MOVIMENTO PER LA SOCIETÀ DI GIUSTIZIA E PER LA SPERANZA

Lecce

 

DOCUMENTI E INTERVENTI 2007, continua: giugno-gennaio

Indice

Il personaggio Bush e i suoi crimini, 14/06/07             

Basta coi costi e privilegi dei parlamentari, 11/06/07

La felice decisione di ridurre le filiali della Banca d’Italia, 2/06/07 

Non ha senso il cuneo fiscale per banche e assicurazioni, 29/05/07

Portare a compimento la riforma della RAI, 21/05/07

Il comportamento della gerarchia si aliena il consenso e la fede popolare, 14/05/07

Urge l’unità della Sinistra italiana, 7/05/07

Il Sindacato deve intervenire sulle privatizzazioni, 17/04/07  

La persecuzione degli omosessuali deve cessare, 10/04/07

Italia svenduta e colonizzata, 3/04/07  

La "Nota" dell’episcopato, un intervento ingiusto, 3/04/07

Una politica di sostegno economico alla famiglia, 19/03/07

Non la “piazza” ma la sovranità popolare, 13/03/07

Agire per il rispetto del Concordato, 6/03/07

Necessità di una modifica del Concordato, 26/02/07

Il Governo non può disprezzare la volontà popolare, 19/02/07

Contro l’acquisto di aerei da caccia e per un’azione di disarmo, 12/02/07

Cautela nelle liberalizzazioni e nelle privatizzazioni, 5/02/07

Il caso Welby e la crudeltà della gerarchia ecclesiastica, 27/01/07

Basta con le basi militari americane, 25/01/07

Il dialogo con l’opposizione è inopportuno e pericoloso, 7/01/07                       

 

 

 

 

     (Al Presidente Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro Massimo D’Alema, al Presidente Fausto Bertinotti, ai membri del Governo)

Il personaggio Bush e i suoi crimini

 

L’incontro del Presidente Prodi con Bush, la conferenza stampa, le dimostrazioni di amicizia hanno lasciato perplessi molti cittadini. Tenendo anche conto che, proprio in occasione della sua venuta, si svolgeva una grande manifestazione popolare che esprimeva il sentimento e la volontà della società civile, cui dev’essere sempre prestata grande attenzione.

La gente pensa che con quel personaggio ci doveva essere più chiarezza e più distacco.

Perché altro è l’amicizia italiana per il popolo americano, altro è l’incontro della nazione con una persona che ha commesso crimini contro l’umanità.

 

1. Ha scatenato due guerre sanguinossime contro due popoli che non aveva nessun motivo di aggredire; per l’Iraq ha inventato il pericolo atomico, che era falso, mentendo al suo popolo e al mondo. E in ogni caso il Trattato dell’ONU, che gli USA hanno firmato e voluto con forza, stabilisce che i conflitti tra popoli non devono mai esser risolti con la guerra ma solo con la trattativa. Ha scatenato dunque due volte il crimine più atroce, il macello umano; che ha provocato, e provoca ogni giorno, migliaia di vittime innocenti. Lo ha scatenato con pretesti vari, ma in verità per risentimento e rivalsa dopo l’attacco alle torri gemelle; e per folle volontà di egemonia.

2. Ha violato il diritto internazionale ed umano trattando in modo indegno i prigionieri di guerra; e continua a violarlo con centinaia di prigionieri. Perciò ha anche rifiutato di sottoscrivere l’istituzione del Tribunale internazionale.

3. Per il suo personale interesse di petroliere, e quello del clan dei petrolieri, si è rifiutato di firmare il protocollo di Kyoto, continuando ad inquinare il mondo; pronto anche a provocare le previste  catastrofi, pur di realizzare il profitto suo e del suo clan. Anche le sue promesse attuali sono generiche e non comportano nessun preciso impegno.

4. In questo caso, come nelle due guerre, ha prevaricato con arroganza e disprezzo gli organi internazionali, e gl’impegni che gli USA avevano preso con essi; di cui egli è responsabile.

 

Il popolo italiano, che rifiuta la guerra, si chiede se si poteva dimostrare amicizia e concordanza d’idee  con un personaggio simile. E questo era il senso della manifestazione romana, che doveva essere considerata com’espressione giusta e necessaria della più saggia volontà popolare, e non come l’eccesso di qualche scalmanato.

Il Governo deve fare attenzione a non disprezzare la volontà popolare – come ha fatto in più occasioni  – se non vuol continuare a perdere consenso.

Lecce, il 14 giugno 2007

 

                                                                 

                                               (Al Presidente della Camera Fausto Bertinotti, al Presidente del Senato Franco Marini, ai membri della Camera e del  Senato                   

                                                 e p.c. al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata

Basta coi costi e privilegi dei parlamentari

 

Le proposte fatte al riguardo dai questori della Camera, e che apprendiamo dalla stampa, non rispondono certo a quei principi di giustizia ed equità che la gente invoca, alla fine degl’ingiusti privilegi dei parlamentari; il cui trattamento dev’essere esemplare per il cittadino, e ispirato anche a un criterio di austerità, quell’austerità che viene chiesta a tutta la nazione.

 

1. La gente vuole che il parlamentare abbia uno stipendio normale, che può essere stabilito sulla base degli stipendi dei magistrati; senza altre indennità varie.

Che questo stipendio non sia cumulabile con altri stipendi.

Che invece del buono di presenza ci siano  delle trattenute per le assenze ingiustificate.

2. Che il parlamentare abbia un trattamento previdenziale come ogni altro, i cui contributi si saldino – per gli anni passati in Parlamento – coi contributi già in corso di versamento.

3. Che cessino tutti i privilegi e tutte le gratuità, a cominciare dai trasporti gratis di ogni tipo, dai ristoranti e bar gratis, dagli spettacoli, dai cellulari, dalle cliniche e palestre, da tutti questi indebiti favori.

4. Che per il futuro, l’aumento dello stipendio che il Parlamento fa a sé stesso corrisponda esattamente al tasso d’inflazione, e sia per questo soggetto alla verifica della magistratura o di un’autorità.

5. Che si proceda ad una rigorosa riduzione delle spese generali.

6. Infine, per la dignità del Parlamento, che è l’organo della legge, in cui devono sedere solo persone esemplari nel rispetto della legge, la gente chiede che non vi possano sedere persone inquisite, plurinquisite, condannate; come oggi avviene, con grave scandalo.

 

Il Movimento confida che il Parlamento comprenda questa volontà di giustizia del popolo, che detiene la sovranità, e che è profondamente sdegnato per questo malcostume, e profondamente sfiduciato; e a gran voce chiede un cambiamento.

