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Castelli 

e altro in Molise

vedi il sito: http://www.ville-caen.fr/raphael/italie/Patrimoine_architectural/Italie/molise/08fortificazioni/castelli/archi_cast1.htm 

 

La mia regione, il Molise, è certamente una delle meno conosciute della nostra amata penisola, ma non per questo meno ricca di storia, natura e cultura... anzi...

In questo mio angolo di universo vorrei fare un salto nel tempo per indicarvi la strada verso storie e leggende di un passato lontano attraverso la figura forse più appariscente delle epoche passate: il CASTELLO...

Nella regione sono ben 29 i Castelli presenti, alcuni non sono altro che ruderi, altri, invece, sono ben tenuti e visitabili... addentriamoci nei meandri segreti di alcuni di essi alla ricerca di "fantasmi" passati..........

Acquaviva d'Isernia Bagnoli del Trigno Bonefro Campobasso Carpinone
Castropignano Cercemaggiore Cerro al Volturno Civita di Bojano Civitacampomarano
Ferrazzano Fornelli Gambatesa Longano Macchia d'Isernia
Macchiagodena Matrice Molise Montefalcone del Sannio Monteroduni
Pesche Pescolanciano Roccamandolfi Roccapipirozzi Rocchetta al Volturno
Termoli Torella del Sannio Tufara Venafro  

buona visione...

...se avete delle "storie", vere o fantastiche, su uno di questi castelli e volete farle conoscere a tutti, beh, l'indirizzo ve lo ripeto così le inserirò...

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Nel Molise castelli, cinte fortificate, torri urbane ed extraurbane, edifici non militari ma comunque protetti, sono la testimonianza di vicende storiche complesse derivate dalla mancanza di un forte potere centrale e da un territorio prevalentemente montuoso. Il castello, soprattutto tra la fine del IX e gli inizi dell’XI secolo, assume la doppia funzione di controllo e di gestione del territorio; un elemento destinato a condizionare pesantemente gli assetti insediativi e produttivi delle aree da esso dipendente. Il castello, spesso impiantato su un precedente nucleo insediativo, diventa il polo intorno al quale si sviluppano i centri abitati mentre le aree esterne, non difendibili, sono disabitate. La Cronaca di S.Vincenzo al Volturno (Chronicon Vulturnense) descrive la regione come abitata quasi esclusivamente da uccelli e animali selvatici mentre la scarsa popolazione si concentra in pochi centri urbani e lungo le principali vie d’acqua. Questa situazione è destinata a cambiare nel tempo ma le dinamiche ripetono quasi sempre gli stessi modelli di insediamento che continuano ad avere una forte connotazione difensiva. Il fenomeno dell’incastellamento normanno si contraddistingue per il carattere militare e feudale che conferisce ad ogni opera difensiva il ruolo di fulcro del potere in quel territorio dal quale dipendono una serie di obblighi militari.  


Le grandi immigrazioni determinano sconvolgimenti, soprattutto, in quelle regioni che avevano costituito le province periferiche dell’impero romano. I sistemi si rafforzano e si rende necessaria  una concentrazione, in poche aree, di punti forti collocati, solitamente, in luoghi che sono naturalmente protetti e in posizione strategica.

Le fortificazioni di epoca sannita e romana

Già prima della definitiva conquista romana, nel Sannio (attuale Molise) è presente una fitta rete di fortificazioni, con recinti che spesso raggiungono la lunghezza di alcuni chilometri e una concentrazione di "punti forti", collocati a dominio delle valli e dei passaggi su alture che la configurazione morfologica stessa contribuisce a difendere. Il problema della difesa del territorio è stato affrontato, in ogni epoca, con metodi, tecniche e sistemi organizzativi conseguenti alle particolari capacità economiche delle popolazioni, alla estensione dell'area da tutelare e, ovviamente, alle singolarità delle  situazioni politiche di volta in volta presenti.  
Il paesaggio dell'Alto Molise è caratterizzato da cinte megalitiche di notevoli dimensioni situate in punti strategici del territorio dei Sanniti  Pentri. La città murata di Monte Vairano (la romana Aquilonia?) ha un perimetro di 2900 m. e racchiude un territorio di 49 ettari. Elemento caratteristico di queste fortificazioni è la presenza di murature a secco apparecchiate con blocchi di pietra locale. Consistenti, nel loro complesso, sono le fortificazioni situate nel cuore del Sannio Pentro che coincide con la vasta area che fa capo ai bacini idrografici del Sangro, del Volturno, del Trigno e del Biferno. Altre fortificazioni si possono trovare a  Duronia,  Chiauci,  Carovilli, Campochiaro e Venafro.  

