MOVIMENTO PER LA SOCIETÀ DI GIUSTIZIA E PER LA SPERANZA

Lecce

 

DOCUMENTI E INTERVENTI 2007, da giugno/ da gennaio

Indice

Il rifiuto opposto al Dalai Lama è ingiusto, 17/12/07   

La Centrale di Cerano dev’essere convertita dal carbone al metano, 16/12/07   

Un invito alla coesione nel Centrosinistra, 13/12/07

Urge l’unità della Sinistra e la permanenza nel Governo, 10/12/07

La Sinistra deve restare nel Governo, 3/12/07

La trattativa con Berlusconi è inutile e dannosa, 26/11/07

Urge una politica di amicizia con l’Iran, 22/11/07          

Urge la ripresa dell’energia atomica, 19/11/07

La mera distruzione degl’insediamenti abusivi non è accettabile, 5/11/07    

Salari bassi e dividendi alti, contraddizione insostenibile, 28/10/07

L’accesso alle Facoltà dev’essere una cosa seria, non un quiz, 21/10/07

Le Camere devono essere drasticamente riformate, 15/10/07           

Alitalia può ancora essere salvata, 8/10/07          

Il rimpasto e la riduzione dei membri del Governo è necessaria, 2/10/07   

È giusto che anche la Chiesa paghi le imposte, 22/09/07

La prostituzione dev’essere tolta dalle strade, 10/09/07    

Lavavetri e rom: non emarginazione ma integrazione, 3/09/07

Alitalia non dev’essere venduta, 23/08/07    

Il coinvolgimento di Hamas, 16/08/07

Linea politica e linea etica, 9/08/07          

Le ingiuste accuse agli ebrei e alla massoneria, 9/08/07

 

                                                                                                                                                       RISPOSTE E CONTRORISPOSTE

 

 

             (Al Papa Benedetto XVI e al Segretario di Stato Card. Tarcisio Bertone, al Pres.  Giorgio Napolitano, al Premier Romano Prodi e al Ministro Massimo D’Alema

Il rifiuto opposto al Dalai Lama è ingiusto

 

A Roma nessuno dei responsabili della nazione ha voluto ricevere il Dalai Lama; nessuno della nazione spirituale cattolica, come della nazione temporale italiana. Non il Papa, non il Presidente Napolitano, non il Premier col suo Ministro degli Esteri. A differenza di quanto era avvenuto altrove. E si trattava del responsabile spirituale e temporale di un’altra nazione, quella tibetana, che la rappresenta; e la rappresenta tanto più quanto più la nazione è stata depredata, e il suo capo e padre è stato spodestato.

Perciò gli era dovuto riconoscimento, doveva esser ricevuto dai suoi pari, e da essi ricevere anche  solidarietà, e aiuto concreto.

 

Il rifiuto è ingiusto. Perché non si è riconosciuto in lui la nazione tibetana, la sua dignità e il suo diritto, conculcato e oppresso. E lo si è fatto per mantenere buoni rapporti con l’oppressore, la Cina: perché l’oppressore è potente, perché è dispotico e arrogante, perché è minaccioso con quanti non riconoscono la sua sopraffazione quasi fosse un buon diritto. Ma questo buon diritto appartiene solo al popolo tibetano; solo il popolo tibetano può decidere chi deve detenere il potere su di lui. È in gioco qui uno dei diritti fondamentali dell’umanità, uno dei più grandi, l’autodecisione e autonomia dei popoli.

 

Questa era la risposta da dare ai dispotici governanti cinesi, sia pur con tutta la diplomazia che si vuole; ma una risposta ferma. O altrimenti si avalla l’ingiustizia.

Alla giustizia, invece, il Papa ha preferito i buoni rapporti ecclesiastici, in vista di future espansioni della chiesa cattolica cinese; dimenticando che dall’ingiustizia non possono nascere buoni rapporti, che non si può ottenere il bene attraverso il male.

Alla giustizia i nostri governanti hanno preferito i buoni rapporti economici, il piatto di lenticchie dei profitti; rovesciando così la scala dei valori e il loro stesso prestigio morale. Perché non si può aver fiducia in chi commette ingiustizia, in chi s’incurva davanti al potente oppressore.

Lecce, il 17 dicembre 2007

 

 

                                  (Al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, ai Presidenti delle tre Province del Salento Michele Errico, Giovanni Florido, Giovanni Pellegrino

La Centrale di Cerano dev’essere convertita dal carbone al metano

 

Si tratta di un intervento cui l’autorità non può ulteriormente sottrarsi e che dev’essere compiuto celermente.

1. Perché gli inconvenienti di una centrale a carbone furono messi in risalto fin dall’inizio, quando ne fu decisa la costruzione, il carbone essendo uno dei peggiori inquinanti (in particolare, oltre allo zolfo e all’anidride carbonica,  le nanopolveri, che provocano gravi problemi al sistema respiratorio e cardiaco, e fino a 13 tipi di tumori; provocano ictus e degenerazione del sistema nervoso), e mancando tecnologie adeguate di depurazione (il cosiddetto carbone pulito).

 Il passaggio al metano fu sancito da un referendum popolare. È davvero vergognoso che l’autorità abbia disatteso la volontà popolare espressamente manifestata.

2. Perché le temute conseguenze dell’inquinamento da carbone si sono ampiamente prodotte nelle tre province del Salento, con l’aumento delle forme neoplastiche, in particolare alle vie respiratorie; anche per il fatto che i venti spirano prevalentemente da nordest, sì che l’intero Salento  ne è inquinato.

L’autorità deve procedere sollecitamente alla stipula di un protocollo di conversione sotto la minaccia del blocco della Centrale. Data la sua grandezza e l’importanza della sua produzione energetica, la conversione potrebbe avvenire gradualmente e cioè per unità; la Centrale constando di quattro unità; se la tecnologia lo consente.

Il Movimento confida in un intervento sollecito, la volontà popolare e il suo benessere lo esige.