Lecce, l’11 giugno 2007

 

 

                                                   (Al Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, e p. c. al Governo di Romano Prodi, al Ministro Tommaso Padoa Schioppa )

 La felice decisione di ridurre le filiali della Banca d’Italia

 

Il Movimento è rimasto piacevolmente sorpreso dalla decisione del Governatore, riferita dalla stampa, di sopprimere 58 filiali su 97. Una decisione razionale, se la si rapporta allo sviluppo delle tecnologie d’informazione; e che altre tra le maggiori nazioni d’Europa stanno prendendo o hanno già preso. Una decisione necessaria per ridurre inutili spese e sprechi, quegli sprechi di cui lo stato italiano particolarmente soffre, e che proprio in questa fase sono emersi e irritano la coscienza popolare, che con sacrificio paga quei contributi che vengono sprecati.

 

Perciò una decisione esemplare, che può influire su altre decisioni analoghe che in questa fase premono, e che bisognerà avere la forza di prendere. Importante anche in tal senso, come stimolo alla nazione.

Il Governatore sa bene che essa incontrerà la resistenza dei ceti e delle clientele locali, dei tipici campanilismi italiani; e probabilmente già la sta incontrando. Il Movimento spera che il Governatore resisterà a questi interessi deteriori e porterà a termine la sua riforma.

 

Il Movimento vorrebbe suggerire due cose:

1. Una maturazione etica delle banche nel servizio al cittadino e al suo bisogno, al commerciante, al   coltivatore diretto, al piccolo imprenditore; senza quelle grettezze che ora si lamentano; il prestito che sa affidarsi all’onestà della persona, alla sua intelligenza e operosità, e non solo alla base materiale.

2. Una campagna per un più diffuso uso popolare della banca; uso che in Italia è ancora scarso, rispetto ad altre grandi nazioni europee; alla Francia ad esempio. E cioè la domiciliazione presso le banche di stipendi e pensioni, del pagamento dei più diffusi servizi (elettricità, gas, telefono); l’impiego abituale di assegni e carte di credito. Ciò che evita lunghe attese alle poste, evita di portare su di sé somme di denaro.

Il Movimento confida che il Governatore vorrà continuare e potenziare la sua azione riformatrice.

Lecce, il 2 giugno 2007

 

 

 

   (Al Presidente Romano Prodi, e a Giulio Santagata, al Ministro Tommaso Padoa Schioppa, ai membri del Governo)

Non ha senso il cuneo fiscale per banche e assicurazioni

 

La notizia che il Governo si appresta ad applicare il cuneo fiscale anche a banche e assicurazioni ha suscitato stupore e indignazione. Perché questa misura è stata introdotta per le imprese in quanto erano in stato di sofferenza, e in parte lo sono ancora. Mentre non lo sono banche e assicurazioni – a meno che non conducano una insensata politica clientelare, com’è avvenuto per il Banco di Napoli –. Nei loro riguardi la pubblica opinione chiede anzi da tempo un intervento opposto, che allenti la loro esosità in fatto di costi e di premi.

 

Il “tesoretto” di cui tanto si parla, è troppo prezioso perché possa essere sciupato aiutando chi non ne ha bisogno; mentre il bisogno preme soprattutto da parte delle famiglie e dei circa otto milioni in condizioni di povertà.

Il suo uso saggio è essenziale per un Governo che deve recuperare il consenso popolare che ha perduto; per tante ragioni, ma anche per gli errori che ha commesso, e per una inadeguata politica di comunicazione.

 

Le rimostranze di Bruxelles in proposito non sembrano insuperabili, e il Governo lo sa bene. Si può sempre far capire a questi burocrati che altre e più urgenti necessità premono; che banche ed assicurazioni saranno accontentate nella misura in cui sarà possibile e opportuno.

Il Movimento confida nella saggezza del Governo.

Lecce, il 29 maggio 2007

                         

                           

 

                            (Al Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, al Governo di Romano Prodi, e a Giulio Santagata, al Presidente della Camera Fausto Bertinotti)

Portare a compimento la riforma della RAI

 

Il Movimento riconosce al progetto di Riforma RAI del Ministro un grande merito: rendere il servizio nazionale autonomo dal potere politico e partitico, che finora lo aveva inquinato e danneggiato in modo molteplice, attraverso la Fondazione e il suo Consiglio, che solo in parte è formato da politici.

Su questo punto il Movimento ha sempre insistito e pensa che, allo scopo, sarebbe opportuno diminuire a due i membri designati dalla Commissione di vigilanza;  portando a due quelli designati dal personale RAI e dai consumatori. Il Consiglio sarebbe allora più equilibrato.

 

Ritiene invece che sia carente l’altro punto, e cioè il superamento del modello commerciale, quello flagellato dalla pubblicità, e dagli altri vizi derivati alla RAI dal suo appiattirsi sulle radio-televisioni private: manipolazione dell’informazione, basso livello culturale, interruzione pubblicitaria dei programmi, esibizione, volgarità.

 

A tale scopo suggerisce i seguenti principi:

1. Là dove c’è il canone non ci dev’essere pubblicità; se la gente paga, ha il diritto di non essere disturbata nella visione dei programmi.

2. La presenza del canone deve portare ad innalzare il livello qualitativo dei programmi; la gente che paga dev’essere compensata, deve trovare una televisione di più alto tenore.

3. Il Movimento insiste sullo sviluppo dell’informazione, un’informazione ad alto livello, congiunta con la valutazione e con la discussione; cui potrebb’essere dedicato un intero canale, in modo analogo alla CNN, ma di più alto tenore.

4. Il Movimento insiste sul compito formativo come compito imprescindibile del servizio nazionale: formazione culturale, politica, etica. Questo principio dev’essere fondamentale nella prevista “Carta del servizio pubblico”.

5. L’idea di un canale totalmente commerciale, “finanziato esclusivamente dalla pubblicità”, è contraria alla natura e alla dignità del servizio nazionale, e dev’essere abbandonata.

 

Il Movimento spera che il Ministro porterà a compimento questa fondamentale riforma e trasformazione del servizio radiotelevisivo pubblico, col sostegno del premier e dell’intero governo.

