinnegato le proprie origini ed ogni istinto in nome dell’amore che provava nei suoi confronti. Fay ed Owen si erano illusi di aver creato un piccolissimo paradiso nel loro castello. Il fato aveva però distrutto in men che non si dica ogni loro speranza.

                INFERNO: questa era sempre stata la destinazione finale per coloro che avevano osato disfarsi della vita, il dono più bello che Dio avesse fatto agli uomini. Fuoco e fiamme, sofferenze e patimenti per l’eternità. A questo Fay non aveva pensato nell’attimo in cui aveva deciso di togliersi la vita, precludendosi così anche la possibilità di trascorrere l’eternità in Purgatorio. Lacerata nel corpo e nello spirito, la donna aveva scelto la morte. La vergogna e la delusione l’avevano uccisa. Si era suicidata e, di conseguenza, sarebbe dovuta finire all’inferno.

                Per qualche sconosciuto motivo, così non era stato. La sua anima era rimasta imprigionata in una sacca di non-realtà al di fuori del tempo e dello spazio, della vita e della morte e sospesa in una sorta di non-esistenza. 

                Quando i pensieri di Fay iniziarono ad accendersi come tante lucciole, la donna si rese conto di non essere in nessun luogo. Uno dopo l’altro, i ricordi della vita precedente riaffiorarono. L’esperienza traumatica della nascita, il calore della donna che l’aveva partorita, il sapore del latte materno, il timore di rimanere sola, l’amore morboso nei confronti del padre, poi la nascita di Joy, l’istinto di protezione nei confronti della sorella minore, i giochi, le risate e la complicità. I ricordi la investirono lasciandola per qualche minuto incapace di controllare le proprie emozioni. Rise, pianse, tremò, gridò, cantò, poi si chiuse in un silenzio tombale. Al ricordo di tutti i momenti trascorsi accanto a Lord Owen, dolci e crudeli, lieti e disperati, seguì inesorabilmente la consapevolezza di esser morta.  Inorridita, aprì gli occhi. Non si trovava più nella bolla di non-realtà, ma in luogo fin troppo familiare: la camera di letto che a lungo aveva diviso con Owen. Non era la prima volta che veniva strappata al sonno eterno. Già in precedenza aveva aperto gli occhi e si era ritrovata sulla riva del fiume nel quale era annegata. Aveva incontrato Joy, le aveva rinnovato la promessa di non abbandonarla, poi era tornata allo stato di non-esistenza. Nei pochi istanti in cui la donna aveva riacquistato consapevolezza, si era chiesta il perché della sua insolita condizione senza però giungere ad una conclusione vera e propria. I cancelli del Paradiso non si sarebbero aperti per l’amante di una creatura delle tenebre, questo lo sapeva fin troppo bene... Il Purgatorio non avrebbe ospitato l’anima di una suicida, questo era palese... Forse anche l’Inferno non l’aveva voluta. In fondo, aveva infettato l’animo nero di un vampiro coll’amore puro...

                Quando Fay lo vide, pensò che sarebbe morta per la seconda volta. Era più pallido di come lo ricordava, ma ugualmente affascinante. Indossava una vestaglia di velluto nero e camminava nervosamente per la stanza. Provò immediatamente l’impulso di correre fra le sue braccia e di annegare nei suoi bellissimi occhi. Si trattenne quando si rese conto che suo marito non era solo. Accanto alla finestra, con dolcissimi occhi arrossati dal pianto, una donna lo stava guardando altrettanto intensamente. Fay ebbe l’impressione di averla già vista. Chiuse gli occhi incapace di guardare Owen, il suo Owen, con un’altra donna. Le loro voci giunsero nitide alle sue orecchie.

(Dove aveva già sentito quella voce?)

                “Cosa devo fare, Fay?” chiese Owen alla donna di fronte a lui.

                Fay aprì di nuovo gli occhi udendo il suono del suo nome e ricordò dove l’aveva già vista! Suo marito stava parlando con una donna che aveva il suo aspetto ed il suo nome!

                “Vendicami e finalmente potrò riposare in pace!” rispose l’altra Fay. “Uccidi Gus Van Helsing come avresti dovuto fare tanto tempo fa!”

                “Lo farò!” promise Owen.

                Fay non riusciva a capire. Lei era Fay Faber! Come era possibile che un’altra Fay Faber si trovasse con suo marito? Perché era stata risvegliata? Perché stava assistendo a quella scena?

                “Concentrati!” tuonò una voce dentro di lei. “Guarda meglio e vedrai!”