Da Lecce, il 16 dicembre 2007

                                                                             

 

                                                                                     (A Lamberto Dini, a Willer Bordon e al Gruppo dei Liberaldemocratici

Un invito alla coesione nel Centrosinistra

 

Ha molto meravigliato la cittadinanza che questo piccolo gruppo si sia opposto ad una modifica del testo della legge finanziaria che era stata votata da una Commissione parlamentare, e che voleva migliorare la legge stessa, voleva migliorare la condizione dei lavoratori, in particolare la precarietà del lavoro che rende difficile la vita di tanti cittadini.

Quando già il Governatore della Banca d’Italia aveva denunziato le carenze di questa condizione, il fatto dolorosissimo che i salari italiani siano per il 30 per cento inferiori a quelli dei maggiori paesi europei. Fatto cui certo la precarietà contribuisce, e che spiega le difficoltà economiche in cui molte famiglie si trovano.

Ha meravigliato che si sia parlato di un “ricatto della Sinistra”, sotto cui starebbe il Governo, quando la Sinistra ha solo cercato di migliorare la condizione dei lavoratori e degli strati popolari più bisognosi; il che è normale compito di ogni governo che sia sollecito del bene della nazione.

Ha meravigliato molto che si sia espressa l’intenzione di far cadere questo Governo di Centrosinistra, che certo soffre particolarmente della risicata maggioranza al Senato; che avrà anche commesso degli errori, e però sta affrontando la disastrosa situazione ereditata dal Centrodestra e dal Berlusconismo: l’enorme debito pubblico, la diffusa evasione fiscale, la precarietà del lavoro da risanare, l’insufficienza dei salari di cui si è detto, le disfunzioni dell’amministrazione e dei servizi pubblici, gli  sprechi della politica.

Un compito difficile e che abbisogna di una grande coesione di tutte le forze della coalizione. Così come abbisogna di saggezza, pazienza, fermezza. Lamberto Dini è stato premier in una fase pure difficile, quella che seguiva a Tangentopoli, dove ha portato innanzi una importante riforma delle pensioni; sa per esperienza quanta pazienza e saggezza richiedano queste fasi.

 

Il Movimento insiste affinché il gruppo dei Liberaldemocratici collabori in modo costruttivo al difficile compito della coalizione.

Lecce, il 13 dicembre 2007

 

                                                                                

                                                                                 (Al Presidente Fausto Bertinotti, ai Segretari Franco Giordano, Oliviero Di liberto, Fabio Mussi, ai partiti della Sinistra

Urge l’unità della Sinistra e la permanenza nel Governo

 

Il Movimento è fondamentalmente d’accordo coi principi che il Presidente Bertinotti ha espresso nell’intervista pubblicata da “Repubblica” il 4 dicembre.

V’è un progetto politico che la Sinistra non deve assolutamente abbandonare né sminuire, ed è il progetto socialista; lo deve anzi potenziare e migliorare, essendo un progetto vivo, che cammina con la storia. Non deve cadere nell’errore che hanno commesso i DS e in genere la Socialdemocrazia, l’accettazione del capitalismo cioè di un sistema ingiusto, l’abbandono della centralità del lavoro.

V’è però la necessità di portare il progetto ad attuazione, anche gradualmente, anche a piccoli passi, perché la fase storica in cui viviamo non consente un impatto maggiore. E questo lo si può fare soltanto acquistando coesione e forza, eliminando la frammentazione attuale di partiti e partitini, magari con un misero 2 per cento. L’unità della Sinistra è il primo urgente obiettivo; unità non federazione: che i leader come la base sappiano rinunziare al proprio “particolare”, per costituire un corpo coeso e forte, che acquisti una reale consistenza popolare, un reale ascendente sull’elettorato.

L’altro punto indispensabile è la permanenza nel Governo. Che la Sinistra non commetta ancora l’errore di ritirarsi sull’Aventino; con un bel programma, ma con una totale impotenza operativa. Non commetta l’errore del massimalismo, del “tutto o niente”; l’errore dell’insignificanza per la nazione. Ha bisogno di resistere, con tenacia, con pazienza; consapevole anche della difficoltà tutta attuale della maggioranza risicata nel Senato; come della presenza di personaggi di scarsa intelligenza e scarsa apertura mentale, coi quali bisogna trattare, mirando a superarne i pregiudizi.

 

Sarebbe infine una sciagura imperdonabile se la Sinistra provocasse la caduta di questa maggioranza e abbandonasse il paese nelle mani di personaggi che già hanno dato prova della loro disonestà e della loro totale inettitudine politica, strumentalizzando il Parlamento ai loro obiettivi personali, e abbandonandolo alla decadenza economica, culturale, morale. Non si può riconoscere a tali personaggi il carattere di “protagonisti della politica italiana” o di “animali politici”; semmai quello di truffatori della politica, di profittatori di un popolo ignorante ed ignaro.

Lecce, il 10 dicembre 2007

                                            

 

                                           

                                             (Ai Segretari di Rifondazione Comunista Franco Giordano, dei Comunisti Italiani Oliviero Diliberto,  di Sinistra Democratica Fabio Mussi,

                                             degli altri partiti della Sinistra, e p.c. al Presidente Fausto Bertinotti

La Sinistra deve restare nel Governo

 

Il Movimento, come molti cittadini di Sinistra, o alla Sinistra vicini, sono d’accordo sul fatto che la recente vicenda della legge finanziaria, in particolare la non ricezione del testo della Commissione e delle migliorie ch’esso apportava al grave problema del welfare, hanno messo in difficoltà la Sinistra parlamentare e la sua collaborazione; ma lasciare il Governo sarebbe un grave errore, anche se continuasse l’appoggio esterno.

La compagine di Centrosinistra ha bisogno di coesione per continuare il lavoro di ricostruzione iniziato, dopo la catastrofica gestione berlusconiana; il cui pericolo ancora incombe.

La situazione è troppo grave: l’enorme debito pubblico, la precarietà del lavoro da redimere, i salari del 30% inferiori alla media europea, le disfunzioni dell’amministrazione e dei servizi pubblici, i costi e gli sprechi della politica che la nazione  più non tollera. Sono solo alcuni dei punti in cui la Sinistra può premere e dare un apporto decisivo; in cui può aiutare per il recupero di quel consenso popolare che ancora manca.