Le fortificazioni sono disposte in modo da essere visibili l'una con l'altra, con punti di incrocio visivo situati ad un interasse variabile tra i 2500 ed i 3000 metri; costituiscono un sistema di avvistamenti a catena che copre quasi totalmente il territorio. In alcuni casi, gruppi di fortificazioni costituiscono un sistema chiuso, in grado di tutelare una zona delimitata. Il  Massiccio del Matese, per esempio, è protetto da una serie di cinte disposte ad anello su tutti i lati.

Sepino

Monte Ferrante

Monte Ferrante
Sepino

Gli insediamenti di epoca longobarda

Le migrazioni di popolazioni che nel Medioevo si spostano verso sud alla ricerca di nuovi territori in cui insediarsi incidono pesantemente sul Molise, una regione già naturalmente debole, lasciando tracce ancora oggi evidenti (il nome di Ripabottoni, per esempio, sembra derivare da Ripaghotorum e quello di Macchiagodena da Maccla-Godini).  
Dopo i Bizantini la regione è occupata dai Longobardi e compresa nel ducato di Benevento; in seguito il ducato verrà frammentato tanto che verso il 1000 avrà 34 contee, sei delle quali con capoluogo in centri molisani (Boiano, Venafro, Isernia, Trivento, Larino e Termoli).  All’epoca longobarda si fanno risalire molti dei castelli molisani, Campobasso, Roccamandolfi (la rocca Maginulfi longobarda), Termoli ma anche Lucito, Colletorto, Guardialfiera, Castelgiudice, Civitacampomarano, S.Maritino in Pensilis. Nell’area della Terra Sancti Vincentii agli inizi del X secolo vengono costruiti i castelli di Colli al Volturno, Cerro al Volturno, Scapoli, S.Maria Oliveto ed altri. I villaggi sono caratterizzati da case e orti protetti da una palizzata e da una torre, mentre tutt’intorno nuove terre sono disboscate e messe a coltura. Le opere fortificate di epoca longobarda sono difficilmente riconoscibili a causa delle numerose trasformazioni avvenute.  
La presenza longobarda è talvolta segnalata anche dalla sopravvivenza di alcuni toponimi significativi come, per esempio, quello di “fara” (villaggio, famiglia) .

Durante il periodo longobardo il Molise subisce gli assalti dei Saraceni. Della presenza di questi rimane traccia anche in alcuni toponimi come Macchia Saracena, torrente Saraceno, Ripa Saracena.

