Nuovi poteri | ||
Nuovi padroni 406 - 476 Migliaia e migliaia di uomini passano il Reno ghiacciato: è la più grande invasione mai vista dai romani. L'Oriente è protetto da un efficiente esercito, l'Occidente invece è nei guai: povero e difeso solo da mercenari stranieri. La città di Roma viene assediata per la prima volta dopo ottocento anni. Tutta l'Europa viene occupata dai popoli germanici. E i vandali arrivano anche in Africa. |
Bassorilievo di tarda epoca imperiale che mostra un cavaliere germanico. Nel V secolo i popoli «barbari» dilagano in tutta Europa, sconfiggendo in battaglia tutti gli eserciti imperiali. |
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Riassunto I nuovi stati del quinto secolo
Prosegui Dopo la caduta. Solidità e frattura
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Paradossalmente la difesa di Roma è ormai gestita da uomini di origine germanica. L'enorme impero costruito dalla "città eterna" si è trovato incredibilmente privo di risorse umane. La differenza fra oriente ed occidente è tutta lì. Quello ha ancora degli uomini disposti a difenderlo. Questo no. Nel senso che proprio non ci sono più soldati, fisicamente. Sono tutti morti. O per la crisi economica, che ha portato carestie, povertà ed epidemie, o sul campo di battaglia. La gloria di Roma è ormai lontana. Gli episodi rovinosi sono stati talmente tanti da lasciare gli eserciti letteralmente privi di soldati. Gli altri uomini, i "civili", sono religiosi, servi, contadini o commercianti che – comprensibilmente – non hanno la minima intenzione di combattere e rischiare la vita per uno stato ormai assente. In questo clima di fine dei vecchi tempi, segnata da interminabili guerre e violenze, i popoli romanizzati si sono affidati in massa a una nuova religione monoteista. La dottrina cattolica è divenuta l'unica mentalità in grado di rassicurare la popolazione umana. L'organizzazione "spirituale" della Chiesa sostituisce l'organizzazione "civile" dello Stato. La società ha una nuova visione del mondo. L'imperatore ha ceduto, per legge, il suo antico potere religioso ai sacerdoti cristiani. L'educazione e la cultura diventano totalmente a carattere religioso. |
Confronta
Comandanti germanici alla guida dell'impero
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L'impero di Roma è giunto alla fine della sua parabola. Le grandi legioni di una volta, organizzate come gli eserciti moderni, si sono dissolte sotto la pressione di una guerra logorante. I romani "antichi" per primi avevano avviato una lunga fase di conquista territoriale, estendendo i loro possessi all'Italia, all'Europa, all'Africa, all'Asia Minore e al Medioriente. Ma poi, già nei primi secoli dell'era cristiana, man mano che le frontiere si allargavano e si allontanavano dalle città sicure e dedite al commercio, molti cittadini... persero la voglia di combattere. L'ideologia conquistatrice si offuscava. Fra i non combattenti si diffuse una sorta di "pacifismo", sia laico che religioso. Poi la rotta si è invertita e i popoli nemici hanno iniziato a sfondare le frontiere romane. Adesso per legge tutti gli abitanti dell'impero sono considerati «cittadini romani», ma non hanno niente a che vedere con i "guerrafondai" dell'antica Roma. Anzi ora osteggiano apertamente la violenza. Mentre la vecchia ideologia romana, battagliera e politeista, lasciava il posto a una diversa visione della vita, "pacifista" e monoteista, divenne sempre più difficile organizzare un esercito di leva. Gli imperatori avevano a che fare con i potenti locali che proteggevano i loro sottoposti. Gli uomini comuni preferivano diventare dipendenti o servi dei padroni, piuttosto che rischiare la vita in una logorante guerra difensiva. I militari, la cui presenza era comunque necessaria per vigilare le frontiere ed opporsi alle