Palazzo Capitaneo
Veduta di Palazzo Capitaneo
Sull'omonima
piazza, sopra a Palese, si trova Palazzo Capitaneo, residenza estiva della
nobile famiglia modugnese, detto popolarmente in dialetto "U'
conde" dal titolo nobiliare dei conti Genoino di Cava dei Tirreni,
imparentati con i Capitaneo tra tutte le ville della nostra zona è certamente la più
rappresentativa anche perché opera di un architetto degno di rilievo, il
bitontino Luigi Castellucci (1798-1877), tra l'altro amico e tecnico di fiducia
di tale famiglia a detta di donna Adelaide
Genoino Capitaneo. Dal punto di vista
urbanistico il palazzo riprende i moduli degli edifici extra-moenia
ottocenteschi: è ampiamente circondato dal verde da tutti i lati ed è posto in
posizione strategica. Il Castellucci non ubicò la costruzione sul luogo più
alto di Palese, ma, rispettando i manufatti preesistenti (sino al 1969 vi era
una torre cinquecentesca appartenuta alla famiglia Pascale, nota nella seconda
metà del XVII secolo come Torre San Pasquale, nel catasto di Modugno del 1752
appariva come proprietà del marchese Domenico Antonio Stella con il nome di
Torre Palese; nel 1774 apparteneva con l'annessa cappella alla famiglia De
Rossi; la stessa è riportata nel 1807 nell'atlante Rizzi Zannoni; dietro il
Palazzo vi sono delle grotte anticamente adibite a trappeto ipogeo; i
sotterranei della parte occidentale dovrebbero essere parte della chiesa
rupestre di San Giovanni delle Camere di cui si ha notizia intorno alla metà
del XVI secolo), preferì collocarlo in modo da dominare un'area sub-triangolare
da cui si dipartono tre direttrici: verso il mare (via Capitaneo e via Titolo),
verso Macchie (corso Vittorio Emanuele e via Macchie) a est e verso Bitonto (via
Torre di Brencola) a ovest-sud-ovest.
Il portone di ingresso
Aspetti
storici
Palazzo
Capitaneo fu realizzato a partire dal 1840 su commissione del barone
Pietro (1795-1871), la
cui famiglia era venuta in possesso di tale proprietà all'inizio del XIX secolo
a seguito di un matrimonio con un'appartenente alla famiglia De Rossi (quasi
certamente fu portato in dote,
è l’ipotesi di Vito Potenza, ma potrebbe essere stato anche acquistato e il
relativo atto andato perduto) che nel 1774 risultava essere succeduta al
marchese Stella. Non ci sono testimonianze cartografiche dirette (andate
purtroppo distrutte durante l'occupazione del Palazzo da parte dei militari
inglesi durante il secondo conflitto mondiale) sulla data di progettazione e
realizzazione dell'opera da parte del Castellucci, tuttavia dall'analisi di
alcune iscrizioni si può ritenere attendibile il 1840.
Una
prima iscrizione (del 1841) si trova sulla formella della chiave di volta
dell'arco di accesso ai giardini:
A. D.
P. 1841 C.
[A(nno)
D(omini) 1841 P(ietro) C(apitaneo)] (a dire il vero la D è al rovescio).
Tale
data corrisponde all'anno di realizzazione di una prima serie di lavori, tra cui
il colonnato per la sistemazione a parco del vasto terreno all spalle del
fabbricato. Un'ulteriore data A. D. 1848 è incisa su di un concio di pietra
finemente lavorato posto in chiave di volta all'arco di accesso all'androne del
cortile. Essa corrisponderebbe al completamento di un secondo lotto di lavori e,
con ogni probabilità, alla realizzazione di tutte le opere di muratura. Sul
concio vi sono alcune lettere: S. M. V., che non corrispondono né alla sigla
dell'architetto, né tantomeno alle iniziali dei padroni di casa. M. Del Vescovo
Lospalluti fornisce la seguente interpretazione: sarebbe un monito che
Castellucci fa a se stesso, riprendendo dei versi di Orazio (Ars Poetica vv.
38-39) di cui le lettere S.M.V. sarebbero l'acronimo e avrebbero questo
significato:
[A](equam) S(umite) M(ateriam) V(iribus)
tradotto
in italiano: Scegliete una materia adatta alle forze. Il riferimento sarebbe
alla funzione esercitata dalla pietra in questione come chiave di volta di un
arco estradossato e, al contempo, come mensola del balconcino sottostante.
