"Mobbing: un fenomeno anche italiano" e "Mobbing, la palazzina LAF di Taranto: un caso italiano"
sono i due Convegni organizzati dal Centro Studi Eurhope
per parlare di un aspetto emergente e preoccupante della realtà lavorativa italiana:
la violenza psicologica subita nel posto di lavoro,
il "Mobbing" appunto.

Il fenomeno riguarda direttamente un milione e mezzo di lavoratori,
"più di tutti i metalmeccanici" come ha fatto notare
Giorgio Benvenuto nelle conclusioni al Convegno di Roma.

ULTIMA NOTIZIA
Palazzina Laf, condannato presidente dell'Ilva


Da un articolo di La repubblica

Undici imputati condannati (tra cui il presidente dell'Ilva, Emilio Riva) per tentativo di violenza privata; non c'è stata invece frode processuale: questa la sentenza, dopo otto ore di camera di consiglio, emessa stasera dal giudice unico del tribunale di Taranto Genantonio Chiarelli. Oggetto del processo il trasferimento forzato nel '97, un chiaro caso di mobbing, di dodici dipendenti del centro siderurgico (piu' tardi diverranno settanta) in in una palazzina inutilizzata e priva di impianti di lavorazione. Un caso, questo della palazzina Laf, è diventato uno dei più citati fra gli studiosi di mobbing. Emilio Riva, presidente del consiglio d'amministrazione dell'Ilva, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento di Taranto, e un caporeparto, Antonio Bon, sono stati condannati a due anni e tre mesi di reclusione. Un altro caporeparto, Angelo Greco, è stato condannato a due anni. Claudio Riva, figlio di Emilio e amministratore delegato dell'Ilva, è stato assolto sia dall'accusa di tentativo di violenza privata sia da quella di frode processuale; da quest'ultima accusa sono stati assolti anche Emilio Riva, Capogrosso e Greco. Altri sette imputati, tutti capireparto, sono stati condannati a pene minori, a partire da nove mesi di reclusione. La vicenda della palazzina Laf ha origine alla fine del '97 quando l'Ilva decide di 'confinare' in quella struttura fatiscente dello stabilimento alcune decine di dipendenti (alla fine saranno una settantina). Si tratta in gran parte di lavoratori fra i più sindacalizzati e che soprattutto non avevano voluto accettare la proposta aziendale di lavorare con mansioni e qualifiche inferiori a quelle precedenti. Sul piano giudiziario invece l'inchiesta prende avvio il 19 febbraio del '98 quando all'allora procura della Repubblica presso la pretura circondariale di Taranto giunge una nota del locale ispettorato del lavoro. In quella nota, originata da una richiesta pervenuta dal ministero del lavoro che doveva predisporre una risposta ad una interrogazione parlamentare, si parlava di una situazione di estrema conflittualità all'interno dell' Ilva; si faceva riferimento, in particolare, al caso della palazzina Laf da cui poi è scaturita l'ipotesi di reato di tentativo di violenza privata ai danni dei lavoratori. L'accusa di frode processuale era nata invece da una ispezione fatta dai magistrati inquirenti, il procuratore aggiunto Franco Sebastio e il sostituto procuratore Alessio Coccioli, il 7 novembre del '98. A parere dei magistrati, nel periodo compreso fra la notifica del decreto di ispezione e la sua esecuzione vennero svolti lavori di aggiustamento" della palazzina Laf per renderla più 'vivibile' agli occhi dei visitatori. Nel corso della lunga vicenda giudiziaria, la stessa struttura è stata anche sottoposta a due sequestri, uno probatorio disposto dai pubblici ministeri e l' altro, preventivo, da parte del gip del tribunale di Taranto. Dal '97, per oltre due anni, i lavoratori 'confinatì non hanno svolto alcuna attività lavorativa e per un certo periodo sono stati tenuti a casa col pagamento dello stipendio. Poi sono finiti in cassa integrazione, scaduta proprio il 30 novembre scorso: in questi giorni una minima parte di loro è rientrata nel ciclo produttivo insieme ad altre unità che erano in Cigs. Secondo quanto denunciato anche nel corso del processo, una parte dei 70 lavoratori, a causa di queste vessazioni, ha subito danni psicologici e persino fisici



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