spedizioni nemiche, aumentarono le richieste economiche e diventarono dei professionisti remunerati. Contemporaneamente l'impero sovranazionale si è trovato circondato da vari popoli nemici. All'inizio delle prime irruzioni dal nord lo stato ha spremuto tutte le sue risorse economiche, offrendo adeguati stipendi ai nuovi soldati e abolendo le desuete distinzioni nobiliari di "classe", permettendo anche ai contadini di arrivare a ruoli di comando. Così mentre la gente comune si rifugiava nella Chiesa, i militari "comuni" si impossessarono dello Stato a scapito della decadente aristocrazia politeista. Il movimento espansivo di popoli che premeva contro le frontiere romane non era costituito solo da combattenti "antiromani". Accanto alle "invasioni" c'era anche l'emigrazione come la conosciamo noi. Così nello stesso esercito imperiale, colpito dalla carenza di reclute, la componente di uomini immigrati dal nord aumentava senza sosta. Così gli stranieri, accolti a braccia aperte dagli ultimi governi imperiali, hanno potuto far carriera nel multietnico esercito che solo nominalmente era "romano". Nel corso del tempo hanno conquistato diritti giuridici, diventando capitani, generali e addirittura comandanti supremi di tutte le armate imperiali. I romani bellicosi non c'erano più. E i cittadini dell'impero guardavano con sospetto le truppe accampate nelle proprie città. Nel III secolo l'imperatore – ancora a capo dell'esercito – si era spostato a Milano per affrontare l'inizio delle irruzioni germaniche. I tempi ora sono molto più "cupi", segnati dalle guerre e dalla concomitante crisi economica. Gli imperatori sono in due da molto tempo. E nessuno di essi è romano e nemmeno italiano. Nel V secolo il governo occidentale è talmente debole che delega il potere militare ai suoi generali e fugge rifugiandosi in Ravenna. Invece l'imperatore di Costantinopoli, che vigila sul mondo greco-romano mediorientale ed africano, riesce a mantenere una salda direzione politica: i governi d'Oriente bloccano la germanizzazione dell'esercito ed evitano le iniziative avversarie più pericolose. Così, i guerrieri del nord, ostacolati da una forte barriera militare che protegge tutto l'impero a sud dell'attuale Istanbul, dilagano nelle lande europee. Queste sono ormai semi-abbandonate, e i germani fanno ulteriori razzie, cercando di ritagliarsi uno spazio autonomo in quella civiltà che hanno contribuito ad abbattere. Infine, col consenso del governo occidentale di Ravenna, ormai del tutto dipendente da Costantinopoli, i germani e alcune tribù asiatiche, tutti pressati dagli unni, si insediano in territorio romano, con donne e bambini. |
Confronta con
Dalle invasioni al medioevo L'invasione, o migrazione, di questi popoli germanici è del tutto simile a quella avvenuta migliaia di anni prima da parte dei popoli ellenici, o greci. Entrambe sono violente e inarrestabili. Entrambe si scontrano con una società più avanzata, ovvero più complessa dal punto di vista sociale, tecnico e culturale. Entrambe contribuiscono a provocare il collasso di tali civiltà "avanzate", quella greco-romana (tardo imperiale) da parte dei germani, quella cretese-micenea, invece, da parte dei greci. Entrambe provocano un periodo "oscuro", di arretramento della cultura, di diffusione dell'analfabetismo e di rimescolamento dei valori, che dopo qualche secolo di assimilazione e ricostruzione darà vita a un nuovo tipo di società. |
