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home torna al "Dito di dio - parte 2°" continua Il terremoto di Messina - parte seconda S C E N A 63 CASA TORCELLO. RIPOSTIGLIO. Interno giorno Carmela si lascia scivolare a terra, sfinita e dolorante. I suoi occhi pieni di lacrime guardano il cielo attraverso le grosse sbarre di ferro di cui è munita l’unica finestrella del ripostiglio.
S C E N A 64 PAGODA. Interno giorno Alexis e Elena giacciono, l’uno accanto all’altra appoggiati alla paolina, stanchi e rilassati. Alexis accarezza il volto di Elena narrandole della sua terra: ALEXIS …la mia città è costruita su delle isole, come Venezia, c’è un grande fiume, molti canali e bellissimi palazzi. D’inverno le cupole, i giardini, i monumenti si incappucciano di bianco. Sembra lo scenario di una fiaba. D’estate tutto é fiorito e l’aria è dolce, gli innamorati passeggiano davanti alle vetrine sul Nevski Prospekt giù fino al fiume sotto i grandi alberi. ELENA La sognerò Alexis... ALEXIS No, tu la vedrai! Al consolato di Napoli ho un amico; basta che arrivi là, al resto penso io! ELENA Ma allora tu mi ami davvero. ALEXIS Non potrò mai amare un’altra volta così. Prendi il traghetto per Napol, senza bagaglio, senza dire niente a nessuno. ELENA Ieri volevi sapere perché son venuta con te senza conoscerti. ALEXIS Oggi non m’importa più. Voglio stare con te per sempre. ELENA Io non sono soltanto sposata, Alexis, sono un ostaggio. Se io scappassi pagherebbe la mia famiglia. ALEXIS Ma chi hai sposato, un assassino? ELENA Peggio. Ho sposato uno a cui gli assassini obbediscono. Avevo sedici anni quando mi fece rapire da due dei suoi e mi violentò, poi offrì a me e alla mia famiglia il matrimonio riparatore. ELENA Nessuno ascoltò il mio pianto, le mie suppliche. . . nemmeno Nino, il ragazzo che io amavo. Ormai ero disonorata. Nino voleva uccidere don Vito ma lo trovarono in un fosso con squarciato. ALEXIS E tu vivi.. . da quanti anni vivi con questo mostro? ELENA Quindici e il mio odio è diventato affilato come una lama. Ma qui tutti hanno paura di mio marito, sanno che basta un suo cenno per farli sparire per sempre... ALEXIS E hai pensato che io. . . uno straniero… Gli occhi di Elena si inumidiscono di pianto. ELENA Sì. Adesso sai perchè ti ho scritto quel biglietto così sfacciato. Nessun innocente avrebbe pagato se uno straniero avesse ammazzato mio marito per ragioni d’onore. Alexis annuisce, poi torna a guardare Elena con occhi accesi ALEXIS Ma questo era prima. Adesso mi ami? ELENA Sì e per questo che voglio che te ne vada. Subito e per sempre. Elena si alza. Alexis si trova inginocchiato davanti a lei e le le prende le mani ALEXIS E invece io lo ucciderò perchè non merita di vivere. Elena lo costringe ad alzarsi, spaventata, in ansia. Scuote il capo ELENA No. E’ troppo pericoloso. Non m’importa più della vendetta. M’importa che tu viva, mi importa di poter ricordare questo posto, queste ore. . . e di sognare la tua San Pietroburgo per il resto della vita. Alexis la serra d’impeto tra le braccia, commosso, e la bacia con grande passione. Si sentono le voci delle suorine ricamatrici che stanno tornando e i due amanti si staccano ALEXIS Amore mio, troveremo il modo! Posso tornare domani? ELENA No, Alexis... non devi tornare mai più... abbiamo già rischiato troppo... va via! ALEXIS Domani, alla stessa ora. Alexis scappa fuori prima che Elena abbia il tempo di rispondere, poi rientra veloce e recupera il berretto e fugge. Elena si ravvia i capelli, si aggiusta il vestito addosso e tenta di assumere un’aria decorosa. Si siede ad uno dei telai e prende l’ago da ricamo. La mano le trema mentre rientrano le suorine ricamatrici.
S C E N A 65 CASA DI RINALDO. Interno notte Uno stanzone al pian terreno è tutta l’abitazione di Rinaldo. Pochi mobili e un pagliericcio in un angolo su cui stanno seminudi Rinaldo e Vera, sua moglie, una bella donna bruna. Rinaldo è riverso a pancia sotto, di umore nero. Vera cerca di rasserenarlo. Gli accarezza la schiena con mano leggera. VERA Non puoi combattere da solo contro il mondo. Domani vai da don Reina e gli chiedi scusa. RINALDO Ci sucano il sangue come sanguisughe. VERA E’ sempre stato così e sempre sarà. Dio ha creato i ricchi e ha creato i poveri. RINALDO Dio? E’ il demonio che ha creato quei prepotenti. La porta che dà sul marciapiede si sfonda con gran rumore Bernardo precipita all’interno, seguito da Pino, Lappanazza e altri due picciotti dall’aria spavalda: Saverio Condò e Guido Dellatro. Vera urla, Rinaldo cerca di arrivare a prendere un arpone ma Bernardo lo colpisce con un pugno in testa che sembra un colpo di maglio. VERA Aiutoooo! Aiutooo! Lappanazza si butta addosso a Rinaldo e lo blocca mentre Pino lo pesta sulla faccia con pugni crudeli.
S C E N A 66 STRADA DELLA CASA DI RINALDO. Esterno notte E’ una strada di catapecchie di pescatori. Molte finestre sono illuminate dalla luce incerta delle lanterne. Dalla porta sfondata della casa di Rinaldo provengono altissime le urla di Vera: VERA (off) Ci ammazzano! Aiutoooo! Nessuno si affaccia dalle finestre illuminate, anzi, una alla volta, le luci si spengono. La strada è ora buia e le grida di Vera echeggiano come in un deserto. VERA (off) Nooo! Aiuto! Aiuto!
S C E N A 67 CASA DI RINALDO. Interno notte Vera si dibatte invano, trattenuta dagli sghignazzanti picciotti, eccitati dalla donna nuda: Saverio le ha tappato la bocca con una mano. Lappanazza ferma Pino LAPPANAZZA Basta, Pino. Così lo ammazzi e invece deve vivere e vedere. Pino si ferma ansimante e sputa in faccia ad Rinaldo PINO Sì, cornuto, guarda come ci facciamo tua moglie! Lappanazza lega Rinaldo mani e piedi. Rinaldo non oppone resistenza: è svenuto. LAPPANAZZA (a Pino) Prendi la brocca. Pino obbedisce e porta a Lappanazza una brocca colma d’acqua. Lappanazza la vuota sulla faccia insanguinata di Rinaldo che torna in sé e guarda disperato i suoi assalitori. Cerca di liberarsi dalle corde e le sue contorsioni fanno ridere Bernardo e gli altri. PINO E adesso guarda: é ora che tua moglie sappia che cos’è un vero maschio! RINALDO Non toccarla bastardo, non toccarla o t’ammazzo! Pino ride e si cala i pantaloni PINO Non la toccherò neanche con un dito! DELLATRO (ridendo) Col dito no! Tutti scoppiano a ridere e Rinaldo si gonfia nello sforzo di liberarsi le mani. La corda gli fa sanguinare i polsi. LAPPANAZZA Prendila con calma che ce la facciamo tutti. Così impari a metterti contro la gente di rispetto. I picciotti tengono ferma Vera divaricandole braccia e gambe. Vera urla mentre Pino si sdraia su di lei. Lappanazza solleva la testa di Rinaldo affinché veda meglio e non s’accorge che, mezza scarnificata, la mano destra del pescatore è fuori dalle corde. Pino inizia a violentare Vera. La mano di Rinaldo scatta improvvisa e si stringe intorno all’arpone. Lo scaglia contro Pino trapassandolo come se fosse un pesce spada. Pino si inarca senza un grido inondando Vera di sangue. Lappanazza con uno scatto secco apre il suo coltello e lo ficca nella gola di Rinaldo, uccidendolo. Poi si alza, ripulisce la lama sul corpo della vittima e mette via il coltello LAPPANAZZA Prendete Pino e andiamo via. BERNARDO E’ morto. LAPPANAZZA Portalo via. Andiamo. Bernardo estrae l’arpone dalle carni di Pino, lo butta addosso al cadavere di Rinaldo, prende in spalle il corpo di Pino e tutti se ne vanno senza più dire altro. Vera vede il cadavere del marito. Si trascina verso di lui, gli accarezza il volto. Gli chiude con amore gli occhi. Gli sfiora la bocca con un bacio poi si pianta l’arpone insanguinato nel ventre e crolla esanime sul corpo di Rinaldo.
S C E N A 68 STRADA CASA DI RINALDO. Esterno notte Gli assassini si allontanano in fondo alla strada e spariscono nel buio. Una fiammella si accende da dietro una fnestra e un uomo in mutande osa affacciarsi da una porta con una candela in mano. Da un altro uscio appare una vecchia in camicia da notte con una lanterna: si affacciano alla porta sfondata della casa di Rinaldo e la vecchia leva in alto la lanterna. Lancia un urlo VECCHIA CON LANTERNA Accisi li hanno! Belli, giovani, innamorati e li hanno accisi!
S C E N A 69 SALONE DEL CASINO DELLA BORSA. Interno notte Il salone del Circolo ha un’aria da club inglese. Intorno ai tavoli, i maggiorenti della città: qualcuno gioca a carte, altri leggono il giornale, altri chiacchierano davanti a bicchieri di vino. Ad uno dei tavoli siedono don Vito, Todero il padrone della conceria, Reina il grossista di pesce e un signore dai capelli brizzolati e molto elegante: è Vincenzo Florio. Si avvicina un cameriere che sussurra qualcosa all’orecchio di Reina che trasale e si alza REINA Scusate un momento... mi chiamano al telefono. Don Vito dà con un’occhiata di disapprovazione, poi continua a chiacchierare con gli altri DON VITO Eh, caro Florio, avremmo bisogno di uomini come lei qui a Messina! Io ero amico di suo padre e quando lo elessero senatore mi disse: don Vito, han detto "fatta l’Italia bisogna fare gli italiani", vado a provarci ma con poche speranze. FLORIO (ridendo) Beh senta don Vito, mio nonno ha fatto il marsala, le fonderie e una banca, mio padre ha creato una flotta e io ho una corsa di automobili: mi sembra che andiamo calando. TODERO Don Vincenzo, non faccia il modesto. La sua Targa è famosa in tutta Europa, tutto il mondo beve il suo marsala e la flotta di suo padre e la più grande della Sicilia. FLORIO E qui sta il problema: da quando c’è il ferryboat anche a me conviene spedire le botti di marsala col treno e non più con le navi... Reina, pallido, un po’ agitato, fa dei cenni dalla porta del bar a don Vito che lo fulmina con un’occhiata, poi sorride a Todero e a Florio: DON VITO Don Vincenzo, la soluzione è semplice: prenda una nave o due e le faccia diventare ferryboat. FLORIO Se lei dice che si può fare, don Vito… DON VITO (alzandosi e andando verso il bar) Si può fare. Scusate, torno subito.
S C E N A 70 BAR DEL CASINO DELLA BORSA. Interno notte DON VITO Tu qui non devi venire. Mai! Reina e Lappanazza si voltano verso don Vito che ordina al suo scagnozzo DON VITO Fuori. LAPPANAZZA (con un lampo d’odio) Baciamo le mani. Lappanazza esce con voluta lentezza, colmo d’ira trattenuta. REINA Queste teste calde hanno esagerato. DON VITO L’hanno ammazzato? REINA (annuisce) E il pescatore ha ucciso Pino. Don Vito prende sottobraccio Reina e lo riaccompagna verso il salone dicendogli con un sorriso che contrasta con la durezza delle sue parole DON VITO Hai una faccia da cacasotto. Prima o poi tutti morire dobbiamo. Non roviniamo la serata al nostro ospite.
S C E N A 71 STRADA CASA RINALDO. Esterno notte La strada è deserta e buia. Due carabinieri piantonano l’ingresso del "basso" dove ci sono i cadaveri di Rinaldo e Vera. Altre due coppie di carabinieri bussano alle porte delle case vicine. Appoggiato ad una pila di ceste e vecchie reti c’è Benimati che si accende una sigaretta e poi dice ad un tenente dei carabinieri BENIMATI Ho saputo che non voleva più vendere il pesce a Reina a due soldi la cesta. Questa povera gente si rompe la schiena in mare tutta la notte ma i pescicani li trova quando torna a riva, da una finestra della casa accanto a quella di Rinaldo si affaccia la vecchia che per prima ha scoperto i corpi dei due uccisi e urla ai carabinieri, sollevando la lanterna
VECCHIA CON LANTERNA Che volete? UN CARABINIERE Hanno ammazzato due persone. Avete visto o sentito niente? la vecchia nega alla siciliana alzando il capo all’indietro VECCHIA CON LANTERNA Niente vidi. Dormivo. BENIMATI (scuotendo il capo) Sta perdendo tempo, tenente. Questa gente non vede, non sente e non parla. Sono schiavi da secoli e non lo sanno. un urlo di donna fa voltare tutti. Una donna sulla cinquantina, con una vestaglia sulla camicia da notte, scarmigliata, si divincola tra i due carabineiri di guardia riesce ad entare nel basso dove Rinaldo e Vera giacciono bagnati del loro sangue.
