|
Razza:
Andaluso |
Origine:
Spagna |
Attitudini:
sella |
Diffusione:
Europa, Sud America |
Qualità:
Notevole equilibrio psicofisico |
Temperamento:
Energico ma molto equilibrato |
|
Morfologia:
Cavallo di tipo mesomorfo con altezza al garrese di cm 155-160
e con un peso dai 480 ai 600 kg.
La testa si presenta rettangolare, lunga e secca, con profilo
diritto o leggermente convesso; la fronte è larga con
orecchie di lunghezza media distanziate e mobili; gli occhi
sono grandi, scuri, ovali e dallo sguardo vivace.
L'incollatura è di media lunghezza, giustamente arcuata
e ben attaccata sia alla testa che al corpo, ornata da una
criniera lunga e abbondante. Il garrese è pronunciato
e muscoloso, il tronco è ben sviluppato con linea dorso-lombare
dritta, dorso breve con groppa arrotondata, coda attaccata
bassa e abbondante. Il torace è ampio e profondo con
costole arcuate, addome tondeggiante, spalla inclinata e mucolosa.
Gli arti sono muscolosi e solidi. Gli anteriori presentano
avanbraci forti, ginocchia ossute, cannoni molto lunghi con
tendini asciutti, pastorali lunghi con corretta inclinazione,
appiombi corretti e zoccoli solidi e proporzionati.
I posteriori presentano buona muscolatura con garretti lunghi
e ben orientati. Il colore più diffuso è il
grigio, cui segue il baio, il morello, il sauro e il roano.
Storia:
Impossibile determinare le precise origini del cavallo Andaluso,
più interessante è invece constatare come da
tempo immemorabile nella penisola iberica si sia andata formando
ed elaborando una cultura equestre con una continuità
che è giunta sino ai nostri giorni.
Già Omero cita i cavalli iberici e Senofonte narra
dei 50 cavalieri iberici che combatterono a fianco degli Spartani
nella guerra contro Atene, sottolineando l'originalità
del loro modo di misurarsi con il nemico che li rendeva tanto
efficaci e che dipendeva evidentemente dalla qualità
della cavalcatura, capace come era di assecondare il cavaliere
in tutte le manovre che gli venivano richieste.
Varrone, Columella, Virgilio, Plinio e tanti altri, ci hanno
lasciato descrizioni che non lasciano dubbi sul valore e sulla
considerazione di cui godeva il cavallo spagnolo; inoltre,
essendo la Spagna, soprattutto nella sua parte meridionale,
un Paese particolarmente adatto all'allevamento equino, essa
costituì da sempre un serbatoio al quale i conquistatori
di turno attinsero, primi fra tutti i Romani, che dopo le
Guerre Puniche rifornirono la loro cavalleria appunto con
cavalli spagnoli.
Naturalmente grande influenza ebbe la conquista araba, che
riversò nella penisola un consistente numero di soggetti
Berberi
e Arabi,
fatto questo che concorse a migliorare un patrimonio equino
che comunque già esisteva e aveva ottime caratteristiche.
Quando poi riniziò la Reconquista, i re cristiani
si trovarono di fronte un nemico che disponeva di buoni cavalli
Andalusi e di un'ottima tecnica equestre e, una volta
che si impossessarono di tutto il territorio, ne organizzarono
l'allevamento, rendendosi ben conto del grande valore di questo
cavallo allevato nel loro Paese e prendendo di conseguenza
tutte le misure atte alla sua conservazione ed incremento.
Nel 1347 Alfonso XI decise di porre l'allevamento equino sotto
il diretto controllo della Casa Reale su tutto il territorio
del reame, mentre Giovanni di Castiglia si preoccupò
di proteggere dai continui furti i proprietari di cavalli.
Nel 1462 Enrico IV di Castiglia emanò una legge che
proibiva l'uso, come riproduttore, del Garagnon, ovvero
il pony allevato nel Nord del paese, proibì inoltre
l'esportazione a qualsiasi titolo dei cavalli, nonchè
la produzione dei muli.
Nel 1534 venne proibito di fare del cavallo oggetto di donazioni
o disposizioni testamentarie che avessero comtemplato la sua
uscita dal Paese, sotto pena di morte o confisca dei beni.
Nel 1566 Filippo II ordinò che chi possedeva da almeno
3 anni 12 o più giumente non potesse essere perseguito
per debiti, proibì l'uscita di giumente dal Paese e
fondò la prima Giumenteria reale di Castiglia,
a Cordova la Vecchia, con a capo il napoletano Geronimo Tuti.
Carlo II nel 1625 decise la creazione di un registro generale
per l'iscrizione di cavalli, giumente, puledri e puledre e
la loro marcatura a fuoco, obbligando i proprietari ad avere
un proprio marchio che veniva riportato in un libro.
Nel 1772 si applicò l'esenzione del servizio militare
a uno dei figli di allevatori che avessero posseduto un certo
numero di giumente. Nel 1789 si proibì il possesso
di uno stallone asinino agli agricoltori che non avessero
posseduto contemporaneamente almeno un cavallo per ogni due
asini e nel 1812 venne confermata la proibizione della creazione
di muli in Andalusia, Murcia, Estremadura.
Ferdinando VII creò una nuova giumenteria a Ubeda;
nel 1829 l'infante don Carlo, a sua volta, ne istituì
due, mentre nel 1847, per ordine reale, venne istituita la
Direzione generale dell'agricoltura dell'industria e del
commercio, con al suo interno una giunta consultiva per
lo sviluppo dell'allevamento equino. Nel 1864 la direzione
dell'allevamento equestre passò al Ministero della
guerra fino al 1904, quando fu creata la Direzione generale
per l'allevamento e la rimonta, che ancora oggi dipende
dal Ministero della Difesa.
Si può dedurre dalla sua storia come il cavallo Andaluso
fosse ambito e ricercato anche fuori dai confini della sua
patria, oggetto di acquisti e di sontuosi regali che i regnanti
si facevano tra loro.
Enrico VIII e Carlo I importarono cavalli dalla Spagna in
Inghilterra, mentre presso la più famose corti italiane
si allevavano cavalli spagnoli: a Milano, Venezia, Mantova,
a Pisa, in Maremma e soprattutto a Napoli, dove la Scuola
di equitazione della Maddalena fu in quel tempo la più
famosa d'Europa.
In tutto il continente l'Andaluso fu usato per migliorare
le razze locali: in Fiandra, Danimarca, Austria, dove si diede
inizio all'allevamento dei Lipizzani e dei Kladrub.
All'inizio del 1600 fu importato anche in Svezia. In Germania
si usò per migliorare le razze Maclemburg, Oldenburg
e Holstein, mentre in Russia entrò nella formazione
degli Orloff.
In America fu alla base di tutte le razze che in seguito si
svilupparono partendo dai cavalli portati dai conquistatori.
Si può ben dire che la sua influenza su di un grande
numero di razze equine è paragonabile a quella del
Purosangue
Arabo.
(Tratto da: Cavalli: le attitudini delle razze da sella
- Demetra S.r.l. - Mino Tenni e Giorgio Selmi) |
|