"Trasformazioni geo-economiche nel Genovesato nord-occidentale"

 

CAPITOLO PRIMO

IL QUADRO GENERALE DI RIFERIMENTO

Area oggetto di analisi

Il Genovesato nord-occidentale è rappresentato dall’area geografica delle valli dei torrenti Stura, Orba e Leiro . Le prime due sono situate nel versante padano dell’Appennino Ligure e comprendono amministrativamente i comuni di Masone, Campo Ligure, Rossiglione ( Valle Stura ) e Tiglieto ( Valle d’Orba ). La valle del torrente Leiro ubicata nel versante genovese dell’Appennino Ligure è invece compresa parzialmente nel comune di Mele (Fig. 1.1) .


L’area oggetto d’esame occupa una superficie pari al 7,8% di quella provinciale, ospitando una popolazione pari soltanto all’1,5%. Questo dato denota il peso demografico, del tutto marginale, del Genovesato nord – occidentale . Anche la densità abitativa è bassa, in considerazione del fatto che si tratta, secondo la terminologia e la classificazione adottata dall’ISTAT, di “comuni montani”, coinvolti da tempo dal processo di spopolamento della montagna italiana (Tab. 1.1) .

 Sotto il profilo morfologico la zona è caratterizzata dalla presenza di rilievi con forti pendenze, tranne che in corrispondenzadi alcune terrazze quasi pianeggianti. Buona parte del territorio di Masone è rappresentato da vaste zone pianeggianti, in particolare esse sono situate presso il suo confine orientale, in una area denominata “località Piani” .

 

Fig. 1.1 - Carta Amministrativa

 

 

  

 

 

Tab. 1.1 - Popolazione Residente

Torrente Stura ( presso S. Pietro)

Per quanto riguarda l’idrografia, il torrente Stura, che dà il nome all’omonima valle, ha origine nella zona dei Piani di Praglia, ed il suo corso, di circa 31 chilometri, termina confluendo nel torrente Orba, a sua volta affluente della Bormida presso Alessandria.. Al contrario il torrente Leiro, originato dalla confluenza di altri due corsi d’acqua (Rio Acquasanta e Rio Gorxesio), dopo aver attraversato l’abitato di Mele termina il suo percorso sfociando nel Mar Ligure nei pressi di Voltri .

Sotto l’aspetto climatico, se da un lato la valle Leiro registra condizioni intermedie tra quelle mediterranee e quelle padane, essendo abbastanza difesa dagli effetti termoregolatori del Mar Ligure, che le permettono di godere di un clima mite e regolare, dall’altro le valli dell’Oltregiogo registrano un clima caratterizzato da inverni freddi e prolungati e da estati fresche: il regime pertanto è di tipo sub-continentale.
Le temperature invernali sono di poco superiori agli 0° C e quelle estive sono sempre inferiori ai 22° C, con le dovute eccezioni che variano di anno in anno (Tab. 1.2). La media annua della piovosità in questa zona risulta essere intorno a 1500 mm. con picchi massimi registrati nei mesi di ottobre/dicembre e febbraio/marzo, mentre i minimi si ritrovano a luglio. (Fig. 1.2).

Tab. 1.2 - Popolazione Residente

Fig. 1.2 - Precipitazioni e Temperature

Alto Bacino della Valle Stura

I principali venti presenti nella zona sono la “tramontana” che spira fredda da nord, ed il “marino” che soffia caldo da sud.

La vegetazione, più abbondante sui rilievi, è caratterizzata da una netta prevalenza d’alberi di castagno rispetto alle altre varietà di piante. La ragione di tale preponderanza è attribuibile al fatto che la popolazione locale ne ha, per secoli,utilizzato i suoi frutti ed il suo fogliame ( più in particolare, quest’ultimo veniva usato come strame ). La macchia boschiva è costituita anche da alberi di pino, quercia e frassino. Nel versante marino, fino a Mele, prevalgono le zone prative e i rimboschimenti di pino, ed in alcuni tratti possiamo trovare qualche lembo residuo di macchia mediterranea.