Ultima data è il 1887 stampigliata
sul fermo in ferro del portone. Tale anno, secondo la testimonianza di donna
Adelaide
Genoino
Capitaneo, corrisponderebbe ai lavori di finitura del Palazzo: la
copertura della scala e la posa in opera delle ringhiere alle finestre e ai
balconi. Il Castellucci era già morto da una decina d'anni, ma come in altri
edifici realizzati dall'architetto bitontino (si veda ad esempio la villa
Gentile del feudo Torricella - oggi Messeni -
sulla strada provinciale S. Spirito-Bitonto progettata nel 1847, il cui
fermo del portone porta l'anno 1889) e data l'imponenza delle sue opere, i
lavori si protraevano per molti anni. Inoltre il Palazzo era abitato, anche se
solo nel periodo estivo, e questo rallentava notevolmente la conclusione dei
lavori.
Finestrone con balconcino
Finestra al piano terra
Aspetti
architettonici
Palazzo
Capitaneo si affaccia sulla pineta di sopra a Palese, imponendosi per la
maestosità e la coerenza dello stile sulle altre costruzioni che fanno da
corona alla piazza (Portico di Papapiccolo, Villa Amari Cusa, Villino De
Benedictis). La costruzione, con struttura muraria e intonacata di ocra,
originariamente a pianta rettangolare (m. 33x13), è articolata su due piani:
piano terra e primo piano. Nel 1969 furono eseguiti dei lavori di ampliamento
per esigenze abitative dei proprietari che portarono alla costruzione di alcuni
corpi di fabbrica addossati alla facciata posteriore e che delimitano il cortile
interno. La superficie della facciata è divisa in senso orizzontale da un
marcapiano in pietra e verticalmente, sul fronte principale,
da sette finestroni al primo piano, dei quali quello posto al centro è
in asse con il portone d'ingresso; invece gli altri sono in asse con altrettante
finestre corrispondenti a piano
terra. La disposizione in asse si presenta pure per le finestre e i finestroni
sui fronti laterali. Le finestre, dotate di arco di scarico, hanno architravi e
stipiti in pietra su cui sporgono cornici lineari sorrette da modiglioni
abilmente lavorati; sulla facciata principale una lunga balconata abbraccia
tutte le finestre al piano superiore, ad eccezione di quelle estreme che hanno
un proprio balcone. La balconata sporge lievemente in corrispondenza del portone
centrale dando l'illusione ottica di un avancorpo. Il portone carraio si
sviluppa per tutta l'altezza del piano terra, è ad arco a tutto sesto, ornato
da grosse bugne a martello e coronato dalla balconata summenzionata. Nella parte
superiore, in ferro battuto, è possibile vedere lo stemma gentilizio della
famiglia Capitaneo. Dal portone, attraversando un ampio androne con una volta a
vela e una a botte con lunette, si raggiunge, a sinistra, la spaziosa scalinata
a pozzo che, con quattro rampe, conduce al piano nobile; in fondo si può vedere
il cortile che si apre a mezzogiorno ove può ammirarsi un colonnato con
reminiscenze neoclassiche. A destra del Palazzo, sul fronte principale in
direzione di corso Vittorio Emanuele, si trova una piccola e graziosa cappella,
probabilmente anteriore all'edificio principale. Presenta una struttura interna
molto semplice con un altare ed è dedicata a San Giuseppe. Palazzo Capitaneo
presenta una certa somiglianza a Palazzo Jatta di Ruvo di Puglia, altra opera
progettata dall'architetto Castellucci.
Formella incisa sull'arco di ingresso al giardino
Ingresso e parte della balconata centrale, che sporge leggermente in corrispondenza del portone
Dopo essere appartenuto a don Pietro che lo fece edificare, passò al figlio Nicola; questi lo lasciò in eredità al primogenito Pietro e questi a sua volta al figlio Antonio, marito di donna Adelaide Genoino Capitaneo; attualmente il Palazzo appartiene a don Francesco (figlio della precedente) e agli eredi di don Giuseppe (primogenito di donna Adelaide) Antonio, Giulia e Anna. Sino a quando è rimasto in vita, all'interno dei suggestivi giardini di Palazzo Capitaneo all'inizio di settembre si teneva la cerimonia di premiazione del "Premio Nazionale di Poesia - Città di Bari - Marina di Palese".
Scala interna a pozzo
Androne visto dal cortile
Veduta di Palazzo Capitaneo e della Pineta