Sviluppo urbano: la chiesa e il castello

Gli elementi edili che caratterizzano la maggior parte dei centri abitati sono i punti forti (il castello e le torri), le difese lineari (palizzate, mura, fossati), la chiesa e le abitazioni private (torri, case e capanne). L’impianto urbano risente in maniera determinante della morfologia dell’area, della posizione delle opere fortificate e della collocazione della chiesa. Questa è posta quasi sempre in posizione baricentrica e costituisce il polo di aggregazione per l’edilizia residenziale che, solitamente, tende a svilupparsi radialmente o a macchia. Laddove il rapporto tra castello e chiesa è diretto nasce uno spazio collettivo che da origine alla piazza mentre nei centri urbani morfologicamente più complessi (tipici per esempio delle aree montane) l’aggregazione urbana tende ad accrescersi alle pendici del colle su cui è posto il castello. Nel caso di centri urbani in linea, sviluppati cioè lungo un crinale oppure lungo una strada, la chiesa costituisce comunque un elemento di grande attrazione. Lo sviluppo dei centri abitati condizionerà, a sua volta,  l’evoluzione delle opere fortificate di cinta che dovranno adattarsi alla crescita urbana, isolando sempre più l’area del castello che assume progressivamente un ruolo di “ridotto di difesa”. Talvolta, il centro urbano si sviluppa accanto al castello in maniera autonoma a causa di favorevoli condizioni economiche (paesi di mercati, per esempio, oppure la presenza di un tratturo o di un corso d’acqua) assumendo una configurazione topografica singolare. A Larino, il monastero di S.Benedetto viene costruito “infra murum et muricinum”, tra la cinta muraria e un altro recinto più piccolo. Ulteriori trasformazioni si avranno quando le opere fortificate, non più efficaci dal punto di vista militare, si trasformeranno progressivamente in residenza. Durante i primi periodi di insediamento normanno le cinte urbane e le difese preesistenti vengono riutilizzate ed adattate (“Questi...cominciarono a costruire fortezze ove esistevano piccoli insediamenti” Chr. Volt.), in seguito l’impegno è rivolto all’impianto di nuovi castelli, torri e punti forti realizzati spesso in un’area periferica rispetto al centro urbano.

Bagnoli del Trigno

Ripalimosani
I rapporti con la Chiesa

L’abate Desiderio, consapevole che una politica ostile ai nuovi nobili avrebbe minato l’autorità e la  vita del monastero, assume il ruolo di mediatore tra Normanni, Papato e imperatori di Germania e di Bisanzio. Da parte normanna c’è un atteggiamento di rispetto nei confronti dell’abbazia cassinese e una serie di donazioni  rappresentano il pegno per la politica filonormanna di Desiderio. I rapporti tra Normanni e Chiesa diventano sempre più forti, soprattutto dopo la sconfitta del papa a Civitate. Le conseguenze, d’altra parte, sono evidenti anche nelle strette relazioni esistenti tra le nuove unità amministrative e le diocesi.  
 
Elementi importanti  per la storia del Molise in epoca normanna sono le vie di pellegrinaggio che attraversano la regione sia in senso n-s (lungo le antiche vie tratturali, sia in senso w-e lungo le valli fluviali). Nella valle del Trigno viene fondata dai benedettini la chiesa di S.Maria nei pressi di una villa romana mentre alla foce del fiume fino al 1125 esiste il monastero di S.Stefano in rivo maris; nella valle del Biferno la badia di Casalpiano viene costruita in un’area di antiche testimonianze di epoca romana; nella valle del Fortore la chiesa di S.Maria di Melanico è costruita non lontano dei resti di una villa romana. I flussi di traffico sono diretti soprattutto al santuario di Monte S.Angelo sul Gargano, dove la tradizione colloca uno dei primi incontri (1015) tra i Normanni reduci dalla Terrasanta e un gruppo di nobili pugliesi decisi a liberarsi dal dominio bizantino.  

I Normanni, con la protezione della Chiesa conquistano buona parte dell’Italia meridionale e nella guerra siciliana contro i musulmani manifestano già i caratteri di un movimento crociato. Uno dei frutti della prima Crociata è la conquista di Antiochia (1098) ad opera di Boemondo, figlio di Roberto il Guiscardo, e la formazione del primo principato crociato in Terrasanta. L’anno successivo, un ruolo importante avrà Tancredi nella conquista di Gerusalemme.

Le grandi abbazie

     l'abbazia di Montecassino

L’abbazia viene distrutta due volte: durante il dominio longobardo e per opera dei Saraceni negli anni in cui anche San Vincenzo al Volturno subisce la stessa sorte. Dopo la ricostruzione, la grande prosperità e splendore artistico avrà il suo culmine nell’XI secolo. Negli anni durante i quali l’abate Desiderio è alla guida del monastero, i Normanni acquistano un potere crescente sulle proprietà longobarde per effetto di permute indotte o di usurpazioni confinarie.
In questo scenario si colloca la figura di Ugo Morino, conte normanno, che nel 1072 aveva donato ai monaci “pro redemptione anima” alcune chiese.
Il monastero alterna, durante i secoli, periodi di ricchezza artistica e momenti di abbandono.