                Fay obbedì. Si concentrò, guardò meglio e vide.

                Quella non era Fay Faber anzi, ad essere sinceri, non era neppure una donna!

                Si trattava in realtà di una potente magia creata per ingannare suo marito e, a quanto pareva, chi l’aveva ideata non aveva fallito.

 

JOY VAN HELSING E LUC CHANT DU CYGNE

 

                Che senso ha che tutt’intorno sia primavera quando nel cuore domina sovrano l’inverno? Questo ed altro si domandava Joy mentre vagava senza meta al limitare del paese. Incapace di rimanere chiusa fra mille oggetti che le ricordavano Gus, aveva indossato uno scialle ed era uscita. Decine di cupi pensieri affollavano la sua mente, grevi come nubi temporalesche. Dopo la partenza del marito aveva pianto per ore, era poi scivolata in un sonno agitato, si era svegliata ed aveva ricominciato a piangere. Terminate le lacrime, era rimasta a lungo con lo sguardo fisso nel vuoto. Infine, resasi improvvisamente conto che la casa non faceva che parlarle di lui, era fuggita ed aveva chiesto asilo alla tiepida notte. Come un vagabondo ubriaco, aveva poi camminato per ore mentre sopra di lei, contro un cielo scuro parzialmente coperto di nubi simili a tetri lenzuoli, minuscoli occhi argentei parevano seguire con interesse ogni suo passo.

                “Dove sono?” domandò improvvisamente la ragazza tornando in sé. Si guardò intorno. Aveva appena superato il recinto che circondava una fatiscente fattoria abbandonata.

                “La vecchia fattoria abbandonata...” sussurrò la ragazza rendendosi conto di essersi allontanata troppo dal paese.

                Un brivido attraversò la sua schiena. Una ragazza sola ed indifesa nel cuore della notte, lontana da casa e da qualsiasi speranza di aiuto: sarebbe stata una preda fin troppo facile per lord Owen F. Faber! Alzò nervosamente gli occhi al cielo, come se la creatura delle tenebre potesse piombarle addosso dall’alto da un momento all’altro. Cosa avrebbe pensato Gus di lei? La moglie di un cacciatore di vampiri che si faceva uccidere in un modo tanto stupido! Fece spallucce. Non aveva più importanza ormai. Gus Van Helsing era un capitolo chiuso.

                Da qualche parte, in mezzo all’erba incolta, un grillo iniziò a fregarsi energicamente le elitre. Joy sussultò ed il cuore prese a batterle furiosamente in petto. Aveva paura.

                “Sta’ zitto, maledizione!” gridò quasi isterica. Il grillo la ignorò.

                “E perché dovrebbe?” chiese una voce.

                Joy trasalì. Avrebbe voluto fuggire a gambe levate, ma era come paralizzata.

                “Chi ha parlato?” domandò con voce incrinata dalla paura.

                “Non temete, non ho alcuna intenzione di farvi del male!” rispose la figura emergendo dall’oscurità. La ragazza rimase a bocca aperta di fronte alla bellezza sconcertante dell’uomo.

                “Chi siete?” chiese incapace di distogliere lo sguardo.             

                “Luc Chant du Cygne, mia signora .“ rispose il bardo prendendole la mano destra e baciandone con delicatezza il dorso. “Luc, per voi. Bardo e poeta, al vostro servizio. Il più grande bardo che mai avrete occasione di incontrare, per l’esattezza, mia signora. Sfortunatamente, una vittima dell’insonnia, maledizione che, per la prima volta in tutta la mia vita, stasera mi trovo costretto a benedire. Come potrei non farlo? Mi ha concesso di conoscere voi! Siete forse lo spirito del silenzio voi che vagate nel cuore della notte intimando ai grilli di tacere?”

                Joy sorrise.

                “Oh, no, no di certo! Sono solo una ragazza imprudente che si è allontanata troppo da casa. Vi prego di scusarmi...”

                Le sue parole le parvero terribilmente scialbe di fronte a quelle poetiche di Luc. Fece per allontanarsi, ma il bardo le prese la mano. Joy si irrigidì.

                “Come potrò, domani, dedicarvi una poesia se neppure conosco il vostro nome? Apparizione, potrei definirvi, o anima inquieta, o driade smarrita, ma nessuno di questi termini renderebbe giustizia alla vostra bellezza.”

                La ragazza sospirò di sollievo. Gus si era sbagliato. Il male non si nascondeva ovunque. Luc lasciò la presa.

                “Mi chiamo Joy. Joy Van Helsing.”