Le vicende socio-economiche fino agli anni Sessanta
 

La posizione della valle Stura e delle valli confinanti assume particolare importanza nel contesto occidentale del Genovesato, sia per la vicinanza alla costa in corrispondenza di Voltri, sia per la loro funzione di collegamento con l’Ovadese e l’Acquese. Tale posizione geografica ha rivestito un ruolo assai importante anche in epoche passate. Non a caso già nel XIII e XIV secolo queste valli avevano registrato una forte espansione socio-econominca strettamente legata ai bisogni della Repubblica Genovese per la presenza d’insediamenti produttivi specializzati nella lavorazione del minerale di ferro proveniente dall’Isola d’Elba.

 

Tali bisogni sono testimoniati dalla realizzazione, a partire dal 1278, di una nuova direttrice di penetrazione., la via “Romea” o “Cannellona”, che collegava Voltri con Masone, e permetteva ai mercanti dell’epoca di muoversi verso il Monferrato, la Lombardia, e quindi verso l’Europa centrale, in tale contesto, il mercato intermedio di Campo Ligure svolgeva un importante centro d’interscambio. Non a caso le dimensioni così ampie offerte dalla piazza principale di questo centro testimoniano infatti l’importanza del ruolo svolto dal mercato che ogni giorno vi si teneva: più in particolare se da un lato i mercanti rivieraschi e quelli monferrini potevano giungere a Campo in mattinata, effettuare i loro scambi e, sempre nella stessa giornata ritornare alle rispettive località di residenza, dall’altro i Campesi fungevano da intermediari, basando le proprie fortune proprio su questo fattore commerciale.

Campo Ligure - La torre del Castello

 

La Valle Stura, già prima dell’età moderna, costituiva inoltre un’area in cui soggiornavano abbastanza frequentemente molte nobili famiglie genovesi che trovavano nei loro feudi, o in quelli di loro parenti, rifugio durante le lotte intestine in città, durante le pestilenze e le carestie da cui era afflitta la città capoluogo della Repubblica Ligure. E’ comunque da osservare che, nel secolo XIV, anche la valle Stura aveva conosciuto la grande peste del 1348 così come altre epidemie e le carestie venute a registrarsi nello stesso XIV secolo ed in quello successivo.

Ancor oggi la maggior ricchezza economica dell’area oggetto di studio si individua nella grande estensione dei boschi, il cui sfruttamento fu forse il primo motivo di insediamenti stabili nelle epoche passate.
L’abbondanza di legname e d’acque sono stati sicuramente i fattori essenziali che hanno favorito l’insediamento in valle di numerose attività artigianali e preindustriali, quali ferriere, fucine, cartiere, fornaci e vetrerie, attività che a loro volta hanno favorito sviluppi demografici impensabili con le sole attività agricole. L’attività delle vetrerie in valle è compresa tra il XIII ed il XV secolo; la valle Stura ed in particolare Masone e Rossiglione erano fra i centri vetrari più importanti dell’Appennino Settentrionale. Un luogo di sicura produzione del vetro era il centro del paese vecchio di Masone; altro centro era Rossiglione, che poteva vantare la presenza di due vetrerie. La materia prima usata per fare il vetro proveniva da cave di roccia silicea presenti in zona ( ne restano tracce visibili presso il Monte Turchino, dove le coltivazioni sono continuate anche in anni recenti per altri scopi). In valle potevano anche prodursi la calce e gli altri fondenti ottenuti da ceneri vegetali ricche di potassio. 

I prodotti finiti, soprattutto bicchieri, venivano venduti a Genova da dove potevano essere smerciati anche altrove. Nella valle d’Orba, già a partire dal XIII secolo, la vocazione agricola è stata la caratteristica principale della popolazione locale. L’economia si giovava altresì dello sfruttamento delle risorse naturali: dai vastissimi boschi circostanti si ricavavano abbondanti quantità di castagne e di legna da ardere. Degno di nota anche l’allevamento di bestiame che poteva vantare di un ampio parco bovino.L’economia poggia principalmente sul turismo: l’elemento di maggiore attrazione e fascino era, ed è tutt’oggi l’antica Abbazia Cistercense posta nella Piana della Badia nei pressi di Tiglieto. 