Lecce, il 21 maggio 2007

                          

 

 

                         (Al Presidente della CEI Arciv. Angelo Bagnasco; ai Cardinali Ennio Antonelli, Carlo Caffarra, Severino Poletto, Angelo Scola,  Dionigi Tettamanzi

                                   ai Vescovi e fedeli della chiesa italiana)

Il comportamento della gerarchia si aliena il consenso e la fede popolare

 

Papa Ratzinger lamenta il distacco da Dio nei popoli dell’Europa; e però tutti sanno che questo distacco è prodotto anche dallo scandalo della chiesa quando si distacca dalla legge dell’amore che il Cristo ha annunziato all’umanità, dal rapporto fraterno che il Cristo ha annunziato; dalla stessa giustizia che sta al centro già del profetismo messianico, e alla base poi dell’amore.

 

Così le continue interferenze dell’episcopato nelle decisioni del parlamento e del governo sono sentite come ingiuste, come violatrici dello stesso testo del Concordato, per il quale chiesa e stato «sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani».; e hanno provocato richieste di denunzia del Concordato stesso, di rifiuto di quell’8 per mille che per la chiesa è prezioso.

Così la Nota che vincolava i parlamentari cattolici a non votare la legge sulle unioni di fatto, è stata percepita come suprema ingerenza e, specie nei giovani, ha suscitato una vera ribellione; che si è tradotta in scritte murali di vergogna, in minacce; cosa che non era mai accaduta in tanti anni, e che rivela la gravità della situazione in tal modo provocata.

Così la scomposta reazione dell’ “Osservatore romano” che ha accusato di “terrorismo” un comico per certe sue esternazioni, è stata percepita come atto di grave arroganza e intolleranza; contrario – come il comico stesso ha notato – alla sublime legge della nonviolenza anche verbale; contraria al principio e diritto di critica.

Soprattutto di fronte ad una critica giusta, come quella di una chiesa che non aveva concesso i funerali al povero Welby, mentre li aveva concessi a Pinochet, ad un boia sanguinario che non aveva mai sconfessato i suoi crimini contro l’umanità; e che la chiesa avrebbe dovuto subito espellere. Qui la scomunica – tante volte abusata – avrebbe avuto un senso, una necessità.

 

Ciò che è avvenuto nelle ultime settimane è molto grave. Il Movimento pensa che l’episcopato italiano debba rivedere radicalmente il suo comportamento nei riguardi dello stato e del popolo italiano.

Lecce, il 14 maggio 2007

 

 

 

         (Ai Segretari dei Partiti  della Sinistra: Comunisti italiani, Oliviero Diliberto; Rifondazione comunista, Franco Giordano; Sdi, EnricoBoselli;                          Sinistra  democratica, Fabio Mussi; Verdi,  Alfonso Pecoraro Scanio; Al Presidente della Camera Fausto Bertinotti)

Urge l’unità della Sinistra italiana

 

L’attuale situazione della Sinistra italiana è veramente deplorevole: cinque partitelli che stanno  intorno al 2% o anche meno (a parte Rifondazione che tocca il 6-7%, sempre poco però), che fanno grandi congressi, grandi dichiarazioni, ma mancano dell’essenziale, il consenso popolare; che essendo deboli, possono realizzare solo in piccola parte il loro progetto politico, e solo appoggiandosi ad altri partiti maggiori che non lo condividono.

Questa dispersione significa poi assenza di forza reale e ideale, e assenza di attrazione, anche sui giovani, che sono i più sensibili ai grandi principi della giustizia e della fraternità umana.

E così si espande sempre più la convinzione che l’età della Sinistra è tramontata; che quel poco che resta è solo sopravvivenza e residuo; che ciò che la gente vuole è il cosiddetto moderatismo, il Centro o il Centrodestra; che il capitale e l’ideologia perversa del libero mercato sono i fattori di benessere per l’umanità; che il capitalismo, cioè il sistema ingiusto, ormai domina la società e la storia, e nulla lo può fermare.

Si espande la convinzione che una società di giustizia e una società fraterna sono pura fantasia; che per l’umanità non c’è nulla da sperare, se non il benessere e la ricchezza dei pochi.

E la Sinistra, con la sua insensata frammentazione, diventa ridicola, un ridicolo giocattolo, ridicolo relitto della storia.

 

Ci si chiede allora che cosa la tenga così divisa. Motivi storici, si dice, motivi ideologici.

Ma quale ideologia, se tutti ormai – una volta crollato il modello sovietico – hanno accettato il principio democratico? se tutti perseguono la giustizia e la fraternità umana? Forse taluno si adonta di fronte alla parola “comunista”, che – eliminato lo statalismo sovietico – altro non significa se non condivisione e comunione dei beni. E poi vi sono piccole differenze, accentuazioni diverse di scopi, come in tutti i partiti; sui quali deve intervenire la mutua comprensione e condivisione e tolleranza. E infine vi è anche, forse, l’individualismo di partito, l’individualismo e l’orgoglio dei leader; che è certo un vizio intollerabile nella Sinistra, da cui si deve assolutamente purificare.

Solo la Sinistra persegue i grandi obiettivi di una società di giustizia e di una società fraterna; persegue l’annientamento della grande discriminazione di ricchezza e potenza prodotta dal capitale; e che dev’essere annientata, come fu annientato il modello monarchico-aristocratico che per millenni ha oppresso l’umanità.

Lecce, il 7 maggio 2007

 

                   

 

                   (Ai Segretari dei Sindacati Confederali CGIL, CISL, UIL, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti, al Segretario della FIOM Gianni Rinaldini)

Il Sindacato deve intervenire sulle privatizzazioni

 

Il Movimento pensa che il Sindacato dovrebbe intervenire con forza in questa vicenda delle privatizzazioni di fondamentali servizi pubblici, che si sono rivelate poi disastrose.

A cominciare dalle AUTOSTRADE acquisite dai Benetton, che hanno incassato gl’introiti ma non hanno fatto le opere previste; poi hanno tentato di vendere agli spagnoli.

Soprattutto però il caso di ALITALIA, dove il Governo, anziché provvedere seriamente al risanamento di un’impresa nazionale così importante (come hanno fatto altri paesi, ad esempio la Svizzera con Swissair che era fallita), ha preferito sbarazzarsene, mettendola in vendita.

E infine il caso TELECOM, acquisita da industriali straccioni, con quote minime e denaro delle banche; e che ora sta per essere ceduta a gruppi americani e messicani.

 

Il Sindacato non può disinteressarsene perché con Telecom, e soprattutto con Alitalia, ci saranno grossi problemi di personale, di lavoratori; come già è capitato con altre imprese acquisite da  gruppi stranieri  il cui interesse è altrove, ad esempio con le acciaierie di Terni.

V’è inoltre un generale problema di importanti strutture operative che sono sottratte al paese, e alla sua politica operativa ed equilibratrice; e v’è un problema di profitti che lasciano il paese. Il quale così s’impoverisce.