 

Non bisogna dimenticare l’espressione famosa ma sempre vera dell’ “estremismo malattia infantile”, o il proverbio popolare del “chi troppo vuole nulla stringe”. Solo la rivoluzione può con la sua forza eversiva trasformare radicalmente una società; ma per la rivoluzione le condizioni mancano. Bisogna perciò accettare la gradualità, la saggezza che procede gradualmente, sapendo che ciò che non si ottiene oggi si otterrà domani.

La legislatura si estende per cinque anni. Se veramente si vuole il bene della nazione, bisogna accettare le difficoltà della situazione parlamentare, la maggioranza risicata del Senato, non causare ulteriori traumi, resistere con tenacia, e con tenacia avanzare, sia pure a piccoli passi. Qui la saggezza è indispensabile, proprio per la Sinistra, per l’attuazione dei suoi obiettivi come per il  bene della nazione cui quegli obiettivi mirano.

 

I cittadini si aspettano una Sinistra costruttiva, saggia, non estremista ma prudente e scaltra nella strategia; e però sempre fedele ai grandi obiettivi della giustizia e della solidarietà, al grande progetto del socialismo.

Lecce, il 3 dicembre 2007

                                                                                          

 

 

                                                                                  (Al Presidente del PD Romano Prodi, al Segretario Walter Veltroni, al Vicesegretario Dario Franceschini

La trattativa con Berlusconi è inutile e dannosa

 

Già la condizione da lui posta, e cioè che all’accordo sulla legge elettorale debbano subito seguire nuove elezioni, debba cioè cadere l’attuale maggioranza e il governo Prodi per l’eventuale ascesa di lui, costituisce un diktat, cioè l’opposto di una trattativa.

C’è poi il precedente della commissione “bicamerale”, ch’egli abbandonò quando vide che non poteva trarne un utile personale in termini di una giustizia ingiusta, cioè vantaggiosa ai suoi processi.

C’è il personaggio Berlusconi con tutta la sua vergognosa storia:

che raggiunge la suprema magistratura di capo del governo con una dozzina di processi sulle spalle; un fatto abnorme, che un retto ordinamento politico dovrebbe impedire;

che abusa del Parlamento – con la connivenza degli alleati – per  varare una dozzina di leggi inique in favore dei suoi processi e delle sue imprese;

che s’impadronisce del servizio pubblico radiotelevisivo, asservendolo al suo successo politico e imprenditoriale;

che abbandona il paese alla decadenza economica e culturale: ascesa del debito pubblico, discesa dei salari, condoni che assecondano l’evasione fiscale e l’abuso edilizio, controriforma della scuola e dell’università, dilagare di mediocri università private ecc. ecc.;

che instaura un costume plateale e disonesto di attacco alla  magistratura, come alla sua controparte politica.

 

Con un personaggio del genere, che costituisce un incidente storico per la democrazia italiana, e che ancora la minaccia, non ha senso trattare; per quanto sia potente, e proprio per la sua potenza anomala, dev’essere il più possibile emarginato e ignorato. Sbaglia la stampa a dedicargli pagine e pagine, e grandi foto; e allo stesso modo la televisione.

Pur essendo necessario rispondere con forza ai suoi attacchi.

Lecce, il 26 novembre 2007

    

 

                                                                           (Al Ministro degli Esteri Massimo D’Alema, al Presidente Romano Prodi, ai membri del Governo

Urge una politica di amicizia con l’Iran

 

Il Movimento si rivolge al Ministro D’Alema, che ha portato innanzi con successo una vigorosa politica estera, in particolare con l’intervento in Libano, e con la recente decisione di moratoria per la pena di morte all’ONU; certo col sostegno del Presidente Prodi.

Qui siamo di fronte alla mostruosa minaccia d’intervento armato in Iran da parte di quella dissennata  e odiosa figura che è il Presidente Bush; ma con l’espresso sostegno dell’inglese Gordon e del francese Sarkozy; i quali ambedue hanno parlato di guerra, o almeno di distruzione degli stabilimenti atomici iraniani.

 

Questa gente sta per compiere un passo dannosissimo per l’umanità.

1. Anzitutto contravviene al Patto dell’ONU, che un conflitto non deve mai essere risolto con la guerra ma sempre col negoziato; patto che essi hanno firmato. Contravvengono al principio “non fare la guerra”, che è l’espressione più forte del categorico principio “non uccidere”. Non si rendono conto di quale cosa mostruosa sia la guerra, il macello umano, cui sottopongono i loro cittadini e i cittadini dello stato aggredito.

2. In secondo luogo seminano odio nell’umanità perché un attacco all’Iran non potrà che aumentare il risentimento dell’Islam contro l’Occidente.

3. In terzo luogo pretendono che l’Iran non abbia quello che essi hanno, cioè l’energia atomica anzitutto, e in secondo luogo la bomba atomica. Si deve invece promuovere un’azione affinché nessuno abbia armi atomiche, e tutti quelli che le hanno le distruggano, a cominciare da loro.

 

Il Movimento pensa che una forte azione diplomatica dev’essere dispiegata per acquisire l’Unione Europea all’azione pacifica, con forti pressioni su questi governanti irresponsabili d’Inghilterra e Francia; col sostegno probabile della Germania e di altri stati. Che quei governanti capiscano che proprio l’Iran è una nazione con cui si deve stabilire un rapporto amichevole; in ogni caso. Il che vale anche per tutte le nazioni dell’Islam.

Lecce, il 22 novembre 2007

                         

 

                          

                           (Al Presidente Romano Prodi, ai Ministri Massimo D’Alema,  PierLuigi Bersani, Antonio Di Pietro, Alfonso Pecoraro Scanio                                                       

Urge la ripresa dell’energia atomica

 

Non è chi non veda oggi che la rinunzia alla produzione di energia atomica da parte dell’Italia sia stato un grave errore. Anche alcuni Ministri lo hanno riconosciuto. La rinunzia fu motivata con ragioni di pericolo, di difficile smaltimento di scorie, di sviluppo di energie pulite.

Queste ragioni si sono rivelate false e dannose:

1. Perché l’Italia si trova così in uno stato di grave carenza energetica ed è costretta ad importarla da paesi vicini che hanno sviluppato in modo grandioso la produzione, come la Francia. E ciò significa che quei pericoli sono riversati su quei paesi, di cui si profitta, con ipocrisia anche; mentre d’altronde continuano ad incombere, perché le centrali si trovano non lontano dalle nostre frontiere, e Chernobyl insegna in proposito. Ma incombono solo teoricamente perché in realtà nessun  pericolo si è mai profilato.