S C E N A 72 CASA DI RINALDO. Interno notte La donna si getta sul cadavere di Rinaldo urlando disperata MADRE DI RINALDO Figghio, figghio mio! T’hanno ucciso, bellissimo figghio mio! Perchè? Perchè, se eri il figlio più meraviglioso che dio ha mandato sulla terra? Perchè hai permesso questo, Signore? Perchè? uno dei due carabinieri cerca di consolarla, di sollevarla da sopra i cadaveri. La donna smania e urla Dio perchè permetti queste cose? Benimati e il tenente si affacciano sulla soglia. BENIMAT I Dio non c’entra, signora. Queste cose succedono perché nessuno denuncia gli assassini.
S C E N A 73 STRADA CASA RINALDO. Esterno notte I carabinieri bussano alle porte delle case adiacenti a quella di Rinaldo: alcune persone sono alle finestre. L’ultima che si affaccia ripete, come un ritornello UOMO CON CANDELA Niente vidi. Dormivo. da dentro la casa di Rinaldo Provengono ancora le grida di sua madre MADRE DI RINALDO (off) Dio! Dio, perchèèèè, perchèèè! Un rombo sordo scuote la terra. Le case ondeggiano. Alcune tegole cadono. La donna con la lanterna si segna muovendo la lanterna nel segno di croce.
S C E N A 74 PORTO E RADA DI MESSINA. Esterno giorno Sul panorama appare la scritta: 20 DICEMBRE 1908 La flotta russa è alla fonda. Sulla "MAKAROV" dei marinai calano una scialuppa. Ponomarov parlando con Alexis che poi scatta in un saluto e si avvia verso la barca. Sul ponte sono in attesa di imbarcarsi anche Sacha e quattro marinai. Yuri, in divisa da fatica attraversa il ponte con un grosso bugliolo d’acqua saponata. Si ferma e dice a uno dei marinai YURI (in russo) Mi raccomando, Boris. Cerca Maria e dille che non posso scendere. BORIS (in russo, ridendo) Quanti cessi devi ancora lavare? YURI (in russo) Dille che spero che di andare a terra per Natale. Dille. . . dille che penso sempre a lei. BORIS (in russo) Accidenti, dev’essere la fine del mondo.. quanto l’hai pagata? Yuri sta per investire il compagno col bugliolo. Lo blocca Alexis, con forza e decisione ALEXIS (in russo) Il capitano ti sta guardando. Vuoi farti mettere ai ferri, imbecille? La cerco io la tua Maria, sta tranquillo. Yuri guarda il tenente con gratitudine. Annuisce e sussurra ad Alexis YURI (in russo) Grazie tenente. Io... la voglio sposare quella ragazza. Alexis lo lascia e sorride. La scialuppa è pronta e sale sulla barca insieme a Sacha e ai quattro marinai che si mettono ai remi. SACHA (in russo, piano a Alexis) Non sarà mica infettiva questa malattia matrimoniale. .
S C E N A 75 STANZA AL GALLO D’ORO. Interno giorno In piedi davanti alla finestrella di una delle squallide stanze della pensione, Maria guarda verso il mare. Il suo labbro superiore è gonfio, ma non sanguina più.
S C E N A 76 PORTO DI MESSINA. Esterno giorno Come visto da Maria: il porto e le navi russe alla fonda.
S C E N A 77 STANZA AL GALLO D’ORO. Interno giorno Una lacrima brilla negli occhi di Maria, inseguendo un sogno impossibile. Qualcuno cerca di aprire la porta ma l’uscio è chiuso col chiavistello: viene scosso con violenza. LAPPANAZZA (off) Che fai? Apri! Maria si volta, chiude gli occhi per darsi coraggio e con le unghie si riapre lo squarcio che Lappanazza le fece sul labbro, che riprende a sanguinare. Va ad aprire mentre si tampona con un fazzoletto. Lappanazza entra e la guarda irritato LAPPANAZZA Ancora sanguina? Maria annuisce mostrando il fazzoletto sporco di sangue. LAPPANAZZA E’ quasi Natale. Questi sono i giorni migliori. Domani, sangue o non sangue, tu vai al porto a lavorare. non aspetta risposta, gira sui tacchi e se ne va sbattendo la porta. Maria richiude il chiavistello e torna alla finestra a guardare quelle navi vicine eppure così lontane.
S C E N A 78 DUOMO DI MESSINA. Interno giorno
Don Corlando leva l’ostia in alto DON CORLANDO Sanctus, sanctus, sanctus! la chiesa è gremita: i Torcello, tra cui donna Brunilde, Luca e Carmela, inginocchiati sui primi banchi della fila di destra e Rosario Forgione, unico maschio, sua madre e altre donne, sui primi banchi della fila di sinistra. Subito dietro ci sono Elena e Rosalia. Tra la gente c’è anche la Maga di Cariddi, poco riconoscibile perchè senza trucco e con un velo nero sui capelli. Sui banchi laterali, Peppino, Suor Angelica e gli altri bambini dell’orfanotrofio. Il vivacissimo Esseneto dà di gomito a Peppino e gli chiede articolando con le labbra ESSENETO E’ vero che ti sfondano le orecchie per fare arrivare i suoni al cervello? PEPPINO (a voce troppo alta) Sì. A te per arrivare al cervello chissà cosa ti dovrebbero sfondare.
Esseneto ride forte insieme ad altri che han sentito e Suor Angelica fa gli occhiacci intimando il silenzio. Carmela dà un’occhiata verso Rosario che tiene il capo chino, poi si nasconde la faccia fra le mani come se pregasse. Rosario capta il gesto con la coda dell’occhio e guarda Carmela che ora apre un poco le dita e Rosario annuisce in modo quasi impercettibile. Anche Carmela chiude di nuovo le dita sul viso. Donna Brunilde le lancia un’occhiata sospettosa. Sherazade, la vedette del "Circo Bizard", si inginocchia su un banco libero e guarda di sottecchi verso Roland Darracq, il ricco commerciante francese arrivato da qualche giorno con un’Isotta Fraschini. Roland si alliscia un baffo e non ha occhi che per il corpo di Sherazade e per le sue gambe fasciate di calze di seta nera con la riga più scura della cucitura che punta dritta verso l’arcana oscurità della gonna che a tratti lascia indovinare l’inizio delle coscie. Roland non osa muoversi dal fondo della chiesa, dove stanno, in piedi i pochi maschi che assistono alla messa. Tra questi, stretto in un colletto inamidato, strozzato da un papillon, tirato a lucido e a disagio c’è Bernardo. Non stacca mai lo sguardo da Carmela e si è accorto dei segnali che intercorrono tra lei e Rosario. Alexis se ne sta accanto alla pila dell’acqua santa, a capo chino. E’ il momento della comunione e Rosario si incolonna dietro alle donne della sua famiglia per prendere l’ostia. Carmela si muove ma la madre la blocca. Donna Brunilde si volta verso il fondo della chiesa e lancià un’occhiata imperativa a Bernardo che viene avanti impacciato come un pinguino. Quando è all’altezza del suo banco, donna Brunilde spinge fuori Carmela che così si trova a precedere Bernardo. Don Corlando dà la comunione ma non gli è sfuggito nulla. Anche Sherazade si alza per andare a prendere l’ostia e Roland ne approfitta per accodarsi a lei: passando davanti al banco dove lei era inginocchiata, vede la targa di ottone incastonata nel legno antico. Si legge
Bernardo si inginocchia accanto a Carmela e Brunilde. Spalanca la bocca per ricevere l’ostia ma don Corlando si ferma. Bernardo resta un attimo così, a bocca spalancata e l’aria idiota, poi il prete gli leva il vassoio dalle mani e lo dà a donna Brunilde. La donna resta con le labbra serrate mentre don Corlando traccia con l’ostia il segno della croce. Il prete aspetta e la donna apre la bocca e prende l’ostia. Bernardo si alza, imbarazzato e si volta indeciso verso donna Brunilde che egli fa un cenno di assenso. Bernardo si incammina a grandi passi verso il fondo della chiesa e si ferma accanto alla pila dell’acqua santa, dal lato opposto a quello in cui si trova Alexis. Don Corlando dà l’ostia a Sherazade che passa con un luminoso sorriso il vassoio a Roland che le si è inginocchiato a fianco. Anche Roland fa la comunione.
S C E N A 79 SALA MEDICA ALL’ORFANOTROFIO, Interno giorno Peppino, con una lunga camicia bianca, è alla finestra e guarda fuori, sporgendosi per vedere oltre la cinta che circonda la chiesa e l’orfanotrofio e compita a voce troppo alta come sempre PEPPINO Gli ultimi giorni di.. . Pompei! Di qui si vede il manifesto… realizzato per. . . Ambrosio Film da Luigi Maggi... Ci potrò andare per Natale? SUPERIORA Forse per Capodanno. Che dice herr professor? dietro, intento a preparare dei ferri chirurgici, aiutato da Suor Angelica e da un’altra suora, il professor Neumann, con un camice bianco e guanti di cotone, annuisce rassicurante NEUMANN Ma certo. Per Capodanno tutto a posto. PEPPINO Chi era Pompei? SUPERIORA Ma Peppino! Era una città! Una città romana di quando i romani uccidevano i cristiani e dio la punì seppellendola con fango bollente. Neumann si avvicina a Peppino sorridendo NEUMANN E’ stato il Fesuvio che distrutto Pompei. Una grande eruzione, ia? Grande. Romani non cattivi, sorella. PEPPINO (facendogli il verso) Fesuvio cattivo, ia? la Superiora non riesce a non ridere e accarezza la testa del bambino sillabando con le labbra davanti ai suoi occhi SUPERIORA Vesuvio. . . si dice Vesuvio con la V. NEUMANN Fenire adesso, Peppino. A letto. Tranquillo, senza paura. PEPPINO Non ho paura. . . me la sto facendo sotto. SUOR ANGELICA Non sentirai niente: il dottore è il più bravo d’Europa. Dovresti essere felice di essere operato da lui. PEPPINO Mi dispiace, non riesco a sentirmi felice e poi... siete tutti troppo gentili. Peppino vien fatto sdraiare su una barella e il professore cala verso di lui una lampada NEUMANN Tu dofere fidare di me. Non sentire male e dopo sentire musica. irrora un grosso batuffolo di cotone idrofilo di etere e poi lo fa annusare a Peppino Adesso respirare qvi. PEPPINO (irridente) Qvi? respira e subito si intontisce per poi addormentarsi. Il professore dà la bottiglia a Suor Angelica NEUMANN Ogni tanto una goccia. Deve restare umido, ia? Suor Angelica, emozionata, annuisce. Neumann gira la testa di Peppino e la ferma con una cinghia in modo da avere l’orecchio destro in evidenza. Centra il fascio luminoso e allunga una mano verso l’altra suora che lo assiste NEUMANN Dilatatore.. la suora gli passa lo strumento e il dottore lo infila nell’orecchio di Peppino. Suor Angelica distoglie lo sguardo concentrandosi sul cotone che umidifica di etere.
S C E N A 80 STAZIONE FERROVIARIA DI MESSINA. Esterno giorno Su uno dei binari arriva, sbuffando vapore e fumo, una locomotiva che scende dal ferryboat tirandosi appresso vagoni. Tra la gente che aspetta i viaggiatori c’è anche qualche ragazza di Lappanazza. Alexis vede Scilla e le si avvicina ALEXIS Signorina, posso farle una domanda? SCILLA Pure due, bello. ALEXIS Sa dov’è Maria? SCILLA E’ malata. Ma guarda che con me ci guadagni e molto, che ne dici? ALEXIS Ne sono sicuro, ma devo solo portarle un’ambasciata. SCILLA Cosa? ALEXIS Ho un messaggio per Maria. SCILLA Ah, ho capito! Dal suo bel marinaretto, giusto? ALEXIS Dove posso trovarla? SCILLA Da nessuna parte. Lappanazza l’ha messa sotto chiave per un po’. Dillo a me, quando la vedo, riferisco. Alexis esita, poi guarda l’ora sul grande orologio appeso sul binario: sono quasi le due. Dal treno stanno scendendo i viaggiatori. ALEXIS Va bene. Dille che Yuri è in punizione sulla nave ma che spera di avere il permesso di scendere per il giorno di Natale. Dille che la vuole sposare. SCILLA(tira su col naso) Glielo dirò... non ci badare mio bell’ufficiale, noi donnine allegre piangiamo sempre se sentiamo parlare di matrimonio, sai, sarà che siamo terrorizzate dall’idea di doverla dare a uno solo per tutta la vita.
