Poeti della Luce |
Poeti e scrittori per passione |
.: ORIZZONTI - Poesia Araba - a cura di Skydos |
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Jibran Khalil Jibran nacque nel 1883 a Bisharri, nel Libano, e mori’ nel 1931 a New York. Fu poeta, filosofo, pittore. La sua fama si diffuse ben al di la’ del vicino Oriente: la sua poesia fu tradotta in piu’ di venti lingue e le sue opere furono esposte nelle piu’ importanti gallerie di tutto il mondo. Trascorse gli ultimi vent’anni della sua vita in America, dove ben presto divenne un maestro e un mito per I milioni di giovani che leggevano I suoi scritti. I suoi libri, considerati un vero “breviario mistico” , continuano ad entusiasmare un vasto pubblico, alimentando una sorta di “culto”che non accenna a spegnersi.
Dammi il flauto e canta Poesia Araba: Dammi il flauto e canta; il canto è il segreto della vita. Hai fatto il bagno nell'essenza di rose e ti sei asciugato nella luce?
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Bader Shaker As-Sayyab
di M. Abrah
Nato nel 1926 a Bassora, di salute fragile, infermo, i suoi ultimi anni furono enormemente difficili e dolorosi, morì nel 1964. As-Sayyab è considerato il capo scuola della poesia libera non solo in Iraq, ma in tutto il mondo arabo. Nel fare poesia, ha rappresentato, il profondo dramma del suo periodo; partecipava soffrendo, alla lotta del suo popolo per la conquista del progresso intellettuale e letterario ribellandosi, anche alla propria sofferenza per la sua personale condizione: la perdita di tutti i suoi cari e la progressiva malattia che lo condusse alla morte. Questa sofferenza intima, mescolata al dramma popolare dell’epoca, crearono un poeta idealista e le sue poesie sono il vero passaggio dalla poesia di tendenza romantica al realismo nella letteratura araba contemporanea. Tra le sue numerose opere ricordiamo : ”Leggende” 1950; “Le armi e i bambini” 1954; “Il canto della pioggia” 1960; “La casa degli schiavi” 1963.
Nel vecchio mercato
1 La notte, e nel vecchio mercato le voci si sono zittite, tranne i mormorii dei passanti, i passi del forestiero e le tristi canzoni che il vento diffonde nella notte nera. La notte, e nel vecchio mercato e i mormorii dei passanti; e la luce che le lampadine malinconiche sprizzano nel pallore come nebbia sulla strada da ognuna delle botteghe antiquate tra i volti sparuti quasi fosse canzone che si dissolve in quel vecchio mercato.
2 Quanti forestieri han vagato prima di me, in quel desolato mercato? han guardato ma le pupille han fatto finta di non vedere e se sono andati nella notte nera. Negli anelli di fumo tremola l’immagine riflessa di una finestra che si illumina, e il vento scherza con il fumo … il vento, svogliato e afflitto, scherza con il fumo, e l’eco di una canzone lontana, ricorda le notti illuminate dalla luna e le palme; ed io, il forestiero …. continuo ad ascoltare e sogno di morire in quel vecchio mercato.
3 E la luce tenue si sparge sulle mercanzie come polvere; ombre si gettano sulle ombre; come un canto monotono, e i colori freddi del crepuscolo si spargono sul muro, tra gli scaffali fatiscenti, quasi nubi al tramonto. Il bicchiere sogna la bevanda, le labbra, e una mano colorita dal mezzogiorno, dalla lampada e dalle stelle. Forse la vita in esso si è raffreddata e rantola, in una notte buia fredda di stelle e venti; in una stanza ove una lampada vigila, e il mattino la spegne.
4 Ho visto, tra il fumo, la realtà del domani come ombre. Quei fazzoletti indecisi, che fan cenni d’addio o s’inzuppano di lacrime pesanti senza smettere di affiorare e sprofondare nella mia fantasia il profumo che esalano, fa ciondolare il capo e tinge il sangue che scorre! Il colore del buoi e l’accendersi del fuoco rivelano la sposa, la celano poi ombre tremolanti del volto illumina il pallore la fiamma che illanguidisce, si distende e poi s’eclissa e il sangue che cade goccia a goccia sussurra: è morto …. è morto!
5 La notte, e nel vecchio mercato i mormorii dei passanti, ei passi del forestiero. E tu, candela arderai in una stanza ignota, in una notte che non saprai, getterai la tua luce languidamente come una sera d’autunno, le spighe ondeggiano nel campo, sotto le luci del tramonto ove si radunano i corvi, getterai la tua luce languidamente come foglie d’autunno nella notte illuminata dalla luna, ebbra dei canti, nel sud: il rullo del tamburo in lontananza, bisbiglia con i rami grevi delle palme, e nuovamente tace. |
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MAHMUD DARWISH
Poeta della resistenza
Mahmud Darwish nacque ad Al-Birwah, presso la citta' d'Akka, in Palestina, nel 1941. Nel 1948 il suo villaggio fu attaccato dai Sionisti e la sua popolazione si disperse in altri luoghi. Il futuro poeta e la sua famiglia ripararono in Libano. Un anno dopo, tornati in Palestina, trovarono il villaggio completamente distrutto, ed al suo posto un insediamento ebraico. Darwish scrisse la sua prima poesia quando frequentava la scuola elementare, nel villaggio di Der-el-Asad. Fu detenuto nelle carceri israeliane, e molte volte fu costretto agli arresti domiciliari, a causa dei suoi scritti e della sua attivita' patriottica. Cio' non gli permise di frequentare l'Universita'. Nel 1970 fu a Mosca, e da qui, nel 1971, si trasferi' al Cairo. Fu a capo del Centro di ricerca Palestinese, editore del giornale Palestinian Affaire Magazine, direttore dell'Associazione degli Scrittori e Giornalisti Palestinesi, fondatore del giornale dell'Associazione, Al Karmil Magazine e, piu' tardi, membro della Commissione Esecutiva dell'OLP, da cui si dimise nel 1993.