 

l'abbazia di S. Vincenzo al Volturno

Il Chronicon Volturnense (la storia del monastero scritta dal Monaco Giovanni nel. XII sec.) descrive con molti particolari e ricchezza d'immagini  miniate le vicende dei nobili beneventani e la nascita del centro monastico. La  fondazione dell’abbazia benedettina di San Vincenzo risale alla metà del  700; tre aristocratici beneventani Paldone, Tatone e Tasone, decidono di fermarsi nelle terre ricevute in dono dal duca di Benevento, nelle vicinanze di un nucleo monastico fondato da una piccola comunità di monaci nel 684.  Ad Ambrogio Autperto, abate intorno al 777, deve attribuirsi il merito di aver intensificato i rapporti tra il  monastero volturnense e la corte di Carlomagno, dalla quale proviene. A Giosué. si deve un ulteriore sviluppo del monastero e una serie di opere architettoniche che condizioneranno l’impianto funzionale della città monastica, fino alla distruzione saracena dell’881; consolida i rapporti con la corte carolingia e riorganizza l’articolazione urbanistica degli edifici aggregatisi fino ad allora spontaneamente. Un’opera che porterà il complesso volturnense  a collocarsi tra i più importanti d’Europa e che avrà un importante ruolo di controllo e gestione di un vasto territorio caratterizzato, a quel tempo, da modesti insediamenti e torri isolate (castella). L’impianto architettonico, come dimostrano gli scavi in atto, presenta caratteri innovativi. Il modello della basilica costantiniana di San Pietro a Roma viene sensibilmente revisionato in alcuni elementi, l’esclusione del  transetto e l’inserimento dell’ostwerk. La chiesa ha un impianto triabsidato a tre navate, con file di sedici colonne per parte con il reimpiego di materiale di edifici romani. La cripta presenta un anello esterno semicircolare allungato associato ad uno spazio interno a croce latina. I motivi geometrici degli affreschi sono pensati  per creare l’illusione di un sepolcro ricco di diamanti, marmi policromi e tarsie multicolori, un vero paradiso sotterraneo. Il grande refettorio è capace di ospitare circa 400 monaci. Tutta la pavimentazione del refettorio e delle altre sale di collegamento è costituita da elementi in cotto, prodotti nel monastero. Nelle officine si lavora l’argento, l’avorio, lo smalto vitreo e il bronzo (fonderie per le campane) ma soprattutto il vetro da utilizzarsi per le grandi vetrate e per piccoli oggetti. La cripta di Epifanio, abate dall’824 al 842, è affrescata con immagini ispirate all’Apocalisse di San Giovanni. Nell’881 il monastero viene assaltato da parte di un gruppo di saraceni; soltanto dopo alcuni decenni i monaci riusciranno a ricostruire edifici, officine, chiese e a ridare all’abbazia l’importanza che aveva avuto.

 

I rapporti con la Chiesa

L'architettura sacra

Del periodo normanno-svevo restano molte testimonianze di architettura sacra. Se non si può affermare che le chiese medievali del Molise hanno riferimenti diretti con i Normanni è altrettanto vero che queste risentono comunque della loro presenza. L’arrivo dei Normanni se da una parte non ha risolto il problema del frazionamento del potere, dall’altra ha facilitato l’intervento dei Benedettini, l’arrivo di maestranze artistiche tecnicamente più evolute di quelle locali e più intensi scambi con le regioni confinanti. Al tempo dei Normanni, il panorama culturale in cui è inserito il Molisecomprende anche le vie di pelleginaggio, che stimolano relazioni con l’area campana e quelle con la Puglia e l’Oltremare.