S C E N A 81 BANCARELLA IN VIA CAVOUR. Esterno giorno Sherazade si è fermata davanti ad una bancarella e finge di scegliere tra alcuni pizzi, in realtà controlla le mosse di Roland che la segue e che ora finge di guardare una vetrina. Sherazade si lascia sfuggire di mano una corona di pizzi e lancia un gridolino indispettito. Roland si tuffa e la raccoglie porgendogliela con un grande sorriso ROLAND Contessa… SHERAZADE Oh.. . grazie. ROLAND E’ un privilegio esserle d’aiuto signora contessa. Permetta che mi presenti: Roland Darracq da Parigi, commerciante in preziosi. Sherazade finge di notarlo per la prima volta e vorrebbe fare la sostenuta ma le sfugge un commento SHERAZADE Adorabile commercio. ROLAND Contessa D’Angiò, un mio bisnonno perse la testa a Place de la Concorde nel 1789 perchè era nobile e io la perderà ora, qui, se lei non mi permetterà di accompagnarla. SHERAZADE Come mi ha chiamata? ROLAND Contessa, mi perdoni! La seguo da quando l’ho vista! Non ho potuto fare altrimenti. Ho capito di aver vissuto solo per arrivare a questo momento. La sua nobiltà é evidente ma il suo nome 1’ ho letto sulla targhetta del suo banco in chiesa! Non mi consideri un pazzo importuno, la prego! SHERAZADE Questo dipende. . . beh, io non sono contessa. ROLAND (bisbigliando) Come vuole, contessa. Non la chiamerà più col suo titolo. Non siamo a Parigi e so che qui è rischioso per una donna del suo rango parlare con degli sconosciuti. SHERAZADE Ah, Parigi! ROLAND La città dell’amore... ROLAND Ho la mia Isotta Fraschini, proprio là, guardi.. . tiriamo su la capote e nessuno ci potrà riconoscere. . . vuole venire a fare un giro con me? Dal fondo della strada irrompe un toro infuriato inseguito da alcuni addetti al macello con corde, bastoni e coltelli. L’animale ha al collo un pezzo della corda che ha spezzato per fuggire. La gente strilla e cerca rifugio negli androni delle case. Sherazade si aggrappa al braccio di Roland che la sorregge e la spinge verso la propria auto ROLAND Nella mia auto siamo al sicuro. Sherazade sale di buon grado mentre il toro sorpassa l’auto inseguito da un codazzo di gente schiamazzante. Mentre Roland va a girare la manovella dell’avviamento, il cane Minosse sbuca davanti al toro abbaiando. Il toro si ferma, scarta, cerca di ripartire ma Minosse gli abbaia sul muso e questo permette a uno dei macellai di afferrare la corda che penzola dal collo della bestia che viene subito imbrigliata. Minosse con un balzo trova l’abbraccio di Archimede fra l’applauso della folla. MACELLAIO Bravo Minosse! Il sindaco dovrebbe darti una medaglia. . . ma certo tu preferisci un osso di bue ogni giorno, vero? Sei più coraggioso di certe guardie che conosco io. Roland al volante della sua auto schizza via insieme alla bella Sherazade. S C E N A 82 SACRESTIA DEL DUOMO. Interno giorno La Maga Cariddi è sconvolta: serra fra le sue le mani di don Corlando. MAGA CARIDDI Don Corlando, credetemi: io vedo sangue e morti e rovine. . . è un mese che mi succede. . . forse sto diventando pazza. DON CORLANDO Figlia mia, a sentire la gente, voi avete sempre avuto visioni.. MAGA CARIDDI Dico davvero: anche ieri, è venuta Teresa, la moglie del barbiere, per farsi predire il futuro. Ho dato un’occhiata nella mia sfera di vetro. . . don Corlando, io non c’ho mai visto niente là dentro.. . ma ai clienti piace credere a queste cose. . . ma ieri. . . insieme alla mia faccia e alla fiammella della candela ho visto un’onda di sangue alta più delle case. L’attenzione di don Corlando è distratta dall’entrata in sacrestia di Bernardo, pieno di rabbia, e di due picciotti con facce patibolari. Don Corlando si mette un dito nel colletto bianco e gira il capo a destra e a sinistra per vedere se c’è il sacrestano: DON CORLANDO La vita di noi tutti e nelle mani di Dio e Lui decide per il nostro bene. Affidatevi a Dio e pregate affinché le visioni del demonio non vengano più a tormentarvi. BERNARDO Fuori. Devo parlare a questo prete. MAGA CARIDDI Trattami con rispetto o mal te ne verrà. BERNARDO Ho detto fuori, vecchia strega, o mal te ne viene subito. DON CORLANDO Andate pure e pregate. Bernardo attende che la Maga sia uscita e poi si volta verso il prete BERNARDO Tutta Messina vide che mi negaste l’ostia. Don Corlando posa il messale, poi si va a piazzare davanti al gigante, buffo nella sua nanità. DON CORLANDO Che fai, ah? Ti sei portato i bravi? Chi credi che sia io? Don Abbondio? BERNARDO (sorpreso) Don Abbondio... e chi è costui? DON CORLANDO Uno che aveva paura di quelli come te, ecco chi era. Volevi la comunione? E allora confessare ti dovevi e non sarebbe bastata una settimana! I picciotti sogghignano. Bernardo resta un po’ a pensarci su e poi scoppia a ridere. BERNARDO Ah per questo fu? Perché non mi ero confessato? DON CORLANDO E per che altro doveva essere? BERNARDO Giusto, don Corlando, giusto! Baciamo le mani. Iamuninni, picciotti. Bernardo fa un buffo inchino verso il prete e poi se ne va seguito dai suoi compari.
S C E N A 83 SALA MEDICA ALL’ORFANOTROFIO. Interno giorno Il professor Neuman estrae un minibisturi insanguinato dall’orecchio di Peppino. Suor Angelica fa gocciolare l’etere sul tampone fissato sopra la bocca del ragazzo. Neumann è stanco, dice a suor Angelica NEUMANN Basta con l’etere, sorella... Suor Angelica lo guarda interrogativa e Neumann si asciuga il sudore in un asciugamano. SUPERIORA (in tedesco) Tutto bene, professore? NEUMANN (in tedesco) Tecnicamente sì. Per il resto siamo nelle mani di dio. Suor Angelica afferra il senso del dubbio che trapela dalle parole del professore. Si affaccia alla finestra, leva gli occhi al cielo e sussurra rivolgendosi a dio SUOR ANGELICA Dio mio, questo bambino innocente ha già sofferto tanto. . . ti prego, adesso fallo guarire. Ti prego! China la testa per concentrarsi meglio nella preghiera e il suo sguardo va verso la pagoda:
S C E NA 84 GIARDINO ORIENTALE. Esterno giorno Come visto dalle finestre dell’orfanotrofio: Alexis entra nella pagoda.
S C E N A 85 ORFANOTROFIO. Esterno giorno
Suor Angelica è rimasta allibita a guardare verso la pagoda. Un suono di voci allegre le fa volgere lo sguardo verso il fondo del viale: le cinque suorine ricamatrici stanno andando verso la cappella da cui giunge il rintocco della campane che chiama alla benedizione pomeridiana. Suor Angelica torna a guardare verso la pagoda e si fa un veloce segno di croce.
S C E N A 86 PAGODA. Interno giorno Alexis e Elena sono allacciati in un lungo bacio. La donna si ribella e lo respinge ELENA Ti avevo detto di non venire più. ALEXIS Ho telegrafato a Napoli stamattina. Quel mio amico del consolato ti aspetta. Tu devi solo arrivare là poi lui ti darà un visto per la Russia. Viaggerai fino a San Pietroburgo con i nostri diplomatici, senza nessun pericolo. ELENA Allora non hai capito, Alexis. Se io scappassi, don Vitoo se la prenderebbe con la mia famiglia. Li ammazzerebbe uno per uno per costringermi a tornare! ALEXIS Se l’unico modo per essere liberi è schiacciare quel verme, io lo schiaccerò! ELENA Non voglio più, è troppo pericoloso. Già una volta l’uomo che amavo ha perso la vita per colpa mia perchè voleva uccidere quel bastardo... Tu partirai il 26, mi hai detto, con tutte le tue belle navi. . . mi dimenticherai e troverai una donna che per essere tua non ti chiederà di morire... ALEXIS Dimmi solo che mi ami e non pensare ad altro.
S C E N A 87 STANZA DI CARMELA IN CASA TORCELLO. Interno giorno Una serva e due sorelline sono intorno a Carmela. La ragazza, ritta al centro della stanza da letto, si lascia agghindare e pettinare, in assoluta passività. UNA SORELLA DI CARMELA Quando mi fidanzerò io, voglio un vestito con una grande gonna di raso. . ALTRA SORELLA DI CARMELA Carmela, triste sei... Non sai neanche chi è, magari ti piace.
S C E N A 88 SOGGIORNO DI CASA TORCELLO. Interno giorno Seduto su una poltrona, con un grosso mazzo di fiori fra le braccia, stretto dal colletto inamidato, c’è Bernardo. Donna Brunilde sovrintende alla preparazione del tavolo da pranzo DONNA BRUNILDE Sapete come sono le ragazze di oggi, piene di grilli, ma voi siete uomo di polso e vi farete rispettare. BERNARDO Come si dice, donna Brunilde: mano di ferro in guanto di velluto. DONNA BRUNILDE Oh eccola, finalmente! Carmela è apparsa sulla porta, bellissima, coi capelli raccolti sulla nuca, pallida e seria. Bernardo si alza e la guarda con ammirazione, emozionatissimo. Le tende il mazzo di fiori. Carmela non si muove e donna Brunilde va verso di lei, imperiosa DONNA BRUNILDE Questo è Bernardo Calabrò. L’hai già visto qualche volta. Suo padre era amico di tuo padre. Bernardo si avvicina a Carmela e insiste nel porgerle i fiori: nei suoi occhi bovini c’è un’aria supplice che contrasta con la sua grevità. Carmela accetta i fiori e Bernardo sorride felice. CARMELA Questo è l’uomo che scegliesti per me, madre? DONNA BRUNILDE Sì, grande, forte e coraggioso. BERNARDO E. . .innamorato. Carmela. Mi piacete tanto. CARMELA Voi no. BERNARDO Lo so. . . ma col tempo, Carmela. . . vero donna Brunilde? DONNA BRUNILDE A una brava moglie non deve piacere niente. Deve fare il suo dovere e rispettare il marito. Questo è tutto. CARMELA Certo madre: finchè morte non ci divida. c’è un tono così risoluto nella voce di Carmela che donna Brunilde la guarda cercando di capire se si celi una minaccia sotto quelle parole. Carmela regge quello sguardo, impassibile.
S C E N A 89 PORTO DI MESSINA. Esterno tramonto Il sole tramonta dietro la città e il mare si fa rosso. Anche le navi alla fonda prendono riflessi cuprei.
S C E N A 90 PONTE DELLA MAKAROV, Esterno tramonto Sull’ AMMIRAGLIA MAKAROV Yuri sta spazzando il ponte. Si ferma a guardare verso le case di Messina, oltre la palazzata, con aria sognante, illuminato dai raggi purpurei dei tramonto.
S C E N A 91 STANZA AL GALLO D’ORO. Interno notte Nella penombra della stanza sudicia, Maria guarda sospirando verso le navi in rada.
S C E N A 92 SALA MEDICA ALL’ORFANOTROFIO. Interno sera Peppino, con la testa fasciata e due grossi tamponi su entrambe le orecchie, apre gli occhi. Ha una smorfia di dolore, cerca di girare la testa ma non ci riesce. Ruota gli occhi e incontra lo sguardo di suor Angelica seduta al suo capezzale con un rosario fra le mani. La suora lo invita a non parlare ponendosi un dito sulle labbra e poi gli sillaba a voce bassissima SUOR ANGELICA E’ andato tutto bene, vedrai, a Natale potrai sentire la musica. Peppino ha un debole sorriso e richiude gli occhi.
S C E N A 93 ORTO DI CASA TORCELLO. Esterno notte Dalla finestrella della cinta chiusa con l’inferriata, Rosario guarda verso la casa buia. Ad una finestrella del primo piano appare per un attimo la luce di una candela. Rosario è impaziente e preoccupato. Si arrampica sulla cinta e salta dentro l’orto. Resta acquattato per un po’ ma nessuno sembra aver sentito il rumore del suo salto. Va verso la casa buia.
S C E N A 94 STANZA DI CARMELA IN CASA TORCELLO. Interno notte Carmela sta piangendo, buttata di traverso sul letto. Un pianto senza singhiozzi. Due mani si aggrappano alle sbarre dell’inferriata e Rosario si erge contro la finestra ROSARIO Carmela. la ragazza si alza spaventata. Vede Rosario aggrappato all’inferriata e corre verso di lui CARMELA Ma sei matto, Rosario. . . se ti vedono ti sparano come a una starna! ROSARIO Perché non sei scesa? CARMELA Mia madre mi ha chiuso dentro. Rosario fa passare un braccio tra le maglie dell’inferriata e supplica il contatto con la ragazza ROSARIO Carmelina mia. CARMELA (con un singhiozzo) Rosario! Rosario abbraccia Carmela con un solo braccio e la tira verso l’inferriata. Si baciano premendo i loro volti contro le sbarre di ferro. CARMELA Mia madre vuole che sposi Bernardo Calabrò. ROSARIO Quel delinquente? oh che importa, lui o un altro… non piangere! Ho preparato tutto, nel capanno di caccia, su, al laghetto. CARMELA Ma non posso più scappare! Mia madre mi chiude dentro tutte le sere! ROSARIO Prendi lo stampo della serratura. Ce l’hai del pane? CARMELA Sì. ROSARIO Con la mollica. Impastala un po’ con le mani. Farò io la chiave, sarà già pronta per domani sera se vuoi… e nessuno ci separerà più. CARMELA Rosario, tra due giorni è Natale. Dopo. Subito dopo... Rosario la tira di nuovo a sè e la bacia. Carmela si stacca da lui e sparisce nel buio della stanza.
CARMELA Aspetta. Dalla strada arrivano le note di una canzone. Rosario si volta preoccupato, guarda verso il basso e si lascia cadere nell’orto.
S C E N A 95 STRADA CASA TORCELLO. Esterno notte Due suonatori di chitarra e un cantante stanno eseguendo una serenata sotto alle finestre buie di casa Torcello appoggiati alla cinta dell’orto. Bernardo in mezzo alla strada li dirige con vaghi cenni della mano, lo sguardo alle finestre scure di casa Torcello.