Potete legarmi mani e piedi Togliermi il quaderno e le sigarette Riempirmi la bocca di terra: La poesia e' sangue del mio cuore vivo sale del mio pane, luce nei miei occhi. Sara' scritta con le unghie, lo sguardo e il ferro, la cantero' nella cella della mia prigione, al bagno, nella stalla, sotto la sferza, tra I ceppi nello spasimo delle catene. Ho dentro di me un milione d'usignoli Per cantare la mia canzone di lotta. CARTA D'IDENTITA' Ricordate! Sono un arabo E la mia carta d'identita' e' la numero cinquantamila Ho otto bambini E il nono arrivera' dopo l'estate. V'irriterete? Ricordate! Sono un arabo, impiegato con gli operai nella cava Ho otto bambini Dalle rocce Ricavo il pane, I vestiti e I libri. Non chiedo la carità alle vostre porte Ne' mi umilio ai gradini della vostra camera Perciò, sarete irritati? Ricordate! Sono un arabo, Ho un nome senza titoli E resto paziente nella terra La cui gente è irritata. Le mie radici furono usurpate prima della nascita del tempo prima dell'apertura delle ere prima dei pini, e degli alberi d'olivo E prima che crescesse l'erba. Mio padre…viene dalla stirpe dell'aratro, Non da un ceto privilegiato e mio nonno, era un contadino ne' ben cresciuto, ne' ben nato! Mi ha insegnato l'orgoglio del sole Prima di insegnarmi a leggere, e la mia casa e' come la guardiola di un sorvegliante fatta di vimini e paglia: siete soddisfatti del mio stato? Ho un nome senza titolo! Ricordate! Sono un arabo. E voi avete rubato gli orti dei miei antenati E la terra che coltivavo Insieme ai miei figli, Senza lasciarci nulla se non queste rocce, E lo Stato prenderà anche queste, Come si mormora. Perciò! Segnatelo in cima alla vostra prima pagina: Non odio la gente Né ho mai abusato di alcuno ma se divento affamato La carne dell'usurpatore diverrà il mio cibo. Prestate attenzione! Prestate attenzione! Alla mia collera Ed alla mia fame!
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Mahmud Darwish
FRA RITA E I MIEI OCCHI
Fra Rita e miei occhi si leva un fucile. Quelli che conoscono Rita. s'inchinano e pregano i suoi occhi di miele divino. Ho baciato Rita bambina, lei si è stratta a me, lo ricordo. I suoi capelli mi coprivano il braccio. Ricordo Rita come l'uccello ricorda la sua fontana. Oh, Rita! Un milione di immagini Un milione di uccelli Un milione di appuntamenti Sono stati assassinati da un fucile. Il nome di rita, festa per le mie labbra Il corpo di Rita, nozze per il mio sangue. Per due anni, mi sono perduto in lei. Per due anni lei si è distesa sul mio braccio, uniti nel fuoco delle nostre labbra, siamo resuscitati per due volte. Oh, Rita! Chi avrebbe potuto sciogliere i nostri sguardi, prima che si levasse un fucile? Oh, notte di silenzio! C'era una volta Una luna è calata all'alba Lontano, in occhi di miele E la città ha cancellato Rita e le canzoni. Fra Rita e i miei occhi si leva un fucile.
Karima*
di Armida Pratesi
Karima è stanca
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poesie di Nizar Qabbani
L'amore, amore mio L'amore, amore mio, è una poesia graziosa scritta sulla Luna, l'amore è disegnato su tutte le foglie degli alberi, l'amore è inciso sulle piume dei passeri,o sulle gocce di pioggia...
Io ti amo quando piangi Io ti amo quando piangi e amo il tuo viso annuvolato e triste. La tristezza ci unisce e ci divide senza che io sappia senza che tu sappia. Quelle lacrime che scorrono, io le amo e in loro amo l'autunno. Alcune donne hanno dei bei visi ma diventano piu' belli quando piangono.
Lettera alla madre
"Buona giornata, mio santo tesoro, due anni sono passati, o madre, da quando questo figlio è salpato e ha nascosto nelle valige il verde mattino della sua terra i suoi astri e i suoi rivi e ogni rosso papavero e ha nascosto tra i vestiti mazzi di menta e di timo."
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La casa del silenziodi Armida Pratesi
Indosserò un burka di silenzio, |
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