Tra gli esempi più importanti  si ricordano la chiesa di S.Maria della Strada a Matrice (consacrata nel 1148), S.Giorgio a Petrella Tifernina (nella forma attuale risale al 1211), il duomo di Termoli , le chiese di S.Giorgio, S.Maria de Foras (1177), S.Leonardo  e di S.Bartolomeo a Campobasso, la chiesa di S.Maria di Monteverde a Vinchiaturo, la chiesa di S.Maria Assunta a Ferrazzano, la chiesa di S.Maria del Canneto a Roccavivara, le chiese di S.Nicola, di S.Adamo e la cattedrale di S.Maria Assunta a Guglionesi, la cattedrale di S.Maria Assunta di Guardialfiera, la cattedrale di Trivento, S.Maria a Mare di Campomarino, la chiesa di S.Rocco a Petacciato.


     Il Duomo di Termoli
     Santa Maria della Strada a Matrice
     San Giorgio a Petrella Tifernina
     Sant'Angelo in Grotte

Morrone
S.M.di Casalpiano

Campobasso
S.Bartolomeo

Il Duomo di Termoli

Per la sua posizione costiera, lungo gli itinerari che portavano al frequentatissimo santuario di San Michele sul Gargano e in Terrasanta, la città di Termoli era inserita in epoca medievale in una fitta rete di traffici internazionali. Di tali rapporti, con la Puglia, con la Terrasanta e con l’Oltralpe, in particolare con la Francia, è senza dubbio un’importante testimonianza la sua cattedrale, come dimostra chiaramente il complesso apparato decorativo della facciata.  
L’edificio attuale fu costruito tra XII e XIII secolo sullo stesso luogo di una cattedrale più antica, (probabilmente dell’ XI secolo) di cui rimangono alcuni resti del corpo occidentale triabsidato e del ricco pavimento musivo figurato delle navate e del presbiterio. Anche l’attuale chiesa è dotata di tre absidi ed è a pianta basilicale, divisa in tre navate da pilastri cruciformi e con presbiterio notevolmente rialzato rispetto al piano delle navate. All’interno, l’edificio ha subito nel tempo varie trasformazioni che hanno notevolmente alterato il suo assetto originario. Meno consistenti sono state le modifiche apportate all’esterno che ancora conserva gran parte della decorazione originaria. Particolarmente ricco è l’apparato decorativo della parte inferiore della facciata che presenta una serie di arcate cieche includenti bifore e il portale centrale. Sia le arcate che le bifore sono costituite da elementi architettonici (ghiere e capitelli) ornati da motivi vegetali e figurati. All’interno della prima bifora, a partire da sinistra, inseriti nella parete di fondo, si conservano due altorilievi raffiguranti l’Annunciazione, mentre alcuni resti di un’altra scena scolpita rappresentante la Presentazione al Tempio sono presenti nella lunetta del portale. Ai lati di quest’ultima  compaiono inoltre due mensole con iscrizioni lungo il bordo che originariamente sorreggevano altrettanti gruppi scultorei, di cui sopravvive solo la statua di S.Basso. Entrambe le iscrizioni, così come quella presente all’interno della lunetta dell’ultima bifora, si riferiscono ai committenti del corredo scultoreo. Una quarta iscrizione, ora assai mutila, situata nella parte inferiore della lunetta del portale centrale recava probabilmente, secondo alcune fonti, il nome dell’architetto della cattedrale, il termolese Alfano.