                Un lampo attraversò gli occhi neri del bardo.

                “Il suono del vostro nome è dolce quanto il vostro sguardo... “ disse fissandola intensamente. “La mia allieva ed io ci esibiremo nella piazza del vostro paese, domani sera. Mi farebbe piacere potervi scorgere, anche solo per un istante, in mezzo alla folla.”

                “Ci sarò!” rispose la ragazza inebriata dalle dolci parole del bardo. “Buona notte!”

                “Lo è stata nell’attimo stesso in cui vi ho udita dare ordini ai grilli!” rispose il bardo sorridendo.

                Joy esitò. Doveva andarsene, ma non era quello che desiderava.

                Luc approfittò della sua indecisione e riprese a parlare:

                “Cosa vi porta a camminare nella notte, se è lecito domandarlo?” chiese passandosi una mano fra i lunghi capelli corvini striati di ciocche d’argento.

                “Non credo siano affari vostri.” Rispose la ragazza.

                “Vi sbagliate. Le migliori ballate sono state costruite proprio sugli affari altrui!” Il bardo rise, una risata cristallina e contagiosa. Joy non poté fare a meno di sorridere. Luc Chant du Cygne aveva pienamente ragione!

                “Sono lieto che questo bardo impiccione sia riuscito a far sbocciare un sorriso sulle vostre labbra. Trovo le donne imbronciate terribilmente brutte, anche se mi rendo conto che tristezza, rabbia e malinconia facciano parte della vita quanto la gioia e la serenità. Mi concedete di dirvi una cosa? Se vi guardo ora, mentre sorridete, vi trovo terribilmente affascinante e penso che, se fossi vostro marito, non permetterei a nessuno di spegnere la luce che brilla nei vostri occhi.”

                Joy arrossì vistosamente.

                “Vi chiedo scusa, signore, ma devo proprio andare. Sono una donna sposata e non penso che mio marito apprezzerebbe il mio comportamento.”

                “Vi vedrò domani sera, Joy Van Helsing, tra la folla?”

                “Forse sì.” Rispose la ragazza volgendo le spalle al bardo. “Buona notte, signore!”

                “Anche a voi, divina apparizione!”

                Joy si incamminò a passo spedito verso il paese, le gote arrossate ed il battito accelerato. Cosa le stava succedendo? Non riusciva a smettere di pensare a lui, alla sua voce, alla sua bellezza, alle sue parole dolci.

                Luc la guardò allontanarsi poi, quando fu sicuro che solo i grilli avrebbero potuto sentirlo, scoppiò a ridere.

                La sua ricerca era terminata: finalmente era riuscito a trovare Joy Van Helsing!

                              

IVY

 

Quando Gus raggiunse l’accampamento degli Zingari, il giorno volgeva al termine. Già diversi fuochi erano stati accesi e giovani donne si apprestavano a cucinare la cena. Presto tutti gli Zingari si sarebbero radunati attorno a quelle scoppiettanti fiamme, avrebbero mangiato e poi danzato sotto le stelle. I membri più anziani, infine, avrebbero narrato antiche leggende. Gus ricordava con nostalgia le volte in cui Madame Ada gli aveva concesso l’opportunità di unirsi a loro e di danzare con lei. Ebbe l’impressione che fossero trascorsi secoli dall’ultima volta. L’uomo fermò il cavallo. Perché aveva deciso di tornare all’accampamento? “Ho bisogno di tutto l’aiuto possibile!” aveva mentito a se stesso, convincendosi che Ada fosse in grado di garantirgli maggiori possibilità contro lord Faber. La verità, lo stava comprendendo in quell’istante, era che desiderava rivederla. Scese con disinvoltura dal cavallo, lo impastoiò ad un albero e si diresse a grandi passi verso l’inconfondibile tenda variopinta della donna.

“Signore!” esclamò una voce alle sue spalle. “Fermatevi, signore!”

Gus si girò. Due zingari, un uomo ed una ragazza, stavano avanzando nella sua direzione.

Il primo, un vecchio dalla pelle rugosa che si appoggiava ad un bastone, ripeté: “Signore, dico a voi! Avvicinatevi, per favore!”

Gus li raggiunse. Non ricordava di averli mai visti all’accampamento.

“Posso fare qualcosa per voi?” domandò indugiando involontariamente con lo sguardo sugli occhi vacui della ragazza.

“Il mio nome è Primo e questa è mia nipote Ivy.” Disse il vecchio piuttosto rudemente.

