Poeti della Luce |
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Omaggio a Silvano Baracco - alias Walko - .: Poesie e racconti |
Poesie: |
MELACERBA
Non vi conviene credere ai romanzi, credere alle parole affascinanti di chi s'inventa una vita di carta. Io, per esempio, non sono rinsavito, come racconta il finale della storia: passato è il tempo, non so dire quanto, ma sono sempre lo stesso di allora, io sono sempre lo stesso di prima, io sono sempre lo stesso di sempre. Semplicemente, adesso sono solo, perché anche il mio scudiero mi ha lasciato, insieme alla speranza e al pentimento. Ora giro nei boschi, in mezzo ai campi, senza fermarmi mai, la notte e il giorno. Il mio cavallo è vecchio, cieco e zoppo, è monca della punta la mia spada, la mia lancia spaccata nel suo mezzo, il mio scudo affogato, sprofondato o trascinato via dalla corrente, varcando un fiume su un ponte di corde, portando il mio cavallo sulle spalle; il mio elmo l'ho dato a una ragazza che mi ha concesso un bacio sulla bocca e una succhiata dal suo seno caldo, profumato di rosa e melacerba. Altro non ho, né cerco, e neanche spero, ma nonostante tutto non mi arrendo; proseguo, non conosco la paura: non mi spaventa il vento, né la pioggia, non temo gelo, frastuono, silenzio, né tempeste di grandine o di sabbia, né bufere di sangue o di parole; sfido la morte in giochi di prestigio, d'acrobazia e vario altro talento e, non lo credereste, ho sempre vinto; non ho paura del buio, della luce, fisso negli occhi il sole, molto a lungo, sempre senza provare alcun dolore, e parlo con la luna, con le stelle, amo l'asfalto e odio la mia ombra: spesso la inseguo quando mi precede, spesso la fuggo quando mi rincorre. Ho fatto anche di peggio, ma, lo giuro, non m'importa più nulla della gloria, e giro al largo dai mulini a vento. Mi chiamano Chisciotte de la Mancha, ed è quello che sono, solo questo, ma avrei potuto essere ben altro, avrei dovuto essere tutt'altro. Avrei voluto essere un eroe, uno dei tanti: Achille, Ajace, Ulisse; avrei voluto, avrei potuto avere la forza, la bellezza, la ricchezza, anche più d'Ercole, d'Apollo e Mida; avrei potuto avere la maestà ed il segreto della conoscenza, anche più di re Artù e di Merlino. Non potendo trovarmi fra le mani queste virtù, sono quello che sono, perché un punto intermedio non esiste: fra tutto e niente non c'è via di mezzo. E forse, in fondo, questo è il mio segreto: avrei voluto essere soltanto giusto quello che sono, o ancora meglio, quello che sono diventato adesso, senza mulini a vento da attaccare, senza, con me, la stupida saggezza del benpensante Sancho che mi affianca, con quel suo ragionevole bagaglio di lenti dubbi e di vigliaccheria che, nel confronto, esalta il mio coraggio. Ebbene sì, lo ammetto, lo confesso: tutto quello che sono io l'ho scelto, anche se a volte piango, a volte urlo il mio risentimento e il mio rimpianto, mi specchio su pozzanghere di ghiaccio e sputo sull'immagine riflessa. Eppure, nonostante tutto questo, sono quello che sono e me ne vanto; quanto ai rimorsi, è un altro discorso. Non cerco Dulcinea, non la rincorro sulle strade che sceglie per sfuggirmi; spesso la sua presenza, o il suo miraggio, mi riempie l'orizzonte del pensiero, della stessa mia vista e del ricordo, però non la amo più, non ne ho più voglia, forse nemmeno fosse lei, un giorno, a venire a cercarmi, ad inseguirmi, come ho fatto con lei per molte strade, come ho fatto con lei per troppo tempo. Non tento neanche più di sostituirla, son quasi pronto per un nuovo amore, sebbene non lo cerchi e non mi manchi. Proseguo il mio cammino d'ogni giorno, senza voltarmi e alzando alto nel vento il mio stendardo e la sua nuova insegna: una clessidra, simbolo del tempo che passa sul mio viso, sul mio corpo, lasciandolo coperto di ferite, che passa sui pensieri, sul mio cuore, lasciandomelo intatto, sempre uguale, immacolato nella giovinezza. Altro non chiedo al tempo ed alla vita: come non cerco stima e compassione, non cerco l'immortalità di un gesto, non cerco lo stupore degli sguardi, non cerco il mito, il sogno, la fortuna, così non cerco più neanche un amore. Per il momento può bastarmi un bacio, una vetrina spalancata d'occhi, una cascata di capelli sciolti, l'ebrezza di una voce e di un sorriso, un profumo di rosa e melacerba. |
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NOUS, LES ARTISTES
Tenere accanto al letto, sempre all’erta, un calamaio di musica e di sangue da intingere il pennino, e d’altro niente: per scrivere va bene il pavimento lo spazio di un lenzuolo, di un silenzio, la notte che non vale una canzone: il cielo sgombro di stelle, nascoste dietro la luna, come per dispetto, l’ispirazione che ci gira intorno come un folletto, come una farfalla. Noi siamo qua, noi, siamo sempre noi, a masticare sogni avvelenati, a sputare illusioni disperate, a mescolare nelle nostre storie spari alle tempie e baci sulla bocca, noi, nel recinto dei senza vergogna, ad aspettare visite e saluti da chi ci tira in faccia, con affetto, le noccioline e gli ottimi consigli. Noi siamo qua: messeri di colori; noi, siamo noi: signori saltimbanchi, in attesa di applausi, di sorrisi, d’insulti, fischi, di calci nel culo, va bene tutto: un segno, una presenza, purché tenga lontana la paura di esistere e non essere sul serio in questi spazi di vuoto e di tutto, in questa solitudine affollata di desideri e di parole al vento.
GENOVA
Se ti sudano gli occhi puoi voltarti a ponente ed il vento d'atlante presto li asciugherà o voltandoti al mare a guardar le terrazze troverai tramontane e all'intorno vedrai
una macchia di gente e colori un trambusto di voci e di odori che qualcuno un bel giorno ha pensato di chiamare…
Genova mare scogli rotaie
Genova navi aerei gabbiani
Genova porto strade pietraie
Genova sale sole gerani.
E ti butti fra strade strette come il passaggio fra una scelta ed un dubbio che ti taglia il cammino; ma prosegui e vedrai: come cambia il destino così cambia il paesaggio e ti senti un po' perso,
ché non è una città: sono tante, forse fuori dal mondo, distante, un pianeta che certi han pensato di chiamare…
Genova grattacieli salite
Genova onde vento giardini
Genova un incrocio di vite
Genova vecchi gatti bambini.
E ora siamo fra silenzio e voce qui sospesi fra eden e croce in un luogo che chi c'è passato l'ha chiamato…
Genova…
Genova…
Genova…
Genova…
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