Il Movimento pensa che le grandi imprese di servizio non debbano essere privatizzate, perché appartengono al patrimonio nazionale; ma soprattutto perché, dovendo mirare al servizio di tutti, non sono propriamente profittuali; o lo sono a danno del servizio stesso; mentre il capitale privato mira soprattutto al profitto.

Perciò, checché ne dicano i fanatici del liberismo e del libero mercato – a cominciare da Bruxelles – le cui disfunzioni sono state ampiamente dimostrate, l’azione privatizzatrice dovrebbe cessare e le grandi imprese privatizzate dovrebbero essere riacquisite alla comunità e alla sua gestione; a cominciare dalle Autostrade, dove i Benetton si sono rivelati inadempienti.

Il Movimento confida nell’intervento del Sindacato a difesa del lavoro, cui le imprese in parte appartengono, perché il lavoro le ha costruite; anche se questo non è ancora riconosciuto dalla legge.

Lecce,  1l 17 aprile 2007

 

                                                                           

                                                       

                                                                         (Al Presidente della CEI Vescovo Angelo Bagnasco, ai Vescovi e fedeli d’Italia)

La persecuzione degli omosessuali deve cessare

 

La persecuzione degli omosessuali da parte dell’episcopato deve cessare perché è ingiusta.

Perché la ricerca etica e teologica degli ultimi cinquant’anni ha chiarito che l’omosessualità costitutiva non è contro natura, come l’episcopato italiano continua a ripetere, ma è piuttosto una seconda natura, e non ha nessuna valenza etica negativa. Si veda la ricerca condotta dall’Associazione Teologi cattolici americani, tr. it., La sessualità umana, Queriniana, Brescia1978, pp. 158-165; noi pensiamo che l’episcopato dovrebbe avere più attenzione e rispetto per la ricerca teologica.

Questa persecuzione favorisce inoltre il disprezzo che ha sempre ingiustamente afflitto gli omosessuali in passato; favorisce manifestazioni di disprezzo, come quella che ha portato l’adolescente Matteo Maritano al suicidio; o quella che ha portato a deturpare la sede dei gay milanesi. Fatti molto gravi, specie la morte di Matteo, su cui l’episcopato non può non interrogarsi perché questa persecuzione impedisce che si compia quel processo d’integrazione sociale dell’omosessualità che è ora in corso, dopo millenni di emarginazione di cui la gerarchia porta la colpa maggiore.

Inoltre, impedendo agli omosessuali una unione stabile giuridicamente sancita – come avviene nei PACS francesi –, impedisce la loro integrazione personale e affettiva, li abbandona alla solitudine o, peggio ancora, al randagismo sessuale, e al pericolo dell’anomia e del crimine.

Questa persecuzione è profondamente contraria ai principi e allo spirito dell’evangelo, il principio fraterno e la legge dell’amore; contraria al comportamento del Cristo che ha sempre dimostrato una particolare tenerezza per gli emarginati; e lo ha anche proclamato.

 

Questa persecuzione – come anche l’opposizione ingiusta al «patto civile», l’interferenza nelle decisioni del parlamento – suscita un forte risentimento nella gente, che chiede la denunzia del Concordato e la soppressione dell’8 per mille. Da questo risentimento nascono anche le minacce che il Vescovo Bagnasco ha ricevuto.

Lecce, 10 aprile 2007

 

                                            

                          

                              (Al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro Antonio Di Pietro, al Ministro PierLuigi Bersani, al Presidente Fausto Bertinotti)
 Italia svenduta e colonizzata

 

Con le insane e disastrose privatizzazioni avvenute negli scorsi anni, e tuttora in corso, l’Italia viene svenduta e colonizzata.

In questi mesi tre casi gravissimi:

Le Autostrade, dove i Benetton hanno incassato gl’introiti senza compiere le migliorie richieste; poi hanno tentato di vendere agli spagnoli. Solo il deciso intervento del Ministro Di Pietro lo ha impedito. Ma l’azione deve continuare: la concessione dev’essere tolta per inadempienza, checché ne dica la Commissione Europea, imbevuta di liberismo.

Così Telecom, acquisita da speculatori a furia di debiti, per poi svenderne il patrimonio, e ora cederla agli americani e ai messicani.

Anche la vendita di Alitalia è scandalosa, comunque proceda: il Governo doveva invece provvedere seriamente al suo risanamento. Ha commesso l’errore di abbandonarla; nessuno dei maggiori paesi europei lo ha fatto.

E si minaccia anche di vendere Snam, cioè il servizio gas, essenziale alla comunità.

Di questo passo l’Italia diventa una colonia; è già debole, ma di questo passo non le resterà più nulla.

 

Prodi dice “il Governo non si muove”. Deve invece muoversi perché si tratta di servizi essenziali alla Nazione, che ne sono il patrimonio; e non si devono privatizzare perché, se gestiti correttamente per tutti, non sono profittuali, ma abbisognano invece di investimenti.

Si veda il comportamento della Francia, sollecita della difesa del patrimonio nazionale.

L’Unione Europea non può farsi impoverendo alcune nazioni per arricchirne altre, o per arricchire speculatori estranei all’Europa: questo dev’essere detto con chiarezza alla Commissione; un fondamentale equilibrio dev’essere mantenuto.

 

Il Movimento si rivolge particolarmente al Ministro Di Pietro, alla sua capacità di lotta, alla sua fermezza; affinché sia Telecom che Alitalia non vadano perdute per il paese; affinché quest’azione colonizzatrice abbia fine. Si rivolge al Presidente Bertinotti, di cui conosce la contrarietà alla privatizzazione di questi servizi essenziali.

Lecce, il 3 aprile 2007

                                    

                                                                      

                                                            

                                               (Al Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco, ai Vescovi e ai fedeli della Chiesa italiana)

La "Nota" dell’episcopato, un intervento ingiusto

 

La Nota dell’episcopato sulle unioni di fatto è un atto d’ingiustizia perché viola il primo articolo del nuovo Concordato (l’Accordo di revisione del 1984), il quale stabilisce che Stato e Chiesa “sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti”. La nota non rispetta questo principio ma interviene su di una decisione in corso del Parlamento, e preme sui suoi membri al fine d’ impedirla. Il Parlamento è il cuore dello Stato sovrano, la Nota non ne rispetta l’autonomia. L’episcopato non può permettersi di “non osservare i patti”, di agire contro giustizia.

 

L’intervento successivo del presidente Bagnasco è gravemente offensivo del Parlamento e della Nazione perché attribuisce la decisione del Parlamento all’arbitrio della maggioranza, al prevalere dell’opinione corrente, senza un criterio etico oggettivo; come se si approvasse la poligamia e la pedofilia.