Gus sentì che presto avrebbe iniziato a spazientirsi.

“Gus Van Helsing.” Rispose. “Lieto di conoscervi. Se non c’è altro...”

Ivy trasalì nell’udire il suo nome.

“Non siate scortese!” replicò duro il vecchio. “Non vado in giro a fermare gli stranieri a meno che non abbia una buona ragione!”

La ragazza si frappose fra i due uomini.

“Nonno, ti prego!” esordì. La sua voce era dolce ed inquietante al tempo stesso.

Seguì una pausa.

“Voi siete quel Van Helsing? Il famoso cacciatore di vampiri? Per tutti gli spiriti, la faccenda si complica!” esclamò avvicinandosi a lui. “Lasciate che vi guardi!”

Allungò le mani in direzione del volto del cacciatore di vampiri. Gus, istintivamente, indietreggiò.

“Non siate codardo!” lo apostrofò il vecchio. “Temete forse che una ragazza cieca possa farvi del male, cacciatore di vampiri?”

“Non temo lei, ma mi spaventa la forza della magia che vibra nelle sue dita.”

Il vecchio sghignazzò. Gus finse di ignorarlo. Ivy posò le mani sul volto dell’uomo e ne esplorò ogni centimetro. Al termine, domandò:

“I vostri capelli sono dello stesso colore dell’oro?”

“Sì, suppongo di sì...” rispose Gus imbarazzato.

“Ed i vostri occhi sono celesti come le acque dei torrenti?”

“Sì.”

“Non ci sono dubbi. Siete l’uomo che stavo cercando... Ho visto la magia prendere la forma di un cervo, entrare nel vostro sogno, allontanarvi dal corpo e guidarvi in una foresta fittizia, di fronte a quella che sembrava una quercia. Ho assistito all’apparizione di un angelo e, incapace di udire qualsiasi parola, sono rimasta ad osservarvi mentre parlavate.”

“Ma come è possibile?” la interruppe Gus.

“Lasciatela terminare!” ruggì il vecchio.

Gus si concentrò sul volto angelico della ragazza per non perdere le staffe.

Ivy riprese.

“Siete stato ingannato, signore. Nulla di quanto è stato sottoposto ai vostri occhi era reale!”

“Non capisco...” disse il cacciatore di vampiri.

“Solo voi ed io eravamo reali. Il cervo, la foresta, la quercia e l’angelo non erano che una potente forma di magia. Qualcuno si è insinuato nella vostra mente.”

“Magia? E chi può aver fatto una cosa simile? E per quale motivo?” domandò Gus.

Ivy scosse la testa e ciocche di capelli color miele si liberarono dall’abbraccio del fazzoletto variopinto che le teneva prigioniere.

“Non lo so. Ho paura che la soluzione stia nelle parole che il mio potere, la chiaroveggenza, non mi ha permesso di udire. Avete dei nemici? Immagino di sì, data la vostra posizione...”

Van Helsing sorrise, un sorriso amaro.

“Ogni creatura delle tenebre sulla faccia della terra vorrebbe vedermi morto.”

“Non datevi tante arie solo perché avete stecchito qualche vampiro!” rispose il vecchio.

“Nonno, ti prego...” lo interruppe la ragazza.

“Non ho nemici fra i mortali.” Continuò Gus. Per un istante i suoi pensieri tornarono a Joy ed alla rabbia dipinta sul suo volto.

“Ho paura che non si tratti di una creatura delle tenebre...” disse la giovane zingara. “La magia utilizzata contro di voi non era una magia tipica delle creature malvagie. Siete proprio sicuro di non aver nemici fra i mortali?”

Gus si soffermò a riflettere, poi si portò le mani alla testa.

“Tutto questo mi farà impazzire!” pensò.

Qualcuno vi aveva mai detto che sarebbe stato facile essere un cacciatore di vampiri?” echeggiò nitida la voce di Primo nella sua mente. Non aveva mosso le labbra, eppure Gus era certo di aver udito quelle parole.

“Non ho nemici fra i mortali...” tornò a ripetere senza distogliere lo sguardo dal volto del vecchio. “Lord Owen F. Faber è figlio di una mortale e di un demone. Non potrebbe esser stato lui?”

Ivy sospirò.

“Cosa vi ha detto l’angelo?” domandò.

Gus chiuse per un istante gli occhi. Aveva creduto che l’angelo fosse realmente il suo Andrew.

“Mi ha ricordato quale fosse il mio compito. Avevo smarrito la strada e lui ha fatto sì che la ritrovassi.”

