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Queste pagine raccolgono le foto della gita sull'Ortles. Per ognuna ho pensato di raccontare le impressioni e la situazione che vivevo sul momento. Ne è uscito un piacevole racconto che ci conduce, scatto dopo scatto, lungo questa bellissima traversata. Purtroppo il primo rullino, che raccoglieva anche le foto del Mangart, non ce l'ha fatta. Amen, pace all'anima sua. Comunque le foto che rimangono bastano per farsi un'idea della difficoltà ed attenzione richieste per salire e scendere dal monte. Dopo aver monitorato per giorni le condizioni atmosferiche, la sera di venerdì 1 settembre ho deciso di partire l'indomani alla volta di Solda dove stava trascorrendo le ferie Umberto. Mi sentivo spesso al telefono con Umberto. Lui mi aveva dato la disponibilità ad ospitarmi per fare una gita 'seria'. Così non mi sono fatto pregare e dopo 415Km e quasi 7 ore di macchina l'ho raggiunto al campo base intorno alle quattro e mezza del pomeriggio. Umberto alloggiava alla pensione 'Panorama': un posto molto carino, ben tenuto e curato fin nei minimi dettagli. Aveva affittato un monolocale con cucinino: "Perfetto!" ho pensato, "posso abbuffarmi senza ritegno se voglio", "viva l'indipendenza in cucina!". Le condizioni meteo non promettevano niente di buono per lunedì. Bisognava arrivare in serata al Rifugio Coston per scalare l'Ortles la domenica. Ho subito divorato le orecchiette col ragù che mi ero portato per pranzo (scaldate col moderno cucinino) e qualche merendina, ho preparato l'attrezzatura e selezionato il vestiario occorrente. Poi abbiamo cominciato l'avvicinamento al rifugio intorno alle 18.25. Ero piuttosto stanco mentalmente. Tante ore di macchina in mezzo al traffico si facevano sentire soprattutto perché non avevo mai fatto viaggi così lunghi guidando. Siamo arrivati al rifugio Coston intorno le 20.15 dopo aver superato poco più di 700 metri di dislivello. Un piatto di spaghetti per cena e poi a nanna. Sveglia alle 3.00 e poi via dopo le 3.30. Eravamo andati a dormire vestiti di tutto punto per essere pronti per partire. E' bastato mangiare qualcosa ed uscire. Purtroppo mancano le foto della partenza al buio con le torce, la foto davanti al rifugio e durante il lungo avvicinamento all'attacco della via 800 metri più in alto quando il sole ha iniziato a sorgere. In totale abbiamo passato quasi due ore usando le torce nell'oscurità più completa. Niente male il percorso d'avvicinamento, per fortuna era buio e non si vedeva tanto bene intorno. Mi sarei potuto spaventare! Percorrevamo un terreno molto friabile e bastava poco per far cadere dei sassi su chi procedeva sotto di noi. Per questo motivo richiedeva molta cautela sia per noi che per gli altri. Abbiamo superato la prova a pieni voti. 200 metri di dislivello prima dell'attacco della cresta Hinter-Grat siamo stati raggiunti da altri alpinisti. Procedevano piuttosto lesti e non era raro fare attenzione per evitare i sassi che facevano cadere. Noi eravamo partiti per primi e dall'alto li avevamo visti partire 15 minuti dopo di noi. Non c'era la Luna e nel buio della notte si vedevano in lontananza le torce elettriche avanzare lungo il sentiero. Il cielo era incredibilmente stellato. Penso fosse il cielo più limpido che abbia mai visto. La via Lattea era evidentissima come anche si intravedevano debolmente parecchie nebulose, piccole nuvolette di luce. Più volte mi sono fermato ad ammirare questo incredibile spettacolo, nel silenzio più totale. Si sentivano solo i passi di Umberto che procedeva davanti a me ed il mio respiro. Avevo recuperato abbastanza energie durante la notte pur avendo dormito poco. Il viaggio in macchina e la partenza quasi immediata alla volta del rifugio non mi avevano dato il tempo di recuperare. Per questo si procedeva con calma, senza tanta fretta, in conserva. Sapevamo che le ore seguenti sarebbero state molto impegnative. Era importante risparmiare energie. L'attacco dell'Hinter-Grat si presentava subito 'carino', come piace a me. Un terzo grado dove bisognava mettere un pò le mani. Eravamo già legati per bene. Lungo la via non c'erano tratti molto difficili, il fatto è che erano pericolosi. Creste nevose molto esposte e da affrontare con calma ma nel minor tempo possibile. Potevano aver tenuto per 1000 persone ma crollare col 1001-esimo. La procedura per avanzare era sempre la solita: avanti tu, ti assicuri, avanti io, mi assicuro e così via. Talvolta bisognava procedere molto lentamente perché la roccia era ricoperta da neve e ghiaccio e magari si vedeva anche la valle 1800 metri più in basso. La valle non era sempre visibile. Dopo le 5 del mattino il cielo stellato si è coperto ed il tempo non era più dei migliori, anzi... . Presto ci siamo trovati in mezzo alle nuvole. Abbiamo incrociato le dita. Dopo le 10.00 la situazione era un pò migliorata ed ogni tanto il sole faceva capolino tra la nuvolaglia. Mi rimarranno per sempre impressi i paesaggi, l'ambiente che ho visto durante l'ascesa. Il pendio ripido (più di 60°), bianco, che corre verso valle avvicinandosi sempre più alla verticalità. Le imponenti formazioni di ghiaccio, le persone che procedevano sotto di noi sulle nostre impronte su quelle cornici così affilate, la tensione che accompagnava il loro superamento; la verde valle di Solda, separata da noi quasi 2000 metri, contrastava incredibilmente con la cresta ricoperta di neve illuminata dal sole. L'Hinter-Grat è una via impegnativa ma incredibilmente remunerativa. Ci voglio tornare!