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1. Le grandi invasioni Nell'inverno del 406-407 sul Reno ghiacciato si verifica la più grande invasione della storia dell'impero romano. Un po' alla volta, nel corso di duecento anni, i germani si sono spostati dalla Scandinavia fino al confine romano che corre dal Reno al Danubio. E ora, sotto la pressione degli unni, che arrivano dalle steppe russe, gli "immigrati del nord" si riversano in massa nell'impero. Mentre le truppe regolari del comitatus sono impegnate in Italia, quattro grosse popolazioni germaniche e una asiatica si riversano nel territorio romano, desolato dopo decenni di guerra, guerriglia e crisi economica. Sotto lo sguardo impotente dei battaglioni limitanei di frontiera – troppo piccoli per affrontare una grande massa di gente – gli stranieri («barbari») si insediano, più o meno violentemente, in territorio imperiale. I burgundi e gli alemanni si stabiliscono nella Germania romana, subito dopo il Reno, o nella Gallia del centro-nord. Vandali, svevi e i cavalieri asiatici alani raggiungono la Gallia meridionale. Vari campi, città e villaggi vengono saccheggiati durante la marcia. L'impero si dimostra palesemente inefficace nella difesa. I romani bellicosi non ci sono più. Ora sono "pacifisti" e preferiscono diventare dipendenti a vita dei potenti locali, piuttosto che rischiare la vita stessa in una guerra senza quartiere. Il nome di "servo della gleba" – servus glebae – è stato coniato nel IV secolo. Il valore bellico non si associa più al miles gloriosus dei "bei tempi", ma al violento barbarus di oggi. Il comandante dell'esercito non è più di nascita aristocratica, ma è un militare di carriera. Un contadino o un uomo che ha ereditato il mestiere dal padre. L'esercito romano è totalmente disorganizzato e i territori si affidano non più alla protezione dell'imperator ma a quella del suo sostituto, il magister militum. Nemmeno l'esercito "barbarizzato", però, si dimostrerà sufficiente a fermare la massiccia ondata di "invasioni barbariche". |
In altre parole, entrambe produranno un'età di mezzo
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un medioevo –
succeduto dal ritorno della civiltà, intesa come organizzazione politica
di città tecnicamente avanzate, le cui basi fondanti saranno il
risultato di una "rilettura" degli antichi valori, più
"avanzati", uniti a quelli tradizionali degli invasori.
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Come detto, durante l'invasione sul Reno l'esercito regolare era impegnato in Italia. Qui le truppe, comandante dall'uomo più importante dell'impero, il comandante in capo dell'esercito – magister militum – Flavio Stilicone, riescono a respingere i germanici ostrogoti fuori dalla penisola. Nello stesso momento l'ennesimo gruppo germanico di qualche decina di migliaia di guerrieri ha attraversato tutta la regione dei Balcani. Si tratta dell'altra grande stirpe di goti, i visigoti, comandati e probabilmente unificati dal re Alarico, il cui nome germanico – Alaric – significa "re di tutti". Le truppe si fronteggiano nuovamente in Italia settentrionale.
L'azione del comandante in capo dell'esercito romano, Stilicho, è stata efficace per vent'anni, ma ora non ci si fida più di lui. L'accusa è di tramare per l'acquisizione del potere supremo e così Stilicone, la cui madre era germanica, viene fatto assassinare dal governo. Il potente magister militum stava effettivamente cercando un'alleanza con gli avversari, ma la natura di tale accordo resta oggetto solo di supposizione. Sicuramente li giudicava pericolosi, ma per vari anni i goti erano stati alleati dei romani e, insediati nei Balcani, avevano combattuto contro altri stranieri. Magari potevano essere disponibili ad un nuovo accordo. D'altronde sarà proprio questa la politica adottata pochi anni dopo dal governo imperiale: i germanici visigoti saranno "accettati" dai romani e saranno insediati in Gallia con l'impegno di combattere contro le altre popolazioni, come i burgundi, che avevano passato il Reno. Invece per il momento, una volta eliminato il valoroso magister militum metà romano e metà vandalo, niente sarà più in grado di fermare l'irruenza degli invasori.