2. Perché ciò provoca uno stato di dipendenza da quei paesi e dai produttori di petrolio e gas.

3. Dipendenza il cui prezzo si è fatto gravosissimo con l’ascesa abnorme del prezzo del petrolio.

E pesa fortemente sulla bilancia commerciale; in uno stato come il nostro che ha un debito pubblico enorme e una difficile situazione economica.

4. Perché questa rinunzia ha provocato un’arretratezza nelle tecnologie concernenti lo sviluppo e il trattamento dell’energia atomica.

L’ipocrisia raggiunge poi il cinismo, quando l’ENEL, cioè l’ente statale dell’energia, va a creare centrali atomiche in altri stati, come in Slovacchia.

 

Con questi passi falsi l’Italia a poco a poco si troverà fuori dalle maggiori nazioni, quindi dal G 8, dove è già fortemente arretrata:

l’assenza di un’industria atomica e nucleare;

la rinunzia a partecipare a grandi imprese di produzione aerea come quella dell’Airbus;

la cessione della compagnia aerea nazionale;

l’arretratezza delle ferrovie.

Il Movimento invita il Governo a riflettere su questa incresciosa situazione  e a prendere misure adeguate. Invita gli ambientalisti a non insistere sulle loro pretestuose posizioni: essi sanno bene che non siamo in grado di produrre con le energie dolci le quantità massicce di cui urgentemente abbisogniamo.

Lecce, il 19 novembre 2007

 

 

                                                                          (Ai Sindaci di Roma, Milano, Bologna, Bari, Onn. Walter Veltroni, Letizia Moratti, Sergio Cofferati, Michele Emiliano

                                                                                             ai Sindaci delle città italiane)

La mera distruzione degl’insediamenti abusivi non è accettabile

 

Su questo punto il Movimento è già intervenuto in occasione dell’episodio fiorentino dei lavavetri, e di altri analoghi. Ora tutti noi abbiamo visto nei giorni scorsi, attraverso i media, la distruzione degli insediamenti abusivi romani e molti si sono interrogati sulla sorte di quelle persone e di quelle famiglie. Ora che le loro abitazioni, per quanto misere, sono state abbattute, dove va questa gente? che cosa fa? di che vive? Oppure l’intervento ha avuto un esito solo apparente perché, cacciati da una parte, si sono semplicemente trasferiti ad un’altra e tutto è continuato e continua come prima?

 

Il Movimento pensa che questa politica d’improvvisazione nell’emergenza – in questo caso la mortale aggressione ad una donna da parte di un rumeno – non serva a nulla.

Propone perciò una serie di misure che possano avere una vera efficacia:

1. I Comuni, specie i maggiori, devono attrezzarsi con organi e forme d’intervento permanenti.

La situazione degl’insediamenti dev’essere tenuta costantemente sotto controllo.

2. Gl’insediamenti devono essere anzitutto recensiti. Devono perciò essere visitati da personale esperto, sentite e recensite le singole unità familiari con le caratteristiche di ciascuna, in particolare le risorse di lavoro; sentito in riunioni l’intero insediamento.

3. Un quadro di soluzioni dev’essere studiato per ogn’insediamento:

per l’alloggio, che dev’essere decoroso anche se semplice; in ogni città ci sono molti edifici vuoti;

per il lavoro, il punto decisivo;

per la formazione del cittadino, attraverso riunioni formative.

4. Ci può anch’ essere una presoluzione: la gente resta nell’insediamento, il quale però viene risanato (abbiamo visto mucchi di sporcizia ovunque), viene abitativamente migliorato, viene possibilmente dotato di energia ed acqua. In attesa della soluzione definitiva.

 

L’impressione che tutti noi abbiamo avuto è che i Comuni intervengano solo in momenti di emergenza, e prevalentemente con azioni negative di sgombro e distruzione; non con azioni positive di soluzione dei problemi estremi di questa gente.

Il Movimento chiede per loro, come per il bene di tutti noi, una politica di solidarietà, di aiuto fraterno, perché essi sono nostri fratelli.

Lecce, il 5 novembre 2007

 

 

                                                                             ( Al Governatore Mario Draghi, al Pres. Luca di Montezemolo, al Pres. Romano Prodi,

                                                                                                           ai Segr. di CGIl, CISL, UIL, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti

Salari bassi e dividendi alti, contraddizione insostenibile

 

Il Movimento ha molto apprezzato l’intervento del Governatore Draghi, la sua denunzia di una situazione salariale abnorme, dove i salari sono di circa il 30% inferiori a quelli dei maggiori paesi europei di cui l’Italia è parte; situazione che spiega le difficoltà economiche delle famiglie italiane, continuamente denunziate dai media in questi ultimi mesi, l’insufficienza dei salari a colmare il bisogno quotidiano, il pagamento dei mutui, l’estinzione dei prestiti. Una situazione di diffuso e forte disagio.

A questa notizia  fa riscontro l’altra, circolata in questi giorni, che i dividendi delle imprese italiane sarebbero tra i più alti d’Europa, e in dieci anni, dal 1997 al 2007, sarebbero aumentati di quasi cinque volte («Il Sole 24 ore» del 13/10/07).

 

Se questo è vero, si rende evidente l’ipocrisia delle imprese, che continuamente chiedono sovvenzioni e aiuti statali, cioè all’intera comunità di cui sono gran parte i lavoratori dai bassi salari; chiedono denaro ad uno stato che si trova in una estrema difficoltà debitoria; chiedono abbattimenti fiscali, prima il cuneo, poi l’Ires, poi l’Irap.

Si rende anche evidente l’inefficienza dell’azione sindacale. Che cosa ha fatto il sindacato in tutti questi anni? come ha potuto lasciar cadere i salari in tale misura? dopo aver rinunziato al punto di scala mobile e ad altre garanzie, non aver avversato con forza la legge Biagi. Insomma che cosa fa questo sindacato? che cosa fa per i lavoratori, i loro diritti, il loro benessere?