Ora è certo che la poligamia è illegittima perché contrasta con la pari dignità e diritto dei partner.

Così come la pedofilia contrasta con la dignità e il diritto del bambino e dell’adolescente.

 

Ma quanto al “patto sociale” l’episcopato deve persuadersi che il matrimonio religioso non è l’unica sanzione dell’unione coniugale. C’è la sanzione giuridica del matrimonio civile, e c’è quella pure giuridica del patto sociale; così come ci sono i diritti delle coppie che lo stato deve salvaguardare. Alla base di queste sanzioni sta la decisione amorosa, conviviale, procreativa della coppia; che è la stessa in tutte, e senza della quale nessuna sanzione  esiste e persiste.

Questo è lo status etico e giuridico dell’unione di coppia e delle sue forme.

 

L’episcopato continua in questa ingiusta e sconveniente azione di potere, anziché sviluppare un’azione di amore evangelico che abbracci tutte le coppie, anche quelle che per tante ragioni non si sentono di contrarre matrimonio; come il Cristo in tutta la sua missione si rivolse con amore compassionevole a tutti, anche alle meretrici e ai pubblicani, agli gli emarginati sociali. Ma l’episcopato continua nella persecuzione degli omosessuali, così come prima per millenni ha perseguitato gli ebrei, gli eretici e le supposte streghe.

E così è causa di scandalo, e perde sempre più la fiducia della gente; per cui si chiede la denunzia del Concordato, il rifiuto dell’8 per mille. E non senza ragione.

Solo il Card. Tettamanzi ha parlato di “una presenza non politica, ma stimolante. Che non spadroneggia ma propone”. Il Movimento spera che altri vescovi parlino, riprendano e sviluppino questo discorso.

Lecce, il 3 aprile 2007

                          (Al Governo di Romano Prodi, al Ministro per la Famiglia Rosy Bindi, al Ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa, a Giulio Santagata)

 

 

 

Una politica di sostegno economico alla famiglia

 

Poiché in questi giorni si discute se destinare certe disponibilità economiche a sostegno della famiglia, il Movimento richiama il Governo alla necessità di un’ampia politica di sostegno, e insieme demografica, da impostarsi in questi anni.

 

Ricorda l’esempio della Francia che, avendo toccato nel 1950 il punto più basso della decrescita, di 40 milioni, prese delle misure drastiche di sostegno alla famiglia, riuscendo così a portarla in quarant’anni a 60 milioni.

Il modello francese dovrebb’essere preso in seria considerazione. Lì vi è una Cassa di allocazioni familiari (CAF) che presiede a tutta questa materia. Che vale non solo per i cittadini, ma per tutti coloro che risiedono stabilmente in Francia. Vi sono allocazioni:

per un bambino, sia proprio che adottato, da coniugati come da conviventi, dal sesto mese di gravidanza  al terzo anno, o per i primi  21 mesi dell’adottato;

a partire dal primo figlio, sia proprio che accolto, che resta privo del sostegno di uno dei genitori (anche se questo rifiuta, nel qual caso il CAF agisce per via giudiziaria);

a partire dal primo figlio per una “assistente materna”, fino ai 6 anni;

a partire dal primo figlio di lavoratori per una baby sitter, fino ai 6 anni;

per la scuola, dai 6 ai 18 anni;  

per l’educazione speciale in caso di handicap, fino ai 20 anni; 

allocazione speciale a partire dal secondo figlio, fino ai 20 anni;

allocazione speciale a partire dal secondo figlio se si è ridotta l’attività professionale;

complemento familiare col terzo figlio;

allocazione di alloggio, per affitto o mutuo; per trasloco; per migliorie;

allocazione completiva in ordine al reddito minimo;

allocazioni sociali concernenti la vita quotidiana (studi, vacanze; indebitamento ecc.).

 

Per costruire un quadro di sostegno analogo, o anche migliore, bisogna che il Governo studi un serio progetto complessivo, da realizzare entro i cinque anni della legislatura. Sì da affrontare sia i problemi della famiglia, sia il connesso problema demografico.

Lecce, 19 marzo 2007

 

 

                                                                   

                                                    (Al Presidente Giorgio Napolitano, al Capo del Governo Romano Prodi, al Ministro Giulio Santagata, al Pres. Fausto Bertinotti)

Non la “piazza” ma la sovranità popolare

 

Parlando agli amministratori di Bologna, il Presidente ha parlato di “manifestazioni di massa e di piazza”; cui ha contrapposto il “governo della maggioranza” come “essenza della democrazia”. La stampa ha ampiamente riportato i termini di questo discorso.

Nel quale è però facile notare un duplice errore.

 

1. Di “piazza” parla sempre la Destra; e “massa” era un termine abituale del comunismo di stampo sovietico, e del PCI. Ambedue i termini sono spregiativi, negativi della persona e della sua inconfondibile individualità, del cittadino come soggetto di diritto; il cui associarsi costituisce la “società civile”.

Pensiamo che un Presidente, che ha la responsabilità della nazione e alla nazione parla, non debba parlare di piazza e di massa, ma di società civile; di quella cittadinanza che è il fondamentale e supremo soggetto del potere; di cui ogni altro è solo mandatario, e con mandato temporaneo.

 

2. Il secondo errore, che riteniamo molto grave, concerne il governo di maggioranza come “essenza della democrazia”. Perché essenza della democrazia è il potere di popolo, la sovranità popolare; di cui il parlamento come il governo sono solo mandatari con mandato temporaneo. Sovranità popolare che vige sempre, anche se la Costituzione italiana non le riconosce il mandato imperativo; e però può sempre far sentire la sua volontà, che parlamento e governo devono ascoltare e rispettare, con cui devono interloquire.

In particolare quando il governo, nella sua congesta compagine, si rivela debole, succube di altri poteri. Come nel caso del raddoppio della base militare americana di Vicenza, cui il governo ha dato l’assenso senza prima aver interpellato quel popolo; e continua ad opporsi alla sua volontà.

E nel caso del PACS o DICO, in cui si rivela succube del potere ecclesiastico e vaticano.

 

Pensiamo che il Presidente debba richiamare il governo al rispetto della volontà popolare.

Lecce, 13 marzo 2007

 

 

                                                                              

                                                                (Al Raggruppamento della Rosa nel pugno, ad Enrico Boselli, a Marco Pannella, Emma Bonino, Daniele Capezzone)

Agire per il rispetto del Concordato

 

In seguito alle continue interferenze della gerarchia ecclesiastica nelle decisioni del Parlamento e del Governo, si è invocato una revisione del Concordato; e giustamente. Il Movimento si rivolge a voi che a questo problema siete particolarmente sensibili.