Nel 410, solo tre anni dopo la tremenda invasione sul Reno, altri guerrieri germanici, quelli goti comandati da Alaric arrivano fino a Roma. Le mura fatte costruire da Aureliano nel 274 sono del tutto inutili. La capitale è protetta da una minuta guarnigione. Gli invasori sono troppi. Le armate imperiali non hanno più niente a che vedere con un'istituzione a difesa dello stato, basata sulla disciplina fisica e morale: sono solo truppe mercenarie che dipendono esclusivamente dal proprio comandante generale e dallo stipendio, o bottino, che questi riesce a procurar loro. Il popolo è troppo povero e provato per opporre resistenza. Chi ha dei soldi li investe per la sua esclusiva sicurezza personale. I ricchi se ne stanno rintanati presso le proprie ville di campagna. La corte imperiale e le sue guardie personali hanno abbandonato la capitale da più di cento anni. Inizialmente si erano spostati a Milano per seguire le campagne militari di quegli imperatores che nel III secolo erano ancora degli abili e potenti condottieri alla guida dell'esercito "confederale". Ma ora, a causa della pressante minaccia nemica su Milano, l'Imperatore d'Occidente, che ha ceduto il comando militare già da venticinque anni al magister militum, si trasferisce a Ravenna (402-476). La città dell'Emilia viene giudicata più sicura: era stata spesso utilizzata come luogo di confino grazie alla protezione naturale di varie paludi malariche. E così Roma, lasciata incustodita da tutti, compreso il sovrano d'oriente, viene saccheggiata per la prima volta dopo otto secoli.
In seguito a un rapido saccheggio, i germanici visigoti, in cerca di un posto dove stanziarsi, stipulano finalmente un nuovo trattato di alleanza con l'impero. Sotto la guida del successore di Alaric ricevono un territorio ufficiale nella Gallia meridionale e prestano le loro forze alla repressione delle rivolte contadine, rivolte che da tre secoli cercano di opporsi a modo loro alla decadenza del regime imperiale. In pochi anni, una volta padroni del territorio, i visigoti espanderanno il loro dominio – o regno – in Spagna, spingendo ai margini della penisola le altre tribù germaniche e asiatiche che avevano passato il Reno, cioè alani, vandali e svevi, e si erano qui insediate. |
Guerre, anarchia, epidemie e carestie si sono intrecciate per secoli alimentando l'endemica crisi agraria del mondo romano e provocando un circolo vizioso che ha portato impoverimento, spopolamento e abbandono delle terre coltivate.
I germani alla guida dell'esercito Il tramonto dell'imperator in occidente L'oriente resiste alla "germanizzazione"
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I vandali poi vengono spinti sempre più a sud, finché, guidati da Jensericus (forse Jönsenrick in tedesco), attraversano lo stretto di Gibilterra. Infine, nonostante l'accanita resistenza, conquistano tutta l'Africa romana fino a Cartagine. Divenuti navigatori per necessità passando le Colonne d'Ercole, ora si dedicano alla pirateria, arricchendosi a spese dello stato imperiale e compromettendo in maniera drammatica i rifornimenti alimentari per Roma, provenienti in massima parte dal mercato più conveniente, che ai quei tempi era appunto quello africano. In pochi anni l'impero, già gravato da una lunga crisi istituzionale ed economica, si trova letteralmente in ginocchio. Le città depredate, la gente affamata. Molti capi germanici, tramando con latifondisti romani, funzionari o imperatori corrotti, diventeranno i reali padroni del territorio. |
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2. L'insediamento Dopo una pressione pluridecennale, i popoli germanici hanno sfondato il confine nel 376 e nel 406-407. In pochi anni ritroveremo decine di migliaia di persone, comandante da capi tribali-monarchi molto forti militarmente ma dotati di scarsa autorità, ad occupare direttamente il suolo "romano", insieme a donne e bambini. Riassumendo i germani occidentali – franchi, alamanni e i più orientali burgundi – si stabiliscono in Gallia e Germania, subito dopo aver passato il Reno. Altri loro compatrioti – i vandali, gli svevi e la tribù asiatica degli alani – giungono sulle sponde del Mediterraneo