S C E N A 96 STANZA DI CARMELA IN CASA TORCELLO. Interno no Carmela non vede più Rosario, è in ansia per la canzone che proviene dalla strada. CARMELA Rosario! guarda nell’orto buio e poi in strada.
S C E N A 97 STRADA CASA TORCELLO. Esterno notte Come visto dalla finestra di Carmela: Bernardo, con una mano sul cuore, sembra cantare lui la canzone della serenata. continua la serenata
S C E N A 98 ORTO DI CASA TORCELLO. Esterno notte Dal buio di un cespuglio, Rosario richiama l’attenzione di Carmela
ROSARIO Ssst! Qui! Butta qui! dalla finestra Carmela butta il blocchetto di mollica sagomato nella serratura, mentre si accende la luce dietro i vetri del soggiorno. Rosario sgattaiola nel buio verso il fondo dell’orto mentre la serenata sale di tono.
S C E N A 99 CAMERA DA LETTO IN VILLINO. Interno notte In mezzo al letto sfatto, levandosi di dosso Roland nudo e addormentato, Sherazade si sveglia di soprassalto e urla precipitandosi sui suoi vestiti e infilandoseli a tutta velocità: SHERAZADE E’ già buio! Minchia, minchia, minchiazza! Roland si sveglia e grida a sua volta ROLAND Quesqu’il y a...? oh comtesse! SHERAZADE Chissà che ore sono?Accidenti, io devo attaccare alle nove, cioè, ho un appuntamento alle nove. Roland fruga nel taschino del panciotto che sta sul tappeto e tira fuori un Roskoff d’oro ROLAND Contessa, mancano dieci minuti alle nove. Dovunque lei debba andare, la porto con la mia auto! SHERAZADE Sì, sì... io devo andare al circo.., avevo appuntamento al circo, lo sai che c’è un circo equestre sulla strada per Palermo? Roland si veste anche lui e annuisce ROLAND Sì, ai piedi della collina dello Sparo. Contessa le giuro che lei sarà là prima delle nove. SHERAZADE Roland, dobbiamo continuare a darci del lei? ROLAND Oh no, contessa, amore mio, speravo tanto che tu me lo chiedessi! si allunga per baciarla ma Sherazade lo evita continuando ad allacciarsi il busto. SHERAZADE Aiutami piuttosto! Roland accorre per aiutarla inciampando nei suoi stessi pantaloni.
S C E N A 100 ISOTTA FRASCHINI. STRADE DI MESSINA. Esterni vari notte Al volante dell’Isotta Fraschini Roland guida a tutto gas per le strade di Messina. A volte schiaccia la peretta del clacson traendone un suono gracchiante. Evita una mandria di vacche che muggiscono spaventate. Urla per vincere il rombo del motore: ROLAND Oggi è stata la più bella giornata della mia vita! SHERAZADE Anche della mia... se arriviamo in tempo! ROLAND Immagino che a Natale avrai molti impegni mondani e non ci si potrà vedere... SHERAZADE Oh sì. A Natale abbiamo due spett... due ricevimenti al giorno! ROLAND Quando possiamo rivederci allora? SHERAZADE Il 27. Quella è una giornata morta. ROLAND E dove vengo a prenderti, amore mio? SHERAZADE A prendermi? No, vengo io in carrozza. Vengo io nella tua villa. Fa che non ci sia nessuno, nemmeno servitù... ROLAND Stai tranquilla, contessa, Hai visto che non c’è nessuno. L’ho affittata per un mese e le pulizie vengono a farle di mattina.
S C E N A 101 PIAZZALE DEL CIRCO. Esterno notte Il piazzale è illuminato e pieno di gente e di carrozze. Ci sono anche alcune automobili. Lo spettacolo sta per cominciare. La banda attacca un motivo popolare. L’imbonitore corre verso il Pierrot che sta uscendo dal suo carrozzone IMBONITORE Hai visto Sherazade? PIERROT E’ sparita da stamattina. Deve vaver trovato uno stallone. IMBONITORE Dio mio! Dio mio che gente! Davanti all’ingresso c’è Lappanazza che sorveglia alcune delle sue ragazze. Chiede a Scilla. LAPPANAZZA Visto Maria? SCILLA Sì, sta male. La bocca le sta facendo infezione. Hai picchiato duro. LAPPANAZZA Minchiate. Quella non ha voglia di lavorare. SCILLA Ma chi vuoi che vada con una donna che ha la bocca piena di pus? LAPPANAZZA Muovi il culo adesso, se non vuoi che butti giù i denti pure a te. l’auto di Roland si ferma ai limiti della zona illuminata. Sherazade scende e gli dice in fretta SHERAZADE Non ti far vedere. Vai via subito. Roland cerca di strapparle un bacio ma Sherazade scappa via. Roland sospira ROLAND Quelle femme! Une comtesse c’est toujours une comtesse! riparte con un gran rombo di motore.
S C E N A 102 VILLETTA ALLA PERIFERIA DI MESSINA. Esterno notte L’Isotta Fraschini di Roland arriva veloce e si ferma davanti alla villa in cui c’è la bisca. Roland scende e va bussare: due colpi, tre colpi veloci, due colpi. La porta si apre e Roland entra.
S C E N A 103 SALA DA GIOCO CLANDESTINA. Interno notte Rosina Storchi sta studiando le sue carte, seduta al tavolo da gioco. Davanti a lei siede Bruno Tripodi, ai lati altri due giocatori. TRIPODI Più duemila. ROSINA Vedo. TRIPODI Full di fanti. ROSINA Che iella! Full di dieci! TRIPODI La fortuna è femmina, signora. Stasera si é innamorata di me. Vuol continuare? ROSINA Quanto devo? TRIPODI Quattordicimila. ROLAND (entrando) Disturbo? TRIPODI Affatto, monsieur Darracq. L’amico Bonfanti se ne stava andando. tocca col piede uno dei due giocatori che subito lascia le carte e dice UN GIOCATORE Sì, per me è tardi. E’ mi è anche andata male. A quando la rivincita? ROSINA Quando vuole. Beh, domani no che ho lo spettacolo, poi Natale é Natale, va bene il 26? UN GIOCATORE Benissimo per me. Vorrei rifarmi però. Potremo giocare poste un po’ più sostanziose? ROSINA Con piacere. Bonfanti esce. Darracq si siede al suo posto e occhieggia le carte che l’uomo ha buttato coperte sul tavolo: era un poker di fanti. ROSINA (a Roland) Mani nuove, giro nuovo, speriamo... ROLAND Sarà un piacere perdere contro la grande Rosina Storchi, signora, permette che mi presenti: Roland Darracq, commerciante in preziosi. ROSI NA Commercio affascinante. Roland sorride, annuisce, raccoglie le carte e le mischia.
S C E N A 104 VIA CAVOUR. Esterno giorno Molti passanti hanno pacchi regalo avvolti in carte colorate. Gli uffici de "L’Avvenire di Sicilia" sono stati riattati con una palizzata. Calogero il barbiere e sua moglie Teresa passano davanti ad Archimede con dei pacchi di dolci. Il cantastorie, seguito dall’inseparabile cane Minosse, li saluta levandosi la paglietta ARCHIMEDE Buon Natale! Signora Teresa i miei migliori auguri! Calogero sfila dalle mani della moglie uno dei pacchetti e lo porge ad Archimede CALOGERO Favorite, Archimede, due cannoli e buon Natale a voi! ARCHIMEDE(inchinandosi buffo) Spassiba. Thank you. Merci. Danke e grazie tante. Calogero e Teresa ridono e riprendono a camminare.
S C E N A 105 UFFICI DI BENIMATI ALL’AVVENIRE DI SICILIA. Int. giorno Benimati è seduto davanti alla sua macchina per scrivere Underwood modello del 1898: batte sui tasti, addentando un panino. Le pareti portano ancora il nero del fuoco. La sua segretaria, Franchina, si affaccia nell’ufficio FRANCHINA Anche oggi che è Natale pranza in ufficio? BENI MAT I E’ milza, vuoi favorire? FRANCHI NA No, grazie. Sono arrivati i fratelli di mia madre da Agrigento con tutta la sacra famiglia. Invece di star solo, perchè non viene anche lei? Hanno fatto la caponata. BENIMAT I Grazie, Franchina. Va pure, devo finire quest’articolo. Buon Natale. FRANCHINA Buon Natale. Franchina se ne va e Benimati addenta il suo panino e torna a battere sui tasti compitando BENIMAT I ...bisogna far capire ai braccianti che l’omertà è vigliaccheria e infamia e la denuncia del sopruso all’autorità di polizia è il dovere morale di ogni cittadino. . La polizia ha arrestato Saverio Condò e Guido Dellatro, due dei probabili assassini di Rinaldo, il pescatore, ma se nessuno di quelli che hanno visto testimonierà contro di loro, saranno rimessi in libertà, più gagliardi di prima sicuri di poter uccidere impunemente… uno scricchiolìo attira la sua attenzione. Guarda verso la porta dell’ufficio, rimasta accostata. Addenta il panino e sta per rimettersi a scrivere quando un secondo scricchiolìo lo ferma. L’uscio si sta aprendo. Benimati si alza e si sposta indietro di un passo. Dall’uscio spunta la canna di una lupara. Un picciotto a viso scoperto irride al giornalista e spara: PICCIOTTO Buon Natale, infame! la reazione di Benimati è istantanea quanto inaspettata: solleva la poltroncina su cui sedeva e se ne fa scudo. La scarica di pallettoni la squarcia ma lui viene ferito solo di striscio, scaglia la poltrona contro il picciotto e d’un balzo gli é addosso. La poltrona colpisce l’assalitore e Benimati afferra la canna della lupara dando un gran calcio nelle palle al mancato omicida. Il picciotto urla e crolla in ginocchio. Benimati prende dal tavolo un tagliacarte in ferro:
BENIMATI Fermo là, bastardo o ti sgozzo come un maiale. PICCIOTTO (spaventato) Io non ce l’ho con voi. Mi hanno pagato... BENIMATI Chi? Si spalanca la porta e un secondo picciotto spara un colpo di lupara contro Benimati che si tuffa dentro l’ufficio. Il giornalista rotola dietro la porta, pronto a tutto, ma non sente più alcun rumore. La porta che dà in strada è spalancata.
S C E N A 106 VIA CAVOUR. Esterno giorno Benimati si affaccia in strada e dà un’occhiata ai passanti. Nessuno sembra aver notato alcunchè di anormale: un uomo con due bambini per mano incrocia una vecchietta e la saluta PASSANTE Buon Natale, donna Filomena! FI LOMENA Buon Natale a voi e alla famiglia vostra! Benimati torna dentro di corsa.
S C E N A 107 UFFICI DI BENIMATI ALL’AVVENIRE DI SICILIA. Int. giorno Benimati va al telefono attaccato a una parete. Stacca l’auricolare e gira la manovella BENIMATI Mi dia la questura! Il questore Trincheri. Sì, pronto! Sono Benimati, non c’è il questore? VOCE AL TELEFONO Il signor questore è al pranzo offerto dal prefetto al Casino della Borsa. Volete dire a me?
S C E N A 108 SALONE AL CASINO DELLA BORSA. Interno giorno Al centro del bel salone è stato allestito un banchetto. Intorno al grande tavolo siedono tutte le autorità con le loro signore ingioiellate: il prefetto, il questore, il sindaco, l’ufficiale dei carabinieri, l’arcivescovo, gli onorevoli Nicolò e Ludovico Fulci, alcuni maggiorenti come il barone Carlo Falcone e il giudice Giovanni Grifeo con la bella moglie Concetta, poi l’ammiraglio Litvinov, il capitano Ponomarov e altri ufficiali tra i quali Alexis, e ancora don Vito con Elena, pallida ma bellissima, Reina e il padrone delle concerie Todero. Elena guarda Alexis di soppiatto ma a don Vito non sfugge il suo interesse per quel bell’ufficiale, tuttavia resta sorridente. Alexis fa da interprete per Litvinov e Ponomarov e traduce ALEXIS Il capitano Ponomarov dice che la rivolta a Odessa di tre anni fa fu provocata dalla fame e dalla disperazione degli operai e non da idee sovversive. QUESTORE Una domanda da poliziotto: cosa fece il mio collega di Odessa in quell’occasione? ALEXIS (traduce in russo) PONOMAROV (risponde in russo) ALEXIS (rivolto al questore) Si trattò di una ribellione di massa. Dovette intervenire l’esercito e purtroppo ci furono 412 morti. ARCIVESCOVO Chieda al capitano se è vero che una nave della marina imperiale si unì agli insorti. ALEXIS (traduce in russo) PONOMAROV( risponde in russo) ALEXIS (all’arcivescovo) Sì. L’incrociatore Potiomkin. D’ARRIGO Se lor signori sono d’accordo, sospendiamo un momento con la politica e passiamo in biblioteca a fumarci un buon sigaro. Le signore possono accomodarsi nella sala da té. Tutti si alzano. I maschi scostano le sedie alle signore e poi vanno verso la biblioteca. Le donne chiacchierando vanno verso un salotto. Don Vito beve un sorso e chiede ad Alexis
DON VITO Tenente, quando salpate? ALEXIS (gelido) Il giorno 27, signore. DON VITO Dopodomani. . . Destinazione? ALEXIS Augusta. poi per evitare altre domande si avvia a grandi passi dietro all’ammiraglio. Elena s’è fermata preoccupata. Don Vito vuota il bicchiere e poi prende uno dei tovaglioli DON VITO Questo è un ricamo fatto dalle suore, vero? Elena annuisce guardando il marito senza paura, pallida, aspettandosi il peggio. Don Vito si pulisce la bocca col tovagliolo e poi dice in tono gentile DON VITO Tu e il tuo ufficiale russo siete condannati a morte. E devo dire che mi secca dover uccidere un militare straniero. ELENA (gelida) Uccidere è il tuo mestiere. Ma puoi evitarti il fastidio: lui non c’entra, l’ho invitato io e Alexis si è limitato ad accettare come avrebbe fatto qualsiasi uomo. Don Vito sorride al sindaco che lo sta aspettando sulla porta della biblioteca
DON VITO Vai pure caro, vi raggiungo subito. (poi a Elena) So che hai appuntamento col tuo stallone domani alle tre, come tutti i giorni, per ricamare insieme. . . se vuoi salvarlo ci devi andare... ricama con lui per l’ultima volta, ma poi gli dici che ti sei stancata e che a te, dopo un po’, piace cambiare minchia. Proprio queste parole: gli dici così e lo salvi, non glielo dici e lo ammazzi. Adesso vai pure a prendere il tè come una signora. Elena è scossa da un tremito ma riesce a dominarsi e a sorridere all’odiato marito ELENA Come volete voi, don Vito. E poi è la verità, da quando sono vostra moglie ne ho cambiati almeno venti. Gli amici vostri me li son fatti tutti, don Vito: le vostre corna sono leggendarie. volta le spalle al marito e si avvia decisa verso il gruppo delle signore. Due di loro si sono fermate, intuendo qualcosa. Elena dice loro in tono normale
ELENA Vogliamo andare? Don Vito è rimasto basito alle tremende incredibili parole di Elena. La sua mano si serra così forte intorno al bicchiere che il vetro si spezza. Un’esclamazione del questore lo fa voltare
QUESTORE (f.c.) Ma questo è davvero troppo! Il Questore sventola un biglietto avuto da un agente. Accanto al questore ci sono gli on. Fulci, il barone Falcone e Giovanni Grifeo.