Si sa che una revisione del Concordato, nella situazione attuale, nella composizione attuale dell’Unione, non sarebbe in alcun modo possibile. Sarebbe però possibile l’intervento di una delegazione di parlamentari presso la Conferenza Episcopale, presso la Segreteria di stato e il Papa stesso.

 

Oggetto dell’intervento dovrebb’essere il richiamo del fondamentale principio che sta a capo dell’Accordo di revisione dell’84, e stabilisce che stato e chiesa “sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti”. Un dettato chiaro: in cui v’è l’autonomia, v’è l’impegno a rispettarla. Lo stato rispetta, la chiesa deve rispettare l’autonomia dello stato.

A questo richiamo dovrebb’essere aggiunta la precisazione seguente, come comma che ci si propone d’inserire nel Concordato: “In ordine a tale rispetto la chiesa enuncia liberamente i suoi principi, ma si astiene da ogni intervento su decisioni in corso da parte del Parlamento o del Governo; così come da ogni pressione su membri del Parlamento e del Governo”.

La discussione, cioè, avviene prima, ed è giusto che avvenga. Dovrebbe anche avvenire in termini schiettamente discussivi, e non autoritativi e autoritari: di una chiesa che pretende possedere, in materia etica e politica – di gestione dello stato –, una verità infallibile, indubitabile, la quale deve incondizionatamente imporsi. Perché questo, in materia etica, non è vero, spesso anzi è falso; è discusso nella chiesa stessa, dai teologi, che sono gli esperti in materia, che la gerarchia spesso non ascolta, o addirittura emargina. Così nei riguardi della contraccezione  o della procreazione assistita o del patto civile. Ma nessun pronuciamento dell’autorità ecclesiastica deve avvenire quando è in corso una decisione del Parlamento e del Governo; e allo stesso modo nessuna pressione su membri del Parlamento e del Governo.

 

Altri punti potrebbero essere toccati, come le attuali modalità d’insegnamento della religione nella scuola; che ha carattere catechetico, anziché culturale; ed è soggetto all’approvazione ecclesiastica degl’insegnanti e dei programmi. Non però i cosiddetti “privilegi”, come l’otto per mille e l’esenzione fiscale dei luoghi di culto; dei quali pure si è parlato. Ma conviene attenersi al fondamentale principio dell’autonomia e affrontarlo con forza.

Lecce, il 6 marzo 2007

            

 

 

                       (Al Papa Benedetto XVI, al Presidente della Conferenza Episcopale Card. Camillo Ruini, ai Vescovi e ai fedeli italiani, e p.c. al Governo di Romano Prodi)

Necessità di una modifica del Concordato

 

Si è presentato in questi ultimi anni, ma soprattutto in queste ultime settimane, in seguito alla grave continua interferenza della gerarchia  cattolica nelle decisioni del Parlamento e del Governo, la necessità di una modifica del Concordato, che è stata avanzata da alcuni partiti.

Poiché altro è che la chiesa presenti la sua dottrina, altro è che la voglia imporre allo stato e ai suoi fondamentali organi, il Parlamento e il Governo, nel momento legislativo che è il cuore della democrazia.

 

Il Concordato infatti, nel testo dell’Accordo di revisione dell’84, stabilisce che stato e chiesa “sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti”. Il dettato del testo è chiaro: c’è l’autonomia, c’è l’impegno a rispettarla. Lo stato rispetta, la chiesa deve rispettare l’autonomia dello stato.

Poiché ciò di fatto non avviene, da parte della chiesa, si pensa all’aggiunta di un comma il quale precisi che “in ordine a tale rispetto la chiesa enuncia liberamente i suoi principi, ma si astiene da ogn’intervento su decisioni in corso da parte del Parlamento o del Governo; così come da ogni pressione su membri del Parlamento e del Governo”.

La gerarchia, cioè, interviene prima, nella fase preparatoria e discussiva;

e dovrebbe intervenire rivolgendosi non tanto allo stato quanto ai suoi fedeli;

e non necessariamente in termini autoritativi e autoritari; quasi possedesse sempre, in materia etica e politica, una verità infallibile, indubitabile, la quale deve incondizionatamente imporsi. Perché questo in realtà spesso non è vero, trattandosi di materia discussa, specie dai teologi, che sono gli esperti in materia, che la gerarchia spesso non ascolta. In materia sessuale, ad esempio, o di contraccezione, o di procreazione assistita.

Tenendo inoltre presente che lo stato ha anche particolari ragioni d’intervento, in quanto deve tutelare tutti i cittadini – non solo i cattolici –, e non deve necessariamente perseguire con la legge e con la pena tutto ciò che è oggettivamente trasgressivo: si veda il caso dell’aborto, o quello della prostituzione.

 

Il Movimento pensa che una tale precisazione, nel Concordato, sia opportuna; che in ogni caso la continua interferenza della gerarchia nel politico, oltre che ingiusta, non sia proficua; ma le alieni l’animo di laici come di cattolici.

Lecce, 26 febbraio 2007

 

 

                      

                         (Al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Min. degli Esteri Massimo D’Alema, al Min. della Difesa Arturo Parisi , al   Pres. Fausto Bertinotti)

Il Governo non può disprezzare la volontà popolare

 

È quanto il Governo ha fatto prima e dopo la protesta della cittadinanza di Vicenza, e di tutti i cittadini che vogliono la pace. Ha preso una decisione che sapeva essere in contrasto con la volontà popolare; e dopo la grande protesta ha ripetuto che questa decisione non si cambia.

Commettendo un triplice errore:

1. Ha disprezzato quella volontà popolare che sta alla base del suo potere, quella sovranità popolare su cui si fonda la democrazia. Un errore commesso altre volte, a Scanzano, in Val di Susa; ogni volta che si prendono decisioni dall’alto senza prima discutere e decidere con la gente. Un errore incomprensibile, in quanto il Centro-sinistra dovrebb’essere vicino alla gente, attento suo volere.

2. Ha perso un consenso che è già scarso; e ne perderà ancora, se persisterà in questa volontà di arroganza politica.

3. Non ha capito che la sensibilità popolare gli suggeriva una linea politica di grande respiro e di urgente attualità: lo smantellamento delle basi militari americane, e più oltre l’elisione dell’egemonia americana nel mondo.