Si rende evidente la contraddittoria azione del Governo, che tanto si è impegnato per le imprese e ben poco per il lavoro. Si chiede al Governo che cosa intenda fare per portare i salari ad un decente livello europeo. Perché questo è un obiettivo e compito precipuo, da raggiungere al più presto, entro questa legislatura.

Il Movimento spera che Sindacati e Governo si rendano conto dell’iniquità di questa situazione; che vogliano perseguire il principio di una società giusta, vogliano il benessere della nazione.   

Lecce, il 28 ottobre 2007

                                                                                            

 

 

                                                                                        (Al Ministro dell’Università Fabio Mussi, al Presidente del CUN Andrea Lenzi, e p.c. al Premier Romano Prodi

L’accesso alle Facoltà dev’essere una cosa seria, non un quiz

 

La recente vicenda delle prove di ammissione ad alcune Facoltà universitarie attraverso quiz, con le scandalose irregolarità che l’hanno accompagnata, deve portare il Ministro a serie riflessioni e provvedimenti.

 

1. La prima riflessione riguarda i quiz, il cui uso per testare la preparazione culturale e il progetto formativo dello studente, è insignificante se non ridicolo; e ci squalifica di fronte ad altre nazioni.

Prendiamo il caso dell’Inghilterra, dove tutte le Facoltà sono a numero chiuso.

Perché si pensa che la preparazione culturale dello studente debba essere seriamente vagliata; lo studente non ammesso integrerà i suoi studi, e si presenterà una seconda volta, una terza.

E perché l’ammissione è fatta su base statistica, in rapporto al bisogno delle varie professioni; perciò ad ogni università è assegnato un numero preciso di posti; o anche nessuno, se non v’è il bisogno, e per quell’anno il corso è sospeso.  Non si vuole che le professioni vengano inflazionate, che i professionisti restino senza lavoro.

L’ammissione, poi, non avviene attraverso un quiz, ma è un processo che dura circa un mese, e  comporta per ogni candidato due colloqui di un’ora ciascuno, ogni volta con un professore e uno studente anziano, che mirano a mettere in chiaro la sua formazione culturale e il suo progetto professionale. Inoltre egli ha consegnato il suo curriculum il più possibile completo. Dopo di che una commissione, in base a tutti i dati raccolti, decide l’ammissione.

Il problema del diritto allo studio non si risolve con l’ammissione indiscriminata che, anziché elevare il livello culturale, perpetua l’ignoranza. Si deve mirare a che tutti entrino nell’università, ma con l’adeguata preparazione e formazione; o altrimenti si vanifica quel diritto.

 

2. La seconda riflessione riguarda le irregolarità di ogni genere che hanno accompagnato la prova. Un fatto scandaloso, e che attesta un livello morale bassissimo nell’università come nella nazione.

E che ha accanto a sé altri fatti analoghi: nepotismo e clientelismo anche sfacciato (non si deve tollerare che un membro di commissione abbia tra i candidati il figlio o altro congiunto), vendita di esami, commercio di tesi. È un grosso problema, di complessa soluzione, ma che dev’essere affrontato subito con serietà e rigore in tutto il sistema universitario. Il Ministro deve provvedere ad una normativa che assecondi quest’obiettivo.

Lecce, il 21 ottobre 2007

 

                                                                                 

                                                                                             

                                                             (Al Presidente del Senato Franco Marini, al Presidente della Camera Fausto Bertinotti, e p.c. al Premier Romano Prodi

Le Camere devono essere drasticamente riformate

 

I due Presidenti di Senato e Camera hanno affermato che il Parlamento deve procedere alla sua riforma in piena sovranità ed autonomia. Ciò è vero, in quanto esse detengono il potere legislativo, “della legge e del decreto”; ma è anche giusto che procedano in armonia col Governo e con le sue proposte, e soprattutto con le esigenze manifestate dalla nazione. Perché il potere sovrano è del popolo, il Parlamento ne ha soltanto la delega.

Al punto in cui siamo, col fortissimo risentimento popolare per le ingiustizie e i privilegi del Parlamento, con la continua perdita di consenso, le Camere non possono illudersi di procedere a piccoli aggiustamenti, no. Le misure devono essere drastiche, devono seguire con rigore quel principio di equità che non può più essere disatteso; e anche quel principio di austerità che viene chiesto a tutta la nazione, oppressa da un debito pubblico enorme e da un’altissima tassazione.

 

Ecco i punti salienti delle riforme richieste dalla gente e che sono apparsi nei media:

1. Il numero dei parlamentari è eccessivo e dev’essere dimezzato.

2. Che il parlamentare abbia uno stipendio normale, il quale può essere stabilito sulla base degli stipendi dei magistrati; senza altre indennità varie.

Che questo stipendio non sia cumulabile con altri stipendi.

Che invece del buono di presenza ci siano delle trattenute per le assenze ingiustificate.

3. Che, per il futuro, l’aumento dello stipendio che il Parlamento fa a se stesso corrisponda esattamente al tasso d’inflazione, e sia per questo soggetto alla verifica della magistratura o di un’autorità.

4. Che il parlamentare abbia un trattamento previdenziale (non un vitalizio) come ogni altro, i cui contributi si saldino – per gli anni passati in Parlamento – coi contributi già versati.

5. Che cessino tutti i privilegi e tutte le gratuità, a cominciare dai trasporti gratis di ogni tipo, dai ristoranti e bar gratis, dagli spettacoli, dai cellulari, dalle cliniche e palestre, da tutti questi indebiti favori.

6. Che si proceda ad una rigorosa riduzione delle spese generali.

7. Infine per la dignità del Parlamento, il quale è l’organo della legge, in cui devono sedere solo persone esemplari nel rispetto della legge, la gente chiede che non vi possano sedere persone inquisite, plurinquisite, condannate; come oggi avviene, con grave scandalo. Le persone inquisite vengono automaticamente sospese; le condannate automaticamente decadono.

Lecce, il 15 ottobre 2007

 

 

                                                 

                                                   (Al Vicepremier e Ministro della Cultura Francesco Rutelli, al Presidente della Camera Fausto Bertinotti, e p.c. Al Premier Romano Prodi

Alitalia può ancora essere salvata

 

Il Movimento si rivolge a due persone che si sono rivelate sensibili a questo problema:

il Ministro Rutelli ha dichiarato recentemente che Alitalia doveva perlomeno restare italiana;

il Presidente Bertinotti si è sempre opposto a queste vendite e svendite di grandi servizi nazionali.