La prima immagine mostra chiaramente l'ambientazione che ci ha accompagnato lungo l'ascesa. C'erano foto assai più belle nel rullino deceduto ma anche questa non scherza. Si vedono gli altri alpinisti legati con la corda, la traccia nella neve; nel centro, illuminata, la cresta affilata che abbiamo percorso sulla sommità, la valle di Solda, le nostre impronte sulla neve nel tratto roccia-misto-neve. Si vede il pendio nevoso che scende a valle sempre più ripido e che, fuori dal campo dell'immagine, si interrompe nel vuoto e poi, appena sotto il primo alpinista, le cornici modellate dal vento nella forma di un'onda. Ogni tanto le nuvole si aprivano ed il paesaggio che si rivelava mi faceva rimanere a bocca aperta. Super!
Uno dei passaggi dove bisognava stare attenti e avere le gambe piuttosto slegate. Io, che le ho anche lunghe, non ho avuto particolari problemi. La roccia era gelata e molti tratti richiedevano parecchia forza di braccia per procedere con più sicurezza. Se un piede fosse scivolato le braccia sarebbero state comunque in presa. Umberto è il secondo dall'alto. Aveva dei problemi ad una spalla per cui nel finale ho fatto io da primo. In questa foto si può vedere una coppia di siorutti austriaci over 60 con cui abbiamo proceduto appaiati fino alla cima.
Qui possiamo vedere Umberto alle prese con l'ultimo tratto dell'ascesa dove sono stati necessari i ramponi da ghiaccio. Sulla destra il pendio scende velocemente verso valle. In alto si vede l'ultimo tratto di roccia da arrampicare. Non vedevo l'ora di arrivare in cima per mangiare qualcosa. In questi posti c'erano pochi momenti per appoggiare lo zaino e rifocillarsi. E chi trovava più lo zaino se rotolava giù!
Mancavano ancora una cinquantina di metri alla vetta e mostravo un viso abbastanza sofferente. In fondo erano quasi 8 ore che eravamo svegli! Mancava poco e presto avrei mangiato! Come si può notare i capelli sono gelati ed il ciuffo bianco mi faceva sentire la mancanza di un bel fermaglio. Le punta delle dita delle mani erano un pò gelate perché nei tratti di arrampicata bisognava togliere i guanti per 'sentire' meglio la roccia. Per questo motivo nei giorni seguenti mi si sono spelate le punte delle dita. Attorno al collo è appeso un cordino con un piccolo moschettone: serviva per fare i rinvii, cioè degli ancoraggi artificiali per la corda che avevo legata all'imbracatura.
Ultimo tiro di corda! Finalmente siamo arrivati in cima! Ora si mangia! La corda è ben ancorata ad una roccia ed io procedevo al recupero di Umberto. Circa. Circa perché la corda andava messa in realtà dietro al collo e poi fatta passare sotto le spalle. Però rende l'idea di quello che abbiamo fatto nelle ore precedenti. Io ho ancora i miei due ciuffi gelati in perfetto abbinamento col casco bianco. Alle mie spalle c'è il vuoto. Per scendere ci si tiene sulla sinistra e si imbocca, dopo qualche decina di metri, l'ampio ghiacciaio a ovest. La vista era quella che era perché eravamo nel cuore di una nuvola... stazionaria. Durante la pausa-pranzo ho approfittato per fare un bel giro di telefonate. La ricezione era perfetta tanto che sembrava di essere a casa. Erano tutti molto sorpresi!
6. FOTO DI VETTA (3905 metri s.l.m.) Dopo aver razziato le provviste e recuperato un pò di energie eravamo oramai pronti per ritornare a Solda! Eccoci insieme e bardati di tutto punto: Umberto tiene in mano una piccozza, sullo zaino si vedono appesi chiodi e viti da ghiaccio, tutti e due abbiamo i ramponi ai piedi. Ora il viso è già più disteso. Alle nostre spalle si vedono degli austriaci appena arrivati. Alla base della croce c'è una scatola in metallo che contiene il diario di vetta. Al suo interno ci sono anche le nostre firme. La cima non è ampia e non c'è molto posto per sostare.
Stiamo scendendo. Siamo sul ghiacciaio ovest che scende molto dolcemente. Umberto sorride mostrandomi i suoi dentoni. Non era molto propenso alle pausa-foto. Gli ho dovuto rompere un pò le scatole per convincerlo a posare. Più avanti si vedono i due siorutti austriaci che ci precedono.
Qui sono in posa con alle spalle una bellissima ed imponente formazione i ghiaccio. La foto non rende giustizia dei colori, dei particolari e delle dimensioni. Siamo a 3800 metri s.l.m..
Altre formazioni di ghiacciate. Il ghiaccio spinto dalla forza di gravità e dai salti termici si è spezzato aprendo dei crepacci. Bisogna vederli dal vivo!
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