“Tutto qui?” domandò il vecchio.

“Non ha senso.” Disse Ivy.

“Forse vi siete sbagliata, Ivy. Forse l’angelo era realmente un angelo. O forse era tutto un semplice sogno, ma che importanza ha? Quello che conta è che Gus Van Helsing sia tornato a combattere.”

“Non mi sono sbagliata, signore.” Rispose la ragazza. “Non volete prendere in considerazione l’idea che qualcuno abbia manipolato questa vostra scelta?”

“Che differenza fa?” chiese Gus. “In fondo, era una scelta che avrei dovuto fare tanto tempo fa.”

“Non volete proprio capire!” Disse arcigno il vecchio. “Stupido, cocciuto cacciatore di vampiri!”

“Vi ringrazio per avermi messo in guardia. Ora, se non vi dispiace...”

Ivy estrasse un mazzo di tarocchi.

“Un’ultima cosa, signore, poi spariremo dalla vostra vita. Pescate una carta.”

“Hai il cuore tenero, mia cara!” bisbigliò adirato il vecchio alla nipote. “Non dovresti proprio aiutarlo!”

Gus finse di non sentirlo ed accontentò Ivy. Pescò la carta e la consegnò a dorso coperto alla zingara, poi se ne andò senza neppure attendere il responso.

Il vecchio scosse la testa.

“E’ decisamente uno sciocco!”

“Nonno, è come sospettavo. Il cacciatore di vampiri è in grave pericolo!” rispose agitata Ivy. Mostrò la carta al vecchio.

“Il diavolo?” domandò incredulo Primo. “Quello sciocco ha decisamente bisogno di noi, mia cara.”

 

ADA

 

“C’è nessuno?” domandò Gus scostando la tenda che ostruiva il passaggio. L’aveva chiamata diverse volte, ma Ada non aveva risposto. “C’è nessuno?” ripeté entrando nella tenda in penombra. Quattro piccole candele si stavano lentamente consumando sul tavolo ed erano l’unica fonte di luce. “Madame Ada?” chiamò per l’ennesima volta. Di nuovo nessuna risposta. Si guardò intorno. Era come se il tempo si fosse fermato. Non era cambiato nulla dall’ultima volta in cui aveva fatto visita all’amica. Il tavolo quadrato, le tre sedie, la cassapanca di mogano, la tenda che celava la camera da letto... tutto era come Gus ricordava. Solo il profumo che aleggiava nell’aria era diverso. Non era l’incenso che Ada era solita bruciare. Era un odore strano, un odore che Gus non aveva mai sentito.

“Sapevo che saresti venuto!” esclamò una voce femminile alle sue spalle facendolo trasalire. Gus si girò di scatto.

“Non dovresti lasciarti sorprendere tanto facilmente, mio buon amico!” rise la gitana. “Sei decisamente fuori allenamento se persino una donna riesce a...”

“Voi non siete una donna qualunque, Madame Ada!” la interruppe Gus. Provò l’irrefrenabile desiderio di abbracciarla, ma si trattenne.

La zingara sorrise, un sorriso malizioso. Era invecchiata, decisamente troppo se si teneva in considerazione il fatto che era trascorso solamente un anno dall’ultima volta in cui si erano incontrati. Piccole rughe si erano formate sotto i suoi occhi e fra i suoi splendidi capelli corvini si erano accesi riflessi d’argento. Gus ebbe l’impressione che il suo sguardo fosse divenuto più cinico di come lo rammentava, ciononostante pensò che fosse ancora molto bella.

“Avevo bisogno di rivedervi.” Esordì Gus rompendo il silenzio che pareva averli inghiottiti entrambi.

“Siediti, cacciatore di vampiri!” rispose la donna. “Non amo parlare di cose importanti standomene in piedi.”

Gus abbozzò un sorriso ed obbedì. La zingara prese una sedia e sedette accanto all’amico.

“Cosa ti turba?” domandò scrutandolo con occhi penetranti.

L’uomo chinò il capo.

“Ho scelto di tornare a combattere.” Rispose con un fil di voce.

Ada annuì soddisfatta.

“La scelta migliore, amico mio!”

“Ma ho perso... ho perso Joy...”

L’espressione della zingara non mutò.

“Sapevi a cosa andavi incontro. Sei un cacciatore di vampiri, un cavaliere della Luce, amico mio. Il matrimonio è per la gente comune. Sapevi sin dall’inizio di esser nato per portare a termine una missione. Sapevi anche che, qualunque strada avessi deciso di  percorrere, prima o poi ti saresti ritrovato a dover abbandonare tutto per fare i conti col destino. Gus Van Helsing, il giorno in cui ti sposasti già sapevi cosa sarebbe successo.”