Santa Maria della Strada a Matrice

Lungo una diramazione del tratturo Pescasseroli-Candela è situata la chiesa di S.Maria della Strada a Matrice. L’edificio risulta consacrato nel 1148 e per la sua posizione fu sicuramente un importante luogo di sosta per i pellegrini che dai territori interni dell’attuale Molise si recavano ai santuari della Puglia. L’edificio è a pianta rettangolare triabsidata; l’interno è suddiviso in tre navate da colonne con tozzi capitelli decorati con motivi vegetali molto stilizzati ed ha il presbiterio sopraelevato di tre gradini rispetto al piano delle navate. L’esterno è caratterizzato da un elegante paramento in pietra costituito da conci per lo più di grandi dimensioni ben squadrati e presenta una ricca decorazione in facciata e in corrispondenza del portale situato lungo il fianco destro, opera probabilmente di artisti. Assai complessa e non ancora del tutto chiara dal punto di vista iconografico è l’ornamentazione del prospetto principale: nella parte superiore, ai lati di un rosone, compaiono tre figure di animali ad altorilievo, mentre nel timpano e nella lunetta del portale centrale sono rappresentate scene con animali, alcuni dei quali fantastici, e figure umane accompagnate da motivi floreali, vegetali e geometrici dal rilievo assai piatto. Altre scene figurate sono presenti nelle due lunette ai lati del portale: secondo alcune interpretazioni si tratterebbe di episodi tratti da due diverse Chanson de geste, il Libro di Fioravante  e la Historia Karoli Magni et Rotholandhi. Più chiara è, invece, la scena della lunetta del portale laterale che raffigura il mito di Alessandro Magno, il cui carro è portato in cielo da due grifoni. All’interno sono conservate altre opere di scultura medievale, tra cui si segnala il monumento funebre trecentesco di Bernardo di Aquino.

La lunetta di sinistra
La scena che compare nella lunetta raffigura probabilmente Fioravante che libera una fanciulla rapita da tre saraceni. Particolarmente interessante è la figura dell’eroe, che compare a sinistra sul suo cavallo nell’atto di sferrare l’attacco contro i saraceni, in quanto è raffigurato con l’abbigliamento tipico di un guerriero normanno dell’epoca di Ruggero II d’Altavilla, con la corazza di maglia di ferro priva di cappuccio, l’elmo a costole verticali privo di nasale e lo scudo a forma di mandorla.


I batacchi bronzei di Sepino
   
Nella chiesa di S. Cristina a Sepino si conservano due batacchi in bronzo con protomi leonine pertinenti ad un portone forse della stessa chiesa e databili alla prima metà del XII secolo. Le protomi sono applicate su un disco decorato con motivi geometrici e rivelano affinità dal punto di vista stilistico con gli analoghi pezzi presenti sulla porta della cattedrale di Troia, opera di Oderisio da Benevento e datata 1127. Tali analogie fanno ipotizzare che si tratti di manufatti usciti dalla medesima bottega, pertanto sono da ritenersi un’importante testimonianza figurativa dei collegamenti tra Benevento e la cittadina molisana, che al tempo era compresa nel territorio del ducato normanno di Bojano.

San Giorgio a Petrella Tifernina

Situata nel centro storico di Petrella Tifernina, la chiesa di San Giorgio Martire è un edificio absidato a tre navate divise da pilastri compositi con capitelli ornati da motivi geometrici, vegetali e figurati. Stando a quanto ci testimonia un’inscrizione posta nella lunetta del portale di facciata, che tra l’altro reca anche il nome di un certo maestro Elpidio, la chiesa fu edificata agli inizi del Duecento. Particolarmente ricca è la decorazione dei portali di facciata e dei fianchi, che si stagliano su un bel paramento a conci ben squadrati di grandi dimensioni. La parte superiore della facciata presenta  un coronamento ad archetti che includono protomi umane e animali ed un’ampia finestra con ghiera ornata da motivi vegetali, mentre in quella inferiore si apre l’ornatissimo ampio portale timpanato; con lunetta scolpita raffigurante le vicende del profeta Giona. Per il tipo di rilievo tale apparato decorativo richiama quello della chiesa dei S. Maria della Strada a Matrice.

 

Sant'Angelo in Grotte

Una figura che si incontra di frequente nelle chiese della regione è quella dall’arcangelo Michele. Non lontano da Isernia si trova il santuario di Sant’Angelo in Grotte a lui dedicato e questo non sorprende se lo si inserisce nel quadro dei flussi di pellegrini diretti dalla Normandia, dove si trova Mont Saint Michel, e da tutta l’Europa cristiana, verso Roma o sul Gargano  a Monte Sant’Angelo.