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Recensione ::.


22 - 11 - 2002

Tre giorni all'uscita italiana del nuovo attesissimo album dei mudvayne.
Mentre molti fans si chiedono come sarà questo nuovo disco io
ho avuto l'onore di ascoltarlo in anteprima, per togliervi ogni dubbio
sulla possibilità di acquistarne una copia.
cercherò di essere il più oggettivo possibile, ma mi è molto
difficile in quanto la scarica di emozioni è fortissima dopo un primo
ascolto.

"silenced" è la "intro-track".
Questa rivela quello che sarà lo stile di fondo del cd:
cattivo, molto ritmico e soprattutto mudvayne.
La grande innovazione rispetto alle vecchie canzoni è la
chitarra, molto più pulita e potente, dal suono secco, deciso e metallico.
Vorrei essere chiaro fin da subito su un punto: non si tratta di un clone
di L.D.50 (il loro lavoro di esordio sul palcoscenico mondiale) bensì di qualcosa
di totalmente nuovo.

Lo si può capire anche dalla seconda canzone, "Trapped In The Wake Of A Dream",
in cui si sentono le influenze del passato "kill i ougghta", comunque migliorate
da una eccellente batteria.

Segue l'attuale singolo del disco: "Not Falling".
Questo porta i segni della totale evoluzione che i mudvayne
hanno subito nel cursus dei 3 album: l'ordinamento di una rabbia, più modulata e curata.
E' un capolavoro : doppio pedale alla batteria, riff veloci e
un tocco di classe dato dalle tastiere che accrescono l'armonia
e l'atmosfera della canzone.

Dopo una pezzo del genere ne serve uno che
sia degno del confronto. questo è proprio "(per)verion of a truth". sembra che tra
i primi tre brani dell'album e i successivi ci sia un cambiamento, e la linea di demarcazione
è proprio quest'ultimo. Ritmiche più acide, basso a impostazione death (con i "middle" molto alti)
danno il presagio di un cambiamento generale dello stile del cd. Da qui in poi emerge la
maturità della band: in confronto ai pezzi a seguire, L.D.50 sembra grezzo e coperto
forse da un uso eccessivo dell'elettronica. Ora il sound è molto più strumentale ed
equalizzato meglio.

In "Mercy Severity" si notano soprattutto
i cambiamenti nell'impostazione del basso (più liscio e classico) e forse elogiare la
batteria l'ennesima volta risulterebbe ripetitivo e noioso.
apprezzo molto il cambiamento di stile vocale di kud (ora chud): la giusta dose tra voce pulita
(comunque necessaria in una canzone) e il rabbioso groul urlato.


Queste sono anche le caratteristiche di "world so cold". Canzone con un inizio calmo e cantato,
seguito da un ottimo ritornello: l'unione di potenza e melodia. E' la prima volta che i mudvayne
compongono una brano di questo calibro, "nothing to gein" del precedente "L.D.50" forse è l'unica
ad avvicinarsi a questo stile, ma forse non è abbastanza matura per esserevi paragonata.
Il testo è particolare in quanto misto di speranza, passione e sconsolazione. emozioni
diverse convivono nello stesso brano ed il risultato è strabiliante.

La seconda metà dell'album è caratterizzata da un'altro cambiamento, come se tra le influenze
dei mudvayne, oltre al crossover e al death, si venga ad aggiungere anche l'industrial.
Sembra cambiato anche il metodo di composizione dei pezzi, il quale appare
più libero, come meno legato o controllato, e paragonabile ad una semplice eruzione di energia.
A rispecchiare queste caratteristiche ci sono "The Patient Mental",
"Shryng", "Solve Et Coagula" e "Shadow Of A Man", messe quasi in progressione di cattiveria.

A spezzare questa cattiveria ci pensa "12:97:24:99": traccia vuota della durata di
12 secondi, interposta come una pausa tra quello che è stato il corpo centrale e quello che sarà il
finale dell'album. Dopo un'introduzione lasciata alla sperimentazione di nuovi stili, alla melodia,
trasformatasi in rabbia più acida e ritmica nella parte di mezzo, ora il finale non può che essere travolgente.

Così, la rabbia e l'esaltazione delle prime canzoni,
la speranza e il rancore delle successive, convogliano energia in quella che sarà un'atmosfera
da giudizio universale. Ritmi più pestati, tribali, incutono quel senso di impotenza davanti
all'energia e all'urlo determinato dei mudvayne. "The End of All Things To Come" è un titolo pefetto sia per l'album che
per la canzone che, insieme a "a key to nothing", condurrà alla fine di questo.

Per la prima volta mi sembra di cogliere un nesso logico tra le canzoni del cd,
come se insieme ti raccontassero una storia, che ti prende. Le prime tre canzoni
urlano la voglia di essere ascoltati e l'energia che ne deriva. Ne seguono altre che esprimono
la delusione e infine la
determinazione a voler distruggere.

In sostanza:
La capacità di controllare un rumore e di fargli assumere quel nonsochè di personale,
che lo renda musica, che lo renda loro e forse anche un po' nostro, è quello che caratterizza questo album.
La diversità delle sensazioni che trasmettono le canzoni è la carta vincente,
Diversità permessa dal continuo cambiamento di stile tra le varie canzoni.
Questo cd è la conservazione delle loro origini, privata
da quello che erano le loro pecche e con l'aggiunta di tecnica, esperienza e molta,
moltissima rabbia.
Forse può essere tutto riassunto in evoluzione.
Sta di fatto che non sono più il gruppo che ha fatto da spalla agli slipknot, non sono più il gruppo
dell'urlo scordinato di L.D.50, ora sono maturi e soprattutto
hanno da dire qualcosa...
siete pronti ad ascoltare?


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Voto: 9
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Ringrazio La Epic Records che mi ha permesso e sollecitato di fare una recensione libera e imparziale. Nonostante ciò non penso questo album abbia troppi difetti, quindi mi vedo costretto a parlarne bene!

Inviatemi Le vostre future recensioni a pegasus22@libero.it di modo che l'album possa essere apprezzato da più punti di vista. Sono bene accette anche recensioni di album precedenti.

Grazie





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