“Madame Ada, io amo quella ragazza!” rispose il cacciatore di vampiri con voce increspata dall’emozione.

La zingara scosse la testa.

“Non mi hai ascoltata tanto tempo fa, perché dovresti farlo adesso? Ti avevo messo in guardia. Ti avevo detto che sposandoti avresti commesso un grosso errore. Avrei potuto impedirtelo, ma ti volevo troppo bene per farti del male. Ora mi rendo conto che forse tu mi avresti odiata, ma ti avrei evitato tanto, troppo dolore.”

Gus alzò lo sguardo. Un tempo aveva pensato che le parole di Ada fossero state dettate da un sentimento di gelosia.

“Credevo di poter dominare il destino!”

 Si alzò in piedi.

“Ucciderò vampiri, sterminerò la progenie delle tenebre ed ogni volta che tornerò a casa, troverò mia moglie ad attendermi.”

Si rivolse alla gitana.

“Questo mi dicevo, Madame Ada.”

Disfatto, tornò a sedersi.

La zingara appoggiò una mano sulla spalla del cacciatore di vampiri.

“Tutti abbiamo mentito almeno una volta a noi stessi, Gus.”

Un lampo attraversò i suoi occhi neri.

“Se fossi un uomo qualunque, Gus Van Helsing, ti direi di seguire il tuo cuore.”

“Se fossi stato un uomo qualunque, anch’io avrei seguito il mio cuore.” Pensò Ada.

“So già cosa sceglieresti ed è per questo che non mi sentirai mai pronunciare queste parole.”

Rimasero in silenzio per un momento che parve interminabile ad entrambi.

“Vuoi bere qualcosa?” domandò.

“No, vi ringrazio.” Rispose con voce flebile.

La zingara tornò a sedersi.

“Gus, devi scordare quella donna!” esclamò Ada. “Il tuo matrimonio ha sottratto fin troppo tempo alla missione.”

Le parole di Ada ebbero lo stesso effetto di un pugno in pieno stomaco. Il cacciatore di vampiri sentì le lacrime salirgli agli occhi, ma le ricacciò. Se fosse stato un uomo qualsiasi avrebbe potuto permettersi il lusso di piangere, ma lui era Gus Van Helsing. Si alzò. Ada fece lo stesso e lo abbracciò, poi avvicinò le labbra alle sue e lo baciò. La zingara non aveva mai fatto nulla del genere, così Gus rimase piuttosto sorpreso. Lasciò che lei lo baciasse, incapace di reagire.

 

JOY VAN HELSING E LUC CHANT DU CYGNE

 

                La piazza era gremita di gente. Sotto una luna troppo grande e troppo rosa, Joy Van Helsing, stretta nello scialle di lana, cercava di farsi strada tra la folla. Voleva avvicinarsi maggiormente al punto in cui Luc Chant du Cygne, il bardo che aveva conosciuto la sera precedente, si sarebbe esibito. Ogni suo tentativo fu però vano. Era la prima volta che, dopo la terribile epidemia di vaiolo che aveva colpito il paese, veniva data ai sopravvissuti la possibilità di distogliere la mente da quanto accaduto e tutti, di conseguenza, erano scesi in piazza. Joy sbuffò. Riusciva a stento a scorgere il palco. Ciononostante, nell’attimo in cui il bardo entrò in scena, anche quelli che non riuscivano a vederlo seppero del suo arrivo. La folla ammutolì di colpo come se la falce della morte avesse reciso la lingua a tutti i presenti. Joy pensò che l’intero paese avrebbe udito il furioso battito del suo cuore.

                “Signore e signori...” esordì il bardo con voce calda e profonda. “Lasciate che mi presenti. Sono Luc Chant du Cygne, il più grande bardo che mai avrete il privilegio di ascoltare.”

                Joy si fece largo tra la folla e, finalmente, riuscì a scorgere il bardo. L’uomo indossava una maschera dal lunghissimo naso adunco che gli copriva la parte superiore del volto, mentre le labbra luccicavano di un’insolita luminescenza sanguigna. Suo malgrado, sentì crescere in lei il desiderio.

                Il bardo si esibì in un inchino, poi riprese:

                “Signore e signori, ho l’onore di presentarvi Iris, la mia allieva.”