Il momento é ora propizio, poiché Air France e Lufthansa hanno dichiarato il loro disinteresse a questo acquisto; evidentemente hanno capito che non era opportuno mettere le mani sul servizio aereo di una nazione loro pari.

E in ciò hanno dimostrato maggiore saggezza del Governo, il quale, invece di procedere al risanamento di un servizio così importante – come altri hanno fatto, la Svizzera ad esempio, la cui compagnia era addirittura fallita – ha preferito lavarsene le mani e vendere.

 

È giunto il tempo di fare un passo indietro e riprendere le redini della compagnia.

Il tempo di dimostrare coraggio e decisione

Se il governo non vuole perdere ulteriormente il consenso della gente, la quale non vuole questa vendita perché si tratta di un bene che appartiene alla nazione, appartiene a tutti noi; un bene che tutti hanno contribuito a creare e a sostenere. Un bene che non dev’essere gestito secondo il principio del profitto privato, ma secondo il principio del servizio pubblico, anche quando non è profittuale.

Se il Governo non vuole perdere ulteriormente la faccia di fronte alle altre  maggiori nazioni europee, rivelandosi incapace di gestire un servizio così importante; non vuole abbassare ulteriormente il potere contrattuale dell’Italia rispetto alle altre maggiori nazioni europee.

Il Governo faccia un passo indietro, Alitalia non dev’essere venduta.

Lecce, l’8 ottobre 2007

                                                                                              

 

 

                                                                                             (Al Presidente Romano Prodi, al Ministro Giulio Santagata, al Ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa,

                                                                                                 al Presidente della Camera Fausto Bertinotti, ai membri del Governo e del Parlamento

Il rimpasto e la riduzione dei membri del Governo è necessaria

 

La gente reclama una decisa riduzione dei membri del Governo, dai suoi 29 ministri e 76 viceministri e sottosegretari; reclama un governo normale, come quello degli altri maggiori paesi d’Europa, come i 16 ministri della Francia e i 15 della Spagna; non un governo gonfiato per accontentare tutte le consorterie e le clientele politiche.

Un fatto anche vergognoso, che ci svaluta di fronte all’Europa intera: come appunto il paese delle clientele e delle mafie.

È inutile che il Presidente Prodi dichiari che “il rimpasto non è necessario”. La gente lo reclama  come prima chiara espressione della volontà di diminuire gli scandalosi costi della politica italiana; che ormai tutti conoscono dai numerosi interventi dei media; e ultimamente dall’inchiesta di Confindustria.

Come chiara espressione della volontà di risanamento della disastrata finanza di questo paese; prima ancora del recupero dell’evasione. Perché il corretto comportamento dei politici e dei loro apparati – Governo, Parlamento, Regioni, Province, Comuni ecc. – la riduzione dei loro scandalosi costi  è fondamentale in una democrazia,  e la gente lo reclama come prima inderogabile misura.  

 

Se il Governo non lo farà, non potrà recuperare il consenso popolare, che è molto basso; ne perderà anzi ancora; e sarà la sua rovina. Non creda di risolvere la questione con misure intermedie come quelle della finanziaria; la gente chiede interventi forti, decisi.

La cosa più urgente è la riduzione degli sprechi, quindi:

la riduzione dei membri del Governo, la più immediatamente fattibile;

la riduzione dei membri di Camera e Senato;

la riduzione degli stipendi, l’abolizione delle indennità (oltre 15.000 € netti mensili in Parlamento);

l’abolizione dei doppi incarichi e doppi introiti;

l’abolizione del vitalizio e la normalizzazione delle pensioni;

la riduzione drastica delle auto blu (574.000 contro le 65.000 della media europea);

la riduzione delle spese generali di Parlamento e Governo;

le analoghe misure per Regioni, Province, Comuni, comunità montane, enti vari più o meno utili.

Alcune di queste misure sono immediatamente realizzabili, purché lo si voglia. Per le altre bisognerà subito impegnarsi.

Lecce, il 2 ottobre 2007

                                                                              

                                                                            

 

                                                             (Al Presidente della CEI Arciv. Angelo Bagnasco, ai Vescovi membri della Conferenza, ai fedeli della Chiesa italiana)

È giusto che anche la Chiesa paghi le imposte

 

Nella discussione che si è sviluppata in seguito a una nota della Commissione Europea su questo tema si è subito parlato di anticlericalismo, di spirito laico e massonico persecutorio; d’ingiusti gravami su opere rivolte ai poveri (mentre è noto che esistono opere ecclesiali per le classi abbienti; che i collegi dei Gesuiti furono fin dall’inizio concepiti per la formazione della classe dominante). La Commissione interviene per valutare l’equità del sistema fiscale, e la sua redditività in un paese in cui il debito pubblico è altissimo.

Un’impostazione scorretta del problema. Quando si sa che l’abolizione dell’ICI anche per gl’immobili adibiti ad attività commerciali fatta da un governo profondamente ingiusto come quello Berlusconi  (con tutte le sue leggi ad personam) aveva lo scopo di guadagnarsi il sostegno della Chiesa, specie in fase elettorale ; e la Chiesa italiana, per parte sua, avrebbe dovuto respingere questo privilegio. Mentre la precisazione introdotta in seguito dal Decreto Visco, che parla di attività “esclusivamente” commerciali, comporta ambiguità perché basta la presenza di una cappella, e quindi di un’attività eucaristica e penitenziale, per elidere l’“esclusività”. Il che accresce poi il conflitto coi comuni, già in atto da quando nel ’92 l’esenzione fu introdotta. Perché poi non si tratta di quisquilie: si parla di 100.000 fabbricati  per un’ICI di 2 miliardi e 200 milioni di euro.

 

La distinzione fondamentale è quella  tra luoghi e opere di culto e caritative, e opere a carattere commerciale nel senso che comportano un introito o anche un profitto; gestite dalla chiesa, da associazioni ecclesiali, da ordini religiosi.

