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La spedizione è partita
da Milano alle 16 dei 16 giugno, con un piccolo pullman
e una macchina. carichi d'ogni sorta di oggetti.
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Dal capoluogo lombardo,
attraverso la Germania e la Norvegia. i sei alpinisti hanno
raggiunto Tromsd in 7 giorni di viaggio. II 25 giugno si
sono imbarcati e hanno messo piede sulla Baia del Re, punto
di partenza della spedizione Nobile.
(Qui Angelo Casari
deve aver ricordato con commozione gli avvenimenti di quarant'anni
addietro, perché Casari ha fatto parte della spedizione
Nobile ed é stato tra coloro che sono accorsi in aiuto del
generale dopo la caduta del dirigibile.)
II 29 giugno la spedizione
era ferma a Ny-Alesund, bloccata per due giorni dal disgelo
in forte ritardo.
È stato il primo assaggio
con la morsa dei ghiacci che doveva mettere a più riprese
in difficoltà i sei alpinisti che viaggiavano sui loro canotti.
Alla baia Maddalena,
infatti, altri due giorni di sosta, prima di poter raggiungere
l'isola di Amsterdam, all'estremo lembo nord-occidentale
delle Svalbard.
Ancora due giorni
fermi, in attesa che il vento del sud allontanasse i ghiacci
dalle coste, e poi un ulteriore balzo di 50 km., fino a
Birgefyord.
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È stata così superata
la latitudine raggiunta dalla spedizione Nobile, ma a causa
delle difficoltà meteorologiche la spedizione si è trovata
a 300 km. di distanza dalla «tenda rossa», senza poterla
raggiungere a causa delle condizioni climatiche proibitive
e della morsa sempre più stretta della banchisa.
A Birgefyord la spedizione
fissò un campo base. Per alcuni giorni attese, sperando
in un miglioramento della situazione. È difficile immaginare
e, ancor più, descrivere la vita in quel mondo fantastico
e terribile.
Solo la narrazione
fatta a viva voce dai protagonisti può comunicarci in parte
l'orrida bellezza di quei luoghi dove, a momenti di calma
singolare, si alternavano i cupi rimbombi delle montagne
di ghiaccio che precipitavano a causa del disgelo, spalancando
abissi paurosi.
In queste condizioni
i sei alpinisti non stavano però con le mani in mano; cacciavano
foche e uccelli, esploravano i luoghi vicini e scalavano
le vette, tanto che Giampiero Ceccato e Fulvio Casari hanno
scalato per primi la vetta del monte Stordinen.
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Fu in quel periodo
che due componenti della spedizione, il Gadda e l'Orso,
passarono 6 giorni in perlustrazione, con viveri sufficienti
per 2 giorni, lontano dal campo base al quale erano collegati
con la radio e con il telefono.
Dormendo sotto i teli
« spaziali » (gli stessi che usano gli astronauti, estremamente
leggeri e straordinariamente coibenti ed impermeabili),
cacciando renne o altri animali, i due riuscirono a tornare
al campo base dopo una marcia di 240 km.
L'avventura era cominciata
dal giorno in cui il Gadda e l'Orso avevano deciso di attraversare
un fiordo, in quel punto largo 15 km, camminando sul « pack
». Avevano iniziato la traversata quando, a metà strada,
furono sorpresi dall'avanzare della marea.
I protagonisti affermano
che nessuna descrizione può rendere l'idea dell'ambiente,
nel quale il frastuono dei blocchi di ghiaccio galleggianti,
che cozzano gli uni contro gli altri, è assordante. Il crescere
della marea, che in quel punto sale di circa quattro metri,
rende questo fenomeno impressionante e pericolosissimo.
Blocchi di ghiaccio di enormi dimensioni si rovesciano improvvisamente
e bisogna fare la massima attenzione a non cadere in acqua
e a non rimanere stritolati. Dopo dodici ore di traversata
infernale, Orso e Gadda avevano chiesto via radio alla spedizione
di essere raccolti con i canotti.
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Purtroppo la cosa
era risultata impossibile e così, dopo una giornata impiegata
cacciando, i due si erano messi in marcia risalendo il fiordo
fino alla cima e ricongiungendosi alla spedizione - che
li attendeva - sei giorni dopo.
Il tempo non ha favorito
la spedizione che temeva di restare ogni giorno di più intrappolata
dai ghiacci. Per questo i componenti decisero di fare un
altro balzo verso l'80° parallelo, dove, una volta giunti,
affidarono al mare un « messaggio » dentro una bottiglia,
messaggio consegnato dal generale Nobile e dall'istituto
Polare italiano per ricordare i caduti della spedizione
del 1928 e l'impresa attuale.
Il viaggio di ritorno
è stato particolarmente drammatico. Partiti il 21 luglio,
i sei alpinisti hanno dovuto far fronte a una natura impazzita.
Sotto la bufera, assaliti
dal gelo e dalle piogge, essi hanno dovuto trascinare per
chilometri e chilometri i canotti sulla banchisa compatta.
Come hanno narrato, é accaduto loro di avanzare, in 17 ore,
solo un chilometro e mezzo, il che dà un'idea delle spaventose
condizioni in cui procedevano.
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Finalmente, il 25
luglio, uscirono dal « pack » e poterono navigare di nuovo
senza ostacoli, accelerando i tempi del ritorno. Abbiamo
avuto la fortuna di parlare con i sei componenti della spedizione
e li abbiamo trovati « in piena forma », se così possiamo
esprimerci, nonostante l'impresa da poco terminata.
Gran parte della loro
tranquillità, come abbiamo potuto rilevare, é senz'altro
dovuta alla sicurezza dei mezzi impiegati, in una parola
all'attrezzatura di cui disponevano. A una nostra precisa
domanda essi hanno risposto che, dovendo ripetere il viaggio,
apporterebbero solo piccole modifiche al « bagaglio », fra
le quali una maggiore quantità di calzature, essendo queste
sottoposte a un intenso logorio anche a causa dell'umidità
fortissima (spesso il 100 o/0) che impedisce a qualsiasi
indumento di asciugarsi.
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Ma la conferma più
interessante é venuta per quanto riguarda i mezzi di locomozione;
canotti e motori sono i mezzi migliori, ci è stato ripetuto,
per la loro funzionalità e versatilità.
In particolare -
e il fatto ci ha naturalmente procurato molta soddisfazione
- i Mercury si sono dimostrati motori di qualità insuperabile,
sicuri e robusti al punto di resistere, anche al massimo
regime, all'urto dei ghiacci che continuamente battevano
sul piede e sull'elica.
Si pensi veramente
cosa significa, per un piccolo motore fuoribordo, funzionare
regolarmente e avviarsi regolarmente in un clima che per
temperatura ed umidità non é quello certo per il quale è
stato progettato e costruito.
Eppure anche i punti
più critici, come la pompa dell'acqua, l'accensione, il
piede, non hanno dato la minima noia.
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Ai sei alpinisti abbiamo
chiesto a quando la prossima impresa.
Ci hanno risposto
con un sorriso:
certo una spedizione
non è cosa che si possa organizzare tutti i giorni; ma noi
abbiamo l'impressione che i sei coraggiosi, se si presentasse
la occasione, non rinuncerebbero a un altro viaggio, pericoloso
fin che si vuole, ma affascinante come poche cose al mondo.
Durante la spedizione
sono stati compiuti interessanti studi sulla fauna locale.
Sotto, una suggestiva immagine della distesa del "pack
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Last update
07.03.2012
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