Esistevano due piccole aziende industriali per la produzione di materiale sanitario, ed una ditta per la produzione , la lavorazione ed il commercio dei funghi e dei carciofi sott’olio; ma le risorse vere, da trasformare in beni economici, sono in definitiva, quelle elargite dalla natura; le speranze dell’economia sono fermamente ancorate alla valorizzazione turistico-residenziale.. Il fenomeno che ha caratterizzato tale zona e che si è accentuato con il passare degli anni è quello del pendolarismo della popolazione tiglietese, che ha avuto inizio con la nascita dell’attività industriale della valle Stura, per poi estendersi sul polo genovese.

 

L’industria cartaria divenne l’industria regina della zona di Mele: gli “edifici da carta” raggiunsero il numero di cinquanta già nel XVI secolo. All’origine di tanto slancio della manifattura della carta c’era un gruppo locale composto da mercanti di elevata caratura economica e sociale. Erano stati loro che, a partire dagli anni Quaranta del Cinquecento, avevano rilevato gli impianti esistenti, o in altri casi li avevano fatti costruire ex-novo. Al di là dell’importanza della cartiera come luogo di scambio di beni, gli “edifici” genovesi ospitavano tutto il ciclo della lavorazione: dalla primitiva lavorazione della materia prima fino al prodotto finito. Gli anni della seconda metà del XVI secolo furono decisivi per la manifattura cartaria di tutta Europa, ma rispetto alle esperienze che si andavano conducendo, quella genovese sembrava trovarsi in evidente vantaggio.Il motivo principale di questo vantaggio dipendeva dalla elevata qualità della carta fabbricata, infatti, essa era assai rinomata grazie alle sue caratteristiche di resistenza.

Mele - Ruderi di una cartiera

La ferriera Moglia di Rossiglione - Come compare in un manoscritto del 1754

La presenza di una cartiera nella valle è documentata da materiali archeologici databili fra il 1640 e i primi anni del 1800; essa era localizzata ad un chilometro da Masone, e faceva parte di un quartiere industriale comprendente anche una ferriera ed un mulino che nel fondovalle sfruttavano la forza idraulica per muovere ruote e macchinari. L’economia basata sulla lavorazione del ferro ha favorito fin dal XIII secolo lo svilupparsi di fucine e ferriere, ed il secolo XVII ne rappresentò il periodo di maggiore espansione. Nel 1673 in tutta la Liguria si contavano quarantasette ferriere: di esse ben tredici si trovavano in valle Stura ( tre a Masone, due a Campo Ligure e otto a Rossiglione ). Gli addetti occupati direttamente nelle ferriere nei periodi di pieno lavoro erano poco più di cento; la dimensione economica era quindi limitata, ma essi fungevano da volano per una serie di produzioni collaterali che assorbivano una grande quantità di addetti: dalla raccolta della legna alla successiva lavorazione del ferro, al commercio dei prodotti finiti.. A Masone, in particolare, sembra che l’attività siderurgica sia stata ancora più coinvolgente rispetto alle vicine Campo Ligure e Rossiglione. Infatti, proprio da Masone affluiscono sul mercato genovese chiodi di vario tipo, per costruzioni navali, da falegname e da maniscalco.

 Nel 1714 le fucine erano almeno ventidue. Ricevevano dalla ferriera locale, per lavorarle, barre di ferro, ed alla ferriera restituivano i residui derivanti dalla lavorazione. Il rapporto tra ferriera e fucina era molto stretto.

Infatti, a partire dal XVII secolo la struttura economica della valle Stura, basata da un lato sulle ferriere e dall’altro sul disboscamento e sull’agricoltura, favorisce l’immigrazione di forza lavoro : più in particolare, se da un lato Rossiglione nel 1607 registrava nel borgo inferiore 1.775 abitanti ed in quello superiore 1.110, dall’altro Masone non conta che poche case, lo stesso per Campo Ligure ove gli abitanti superavano di poco il migliaio.