Se ne può tentare una rassegna:

collegi, dove si paga una retta, anche alta; università; ospitalità di tipo alberghiero;

giornali, case editrici, librerie (si pensi alle edizioni e librerie Paoline);

scuole materne, colonie e soggiorni di villeggiatura, case di riposo, cliniche, ospedali.

 

Si obietta che lo scopo è sempre il medesimo: la fede, la formazione etica, l’aiuto alle famiglie e alle persone. Uno scopo di bene, non di guadagno e profitto. E però questo scopo (a prescindere dalla fede) è perseguito in genere da tutti gli enti che svolgono le attività previste dalla legge del ’92; uno scopo umanitario; in forme anche alte.

D’altronde l’imposta è un contributo di solidarietà sociale cui la Chiesa dovrebb’essere sensibile, pagandola perciò con coscienza e convinzione.

Lecce, il 22 settembre 2007

                                                                          

                                            

 

                               (Ai Ministri Giuliano Amato e Cesare Damiano, al Sindaco Walter Veltroni, e p.c. al Presidente Romano Prodi, e al Ministro Giulio Santagata)

La prostituzione dev’essere tolta dalle strade

 

A proposito della discussione sviluppatasi in questi giorni il Movimento, che più volte è intervenuto su questo tema, sul quale la necessità di una nuova legge si è fatta urgente, viste le situazioni createsi in diverse città, presenta le seguenti precisazioni.

1. La prostituzione dev’essere tolta dalle strade, dove è causa di disordine sociale, esibizione di malcostume, scandalo. Ipotizzare “zone rosse” e simili non ha senso, perché in quelle zone si concentrerebbe quel disordine, e la sofferenza che comporta per la città. L’esercizio pubblico dev’essere proibito e penalmente perseguito sia nei prestatori che nei clienti.

2. La prostituzione è tradizionalmente tollerata dalla legge, pur essendo immorale (mercificazione del rapporto amoroso-sessuale) e socialmente nociva. Per la stessa ragione non può essere organizzata, in cooperative, eros-center ecc., che la promuovono e la rafforzano; né può essere tassata, il che vorrebbe dire implicitamente legittimarla. Anche se ciò avviene in altri stati, come la Germania, ma erroneamente.

3. La prostituzione può essere esercitata in privato, da persone singole non associate, in forma discreta, che non riporti il disordine sociale all’interno dei condomini.

4. Lo sfruttamento e la schiavizzazione – che dovrebbero così spontaneamente ridursi – devono in ogni caso essere  perseguiti duramente, come forme assolutamente intollerabili in una società ordinata secondo libertà e giustizia.

Il Movimento – e, si può dire, l’intera cittadinanza italiana – si attendono dal Governo e dal Parlamento un intervento saggio e sollecito in questa materia.

Lecce, il 10 settembre  2007

 

 

                                                                              (Ai Sindaci di Firenze, Bologna, Roma, Torino, Milano, Bari, a tutti i sindaci italiani)

Lavavetri e rom: non emarginazione ma integrazione

 

In queste ultime settimane hanno fatto grande scalpore le ordinanze di sindaci, a cominciare da quello di Firenze, che interdicevano ai lavavetri quei crocevia dov’essi cercavano di guadagnare qualche soldo per il loro sostentamento; con un lavoro certo anomalo, e fastidioso per gli automobilisti che attendono lo scatto del semaforo per ripartire.

Si è invocato, come già in passato, un principio di legalità e un principio d’ordine pubblico. Ma il Movimento pensa che si debba invocare anche un principio di solidarietà e di provvidenza; che il comune, togliendoli dal crocevia, debba offrire loro un altro lavoro, un lavoro vero.

L’intervento cioè dev’essere più articolato: con una commissione o un ufficio che censisce queste persone, le incontra, studia le possibilità d’impiego nel pubblico o nel privato, attraverso accordi con le imprese; con la collaborazione magari della Caritas e di altre associazioni di solidarietà.

Solo così si provvede realmente anche all’ordine pubblico, che persone in condizione precaria possono danneggiare in modo molteplice.

 

I rom costituiscono certo un problema maggiore. Perché non si tratta di un nomadismo a base economica, come i popoli pastori in cerca di pascoli. E perché, con l’obsolescenza dei lavori che un tempo li caratterizzavano – allevatori di cavalli, calderai, artigiani di tradizione, musicisti – e con lo sviluppo di una società opulenta e consumista, essi sono praticamente caduti nella microcriminalità e vivono di accattonaggio (costringendovi bambini e madri – o pseudomadri – con piccoli bimbi), di furto, di piccoli commerci illeciti. 

Il nomadismo qui non ha più senso, e diventa dannoso per loro (se si pensa che il 97% dei bambini non è scolarizzato) e per la società. 

Il Movimento ritiene che i comuni, anziché costruire accampamenti per i rom, che poi diventano luogo di crimine, li debbano portare alla sedenterizzazione. Un problema complesso, perché si tratta di cambiare mentalità e costume; ma non impossibile in quanto una parte di loro lo ha già fatto.

Anche qui è necessario un intervento articolato, con commissione o ufficio apposito; con uno studio attento delle situazioni e delle soluzioni; con l’aiuto delle associazioni.

Dovrebb’essere coinvolta l’ANCI, per affrontare il problema su base nazionale; perché solo su tale base può essere risolto. E dovrebb’essere coinvolta l’Unione Europea perché di un problema europeo si tratta: i rom sono infatti circa 8 milioni (2,5 in Romania); in Italia sono circa 100.000, cioè una città (ma in Francia sono il doppio, e in Spagna il quadruplo). Le nazioni balcaniche hanno avviato per i rom un “decennio d’integrazione 2005-2015”: bisognerebbe collegarcisi.

Lecce, il 3 settembre 2007             

 

                                                              

                                              (Al Presidente Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro Tommaso Padoa Schioppa, al Presidente Fausto Bertinotti)

Alitalia non dev’essere venduta

 

La vendita di Alitalia era provvidenzialmente fallita, ma il Governo insiste e crea condizioni più facili per vendere o svendere.

Ora questa vendita non è condivisa dalla gente, la quale  non vuole che la nazione perda un servizio così importante, e che è stato costruito col denaro di tutti. Certo vuole che funzioni, che non capitino disservizi estremi come quello recente dei bagagli, o i ritardi di ore su tratte internazionali.

