UN ' ALBA SUL MARE
Cominciava ad albeggiare. La casa era silenziosa e ancora vi stagnava un odore di cucina, nell'insieme indefinibile. Si era cucinato molto, il giorno prima: salse, focacce, dolci. Era stato pulito molto pesce portato da varie famiglie del quartiere, tutto di pescatori e marinai. Al calare del sole, nella piazzetta antistante il porto, i pescatori avrebbero montato grandi bracieri e vi avrebbero arrostito il pesce e la carne del sacrificio, fra risate, imprecazioni, battute sguaiate. Poi, tutti sudati, si sarebbero seduti alle tavole allineate davanti alle porte di casa e avrebbero mangiato, bevuto, cantato. Chissà quando avrebbero finito.
Santippe provò una sensazione di nausea all'immagine che le si formò nella mente: tovaglie sporche, tazze rovesciate, avanzi di pane, lische di pesce, bucce di frutta che straboccavano dai piatti. Scacciò subito questa immagine: era un giorno di festa, importante e atteso a lungo e voleva goderselo.
Si affacciò sulla soglia della porta di casa e guardò il cielo:
cominciava ad illuminarsi di una luce dorata ed era di una limpidezza diamantina, per nulla offuscata dal velo leggero di nuvole rosa. Una stella brillava, netta e vivida. Santippe respirò, felice; arrivava un dolcissimo odore di mare e si sentiva l'acqua scivolare quieta e armoniosa nel suo andirivieni sulla sabbia.
La ragazza, nell'esaltazione di una incontenibile felicità corse verso la spiaggia con le braccia spalancate, come per abbracciare il mare, le nuvole rosa, la stella che incominciava ad impallidire nel cielo già tutto illuminato dal sole. Le sembrò che la natura venisse a lei in un incontro privilegiato e segreto, mentre tutta la città ancora dormiva.
Si sdraiò sulla sabbia e chiuse gli occhi, appoggiando la testa sulle mani incrociate dietro la nuca. Le piaceva stare così, nel silenzio, e seguire il filo di pensieri che scaturivano da un'immagine, da una parola o da un fatto e poi si snodavano, a volta in una folla di domande cariche di mistero, a volte in fantasie in cui lei si divertiva ad inventare la sua storia futura.
Fra poco avrebbe compiuto diciassette anni ed ecco, già pensava: "L'anno prossimo, a quest'ora, dove sarò, con chi?". Nella mente le si affacciò l'immagine di un uomo sconosciuto, bruno, gentile. Ah, si! Gentile! In qualche paese, forse sull'altra sponda del mare, nella Jonia, era sicura che esistessero uomini gentili. Ad Atene non ne esistevano. Certamente non lo erano quelli che lei conosceva, Suo fratello, per esempio. Era marinaio e faceva spesso lunghi viaggi con la nave di un ricco commerciante di olio.
Ogni volta che tornava a casa era sempre meno gentile con lei. La scrutava con sguardo severo mentre diceva a sua madre: "Sorvegliala questa ragazza, sorvegliala ...".
Suo padre, quando era bambina, spesso la prendeva in braccio e scherzava e rideva. I tempi della sua fanciullezza dovevano essere stati tempi felici per tutta la famiglia. Allora suo padre era un contadino; aveva un piccolo campo che tuttavia doveva rendere abbastanza perché a pranzo e a cena c'era sempre cibo sufficiente per tutti e la mamma portava sempre tuniche di morbida lana bianca, ordinate e pulite.
Di quel periodo Santippe aveva ricordi confusi.
Ricordava soltanto molto bene certe sere d'estate quando lei e suo fratello si inoltravano nei prati intorno a casa, investiti dal fresco allegro della sera, e si rincorrevano fra le ombre scure degli ulivi per poi fermarsi incantati a guardare i mille volti silenziosi delle lucciole.
In seguito le cose erano andate male. Suo padre aveva dovuto fare molti debiti e meno male che già da tanti anni c'era la legge di Solone, altrimenti gli sarebbe capitato di diventare schiavo, come era successo a tanti piccoli contadini che avevano dovuto pagare con la libertà l'impossibilità di saldare i debiti.
Nei racconti che il nonno le faceva, questa storia dei contadini veniva riferita con un senso di vergogna e di sdegno, come un'offesa di cui la terra e chi la coltivava sentivano ancora il peso.
La sua famiglia, quando era arrivata la crisi, aveva dovuto lasciare la casa in campagna e si era trasferita in città dove il padre aveva trovato un lavoro di carpentiere nel porto.
Da allora Santippe non ricordava più di aver visto suo padre allegro, tranne quando beveva e cantava con i suoi amici. Con lei, a mano a mano che cresceva, era diventato sempre più severo e spesso la guardava come se stesse per scoprire qualcosa di brutto.
Con sua madre, poi, non era mai stato gentile. Non la trattava male, ma aveva verso di lei, un atteggiamento distaccato e lei si rivolgeva a lui sempre con molto rispetto, venato di un certo timore.
"Santippeeee..." La voce di sua madre era molto adirata. Chissà da quanto tempo chiamava! Santippe scattò in piedi e solo allora si accorse che il sole era già abbastanza alto e il porto e la spiaggia erano tutti inondati della sua luce.
Corse verso casa con il cuore che le batteva forte per la paura. Aveva commesso una grave disobbedienza.
La madre le aveva proibito in modo assoluto quelle uscite antelucane, ma il richiamo del mare, nei momenti di una natura splendidamente quieta, era più forte di lei. Molte volte era riuscita a farla franca rientrando prima che gli altri si svegliassero.
"Proprio oggi —
pensò — doveva capitarmi di distrarmi tanto!". La festa che aveva aspettato con tanta impazienza, correva il rischio di andare in fumo: quasi certamente sua madre l'avrebbe lasciata a casa tutto il giorno.
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