                Con movimenti aggraziati, la ragazza raggiunse il maestro e si inchinò a sua volta. Diversi commenti e mormorii di approvazione animarono la folla. L’allieva del bardo indossava una leggera tunica bianca che, alla luce delle candele che segnavano il perimetro del palco, lasciava intravedere ogni sua forma. Sul capo portava una ghirlanda di rose nivee, in netto contrasto coi fluenti capelli corvini fra i quali, ad ogni suo ancheggiante passo, la luna accendeva riverberi blu notte. Un’inespressiva maschera argentata copriva il suo volto, lasciando scoperti solamente i suoi innaturali occhi viola e le carnose labbra. Pareva una creatura ultraterrena, forse un angelo sceso fra i mortali per ascoltare la voce del bardo. Joy provò un inspiegabile senso di gelosia.

                Dalla folla si levò un applauso. Sotto la maschera d’argento, Iris arrossì. Sul volto del bardo, invece, si dipinse un sorriso grottesco. Quando il silenzio tornò a regnare sovrano, Luc Chant Du Cygne riprese a parlare:

                “Signore e Signori, diamo inizio allo spettacolo.”

                Si portò il flauto alle labbra e prese a suonare. Contemporaneamente, dopo appena poche note, Iris iniziò a cantare:                

“Figlia d’una Nube nottilucente

e del Signore delle tenebre,

incurante del suo trono sulla luna,

come una stella smarrita

e dimentica d’esser tale,

notteggiava sulla terra

la regina delle stelle.

 

Di falene e lucciole era vestita,

di sospiri e segreti profumava.

Il suo corpo atro e lucente

si muoveva sinuoso,

come una sensuale pantera,

sulla terra addormentata.

Cascate di stelle eran le sue chiome,

vive come i serpenti di Medusa.

E la sua voce... oh, la sua voce!

Avreste dovuto sentirla

Mentre intimava ai grilli di tacere!”

 

                Joy trasalì. Mentre intimava ai grilli di tacere? Le tornarono alla mente le parole che il bardo aveva pronunciato la sera precedente “Siete forse lo spirito del silenzio voi che vagate nel cuore della notte intimando ai grilli di tacere?”. Sorrise pensando: “Non sei tanto importante, Joy!” Alzò di nuovo lo sguardo verso il bardo e si accorse che, a sua volta, fra decine e decine di persone, mentre continuava a suonare il flauto traverso, Luc Chant Du Cygne stava fissando proprio lei.  

“Figlio di un poeta inaridito

e di una bambina dal corpo di donna,

nato nella stessa bettola

in cui sua madre si vendeva

e lo spirito del padre suicida

vagava in attesa del perdono divino,

notteggiava silenzioso

il Principe degli assassini.

 

Di lacrime e sangue era vestito,

Di fiori e morte profumava,

di parole mai pronunciate

e di affari rimasti in sospeso.

Camminava leggero,

privo dell’inutile zavorra

di ricordi e rimorsi.

E la sua voce! ... Oh, la sua voce!

Avreste dovuto sentirlo

Mentre intimava ai grilli di tacere.

                “Di nuovo i grilli...” pensò Joy crogiolandosi nella certezza che il bardo avesse composto quei versi ricordando il loro incontro.

“Quando il Principe degli assassini

vide la Regina delle stelle,

pensò che avrebbe dovuto esser sua.

L’avrebbe posseduta,

poi sacrificata

sull’altare della Morte,

la sua vera madre,

l’unica vera dea.

Intimò ai grilli di tacere

poiché non rivelassero

la sua micidiale presenza.”

                  Joy si aspettò che la folla reagisse in qualche, ma tutti parevano ipnotizzati dalla sublime melodia e dalla dolcissima voce di Iris.                

“Quando la Regina delle stelle

vide il Principe degli assassini,

già era troppo tardi.

Le fu addosso e senza alcun riguardo,

la empì del suo seme maledetto poi,

ignorando le sue suppliche,

lasciò che anche il suo pugnale

godesse del calore di quel corpo.

Per ogni crudele stilettata,

una stella cadente,

forse una lacrima del

Signore delle tenebre,

attraversò la volta celeste.

Le stelle si spensero,

una dopo l’altra,

mentre della loro regina

non restava che una pozzanghera

nera costellata di puntini luminosi.

Il Principe degli assassini

si allontanò leggero,

privo dell’inutile zavorra

di ricordi e rimorsi.

Non ha importanza chi tu sia:

la morte fagocita

voracemente,

indistintamente

tutto ciò che vive.

