Manoscritto de 'L'infinito'

L'infinito

L'infinitoè la realizzazione più compiuta di quel tipo di poesia che Leopardi ha definito Idillio, ovvero la rappresentazione lirica di "un’avventura dell’anima" che nasce sempre da una esperienza esistenziale. L’origine della lirica va cercata nella cosiddetta "Teoria del Piacere " contenuta nello Zibaldone ; gli uomini, per Leopardi, ricercano una felicità "infinita" ma la loro aspirazione si scontra con i limiti di una realtà materiale che non può offrire altro che piaceri incompleti e provvisori. Solo grazie all’immaginazione l’individuo può superare l’ambito ristretto dell’esistenza quotidiana e protendersi verso le dimensioni illimitate evocate dalla sua fantasia. La "siepe" del verso 2, che riduce la visuale dello sguardo impedendole di abbracciare l’intero paesaggio, rappresenta un ostacolo, ma è anche il punto di avvio per la fantasia che "crea" uno spazio ben più vasto dell’orizzonte reale.

L’infinito spaziale, non viene colto attraverso i sensi, bensì dall’immaginazione ; esso non è una realtà oggettiva, ma vive solo nell’interiorità dell’individuo che se lo figura.

Come tutto ciò che è sconosciuto, l’infinito turba l’uomo ("ove per poco" / "il cor non si spaura", versi 7- 8), e come tutti i "luoghi", che non sono oggetto di esperienza sensibile, può essere definito solo da aggettivi negativi ("indeterminati, verso 4") o superlativi ("sovraumani", verso 5 ; "profondissima", verso 6).

A metà dell’ottavo verso, la congiunzione "e" apre, dopo una lunga pausa segnata dal punto fermo, la seconda parte della lirica : lo stormire del vento tra le foglie riporta brevemente l’ "io" alla realtà presente, ma solo per tentare un secondo superamento, questa volta verso l’infinito temporale.

Come in precedenza, un minimo fatto concreto (la voce del vento confrontata con il silenzio del verso 10 che richiama la quiete del verso 6) funziona da "trampolino" per il balzo dell’immaginazione : l’eternità è totale assenza di eventi, fusione di passato ("le molte stagioni") e di presente ("la presente è viva"), che viene evocata dal contrasto con il flebile suono del vento.

I tre versi conclusivi riguardano le reazioni del poeta di fronte a questa esperienza : ricorrendo ad una ripetuta metafora, Leopardi "descrive" il suo pensiero che annega e naufraga in un immensità, vasta come il mare, che include sia lo spazio, sia il tempo ; questa volta non prova sgomento, ma un senso di dolce abbandono : è la beatitudine dell’uomo che si è liberato, anche se provvisoriamente, delle pene quotidiane e dei limiti della condizione umana.