QUESTORE Hanno sparato a Benimati! GIOVANNI GRIFEO L’hanno ucciso? SOTTUFFICIALE DI POLIZIA No, signori. Neppure ferito. BARONE FALCONE Signor Questore, bisogna fermare questi assassini che infangano il nome della nostra città. NICOLO’ FULCI A Roma non capiscono la gravità della situazione, o fan finta di non capire. QUESTORE Qualche volta gli assassini li prendiamo ma è gente pagata per ammazzare e non dicono mai il nome dei mandanti. Qui la gente nega anche di essere nata. DON VITO (avvolgendosi la mano ferita dal bicchiere in un tovagliolo) E’ successo qualcosa? QUESTORE Hanno sparato a Benimati. DON VITO (sospirando) Glielo abbiamo detto, il sindaco e io, a quella testa calda di stare attento! Non è così che si risolvono i problemi di Messina. BARONE FALCONE Neanche con la lupara, don Vito. Scusatemi, vado a prendere un po’ d’aria. il barone volta le spalle al gruppetto e se ne va. Giovanni Grifeo lo imita
GIOVANNI GRIFEO Abbiamo troppo sullo stomaco: é diventato difficile anche respirare. Scusate. DON VITO (sarcastico) E’ proprio vero che l’aristocrazia s’è indebolita assai. D’asma soffrono…ma non vorremo lasciare soli i nostri ospiti russi. LODOVICO FULCI No, loro non capirebbero. Vieni Nicolò. ed entra in biblioteca a grandi passi, scuro in volto, portandosi appresso il fratello.
S C E N A 109 SALA MEDICA ALL’ORFANOTROFIO. Interno giorno Peppino si sveglia e apre gli occhi. Ha dei grossi tamponi alle orecchie. Gira lo sguardo intorno impaurito: zoom sui suoi occhi. In soggettiva di Peppino: il faccione di Neumann che si china su di lui e gli dice qualcosa, ma non si sente il suono della sua voce. Dietro al dottore appare il volto della Superiora e poi quello emozionatissimo di Suor Angelica. Le mani del dottore calano verso la MdP e comincia la sbendatura, nella più assoluta mancanza di colonna sonora. Un tampone sporco di sangue viene estratto da un orecchio, Neumann lo annusa e sembra soddisfatto, lo lascia cadere in una bacinella, poi le mani calano verso la MdP e si ritirano col secondo tampone: Neumann annusa anche questo e poi lo lascia cadere sopra il primo. Ora si avvicina alla MdP con un paio di lunghe pinzette e dopo qualche attimo le ritira estraendo da un orecchio di Peppino un lungo cilindretto di ovatta: un fischio sottile invade la colonna sonora. Il fischio aumenta di intensità mentre le pinzette si dirigono adesso verso l’altro orecchio di Peppino. Anche il secondo cilindretto viene estratto: ora i fischi sono due e si alzano di tono fino a diventare tremendi. Peppino terrorizzato si porta le mani alle orecchie. Neumann gliele blocca e gli chiede a voce alta, scandendo le sillabe NEUMANN Mi sentire tu? per Peppino la voce di Neumann ha il rombo delle cascate del Niagara unito al gracchiare lacerante di una radio disturbatissima. Peppino grida di dolore. I suoi occhi si riempiono di lacrime e si comprime le orecchie con le mani.
SUOR ANGELICA Dio mio, che succede? e anche la sua voce assume toni dolorosi e gracchianti per Peppino. Neumann le fa cenno di tacere, sorridendo, leva le mani di Peppino dalle orecchie e gli sussurra
NEUMANN Mi sentire tu? Come un’alba in un cielo scuro, una luce di sorpresa e di incredula gioia dilaga sul viso del bambino, ancora umido di pianto.
PEPPINO Questo è.... parla a voce molto alta e per le sue orecchie non abituate è di nuovo un gracchiare insopportabile. Peppino cerca di tapparsi ancora le orecchie ma Neumann, con una dolcezza insospettabile, gliele allontana e a voce bassissima, in tedesco, intona STILLE NACHT, il canto di Natale. Peppino ascolta impaurito ed estasiato: le sue orecchie amplificano distorcendole alcune note ma d’istinto canta un suono basso seguendo la melodia della canzone. Suor Angelica scoppia a piangere e anche la Superiora si commuove. Peppino si leva a sedere e grida a Suor Angelica:
PEPPINO La musica! la sua voce così forte è ancora dolorosa per lui che ride e piange mentre suor Angelica lo abbraccia singhiozzando. La Superiora tira su col naso e dice a Neumann
SUPERIORA (in tedesco) La scusi, è giovane e molto emotiva. Neumann annuisce sorridendo nella barba, gli occhi lucidi di pianto trattenuto, mentre scosta suor Angelica da Peppino: NEUMANN Adesso dofere disinfettare e mettere una garza leggera. Domani il ragazzo può uscire. Peppino applaude, si ferma a guardarsi le mani con una smorfia di dolore, torna a batterle ricavando gioia enorme nel sentire ogni distinto "clap".
S C E N A 110 STAZIONE FERROVIARIA DI MESSINA. Esterno giorno Un treno passeggeri si ferma sbuffando vapore sul binario della stazione. I passeggeri scendono, attorniati da facchini e da procacciatori di alloggio. Ci sono anche Scilla, un paio di sue colleghe e Maria, guardata a vista da Lappanazza. Scilla le sussurra, mentre sorride e fa l’occhietto ad un signore appena sceso dal treno:
SCILLA Stai attenta che Lappanazza ti punta. Trovati un cliente o quel bastardo ti rovina. MARI A Mi può anche ammazzare ma io non mi vendo più. Un signore con una cospicua pancia fasciata in un gilet di raso si ferma accanto a lei lisciandosi un baffo con aria furba e le strizza l’occhio. Maria gli sussurra MARI A Sono malata, signore. l’uomo fa un passo indietro e la scruta sospettoso e cattivo attraverso gli occhiali con montatura d’oro, poi masticando un’imprecazione, passa oltre. Un uomo un po’ alticcio, si avvicina a Maria per prenderla sottobraccio ma lei si scansa:
CALABRESE Mi fai un po’ di compagnia? Quanto vuoi? MARIA ( a mezza voce) Signore, non le conviene. . . ho una brutta malattia. . CALABRESE (sbraita) Cosa? Ma che minchia dici, ah? Che me ne fotte a mia delle malattie tue! Io sanissimo sono e i soldi miei sono come quelli di tutti gli altri! MARIA Ho un malattia infettiva. CALABRESE (a voce alta) E io me ne fotto lo stesso! Andiamo! la prende per un braccio ma Maria si divincola con rabbia. Lappanazza interviene furibondo ma contiene la sua violenza poichè la stazione è piena di gente e molti stanno guardando. Sogghigna a Maria e le sibila
LAPPANAZZA Dici che sei malata eh? Per questo non batti un chiodo anche oggi... CALABRESE E tu che vuoi? Chi sei? Questa è o non è una puttana? Lappanazza sorride ma nei suoi occhi c’è una luce omicida che blocca il calabrese.
LAPPANAZZA Questa è la più gran puttana della mia stalla e adesso verrà con te e ti farà un servizio speciale. Vero Maria? MARIA No. Lappanazza non riesce più a dominarsi e alza la mano per schiaffeggiarla ma qualcuno lo colpisce da dietro alla nuca facendolo crollare sulle ginocchia come un bue al mattatoio: è Yuri. MARIA Attento! Yuri si volta ma non fa in tempo ad evitare la coltellata che gli tira a tradimento Gerlando, uno dei picciotti di Lappanazza, che gli scarnifica una spalla. Yuri lo disarma con un calcio. Nessuno interviene. Il calabrese afferra il marinaio da dietro cercando di strozzarlo. Il russo si piega in avanti e colpisce il calabrese che non molla la presa. Lappanazza fa scattare la lama del suo coltello. Maria urla e si getta verso Yuri ma Lappanazza gli vibra una tremenda coltellata diretta al ventre ma Yuri riesce a coprirsi col corpo del calabrese che viene sventrato al suo posto. Due carabinieri arrivano correndo e Lappanazza si tuffa oltre una catasta di balle e fugge. Uno dei carabinieri agguanta Gerlando, il picciotto che Yuri ha disarmato, e l’altro constata la morte del calabrese che il marinaio lascia scivolare a terra. UN CARABINIERE E’ morto. Maria piange abbracciata a Yuri la cui divisa bianca si sta macchiando di sangue. Accorre il capostazione e il carabiniere gli chiede UN CARABINIERE Avete visto com’é andata? CAPOSTAZIONE No. Cose da puttane sono. il carabiniere si guarda intorno: le poche persone che si erano fermate adesso se ne vanno in fretta. Resta solo Scilla a cui chiede UN CARABINIERE Voi avete visto com’è andata? SCILLA Io? No. Sono arrivata adesso. UN CARABINIERE (al collega) Portiamoli al comando. ALTRO CARABINIERE Diranno che è caduto sul coltello. Andiamo! spinge avanti a sè Gerlando che ride e protesta
GERLANDO Signor carabiniere, io non c’entro! Mi stavo facendo gli affari miei! UN CARABINIERE Anche voi due! Tu marinaio, puoi camminare? MARI A Lui non capisce! Parla solo russo! Bisogna portarlo in ospedale. . UN CARABINIERE Va bene, va bene. Adesso cammina!
S C E N A 111 UFFICIO DEL TENENTE DEI CARABINIERI. Interno giorno Un appuntato sta scrivendo il verbale con penna e calamaio. Il tenente dei carabinieri, seduto dietro un tavolo, guarda Yuri con la divisa bagnata di sangue, sorretto da Alexis e Sacha TENENTE Potete riportarlo sulla vostra nave. La ferita non è grave e non voglio avere grane internazionali. ALEXIS Grazie, tenente. accenna ad un saluto militare e se va con Sacha che sostiene Yuri che protesta
YURI (in russo) E’ solo un graffio. . . voglio vedere Maria!
S C E N A 112 CORRIDOIO COMANDO DEI CARABINIERI. Interno giorno Nel corridoio Yuri vede Maria e il picciotto che vengono scortati nell’ufficio del tenente e cerca di andare da lei ma viene trattenuto a forza da Sacha.
YURI Maria! ALEXIS (a Maria) Yuri è nei guai lo capisci? Non complichiamo le cose! Maria china la testa e si lascia spingere dentro l’ufficio del tenente, dopo il picciotto.
ALEXIS (in russo) Tu ora vai dritto a bordo e ti fai curare. Se non dai in smanie, non farò rapporto. D’accordo? Altrimenti il capitano ti terrà ai ferri fino a che saremo tornati a casa! Yuri china la testa e Alexis dice a Sacha
ALEXIS (in russo) Ci pensi tu, per favore, Sacha? Io… SACHA (in russo) Lo so, lo so! Son quasi le due e tu hai un improrogabile impegno.