 Rossiglione costituisce certamente il centro egemone in ambito produttivo, e la sua consistenza demografica appare superiore anche ad Ovada. Grazie all’impulso dello sviluppo delle attività di tipo industriale, quali ferriere e fucine, la popolazione crebbe in modo straordinario: nel 1758 la popolazione era di 1.027 unità, e nel 1819 Masone raggiunge i 2.027 abitanti. Grandi mutamenti sopravvengono a partire dall’inizio del XIX secolo; col diffondersi dell’industria tessile la produzione delle fucine si riduce notevolmente. Della tradizionale lavorazione del ferro, così ben avviata e sviluppata nei secoli precedenti, erano sopravvissute solo poche fucine di chiodaioli. Sul finire del secolo XIX erano ancora alcune decine le persone che lavoravano nelle fucine in condizioni di estremo disagio. L’orario di lavoro era gravosissimo, e il chiodaiolo non guadagnava a sufficienza per il mantenimento della famiglia. Anche le poche fucine rimaste erano destinate a scomparire nell’arco di pochi decenni, soppiantate da tecniche di lavorazione più moderne e sostituite quasi completamente dai cotonifici. Con la fine della seconda guerra mondiale il capitolo della produzione di chiodi viene definitivamente chiuso.

Nei primi anni del XIX secolo le attività industriali del Genovesato, entrarono in crisi soprattutto a causa della forte concorrenza delle grandi fabbriche del capoluogo ligure, che avevano avuto una notevole espansione verso la fine del XVIII secolo.

Rossiglione - Panorama delle due borgate

 

 

 

 

 

 

Masone - Paese nuovo

Fig. 1.3 - Un quadro sulle vie di comunicazione

Nella prima metà del secolo XIX, dopo il precedente periodo di recessione, la ripresa economica si attuò attraverso un nuovo sviluppo del settore agricolo e della nascente industria tessile. Questo processo prosegue la sua maturazione fino ad una fase di stabilizzazione che coincide con la realizzazione in Valle Stura di alcuni opifici per la tessitura del cotone. A questi fatti è legata la costruzione della carrozzabile Voltri-Ovada, iniziata nel 1860 ed ultimata dieci anno dopo; grazie a questa infrastruttura era finalmente garantita la percorribilità dei mezzi di trasporto durante tutto l’anno. Questo importante obiettivo fu raggiunto grazie alla creazione di un consorzio fra Ovada e i tre comuni che si assunsero tutto l’onere della realizzazione della sede stradale tra Ovada ed il Turchino. Sia la costruzione di tale nuova via di comunicazione, sia la realizzazione della linea ferroviaria Genova-Ovada-Acqui Terme contribuirono a far uscire l’intera zona dall’isolamento facilitandone l’accesso al mare e agli altri centri più vicini (Fig. 1.3).  

Questi fattori alimentarono concretamente all’insediamento di nuove attività industriali. E’ proprio dopo il 1860 che si diffonde la lavorazione del cotone in valle, favorita oltre che dall’abbondanza delle acque, proprio dalla presenza di manodopera competente nel settore e a basso costo. Con il primo censimento civile del 1861 gli abitanti sono 2.245 (Tab. 1.3); nel 1871 sono 2.652, nel 1901 arrivano a 3.534, per sfiorare i 4.000 nel 1911 (Fig. 1.4). A partire dal 1869, anno in cui sorse a Campo Ligure la prima “fabbrica di tessuti di cotone a telai meccanici”, l’industria manifatturiera ebbe un’espansione record in tutta la valle. Lo stabilimento di Campo Ligure dava lavoro a 200 operai, i due di Masone occupavano 450 persone, ma il “Cotonificio di filatura e tessitura in cotone” di Rossiglione occupava nel 1881 ben 650 operai, cifra che sarà sempre in aumento anche nei decenni successivi (Tab.1.4 - 1.5).  