Di fronte a tale certezza,

i grilli tacquero

senza bisogno,

questa volta,

che nessuno

intimasse loro

di farlo.”

 

                Nell’attimo stesso in cui Iris interruppe il canto e la melodia scemò lasciando spazio al silenzio, l’aria si empì di applausi ed acclamazioni. Iris , modesta e dolce come un angelo, si inchinò, mentre le guance parevano prenderle fuoco. Luc si limitò a sorridere, più a se stesso che non alla folla. Un altro successo, ma non se ne stupì più di tanto. Era sempre così ed il bardo sapeva che non avrebbe potuto esser diversamente. Lui era Luc Chant Du Cygne, il miglior bardo mai esistito.

 

MADAME ADA

 

                “Tutto questo è necessario?” domandò la zingara alla figura nascosta nell’ombra. Gus aveva abbandonato la tenda e l’accampamento da non più di un’ora ed Ada sapeva che non l’avrebbe mai più rivisto. La divinazione era stata chiara. Gus Van Helsing sarebbe morto.

                “E’ necessario, lo sai.” Rispose la figura emergendo dall’oscurità.

                La zingara si lasciò cadere sulla sedia.

                “L’ho ingannato, Korral. Ho ingannato il mio miglior amico, l’uomo che...”

                “L’uomo che amavi!” rispose l’elfo sputando quelle parole con disprezzo.

                “Perché l’ho fatto?” domandò la gitana, lo sguardo perso nel vuoto. “Perché ho lasciato che Fay Faber morisse? Perché ho inviato quel sogno a Gus? Perché non gli ho impedito di...”

                “Per il potere e l’equilibrio.” La interruppe l’elfo.

                Ada si portò le mani alla testa, ripetendo l’ultima frase di Korral.

                “Per il potere e l’equilibrio...”

                “Volevi il potere ed io te l’ho dato, zingara!” esclamò l’elfo. “Più potere di quanto nessun essere umano abbia mai neppure lontanamente sognato. Ti ho insegnato a percorrere le strade che portano alla conoscenza del futuro e di tutte le sue variabili; ti ho dato la facoltà di riportare la bilancia in equilibrio, bene e male sullo stesso piano, proprio come desideravi.”

                “Mi hai dato il potere per far sì che ti liberassi...” pensò Ada.

                “ Ora devi essere pronta a subirne le conseguenze. Ogni guerra ha le sue perdite e tu hai sfidato il destino. Pensavi forse di uscirne illesa?”

                “Ma perché proprio Gus Van Helsing?”

                “Il cacciatore di vampiri e lord Faber si uccideranno a vicenda. Così deve essere. Devi scongiurare la possibilità che uno dei due possa prendere il sopravvento ed eliminarli dal gioco è l’unica speranza. Tutto quello che facciamo è in nome dell’equilibrio, naturalmente...”

                L’elfo sogghignò.

                Ada si alzò e lo sfidò con lo sguardo. Per la prima volta ebbe la certezza che Korral le avesse mentito sin dall’inizio.

                Lo sguardo di Korral divenne minaccioso.

                “Osi sfidarmi, umana?”

                “Non voglio sfidarti, Korral! Voglio solo capire cosa mi ha spinto a fare quello che ho fatto. Tutto questo non ha senso! Prima che Gus venisse qui, il nostro piano mi pareva sensato. Ora mi rendo conto che è follia. E non so spiegarmi come sia possibile che la mia mente abbia partorito qualcosa del genere!”

                La zingara prese a camminare nervosamente.

                “Tu non hai partorito nulla, mia cara. Ti sei limitata a fare quello che io volevo che facessi.”

                L’elfo scoppiò a ridere, una risata che nulla aveva di umano.

                “Non avresti dovuto permettere che il cacciatore di vampiri venisse qui. La sua presenza ti ha reso vulnerabile.”

                “Cosa significa che ho fatto quello che tu volevi?”

                “E’ così facile manipolare le vostre menti!” rispose pacatamente l’elfo.

                “Chi sei, Korral?”

                Gli occhi verdi dell’elfo parvero trafiggerla.

                “E’ una domanda che avresti dovuto porti prima di liberarmi, zingara!”

                “Chi sei? E qual è il tuo vero scopo?” ruggì la donna.

                “Non metterti sulla mia strada, umana!” ringhiò Korral.

                Ada strinse i pugni, poi uscì dalla tenda maledicendosi per non aver compreso subito la verità.

continua...

Luci ed ombre parte prima    Luci ed ombre parte seconda

Tutti i diritti riservati. I testi sono coperti dal diritto di autore.