S C E N A 113 UFFICIO DEL TENENTE DEI CARABINIERI. Interno giorno Il tenente interroga il picciotto che lo guarda con aria strafottente. Maria ascolta, vigilata da un carabiniere. L’appuntato scrive intingendo la penna nel calamaio. TENENTE (in tono rassegnato) Voi, Gerlando Boatta, eravate coinvolto nella rissa. Perchè é scoppiata? GERLANDO Ma quale rissa, tenente? Andavo per gli affari miei quando quel marinaio mi urtò! TENENTE E poi che è successo? GERLANDO Non lo so. Questa donna gridava. Un uomo scappava. Un po’ di confusione, signor tenente. TENENTE Chi era l’uomo che é scappato? GERLANDO Chi era? E chi lo sa! Io solo da dietro lo vidi! TENENTE Era alto? GERLANDO Così così. TENENTE Biondo, bruno? GERLANDO Così così. TENENTE (spazientito) Giovane, vecchio? e senza attendere la risposta del picciotto risponde lui stesso alla propria domanda TENENTE Così così. GERLANDO Ah, lo vedeste anche voi, signor tenente! il tenente sospira e fa un cenno a Maria che viene avanti TENENTE Come vi chiamate? MARIA Citafò Maria. TENENTE Professione? . . . lasciamo perdere, anche voi non avete visto niente? MARIA (indicando il picciotto) E’ stato lui che ha tentato di accoltellare il marinaio russo, poi è intervenuto quel calabrese che era appena arrivato col treno. L’assassino è Greco Bertrando, detto Lappanaza.. il tenente guarda Maria sorpreso. L’appuntato resta a bocca aperta e la penna sollevata in aria. Anche il picciotto sgrana gli occhi sbalordito su Maria prima di reagire. GERLANDO Troiaccia infame! Spia! Ancora cammini e già morta sei! TENENTE (urla) Fumagalli! entra un carabiniere che afferra da dietro il picciotto, immobilizandolo TENENTE Portalo via! E prepara un mandato di cattura per Greco Bertrando detto Lappanazza, lo trovi al bar del porto. mentre il carabiniere esegue, il tenente si avvicina a Maria e cerca di rassicurarla
TENENTE Maria, lo so che ci vuole tanto coraggio per fare il proprio dovere qui in Sicilia, ma io vi prometto che non riusciranno a torcervi un capello. MARIA Non si preoccupi per me: ha ragione quel fetuso, io già morta sono. TENENTE (sospira) Conosco quel Lappanazza ma non sono mai riuscito a incastrarlo. guarda il labbro gonfio di Maria e le chiede con dolcezza TENENTE E’ stato lui? MARI A Sì. TENENTE E ti costringe alla prostituzione? MARIA Sì. Mi ha disonorata che ero ancora bambina. TENENTE Vedrai, gli faremo dare l’ergastolo.
S C E N A 114 PAGODA. Interno giorno Alexis apre l’uscio della pagoda. Si ferma esitante: intorno ai telai di ricamo non c’è nessuno. ALEXIS (a bassa voce) Elena? nessuno risponde. Alexis entra e chiude l’uscio. Va verso il divano. La porta si riapre alle sue spalle. Si volta: in controluce vede Elena, vestita con eleganza, rigida, fredda. ELENA (gelida) Ti avevo detto basta, mi pare! Alexis fa un passo verso di lei ma si ferma: il tono e l’atteggiamento di Elena sono quelli di una sconosciuta. ALEXIS Amore mio, io ti voglio per sempre... anche tu. Elena si sottrae seccata al tentativo di abbraccio e lo respinge ELENA Solo la noia dura per sempre. Senti, Alexis, è stato piacevole finchè è durato, ma adesso basta. Possibile che non capisci? Basta! Mi hai stufato. Tanto domani la tua nave parte e mi han detto che sta per arrivare la flotta francese. Alexis leva una mano per schiaffeggiare Elena ma si blocca stravolto ALEXIS Perché mi dici queste cose? Che é successo? C’é qualcunoche ascolta? Tuo marito ha scoperto tutto? Parla per dio! ELENA Ma che vuoi fare, la tragedia greca? Ti ho detto che mi hai stufato. Non basta? ALEXIS Non è possibile. . . io so che non è possibile... cos’è successo amore mio? ELENA Niente è successo. Se hai pensato che eri il primo e l’unico, mi dispiace. Addio. Elena non ce la fa più, si volta e sbatte la porta in faccia e la sua rabbia esplode e sfascia uno dopo l’altro i telai da ricamo ripetendo il nome della sua donna
ALEXIS Elena! Elena! Elena! infine con un calcio abbatte la porta e rimane ansante e sudato sulla soglia a guardare…
S C E N A 115 GIARDINO ORIENTALE. Esterno giorno ..il vialetto deserto. Alexis si incammina, fermandosi più volte. Un violino suona una musica struggente.
S C E N A 116 SALA MEDICA ALL’ORFANOTROFIO. Interno giorno Esseneto, il piccolo compagno di Peppino, sta appollaiato vicino al letto e suona il violino, un pezzo molto triste e accorato. Le note più acute fanno ancora arricciare la faccia a Peppino per il dolore. In fondo alla stanza Suor Angelica lo guarda in adorazione. Esseneto smette di suonare. PEPPINO Non potevo immaginare che la musica fosse così.... così divina, come ho fatto a vivere senza sentirla? scende dal letto e fa un passo, si ferma e ride PEPPINO Anche i passi fanno rumore: toc toc! Che buffo! (fa cadere una forchetta) questa invece fa plin. . . (stropiccia della carta) e questa fa strasc strak! Esseneto ride forte e Peppino si deve tappare le orecchie. ESSENETO Prima eri sordo e adesso troppo ci senti! PEPPINO Il medico ha detto che è solo un effetto pissi... pissi... SUOR ANGELICA Pissicologico. Vuol dire che è il tuo cervello a sentire tropp,o perchè non si é ancora abituato. Peppino si diverte a fare rumori: lascia cadere sul pavimento una scatola, picchietta il piano del tavolo con le dita, fa tinnire un bicchiere e ogni volta gode dei suoni. Un merlo fischietta in giardino e Peppino si volta verso la finestra SUOR ANGELICA E’ un merlo. ESSENETO Fiuuu…fiuuì, molti uccelli cantano. Peppino si aggrappa al davanzale e si lascia penetrare dai suoni esterni. Chiude gli occhi, si gonfia d’aria e ascolta: il frusciare del vento fra le foglie, il suono d’un motore d’auto che passa e smuore, l’eco di voci lontane. L’improvviso il suono della campana della cappella, ancora forte per le sue orecchie nuove, lo fa gridare. ESSENETO Sono le campane! In tutte le chiese ce ne sono: din don, din don! La voce di Neumann fa voltare i due ragazzi NEUMANN Fedo che andiamo benissimo! Fero, Peppino? Peppino, d’impulso, corre verso il dottore, gli afferra le mani e gliele bacia, poi alza lo sguardo verso il suo volto bonario e gli ripete con la sua stessa voce PEPPINO Fero! Neumann ride commosso.
S C E N A 117 CAMERA DA LETTO DI ELENA. Interno tramonto. Un grande sole rosso getta una luce infocata nella camera di Elena. La donna è a letto, in camicia da notte, immobile, appoggiata su due cuscini, le mani incrociate sul ventre: sembra già una scena mortuaria anche se i suoi occhi sono aperti sul sole morente. La porta si socchiude e appare Rosalia con un vassoio su cui fuma una tazza di tè. Elena non si muove. Rosalia va ad appoggiare il vassoio sul comodino. La voce di don Vito la blocca: l’uomo è apparso sulla soglia della stanza DON VITO Tu! Porta via quella roba! Da oggi la mia fedele sposa non ha più né fame né sete. Rosalia vorrebbe protestare ma il fratello le fa un cenno imperioso e lei obbedisce, andandosene col vassoio dopo aver lanciato uno sguardo di pietà verso Elena che non si è mai mossa. Anche Don Vito guarda la moglie, poi chiude la porta a chiave a doppia mandata.
S C E N A 118 UFFICIO DEL TENENTE DEI CARABINIERI. Interno notte Lappanazza, ammanettato, viene spinto dentro l’ufficio da due carabinieri. LAPPANAZZA Niente feci! Telefonate al sindaco, al questore! Loro vi diranno chi è Greco Bertrando! vede Maria seduta in disparte e poi guarda il tenente dei carabinieri che lo osserva fumando tranquillo, l’appuntato intinge la penna nel calamaio e aspetta. Lappanazza intuisce che qualcosa sta andando storto. Cambia il tono, diventa amichevole LAPPANAZZA Maria. . . a te pure hanno arrestato? Non ti preoccupare, ci deve essere uno sbaglio… (poi al tenente) ..la conosco da quando era bambina, Maria é una brava ragazza. TENENTE Lo so che è una brava ragazza. (poi chiede a Maria) E’ lui? Maria si alza. E’ calma. Guarda Lappanazza negli occhi senza paura LAPPANAZZA Maria, io ti voglio bene, lo sai, se qualche volta sono stato severo, per il tuo bene era. Maria si volta verso il tenente e dice con sicurezza MARI A E’ lui l’assassino. Voleva uccidere il marinaio russo e ha sventrato quel calabrese. Lappanazza è percorso da un tremito. Si volta verso Maria incredulo, poi balza verso di lei come una belva, le mani ammanettate protese ad afferrarle la gola. I due carabinieri lo bloccano. LAPPANAZZA Sucaminchia infame! Morta sei! Morta! Signor tenente, non crederà alle parole di questa puttana. . .. di questa… ma non può continuare perché il tenente, senza rabbia, con disgusto lo colpisce con un tremendo ceffone che gli volta la faccia. TENENTE Portatelo dentro. Isolamento e sorveglianza speciale. I carabinieri trascinano fuori Lappanazza che sputa sangue e dà un’occhiata omicida a Maria, che non abbassa lo sguardo. Il tenente prende le mani di Maria tra le sue
TENENTE Spero che siate d’esempio alla vostra gente. Fino al processo starete dalle suore e non abbiate paura, vigileremo giorno e notte. MARIA Grazie. Chiedo solo una cosa: quel marinaio russo… voglio sapere come sta e che lui sappia che io sto bene e che. . . e che ho finito per sempre con quella vita. (conclude a bassa voce) E credo con qualunque vita. . . ma questo non diteglielo. TENENTE Dovete avere fiducia, Maria. Dopo il processo vi faremo andar via dalla Sicilia. Come si chiama quel marinaio? MARIA Yuri Kalinkin.
S C E N A 119 INFERMERIA SULLA NAVE MAKAROV. Interno notte Yuri è sdraiato su uno dei lettini dell’infermeria: ha la spalla fasciata e supplica Sacha YURI (in russo) Che cosa han fatto a Maria… si leva a sedere di scatto con una smorfia di dolore e Sacha lo costringe a rimettersi giù SACHA (in russo) Niente le han fatto. Tu stai giù, tranquillo che hai una febbre da cavallo. Se la ferita fa infezione ti dovran tagliare il braccio, capito? Chiederò al capitano di tornare a terra e andrò a cercare la tua Maria. Va bene? Ma tu non fare il cretino e non muoverti da lì. Yuri sospira: YURI (in russo) Grazie.
S C E N A 120 UFFICIO DI BENIMATI ALL’AVVENIRE DI SICILIA. Int. notte Benimati attacca il telefono raggiante e grida BENIMATI Fermate tutto! Bisogna rifare la prima pagina! Hanno trovato un testimone per il delitto della stazione! si precipita alla macchina per scrivere, ci infila un foglio e comincia a battere sui tasti.
