ASSOCIAZIONE 'G.RECHICHI'


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Le poesie a Pino

Francesco Scattarreggia

POESIA: “PER PINO RECHICHI”

Squitatu jia ‘m’accatta lu giornali
e ppe’ la strata nci ‘ncuntrau la morti!
Lu corpu di pistola fu’ ffatali
pe ‘stu ‘nnocenti, ch’era senza torti.
Era ‘nn’omu di Scola e ddi Famìgghja
chi ppe’ li pregi avìa tanti avantàti.
Distinu amaru vozzi ‘mu Lu pìgghja,
‘ngrossandu la filera d’ammazzati.
L’umpri, ammucciàti, di la viölenza
stannu pittandu russa chista Terra.
Und’è la paci? Simu tutti senza:
‘sti paisedhi sugnu ‘ntra la guerra.
La Ndrànghita oramai è - ogni rripàta:
scippi, sequestri, furti, ammazzamenti,
bbumbi, tangenti sugnu a la jornata.
La paci la perdimmu veramenti!
Calabria, a und’è lu Statu chi Ttu voti?
Lavuru e lleggi a undi su’ ammucciàti?
Sulu pe’ la lupara simu noti
cà ‘ntra tri mmisi nd’ài trent’ammazzàti!
Rìggiu e provincia nd’ànnu
la bbandera chi ndi faci
la vucca tantu amara.
La libertà è ‘nnu sonnu, ‘na chimera
e la demograzia è ‘ntra ‘nna bbara!
Cuvernu, chi tt’acchjappi ogni mmumentu,
ntricandu pe’ ccu’ pìgghja la poltrona,
stendi ‘na manu e ccàccia ‘stu turmentu:
la trumba di la paci pemmu sona!
E mmi rivòrgiu a bbui, puru, Partìti:
cacciàti di li fila li ruffiani chi ssugnu ndranghitusi,
cà sapiti ca ‘ngrassanu, arrobbandundi lu pani.
E bbui, ggiuvani e bravi Calabrisi,
stàtivi arrassu di la mala ggenti.
Siti cumpatti e fforti, e mmai divisi,
cà siti lu Futuru a ‘stu prisenti.
E Ttu Rechichi, caru provessuri,
chi ssi’ a lu mundu di la Verità,
pregandi a Ddeu, fandi ‘stu favuri,
‘mu po’ ttornari Paci e Llibertà!

Marina -IV

E brillavano pure e fresche
come gocce di rugiada
nei tuoi occhi contadini
le virtù di sempre
per appagare l’animo ingordo
dell’amico,
dell’alunno!
Avevi sempre fretta
e ti sei voluto riposare
sotto il mesto platano,
invocando la mamma,
come bimbo
smarrito nella foresta assurda
della tua Polistena.
Le tue carni lacere
sul freddo marmo della morgue
avevano il candore della luce
della primavera
e sembravi rammaricato
per i tuoi figlioli,
per i tuoi alunni…
ma non dovevi…
Nel mutismo pesante del soccorso
pronto e vano
come la mano testa del giusto
mi stringo al petto la tua giacca
ancor calda d’affetti
e di ricordi:
quel foro ingrato e pazzo
è anche mio…
è anche nostro!
Le tue ginocchia forti
che si piegavano decise
nel mistero dolce della croce
hanno voluto in fretta
macinare sentieri arcani
e fioriti,
dopo aver seminato
generoso
gesti d’affetto
e di sudore!

Mi avviavo in classe, al suono della campanella. Una voce, un’alunna: “Professore… correte… fuori corrono tutti…” ci sono stati degli spari!”. Poi un’altra voce: “Hanno sparato al professore Rechichi!”. Corro in strada ed un’altra voce ancora: “Non gli hanno sparato, è stato un infarto… ora si trova all’Ospedale”. Corro esterrefatto all’Ospedale. Pino giaceva quasi esanime al Pronto Soccorso. Gli stavano praticando l'elettrocardiogramma.
Ne seguivo ansioso il tracciato: il cuore rispondeva.
Quelle linee saltellanti sulla striscia di carta era come se mi scalfissero il cuore. Ansia, speranza, disperazione voci incontrollate, contrastanti, mi agitavano la mente. Pochi secondi ancora e la puntiera cessò di battere: il cuore di Pino si fermò per sempre. Subito la voce ufficiale del medico: morto!
E noi avevamo perso l'amico più caro, il collega più cordiale, più aperto al dialogo, incline a fare il bene in qualunque forma. E indistintamente a tutti!
Corsi a dare la triste notizia in Istituto. Pensavo alla povera famiglia del Ricordo di Pino Rechichi nella musica «INSOSTITUIBILE» l'amico, alla moglie, ai figli, quella famiglia a lui tanto cara.
Mi passavano in mente le varie gite scolastiche fatte insieme, da lui sapientemente organizzate.
Non mi rassegnavo a pensare che fosse veramente morto. Più tardi un'altra voce di certezza e di rivelazione:
"Altro che infarto! È stato colpito da una pallottola, ma non era diretta a lui, perché lui era buono, non aveva mai fatto male a nessuno, non poteva avere nemici!"
Mi affacciò subito al pensiero una parola: insostituibile!
Qualche settimana prima il cielo era diventato inspiegabilmente terso.
Le mimose erano in fiore.
L'aria incominciava a profumare di rinascita, di vita.
Il mare si era disteso, la montagna quasi completamente rinverdita;
eravamo lieti di salutare il principio del bel tempo.
Poi improvvisa, repentina, un'ondata di freddo gelido come il gelo di morte.
Ne fu quasi il preannunzio, coincise con la morte di Pino, qualche giorno ancora.
Giunse definitivamente la buona stagione.
E Lui se n’era andato con l’inverno, lasciando in cuore a tutta la sua PRIMAVERA!

Raffaele Zurzolo


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