Non vuole che l’Italia, unico tra i maggiori stati europei, si trovi senza un servizio aereo nazionale.

Anche la liquidazione altissima ottenuta da Cimoli dopo aver dissestato l’azienda (cinque milioni per due anni e mezzo di pessimo lavoro) ha suscitato grande scalpore e avversione.

A tutte queste cose il Governo dev’essere attento perché significano perdita di consenso popolare, e non senza motivo.

 

Il Governo deve conservare e risanare Altalia, come hanno fatto altri paesi, tra cui la Svizzera  con Swissair, che addirittura era fallita. Ha trovato più comodo vendere, ma le soluzioni di comodo difficilmente sono le migliori.

Del resto certe privatizzazioni precedenti di grandi servizi dovevano pur insegnare qualcosa.

Così le Autostrade acquisite da Benetton, che ha incassato i proventi senza fare i lavori, e poi ha cercato di vendere agli spagnoli. Così Telecom, acquisita col denaro delle banche, impoverita, e poi in procinto di passare ad altri.

 

Il Governo deve riflettere su due punti:

1. I grandi servizi nazionali appartengono alla nazione, alla gente, che li ha costruiti e mantenuti coi suoi sacrifici. Non devono essere privatizzati e diventare fonte di profitto a danno di tutti. Il principio del libero mercato dev’essere gestito con saggezza per il bene di tutti; sennò finiamo come negli USA, dove 50 milioni di persone sono prive di assistenza sanitaria.

2. La privatizzazione comporta anche il pericolo di un impoverimento tecnologico; specie se va ad imprese straniere, o ad imprese miste, o che preferiscono servizi stranieri. Un’Italia impoverita dei suoi grandi servizi essenziali conta sempre meno in Europa e nel mondo.

Lecce, 23 agosto 2007

                                                    

                                                                                   

 

                                                                                    (Al Presidente Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro degli Esteri Massimo D’Alema, ai membri del Parlamento

Il coinvolgimento di Hamas

 

Il Movimento considera molto appropriato l’intervento del Presidente che mira ad instaurare con Hamas un approccio diverso, di amicizia, dialogo, scambio, come con ogni altra nazione.

 

L’errore degli USA, in questi anni, e già prima, è proprio quello di una politica di emarginazione verso un gruppo di stati a loro in certa misura avversi; errore che si genera dalla loro pretesa egemonica; si genera da una strategia di risentimento e di rivalsa dopo lo scacco delle torri gemelle, strategia degli “stati canaglia” e delle “guerre preventive”; che li precipita nel crimine di guerre sanguinosissime e senza sbocco, aggrava l’avversione del mondo islamico per l’Occidente, aggrava i problemi del Medio Oriente.

L’Italia invece, proprio con l’avvento del governo dell’Unione, e con l’azione del Ministro D’Alema, ha subito avviato una politica di coinvolgimento verso quegli stati, che sono poi la Siria, l’Iran, la Palestina; dove Hamas non è un qualunque movimento estremista ma la maggioranza politica regolarmente eletta, e che gode del consenso popolare. Perciò l’azione coinvolgente deve continuare a prescindere dalle tre condizioni – pensiamo che la precisazione del Presidente mirasse solo a calmare gli obiettori –; è proprio quest’azione che realizzerà quelle condizioni.

Il Movimento è convinto che questa linea politica deve continuare ed essere intensificata; deve diventare la politica dell’Unione Europea; deve affermarsi come linea politica vincente, che può riportare quegli stati e l’intero Islam all’amicizia con l’Occidente, risolvere i problemi in atto, riportare la pace in quella zona desolata e devastata, travagliata da orribili sofferenze.

Né l’Europa né il mondo possono accettare l’egemonia USA, non soltanto quella miope e grossolana dell’amministrazione Bush, ma nessuna egemonia; perché tutti i popoli sono eguali nella dignità e nel diritto. Il popolo americano è un popolo amico; non però quando pretende dominare il mondo, non quando continua a sviluppare armamenti.

Lecce, il 16 agosto 2006

 

 

                                                         (Al Card. Tarcisio Bertone e per conoscenza a papa Benedetto XVI)

Linea politica e linea etica

 

Il Card. Bertone – così come riferisce la stampa – è entrato nel merito delle decisioni del Parlamento, e dei partiti che nel Parlamento operano, affermando che i partiti non devono imporre ai loro membri una linea politica, ma rispettare la loro libertà di coscienza.

Il Movimento vorrebbe avanzare in proposito le seguenti osservazioni:

1. La chiesa non deve interferire nelle decisioni del Parlamento e del Governo, altrimenti viola il fondamentale principio che chiesa e stato «sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti»: come dice il primo articolo del nuovo Concordato.

2. I partiti stabiliscono una linea politica in un programma di governo che passa attraverso una discussione e un’intesa; che perciò tutti condividono e devono poi rispettare; talora attraverso un voto di maggioranza, che è proprio del metodo democratico. Poiché la pretesa dell’unanimità è paralizzante e quindi rovinosa.

3. Questa linea politica si fonda su di una base etica, altrimenti può generare leggi ingiuste. Così tutte le leggi che il governo Berlusconi ha fatto approvare per le imprese e i processi del suo capo, contro il bene della nazione, erano ingiuste; ma la cittadinanza cattolica non ha eccepito.

4. Quella base etica può non essere condivisa dal Vaticano, che segue una sua linea talora immatura (tipico il Sillabo di Pio IX, e in genere la condanna della modernità) o in contrasto con la ricerca teologica (così la condanna dell’omosessualità); a parte il fatto che su molti problemi la linea etica è ancora incerta.

5. Lo stato, poi, non è tenuto alla condanna e repressione di tutto ciò che è immorale, ma talvolta lo tollera per motivi di concreta difficoltà o di ordine sociale: è il caso della prostituzione e dell’aborto.

6. La libertà di coscienza è un principio intangibile; la chiesa purtroppo a lungo non lo ha rispettato; la persecuzione degli eretici (e la sua atrocità) ne è un terribile esempio.

Lecce, il 9 agosto 2007

 

 

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