S C E N A 121 STUDIO IN CASA DI DON VITO. Interno alba. E’ l’alba ma nello studio c’è ancora la luce accesa. Don Vito parla al telefono DON VITO La moralità della ragazza é quella che è, signor questore. Avrà voluto vendicarsi di qualche sgarbo contro il suo protettore. Sembra che l’avesse picchiata il giorno prima…si capisce, per sfruttamento della prostituzione gli daranno almeno un anno. Vito copre il microfono con la mano e dice a Bruno Tripodi, in piedi davanti alla scrivania, a bassa voce DON VITO Senti Tripodi, veditela tu eh? So per certo che la bella Rosina ha gioielli per decine di migliaia di lire. E adesso levati dai piedi. Tripodi se ne va e dalla porta si affaccia Bernardo con un giornale in mano. Don Vito gli fa cenno di entrare. Bernardo avanza verso il tavolo e resta in piedi rigirando un giornale fra le mani: è una copia de L’AVVENIRE DI SICILIA. DON VITO (al telefono) Servo vostro, signor questore. . . eh? D’accordo! Un annetto gli farà bene... (riattacca e conclude) . . . é pure poco per un imbecille che va in giro a spanzare la gente che non conosce. Che altro c’é? BERNARDO E’ uscito adesso, don Vito. gli spiana il giornale sul tavolo e noi leggiamo il titolone insieme a don Vito UN UOMO DI DON VITO ACCUSATO DI OMICIDIO DON VITO Questo sta proprio esagerando. BERNARDO Che devo fare? don Vito si alza e strappa con cura il giornale in tanti pezzi che poi butta nel cestino. DON VITO Non deve esagerare più. Però attenzione che ci abbiamo gli occhi addosso di tanta brava gente che non si fa gli affari suoi. BERNARDO Oggi c’è la sentenza contro quei poveri picciotti per quella disgrazia a casa del pescatore. DON VITO E che può fare quel fesso di giudice? Nessuna prova tiene. Li metterà fuori, però lasciali dormire per un pò. BERNARDO Qualcuno ha soffiato sennò non ci sarebbe stato neppure il processo. DON VITO (dando una manata al telefono) Da quando questo c’è, pure i vermi du culu si sentono leoni. E a proposito di vermi du culu, dì a quelli che han mancato il giornalista di non sbagliare più perchè quello non ha paura di riconoscerli davanti al giudice. BERNARDO Quelli son picciotti in gamba, per sbagliare una seconda volta deve venire la fine del mondo! Baciamo le mani don Vito. S C E N A 122 VIA CAVOUR. Esterno giorno Peppino ed Esseneto si tengono per mano, ai lati camminano Suor Angelica e Neumann. Peppino capta ogni suono, ogni rumore, ogni parola che rimbalza in strada. Passa un carro trainato da un cavallo e Peppino ripete con la bocca lo zoccolìo dell’animale. PEPPINO Clop,clap! Clop, clap. Ride per il rombo di un’automobile che passa veloce e si tappa le orecchie. Dal porto giunge il suono della sirena del traghetto. PEPPINO Cos’é? ESSENETO O ferribotte! SUOR ANGELICA Le navi fanno quel rumore per avvertire che stanno arrivando o partendo. Peppino si mette una mano di taglio davanti alla bocca e soffia forte imitando la sirena del vaporetto. Tutti ridono. PEPPINO Tuuuuuuuuut! Un cane abbaia da dietro un cancello. Peppino urla e fa un balzo indietro, poi si riavvicina: il cane ora scodinzola e Peppino passa una mano fra le sbarre e lo accarezza sulla testa PEPPINO E’ così che parli tu: bau! bau! e il cane, come se avesse capito, gli risponde: bau! bau! Passano alcune ragazze che si tengono sottobraccio e ridono VOCI RAGAZZE Allora domani andiamo al cinema! Ma io domani ho lezione di piano. E io domani ho un appuntamento con Andrea! le voci si perdono mentre le ragazze si allontanano. Peppino vede un gatto e gli corre incontro abbaiando PEPPINO Bau! Bau! il gatto fugge miagolando e Esseneto si siede sul marciapiede ridendo. Anche Neumann ride di gusto e Suor Angelica spiega a Peppino SUOR ANGELICA Bau lo fanno solo i cani! quello fa miau. PEPPINO Miau! Miau! la gente si ferma a guardare Peppino, qualcuno ride, qualcuno scuote la testa. Preannunciata dalla grancassa che fa scoppiare la testa al povero Peppino, attraversa la strada la troupe pubblicitaria del circo: alla sfilata manca però Sherazade e partecipano le tre gemelle dai lunghi capelli rossi e Colette che sta in piedi sulla sella del cavallo con Giovanna, la piccola cavallerizza con un abito scintillante che chiude il piccolo corteo battendo i piatti. Arriva l’Isotta Fraschini di Roland, con la capote alzata, e rallenta.
S C E N A 123 ISOTTA FRASCHINI, Interno esterno giorno. Sherazade é dentro l’auto e si lascia scivolare sul sedile fino a sparire,
ROLAND Che c’è? SHERAZADE Gira, gira! Se mi vedono sono fritta! ROLAND Ma chi? SHERAZADE Quelli del circ.. .circolo! Cielo, mio marito! anche Roland si lascia scivolare sotto il sedile spaventato e balbetta ROLAND Oh dio, il conte! e svolta alla cieca in un vicoletto laterale.
S C E N A 124 VIA CAVOUR. Esterno giorno Peppino, nonostante il dolore che gli procura il suono dei piatti, va dietro a Giovanna con aria beata. La ragazzina lo guarda e gli sorride. Lui grida PEPPINO Potresti sospendere per un po’? GIOVANNA (smettendo) Perchè? PEPPINO Mi hanno appena fatto le orecchie nuove, con quel rumore me le sfondi. GIOVANNA Dici davvero? Non ho mai conosciuto nessuno con le orecchie nuove. . . Cosa si sente? PEPPINO La tua voce: é bellissima! Giovanna gode dell’adulazione e sorride di nuovo GIOVANNA Sei già venuto a vedermi al circo? PEPPINO Sì, sei bravissima col cavallo! GIOVANNA Vuoi venire di nuovo? PEPPINO Mi piacerebbe! Ma non mi portano. GIOVANNA Di alla tua mamma che hai un biglietto gratis per domani. Eccolo! gli dà un biglietto pescandolo nella scollatura del vestito. PEPPINO Io non ce l’ho la mamma. L’ho dico a suor Angelica, è lo stesso! Suor Angelica, ho un biglietto gratis per il circo! Me l’ha dato.... Come ti chiami? GIOVANNA Giovanna. PEPPINO (di colpo serio) Io Peppino. le dà la mano e Giovanna, serissima, gliela stringe. GIOVANNA A domani, allora. PEPPINO A domani. Giovanna riprende a battere sui piatti e Peppino fa un balzo indietro tappandosi le orecchie. Giovanna scoppia a ridere. Anche Peppino ride. La comitiva del circo si allontana e Peppino stacca le mani dalla testa mettendosi il prezioso biglietto in tasca. Si incammina, poi si ferma e ascolta. Esseneto ascolta anche lui ma non sente nulla ESSENETO Cosa ascolti? PEPPINO Ssst!
S C E N A 125 ISOTTA FRASCHINI. Interno esterno giorno Roland risorge da sotto il sedile e anche Sherazade si tira su. ROLAND Se n’è andato? SHERAZADE Sì... che paura! Roland cerca di baciare Sherazade che lo respinge SHERAZADE Sei matto? Siamo troppo vicini al mio palazzo. ROLAND Contessa mia, mi fai impazzire.. . se sto vicino a te, io non resisto, devo. SHERAZADE Invece adesso non devi! ROLAND Ma non ci riesco, amore mio. SHERAZADE Sì,sì. . . solo perchè sono contessa! Se fossi una povera disgraziata qualunque, che so, una zingara, una del circo, mi ameresti lo stesso? ROLAND Ma certo, mon petit chou! Ma come potrebbe una creatura delicata come te essere una zingara? SHERAZADE Potrebbe, potrebbe: adesso scendo e tu fila via senza farti vedere. . ROLAND Contessa, io parto domani all’alba... Sherazade si blocca e torna a sedersi scombussolata SHERAZADE Domani? ROLAND Prendo il ferryboat delle cinque e dieci.. . ma torno tra venti giorni e cercherò di restare a lungo. SHERAZADE Tra venti giorni non ci saremo più! ROLAND Dove vai? Biarritz? Marienbad?. . . dove? Londra forse? SHERAZADE (con un sospiro) Ancora non lo so. ROLAND Lascia il conte! Scappa con me! Parlerò io con lui se vuoi... SHERAZADE Per carità, no. Addio Roland. E’ stato bello. ROLAND Non partire. Ci vediamo tra venti giorni. . SHERAZADE Certo Roland. Tra venti giorni... Sherazade scende in fretta dall’auto per non far vedere che piange.
S C E N A 126 VIA CAVOUR. Esterno giorno. ESSENETO (sbuffando) Io non sento niente.
PEPPINO Ssst! Sta per scendere la contessa... dall’Isotta Fraschini ferma nel vicolo si apre una delle portiere e Peppino sente la voce di Sherazade sussurrare a Roland VOCE SHERAZADE A domani,caro. . . stesso posto, stessa ora... Sherazade scende dall’auto che subito riparte. La donna neppure guarda i due ragazzi e si incammina veloce lungo il marciapiede della strada principale, fino alla fermata dell’omnibus. ESSENETO Ma non è quella del circo? PEPPINO Boh! Passano due uomini presi da una conversazione d’affari. Peppino li segue per qualche metro finchè Suor Angelica non lo afferra per un braccio. UN UOMO D’AFFARI Pagherò domani, vi ho detto! ALTRO UOMO D’AFFARI Domani, domani! Sempre domani! Finchè un bel giorno domani non ci sarete più! UN UOMO D’AFFARI Don Ernesto, una minaccia j’è? Passa un garzone su un triciclo e zufola forte l’aria di una canzone. Peppino sgrana gli occhi meravigliato, poi soffia invano gonfiando le guance senza riuscire a fischiare. ESSENETO Guarda come si fa! (fischietta) PEPPINO Me lo insegni? ESSENETO Quando tu mi insegni a plimflare! Ridono tutti e due. Neumann chiede serio alla suora: NEUMANN Cosa essere "plimflare"? Suor Angelica ha un’aria smarrita mentre i due ragazzini ridono, complici. Da una finestra chiusa Peppino sente una voce di donna e si ferma VOCE FEMMINILE A domani, amore... VOCE MASCHILE A domani... Peppino si sposta sotto un’altra finestra e fa segno ad Esseneto di tacere. VOCE ROSINA Non mi venga a raccontar frottole! So bene quel che valgono i miei gioielli: più di trentamila lire.
S C E N A 127 STUDIO STROZZINO. Interno giorno Rosina Storchi è seduta davanti a un ometto, con un paio di baffi sottili, che osserva col monocolo dei gioielli: bracciali e anelli e un paio di stupendi orecchini. STROZZINO Eh, signora mia, i tempi sono duri, non è più la Messina di una volta. Rivendere roba così non sarà facile. Le ho detto diecimila’ facciamo dodici, va! ROSINA Almeno quindici e in contanti. STROZZINO E va bene. A una donna affascinante come lei non si può negare nulla. ROSINA Un’altra cosa. Riserbo assoluto. STROZZINO Questa è la base del mio lavoro. Io sono una tomba. Lo strozzino va alla cassaforte, la apre e conta quindicimila lire a Rosina.
S C E N A 128 VIA CAVOUR. Esterno giorno Suor Angelica interviene e tira via Peppino da sotto la finestra dello strozzino SUOR ANGELICA Non sta bene origliare! PEPPINO (indignato) Io ascolto, non faccio quella cosa lì! Rosina esce dal palazzo e sale su una carrozza. Peppino si volta a guardare verso la finestra. Lo strozzino sta girando la manovella del telefono. PEPPINO Uh il telefono! Mi piacerebbe provare...
S C E N A 129 STUDIO STROZZINO. Interno giorno STROZZINO (al telefono) Don Vito. ... quindicimila. Come avevamo deciso (pausa) Adesso. e riattacca senza un saluto. S C E N A 130 VIA CAVOUR. Esterno giorno Passa l’omnibus a cavalli con tutti i suoni di sbattimenti, zocolìi e cigolìi. Peppino ascolta estasiato. L’omnibus si ferma e Sherazade sale. Un ragazzo salta giù e grida all’amico rimasto sul predellino: UN RAGAZZO Ciao! E ricordati di portarmi il libro domani a scuola! Peppino si volta di scatto verso Suor Angelica PEPPINO Adesso potrò andare a scuola con gli altri? SUOR ANGELICA Ma certo, Peppino. Domani ne parlo con la Superiora. Peppino fa una piroetta di gioia in mezzo alla strada. Si sente il trillio disperato del campanellino di una bicicletta e poi è tutto un ruzzolare. Un ciclista ha investito Peppino e adesso si rialza imprecando CICLISTA Ma non hai sentito il campanello, maledizione! NEUMANN Calma, buon uomo. Il ragazzo è sordo. PEPPINO (da terra) Non sono più sordo! ed è sul punto di piangere. Suor Angelica aiuta Peppino a rialzarsi, preoccupata, ma Peppino non si è fatto niente. Gli spazzola il vestito con le mani. SUOR ANGELICA Ti sei fatto male? PEPPINO (immusonito) Non sono più sordo.. NEUMANN (al ciclista) Dofete scusarlo. Primo giorno che sente i rumori. Sta imparando. il ciclista si rimette in sella e guarda quei quattro: la monaca, il professore e i due bambini e pigia sui pedali brontolando CICLISTA Che tempi! Ti ammazzano e ti prendono pure pu culu! PEPPINO (esulta e gli corre dietro) Ha detto "pu culu"! Hai detto "pu culu"! Non sono più sordooooo! Esseneto è di nuovo travolto da uno scoppio di risa. Ridono anche Suor Angelica e Neumann. Si ode l’eco di una salva di cannoni. Neumann spiega NEUMANN Flotta russa parte. Salutano la città con cannonate a salfe. PEPPINO Se ci salutano dobbiamo rispondere! Al porto! Al porto! Si mette a correre verso il porto, subito seguito da Esseneto che gli grida dietro ESSENETO E tu come rispondi? Cui pìriti? SUOR ANGELICA Peppino! Esseneto! NEUMANN Cosa folere dire "pìriti"? Suor Angelica si biocca senza fiato, arrossisce e scuote la testa SUOR ANGELICA Brutta parola, professore! Brutta parola! si affretta dietro ai due ragazzi e il professore la segue, almanaccando. Una nuova salva di cannonate proviene dal porto e il professore si illumina e capisce perchè mormora fra sè NEUMANN Ah... pìriti. . certo, loro cannonate e noi... pìriti! e ride come un bambino.
S C E N A 131 AULA DEL TRIBUNALE. Interno giorno Gli imputati sono i due picciotti che hanno partecipato all’assassinio di Rinaldo e Vera: se ne stanno ammanettati con aria di strafottenza, guardati da due carabinieri. La madre di Rinaldo, tutta vestita di nero, siede rannicchiata sulla prima fila di panche. Accanto a lei c’è Benimati. Il giudice Giovanni Grifeo entra per leggere la sentenza. Tutti si alzano in piedi. ADDETTO La Corte! GIOVANNI GRIFEO In nome di Sua Maestà il Re e del popolo italiano, visti gli articoli 519 codice penale, e gli articoli 216 e 217, questo tribunale assolve Condò Saverio e Dellatro Guido per insufficienza di prove e ne ordina l’immediata scarcerazione. Benimati mormora un’imprecazione tra i denti mentre ai due delinquenti vengono tolte le manette e si felicitano col loro avvocato. La madre di Rinaldo li guarda con occhi di fuoco e i due le ridono in faccia. La donna si rivolge al giudice e urla come un’invasata: MADRE DI RINALDO Unn’è giustizia! Infamia è! spalanca le braccia e il grande scialle nero sembra darle lugubri ali di morte e grida: MADRE DI RINALDO Mala nova! Avi a véniri un tirrimotu cu ll’occhi e v’avi a’ mmazzari a vui birbanti e a tutta Missina! la donna si mette e tremare e crolla a terra in preda ad una crisi epilettica. Benimati urla BENIMATI Dell’acqua, presto! ma nessuno si muove.