La presenza di queste basi costituisce un’anomalia non più ulteriormente tollerabile; che fa degli USA il gendarme dell’umanità; che gli permette di scatenare ovunque guerre tanto inutili quanto atroci. Contravvenendo al fondamentale principio del Trattato dell’ONU, che i conflitti tra popoli non si risolvono con la guerra, ma con la trattativa.

Presenza che contrasta con la pari dignità e diritto dei popoli, con la loro volontà di pace e diritto alla pace.

Presenza che in Italia contrasta con la Costituzione, perché se l’Italia rifiuta la guerra, non può poi ospitare truppe e armamenti che servono alla guerra.

 

Ci si chiede se c’è nel Governo una reale volontà di pace.

Se c’è questa volontà, il Governo deve sviluppare, all’interno come al di fuori dell’Europa, e con lo stesso popolo americano come col suo establishment, una politica che affronti il problema dell’egemonia, delle basi, delle guerre come un’ingiustizia profonda, che contrasta con lo spirito e la tradizione più autentica della nazione americana, come con lo spirito e l’ordinamento della comunità dei popoli.

Il Movimento pensa che sia questa una grande occasione di politica estera in cui il Governo si deve impegnare.

Da Lecce, il 20 febbraio 2007

 

 

                    

                       (Al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Min. della Difesa Arturo Parisi, al Sottosegr. Lorenzo Forcieri, al Min. degli Esteri Massimo D’Alema

                     al presidente Fausto Bertinotti)

Contro l’acquisto di aerei da caccia e per un’azione di disarmo

 

Apprendiamo dalla stampa che il Governo si appresta ad acquistare aerei da caccia;

che il Sottosegretario Forcieri si è recato in America a siglare un accordo in tal senso, nonostante la perplessità espressa da altri paesi europei;

che l’Italia si è impegnata all’acquisto di esemplari del nuovo caccia europeo Typhoon, aereo che tra l’altro si presenta eccessivamente oneroso.

In base all’art. 11 della Costituzione che rifiuta la guerra, l’Italia può possedere aerei da caccia solo per quel tanto che può servire ad un’azione di difesa o ad un intervento pacificatore; perciò in  misura molto ristretta.

Inoltre è tempo che l’Italia dispieghi una decisa azione di pace, a livello europeo anzitutto;

quindi un’azione di disarmo; non di sviluppo di nuove armi ma di abbattimento degli enormi armamenti che sono andati accumulandosi durante la guerra fredda, e che continuano ad accumularsi, specie nell’America guerrafondaia di Bush, in Francia, in Inghilterra.

 

L’Italia deve impegnarsi affinché l’ONU convochi una conferenza internazionale per il disarmo.

I tempi sono maturi, ora che in Europa si è creata una zona di pace, e che la presidenza Bush, e con essa l’arroganza della Destra americana sta per finire; e si potrà allargare la zona di pace alle due Americhe; coinvolgendo poi la Lega Araba, oltre all’Estremo Oriente e al Pacifico.

Il Governo ha già avviato una politica di pacificazione. Chiediamo che l’allarghi, che proceda con decisione sulla linea della pace.

Lecce, il 12 febbraio 2007

 

 

                       

                         (Al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro per lo sviluppo economico PierLuigi Bersani,al Presidente della Camera Fausto Bertinotti

Cautela nelle liberalizzazioni e nelle privatizzazioni

 

Il Movimento pensa che il programma di liberalizzazioni elaborato e varato sia costruito con intelligenza e opportunità. Richiama tuttavia il Governo su due punti, dei quali pure si è parlato:

1. La regola della distanza tra esercizi, e la gestione del loro numero complessivo, che non devono essere elise perché nuocerebbero agli esercizi stessi, oltre che all’equilibrio della comunità. 

2. L’osservanza degli orari e delle feste, importante affinché il consumismo non sovverta completamente i tempi del vivere e convivere, non invada totalmente la vita, sovvertendone il ritmo e i valori; a danno di tutti.

 

Quanto alle privatizzazioni, il Movimento richiama i principi su cui già ha insistito in passato, e cioè che esse non devono toccare i servizi fondamentali:

1. Perché questi appartengono alla comunità nazionale, e ad essa sono ordinati, non al profitto. Più che profitti esigono investimenti, e un continuo impegno anche economico, per adempiere alla loro funzione. I privati li acquistano senza i capitali necessari, col denaro delle banche, e si rifanno poi vendendo le attività accessorie e collaterali, cioè impoverendo le imprese stesse e l’intero sistema.

2. Le privatizzazioni precedenti sono stati grossi errori che stiamo scontando.

Così per le Autostrade, dove i Benetton hanno incassato gl’introiti senza compiere le migliorie richieste; perciò la concessione loro data dev’essere tolta, checché ne dica la Commissione europea, imbevuta di  dissennato liberismo.

Così per Telecom, che ha seguito una esemplare strategia di svendita del patrimonio, e ancora la sta seguendo; la comunità la deve recuperare.

Anche la vendita di Alitalia è scandalosa; comunque proceda; il Governo doveva invece provvedere seriamente al suo risanamento.

Ora si minaccia la vendita di Snam, cioè del servizio gas, essenziale alla comunità.

Il Governo tenga presente il comportamento della Francia, sollecita nella difesa del patrimonio nazionale; anche eccessiva, ma pur sempre esemplare.

L’Unione Europea non può farsi impoverendo alcune nazioni per arricchirne altre: questo dev’essere detto con chiarezza alla Commissione; un fondamentale equilibrio dev’essere mantenuto.

Lecce, il 7 febbraio 1007

 

 

 

                                                         (Al Card. Camillo Ruini, Al Card. Carlo M. Martini, Ai Vescovi e ai fedeli della Chiesa italiana

Il caso Welby e la crudeltà della gerarchia

 

Il caso Welby, con la sua dolorosa vicenda seguita dall’intera nazione, e in particolare il rifiuto  di quell’atto di estrema pietà che è il funerale religioso, che oggi non si nega abitualmente neppure ai suicidi, hanno suscitato un universale stupore e dolore e risentimento; che certo hanno fortemente nuociuto alla gerarchia.

Né è sembrato accettabile quel giudizio ch’egli “avesse perseverato lucidamente e consapevolmente nella volontà di porre termine alla propria vita”. Una più delicata attenzione e verità si notava nell’intervento del Card. Martini, quando parlava di sospensione di procedure mediche che “non offrono una ragionevole speranza di esito positivo” – di contro all’eutanasia –, dove può intervenire la valutazione e decisione del paziente. 