La fabbrica favorì una forte immigrazione nel paese, come dimostra l’aumento della popolazione rossiglionese di ben cinquecento unità nel decennio che andava dal 1871 al 1881. All’inizio degli anni Cinquanta dell’Ottocento l’industria manifatturiera a Rossiglione rappresentava il settore a più alta occupazione, circa il 62% della popolazione attiva lavorava nel “Cotonificio Ligure”. La situazione demografica è chiaro indice, all’inizio del secolo XIX, dello sviluppo industriale della Valle. Nel 1901 Rossiglione conta 3.587 abitanti, Campo Ligure 4.093, Masone 3.534. Il settore agricolo, comunque, occupava ancora il 42% della popolazione attiva infatti, in quell’anno, ben 4.464 abitanti della Valle, su un totale di 11.214 risiedono in case sparse. L'attrattività di tale polo industriale era verificata dal fatto che circa il 60% della manodopera proveniva dai paesi circostanti (Fig. 1.5).  

Tab. 1.3 - Andamento popolazione dal 1861 al 1971

 

Fig. 1.4 - Grafico andamento popolazione dal 1861 al 1971

 

Tab. 1.4 - 1.5 - Provenienza della manodopera nel "Cotonificio Ligure"

 

Fig. 1.5 - Provenienza geografica della manodopera del "Cotonificio Ligure"

Con l’avvento dello sviluppo industriale si registra anche a Campo Ligure un evidente incremento dei residenti, infatti nel 1901 si contavano 4.093 abitanti. Durante la Prima Guerra Mondiale il Cotonificio Ligure trattò quasi esclusivamente tessuti militari; a Masone si produceva tela grigio-verde per l’esercito una parte del personale maschile ivi impegnato ottenne l’esonero dalle armi. Nel 1919 si ritornò alla lavorazione di tessuti per il commercio. Iniziò per il Cotonificio un periodo di prosperità che si prolungò per oltre un decennio.

Tab. 1.6 - Clienti nazionali del "Cotonificio Ligure"

 

Tab. 1.7 - Clienti esteri del "Cotonificio Ligure" 

  

Fig. 1.6 - Clienti nazionali del "Cotonificio Ligure"

 

Fig. 1.7 - Clienti esteri del "Cotonificio Ligure" 

Il "Cotonificio Ligure"

La principale materia prima che veniva utilizzata per la produzione dei filati fu il cotone, il quale proveniva esclusivamente dall’estero. Fino agli anni Venti i principali fornitori erano i paesi dell’Africa settentrionale e dell’Asia minore. Negli anni successivi, tramite grossisti, il Cotonificio si riforniva anche di cotone sudafricano ed americano. Lo stabilimento tessile fu il più importante insediamento industriale locale, sia per la sua dimensione, sia per il numero di maestranze, sia per la quantità di merce prodotta, infatti molti erano i clienti, sia nazionali (Tab. 1.6). sia esteri (Tab. 1.7). In particolare i clienti nazionali erano localizzati perlopiù nelle regioni del nord Italia (Fig. 1.6), mentre nel resto del mondo il Cotonificio operava soprattutto sul mercato europeo (Fig. 1.7).

La fortuna della manifattura tessile proseguì fino agli anni Trenta per gli stabilimenti di Campo Ligure e Masone, mentre per quello di Rossiglione furono gli anni Sessanta a segnarne la crisi. Intorno al 1930, risentendo della grave crisi del 1929, fu definitivamente chiusa l’ultima ferriera. Fu proprio in questo periodo che ebbe origine il fenomeno del pendolarismo, che diventerà la caratteristica dominante della realtà socio-economica della valle e delle aree circostanti. Alla fine del XIX secolo ed anche nei primi decenni del successivo, l’attività agricola interessava ancora la maggior parte della popolazione. 