S C E N A 132 PORTO DI MESSINA. Esterno giorno Le navi russe stanno uscendo dalla rada: un’altra salva di cannoni saluta la città. Archimede col fido Minosse è sulla banchina, il cantastorie agita la sua paglietta e grida ARCHIMEDE Dasvidaniaaaaa! gli si avvicina da dietro un elegante maggiordomo che, con aria un po’ schifata, gli dice MAGGIORDOMO DI GRIFEO Sua Eccellenza Grifeo mi incarica di chiederle se può andare stasera a casa sua. ARCHIMEDE Il giudice? Adesso usa il maggiordomo invece delle guardie? il maggiordomo annuisce e arretra di un passo arricciando il naso. Archimede ride e si annusa le ascelle, poi prende in braccio il suo cane e dice ARCHIMEDE Ti da fastidio il profumo dell’albergo "Sotto le stelle"? Questione di scelta, amico, però io non sono lo schiavo di nessuno. Dì al tuo padrone che accetto l’invito.
S C E N A 133 CAMERA DA LETTO DI ELENA. Interno giorno. L’eco della salva dei cannoni russi giunge ovattato ma distinto nella stanza di Elena: la donna è nella stessa posizione del giorno prima. Pallida, lo sguardo fisso fuori dalla finestra.
S C E N A 134 RADA DI MESSINA. Esterno giorno La flotta delle navi russe sta uscendo dalla rada: la corazzata ammiraglia "ZAREVICH" è al centro dello schieramento con la corazzata "SLAVA" e l’incrociatore pesante "ADMIRAL MAKAROV". I due incrociatori leggeri "BOGATYR" e "GHILIAK" sono già nelle acque dello stretto insieme alla cannoniera S C E N A 135 PONTE DELLA NAVE MAKAROV. Esterno giorno Gli ufficiali sono schierati sul ponte della Makarov: tra essi Alexis che guarda corrucciato la città che si allontana a poppa. Accanto a lui c’é Sacha. Si sentono delle grida. Alexis si volta: Yuri, con le bende stracciate, si dibatte tra un nugolo di marinai che cercano di trattenerlo. Ne travolge buona parte. Corre verso il parapetto della nave con l’ intenzione di buttarsi in mare. YURI (grida) Maria! Alexis gli si para davanti furibondo e gli urla, per sfogare il proprio dolore ALEXIS (in russo) Cosa fai, stronzo! Qui le donne son tutte maledette puttane! Yuri colpisce Alexis con un pugno mandandolo a sbattere contro un argano. I marinai gli sono addosso, uno colpisce Yuri alla testa e lui si affloscia. Uno della sanità gli pianta nel braccio una siringa iniettandogli un calmante. La voce stentorea del capitano Ponomarov, fa scattare tutti sull’attenti. PONOMAROV (off, in russo) Tenente Golutva! Alexis si rialza e si mette sugli attenti. Che succede? (in russo) ALEXIS (in russo) Sono inciampato, signor Capitano. Credo di aver battuto la testa. PONOMAROV (in russo) E quel marinaio? ALEXIS (in russo) Sta delirando, signor capitano. Il dottor Sobciak gli ha appena fatto un’iniezione di sedativo. SOBCIAK (in russo) E’ così, signor capitano. PONOMAROV (in russo) Va bene. Ai vostri posti! UN MARINAIO (in russo, ad Alexis) Grazie per Yuri, signor tenente. Yuri viene portato via di peso. Sacha scuote il capo e dà una manata all’amico SACHA (in russo) Hai preso una bella scuffia, povero Alexis! E visto come ti ha salutato direi che non ne valeva la pena. ALEXIS (in russo, cogitabondo) Sono stato un’idiota, era una recita! Quel bastardo del marito avrà scoperto il nostro amore e l’ha costretta a quelle parole infami... SACHA (in russo) Alexis, quando le donne dicono basta spesso lo dicono brutalmente. ALEXIS (in russo) Ma non ce n’era bisogno! Non capisci, Sacha? Lei sapeva che io dovevo partire oggi... poteva far l’amore per l’ultima volta e dimenticarmi. Non può finire così. SACHA (in russo) Deve, Alexis. Dimenticala, non torturarti più. E’ stato bello, no? Sei stato fortunato e te la sei goduta. ALEXIS (in russo) Non posso! Sei mai stato innamorato? SACHA (in russo) Infinite volte. ALEXIS (in russo) Quindi mai. Devo rivederla. Devo tornare a Messina.
S C E N A 136 STRETTO DI MESSINA. Esterno giorno Come visto da poppa della nave Makarov in allontamento verso sud: il profilo della Sicilia, dello Stretto, con Messina ormai appena distinguibile. VOCE SACHA (in russo) A nuoto?
S C E N A 137 PONTE DELLA NAVE MAKAROV. Esterno giorno ALEXIS (in russo) Quando arriviamo ad Augusta, torno indietro. SACHA Bravo, diserta, così ti fucileranno.
S C E N A 138 STANZA ALL’ORFANOTROFIO . Interno giorno Un Cristo crocefisso di ebano nero è appeso alla parete. Maria è inginocchiata davanti alla Superiora e piange con la testa appoggiata a lei. SUPERIORA Non piangere. Hai avuto più coraggio di tanti di noi che pregano il Cristo ma non capiscono che è venuto sulla Terra per aiutarci a metter fine alle ingiustizie. MARIA Oh madre, la mia è stata solo una vendetta. E ora le navi sono partite, sono di nuovo soltanto una putt… la Superiora le chiude la bocca con una mano SUPERIORA Nessuno è "soltanto". Siamo tutti figli di Dio. MARIA Madre, potrei… farmi suora? SUPERIORA Potresti se ne avessi la vocazione. Non è quando si è disperati che bisogna promettersi a Dio. MARIA Ma io... SUPERIORA (alzandosi) Tu puoi star qui finché vuoi. Dai una mano in cucina per non restare in ozio. Fra un anno, se ne avrai ancora voglia, ne riparleremo.
S C E N A 139 PORTO DI MESSINA, Esterno giorno Peppino e Esseneto arrivano correndo al porto. ESSENETO Eccole laggiù! Se ne stanno andando! Peppino si ferma con una smorfia di dolore. Si porta le mani alle orecchie ma non c’è alcun rumore forte. Esseneto lo guarda interrogativo. Alle sue spalle arrivano ansimanti, a passo svelto, Suor Angelica e Neumann. NEUMANN Qualcosa non fa? PEPPINO Qualcosa lo fa…sente? un sibilo sottile… NEUMANN (preoccupato) Foglio dire: qualcosa non andare? Non c’è nessun sibilo. guarda Esseneto e Suor Angelica Foi sentire qualcosa? entrambi scuotono la testa. Peppino stacca le mani dalle orecchie e sorride PEPPINO Ha smesso. scoppia un tuono che fa urlare Peppino. Il cielo si sta coprendo di nuovoloni neri, tuttavia l’aria è ferma. Archimede sta col pennello a mezz’aria: davanti a lui, sul cavalletto, una tela da cantastorie in onore di Maria, mezza dipinta. Guarda Peppino e dice ARCHIMEDE Ma tu ci senti? PEPPINO Sì, sì! Il dottore mi ha fatto le orecchie nuove. Però a te ti capivo anche da sordo. Il cane Minosse guaisce spaventato e Archimede gli gratta la testa ARCHIMEDE Che c’è, Minosse? Che c’è? Non hai mai avuto paura dei tuoni. Peppino e Esseneto si avvicinano ad Archimede per guardare ciò che dipinge: ESSENETO Chi é quella? ARCHIMEDE Maria, la donna che ha puntato il dito contro l’assassino e gli ha gridato: sei tu che l’hai ammazzato! ESSENETO Non dipingi più Orlando e i paladini? ARCHIMEDE Quelli erano gli eroi d’una volta. Peccato che oggi siamo diventati tutti cacasotto. una folata di vento caldo porta via la tela e rovescia il cavalletto. Peppino si tappa ancora le orecchie e serra forte gli occhi per il dolore. Neumann lo guarda preoccupato. Dice alla suora NEUMANN Forse ho afuto troppa fretta. Meglio tornare. ARCHIMEDE Si sta preparando il finimondo: avete sentito che vento caldo? Sembra agosto, non natale. Minosse guaisce, Archimede raccoglie le sue cose e si calca in testa la paglietta. La luce è diventata cinerea. Il cielo è un accavallarsi di nubi. Il mare sembra di mercurio. Un brontolare lungo e sordo dà l’impressione di ascoltare un borborigmo che salga dal ventre della Terra.
S C E N A 140 CASA DEL GIOVANNI GRIFEO. Interno sera Nel salotto sono riuniti il giudice Grifeo, sua moglie Concetta e il barone Falcone. Stanno bevendo un bicchierino di marsala. CONCETTA Anche se non sono cose che dovrebbero riguardare una signora, oserei dire, barone Falcone, che a Messina sappiamo tutti benissimo dove sta il marcio. BARONE FALCONE Lei ha ragione, lo sappiamo tutti ma questo per la legge non basta. GIOVANNI GRIFEO Non può essere diversamente. Io per condannare devo avere delle prove non delle chiacchiere. entra una bella ragazza sulla ventina che fa un lieve inchino al barone e poi va a baciare la madre Concetta. ALFRIDA Buonanotte mamma! Buonanotte papà. CONCETTA Barone, ve la ricordate la mia piccola Alfrida? BARONE FALCONE Oh, ma certo! Che stupenda signorina che si é fatta! Complimenti! ALFRIDA Grazie, troppo gentile signor barone. E buonanotte mamma! Buonanotte papà! Alfrida corre fuori dalla stanza, voltandosi per una riverenza veloce diretta al barone e poi scompare in corridoio andando a sbattere contro il maggiordomo che sta entrando nel salotto CONCETTA Benedetta creatura mia…Lei sa signor barone che dopo la morte di mio figlio siamo rimasti soli con Alfrida e Maria, la maggiore, che però si è sposata il mese scorso ed è andata a vivere a Napoli. Così la casa sembra ancora più vuota. . . Alfrida ci saluta due volte tutte le sere: una volta per lei e una volta per Maria. Concetta si asciuga una lacrima mentre il maggiordomo annuncia con aria schifata MAGGIORDOMO DI GRIFEO C’è qui, don…Archimede, signori. CONCETTA Vado a riposare anch’io. Così potete parlare fra uomini. Barone, mi voglia scusare. il barone si alza e bacia la mano a Concetta che esce da un’altra porta. Quando è uscita, il giudice dice al maggiordomo GIOVANNI GRIFEO Bene, Giacomo, fallo passare.
Giacomo si fa da parte e Archimede, con la paglietta in mano, entra nel salotto ARCHIMEDE Il signor giudice mi ha fatto chiamare? Oh, signor barone, i miei ossequi. BARONE FALCONE Una chiacchierata fra amici. GIOVANNI GRIFEO Prego, si sieda. Gradisce un marsalino? ARCHIMEDE Certo. A che devo tanto onore? BARONE FALCONE Senti, Archimede, noi ci conosciamo da una vita e sai che ti considero uno dei più acuti conoscitori della nostra città. ARCHIMEDE Troppo buono. Non ho niente da fare e mi guardo in giro. Tutto qui. BARONE FALCONE Entro subito in argomento: Benimati. ARCHIMEDE Che volete da lui? Gli resta poco da vivere. GIOVANNI GRIFEO Lei come lo sa? Ha sentito qualcosa? Conosce…? il barone lo ferma con un gesto e un sorriso e torna a dire al barbone BARONE FALCONE Vogliamo salvargli la pelle. E’ una testa dura ma abbiamo bisogno di uomini come lui. ARCHIMEDE (imitando Benimati) "Io non demordo". . . (scuote la testa) Credo che sia tardi ormai, ha pisciato troppe volte fuori dal vaso e, se posso permettermi barone, qui il vaso lo reggete un po’ tutti... GIOVANNI GRIFEO Ma che vuol dire? Come si permette? BARONE FALCONE ( al giudice) Scusa, caro, s’è detto che è una chiacchierata fra amici e dobbiamo parlar chiaro. Archimede ha ragione e tu lo sai. Fa comodo a molti che le cose restino come sono e noi, beh, non è che siamo proprio rivoluzionari, no? ARCHIMEDE Arrestate Benimati. Mettetelo al sicuro. Ha visto i suoi mancati assassini in faccia e non gli lasceranno molto tempo per vedere altro. GIOVANNI GRIFEO Che idea! Come si può arrestare uno che non ha fatto niente? BARONE FALCONE Parlane al questore: è per salvargli la vita e per farlo arrivare vivo al processo. Se lui riconosce uno degli uomini di chi sappiamo noi, sarà un gran passo. Archimede si alza e si inchina al giudice. Il barone Falcone gli tende la mano. Il cantastorie la stringe contento. ARCHIMEDE Devo andare. Chi sapete voi saprà già di questa mia strana visita. Meglio che sia breve.
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