In realtà Welby, tenuto in vita da una macchina respiratoria che aveva rifiutato sin dall’inizio (fu la moglie a volerla per lui), e che riteneva ormai lesiva della sua dignità di persona, ha solo chiesto che la natura facesse il suo corso.

Ha invocato quel “principio di natura” che la gerarchia invoca sempre, in tanti casi: per interdire la pillola che sospende il naturale processo dell’ovulazione; per interdire la procreazione assistita che sospende la fecondazione nel congiungersi dei due partner (peraltro impossibile o inefficace), per la fecondazione in vitro.

E ha invocato insieme il “principio di persona”, cioè quel dominio che Dio ha conferito all’uomo sulla natura, per una gestione razionale del fatto di natura stesso; lo ha invocato per una vita e una morte che alla dignità della persona corrispondessero.

Perciò il rifiuto del funerale religioso appare tanto più inopportuno e crudele, lontano dalla pietà cristiana, dalla legge dell’amore fraterno, dall’infinito compassionevole amore del Padre. E costituisce scandalo per i credenti come per i noncredenti.

E stupisce anche che solo il Card Martini, persona certo autorevole quanto libera nello spirito, si sia alzato a discutere questo complesso caso. Il Movimento è stupito di questo mutismo dell’episcopato italiano, che negli ultimi anni si è fatto ancora più forte.

Lecce, il 27 gennaio 2007

 

 

 

            (Al Governo di Romano Prodi, a Giulio Santagata, al Ministro della Difesa Arturo Parisi, al Presidente della Camera Fausto Bertinotti, al Segretario Piero Fassino

Basta con le basi militari americane

 

Ciò che è successo finora con la base americana di Vicenza non può che rattristare profondamente.

A cominciare dalle affermazioni del Pres. Prodi che dice “non ne sapevo assolutamente nulla”; quando la stampa ne parlava da mesi. Dice  che lì non c’è un problema politico ma solo un problema urbanistico; quando è in gioco la presenza egemonica americana che in Italia ha ben otto basi militari, è in gioco la potenza di un paese che si crede il gendarme del mondo e scatena guerre a ripetizione; di cui l’Italia diventa complice.

 

Almeno tre sono gli errori del Governo in questa vicenda.

1. Le basi americane: Vicenza è l’occasione per affrontare questo problema di egemonia, di militarismo, di autonomia. Per l’Italia come per l’Europa.

La presenza di queste basi era tollerabile nell’ambito dell’Alleanza Atlantica fino a che c’era la guerra fredda. Mentre ormai sono soltanto uno strumento dell’egemonia americana nel mondo; egemonia che l’Italia come l’Europa devono combattere, con tatto certo ma con fermezza:

perché nessun popolo deve prevalere sugli altri;

perché questa potenza militare diventa occasione di guerre, mentre l’Europa si pone come una comunità di solidarietà e di pace, e l’Italia ha rifiutato la guerra;

perché questa egemonia condiziona l’autonomia anche politica dell’Italia come dell’Europa.

Amicizia col popolo americano non significa essere succubi del suo potere e dell’arroganza dei suoi governanti. Amicizia comporta richiamare con chiarezza e fermezza l’amico quando è nell’errore.

2. Poiché per Costituzione l’Italia rifiuta la guerra, non può poi parteciparvi in modo indiretto: ospitare truppe che sostano o si preparano per una guerra in corso; aerei che da queste basi partono per teatri di guerra.

3. Il Governo ha preso una decisione che, come governo democratico, non poteva prendere, perché doveva rispettare la volontà popolare, del popolo vicentino. Perciò ha addotto ragioni pretestuose come l’accordo preso dal governo precedente, o la decisione del Comune di Vicenza.

Che cosa vuole questo Governo? seguire le orme del berlusconismo? della sua spudorata connivenza con Bush? E che aspetta ad annullare le leggi infami fatte da quello, e che è urgente annullare, come la legge che abbrevia la prescrizione, e che il boss si fece per i suoi processi?

Che cosa aspetta?

Anche per le “liberalizzazioni” perché non si accorda prima con le categorie interessate? perché non si cura della volontà e sovranità popolare? Vuol diventare sempre più impopolare? perdere sempre più consenso?

Lecce, 25 gennaio 2007

 

 

 

                (Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al Presidente Romano Prodi e a Giulio Santagata, al Ministro Giuliano Amato, al Segretario Piero Fassino

Il dialogo con l’opposizione è inopportuno e pericoloso

 

Il Presidente Napolitano insiste da tempo sul dialogo con l’opposizione, ma è una linea che non sembra opportuno percorrere. Perciò anche il suo messaggio di fine anno non ha trovato ampio consenso nell’Unione. Per due ragioni.

1. Ha di fronte a sé un avversario che non ha nessun rispetto per la politica e le sue regole; un imprenditore che cerca solo il potere per il profitto; che per questo ha strumentalizzato un parlamento che purtroppo gli era succube, lo ha portato a votare leggi inique, le famose leggi “ad personam” per le sue imprese e i suoi processi; leggi che hanno danneggiato il paese e ne hanno menomato il prestigio morale di fronte agli altri paesi.

Un avversario che non ha nessun rispetto per la controparte ma l’aggredisce con violenza, con accuse distorsive o anche calunniose. Il Presidente parla di conflitto, di “continuo gridare”, “continuo alzare i toni”; ma questo vale solo per l’opposizione; l’Unione è fin troppo calma e rispettosa. Si ha conflitto solo se l’attacco è reciproco.

Un avversario che, con la “commissione bicamerale”, ha già dimostrato che collabora solo se ne trae vantaggi personali.

2. La collaborazione con questa gente è pericolosa: perché al dialogo segue la trattativa, segue il compromesso. Mentre il governo dell’Unione deve assumere decisioni senza compromessi:

deve smontare quelle leggi inique;

deve combattere con fermezza l’evasione fiscale;

deve riordinare il sistema televisivo, ridurre lo strapotere mediatico di qualcuno che poi, attraverso la suasione occulta e palese, si trasforma in potere politico e disastra il paese; un fatto anomalo nell’intera Europa e che mina la democrazia;

deve fare una legge elettorale che non sia inquinata da interessi particolari.

3. Il Ministro Amato, che propone addirittura una convenzione per la legge elettorale, sembra ignorare queste difficoltà e questi pericoli; che invece devono essere considerati con estrema serietà. L’aversario è insidioso, e molto potente, come le ultime elezioni hanno dimostrato; il suo potere mediatico, che in parte inquina ancora la stessa RAI, è pervasivo.

 

Il Movimento ritiene che non si debba insistere ulteriormente sul dialogo con tali avversari.

Lecce, l’8 gennaio 2007