 

Una particolare attività artigianale che ha avuto uno sviluppo notevole a Campo Ligure e stata la produzione di filigrana in oro ed argento ( essa era già presente dal 1884. ). In realtà il successo di questo tipo di lavorazione fu dovuto principalmente ad una calcolo di tipo economico: la manodopera era più facilmente reperibile e costava meno di quella presente in città, questo permetteva di ottenere profitti più elevati.. Molte famiglie, sul finire dell’Ottocento e ai primi del Novecento, si appropriarono della tecnica dando vita a nuovi laboratori: a Campo, nel 1924 erano presenti ben dodici piccole imprese; nel 1940 erano salite a quarantasette ed occupavano stabilmente oltre 100 addetti. Dopo la Guerra il settore sembra espandersi e, nel 1961, gli addetti sono 162 oltre al numero ancora maggiore di indotti. La crisi degli anni Sessanta e Settanta ha portato ad una drastica diminuzione dei laboratori e degli addetti, ma contemporaneamente ad una maggiore espansione sui mercati mondiali ( il 30% del prodotto è esportato all’estero, mediamente per alcune ditte l’esportazione oltre confine raggiunge anche il 70/80% ). 

 

Campo Ligure - Lavorazione della filigrana

Il ruolo che il Genovesato nord-occidentale ha assunto nella economia ligure, e nel più ristretto ambito ovadese, a partire dai primi decenni del secolo XIX, era dovuto essenzialmente all’attività manifatturiera ed in modo particolare all’attività agricolo-zootecnica. Lo sfruttamento agricolo del territorio si riduce sensibilmente nel dopoguerra a causa della ridotta capacità di produzione di reddito rispetto a quello derivante dai vari settori dell’industria. L’attività manifatturiera sempre crescente fino agli anni Cinquanta, è venuta in seguito esaurendosi a causa della profonda crisi che ha colpito il settore tessile provocando forti squilibri nella struttura economica della valle. Fino agli anni Cinquanta la dinamica demografica della valle evidenzia ancora una crescita regolare e continua, stabilizzandosi su circa 4.300 unità in ognuna delle tre realtà urbane: dopodiché il processo sarà di continuo depauperamento. 

Il Genovesato nord-occidentale si presenta, a partire dagli anni Cinquanta, con una capacità di attrarre manodopera sempre più ridotta, sia nel settore secondario. sia nel settore terziario; il rapporto tra addetti e attivi (Tab. 1.8). era di 0,6 per il settore secondario, e 0,7 per quello terziario nel 1951, mentre nel 1971 i valori sono risultati in diminuzione sia per l’industria che per il settore dei servizi. In egual modo, notiamo che, la variazione in senso negativo si ha anche nel numero di persone occupate nel settore secondario (Tab. 1.9) tra il 1951 ed il 1971 ( -38,3% ). L'aumento della popolazione occupata nel settore terziario (Fig. 1.8). risulta confermata (Tab. 1.10) anche a livello provinciale (Fig. 1.9).

Nel decennio che intercorre tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, la valle Stura e le valli circostanti, risultavano essere caratterizzate da un’elevata percentuale di pendolari, in quanto si era accentuato il fenomeno della gravitazione dell’intera zona nei confronti del polo genovese, ove si erano sviluppati grandi insediamenti industriali.

Solo nel decennio compreso tra il 1970 ed il 1980 si è assistito ad una inversione di tendenza con l’insediamento in Valle di un buon numero di piccole industrie e imprese artigiane che hanno rallentato l’esodo, non solo, ma hanno creato altresì le premesse per una ripresa demografica e di attività economica decisamente interessanti.
La stessa agricoltura ( che vede ridotti gli attivi al 9% nel 1961 e al 5% nel 1971 ) si presenta oggi in netta ripresa, specie nel settore zootecnico.

 

Tab. 1.8 - Rapporto tra addetti e attivi

Tab. 1.9 - Popolazione occupata

Fig. 1.8 -

Tab. 1.10 -

Fig. 1.9 -

  PREMESSA

CAPITOLO PRIMO

IL QUADRO GENERALE DI RIFERIMENTO
CAPITOLO SECONDO LE VICENDE SOCIO ECONOMICHE TRA GLI ANNI SETTANTA E GLI ANNI NOVANTA
CAPITOLO TERZO LO SPAZIO RELAZIONALE ORIGINATO DA ALCUNE ATTIVITA' ECONOMICHE LOCALI ALLA LUCE DI UNA INDAGINE DIRETTA
CONCLUSIONI
 
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