fino alla Spagna. Una tribù dei visigoti, una delle popolazioni teutoniche d'oriente storicamente più aggressive, dalla Romania penetra prepotentemente nei Balcani, attraverso il Danubio. Nonostante l'opposizione delle armate imperiali, i visigoti devastano per l'ennesima volta la regione che i romani chiamano Illyria e poi passano in Italia, saccheggiando la decadente capitale nel 410. Infine si alleano con l'impero che hanno invaso ormai da trentacinaque anni, ne ricevono uno stipendio e si impegnano contro gli altri invasori. L'esercito "romano" è ora piccolissimo. E i visigoti, federati con l'impero, sconfiggono gli altri popoli germanici che erano arrivati in Gallia. I Balcani sono il fronte europeo orientale contro cui si riversano tutte le invasioni da circa duecento anni e continueranno ad esserlo anche nei secoli a venire, col sopraggiungere delle popolazioni slave del primo medioevo e di altre tribù asiatiche più tardi. L'Italia è divenuta il luogo di passaggio e di sosta momentanea delle truppe imperiali che continuamente si spostano nei diversi paesi limitrofi. La lontana Britannia è stata abbandonata in fretta e furia dalle guarnigioni imperiali. La Gallia viene difesa con vigore, ed è praticamente contesa fra i due poteri politico-militari, quello germanico e quello imperiale. La Spagna viene occupata dai guerrieri teutonici. L'Africa occidentale è nelle mani dei capi guerrieri vandali e dei pochi ricchi cittadini privati. Questo cambiamento era nell'aria da tempo. I germani premevano alle frontiere. I posti di potere erano per metà occupati da uomini del nord. L'immigrazione controllata non aveva avuto successo. La lotta per il potere era divenuta sanguinosa. Ma bisogna pur andare avanti. L'Uomo si rifugia nella Chiesa, dove vede bellezza ed unità. E le armate germaniche vengono "accettate" come se fossero degli eserciti regolari: la legge prescrive che esse occupino le case e i territori imperiali, con le stesse modalità dei vecchi eserciti romani. Intanto i migliori soldati germanici ricevono delle terre e delle ville come "pagamento" da parte dei loro re. Si prefigura ampiamente la situazione del medioevo.
Con la fine del mondo antico, dall'unità politica si torna alla separazione. Dopo l'impero sovranazionale, si passa a nuovi "stati" nazionali. L'impero e la cultura razionale hanno fallito. Ma non tutto il male viene per nuocere. Ad esempio, il non dover più sostenere le alte tasse imperiali reca un relativo beneficio ai contadini gallici e a quelli africani che non sono mai stati del tutto assimilati, né alla cultura greca né a quella romana.
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Comandanti germanici alla guida dell'impero Il tramonto dell'imperator in occidente |
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3. L'oriente resiste, l'occidente crolla Trent'anni dopo l'invasione sul Reno, l'impero di Roma produce l'ultimo suo grande difensore, il generale Ætius. Cresciuto fra gli unni, Ezio utilizza gli stessi pericolosissimi cavalieri asiatici come mercenari e sconfigge i burgundi, confinandoli in una regione montuosa disabitata. Ma quando, verso il 444, il nuovo potentissimo re unno, Attila, cercherà di unire al dominio di tutte le steppe eurasiatiche anche le provincie occidentali dell'impero, germani e romani si alleeranno per combattere il nemico comune. Ezio, alla guida di un grande esercito che include le truppe alleate di visigoti, burgundi e franchi, nonché le truppe regolari – formate in buona parte da stranieri naturalizzati – infligge ai cavalieri nomadi una sconfitta talmente pesante da mandare in crisi tutto l'impero degli unni. In breve tempo, dopo la scomparsa del "flagello di Dio", la precaria federazione di tribù che ha terrorizzato il mondo intero per quasi un secolo si disferà completamente mischiandosi con le altri genti. Ma i germani hanno ormai circondato la vecchia e decadente Italia. Per Roma non c'è più speranza: anche Ezio viene fatto uccidere dai suoi superiori e, crollato l'ultimo baluardo dell'impero, il re vandalo Genserico assedia la "città eterna" saccheggiandola per quindici giorni consecutivi. La pirateria vandala spadroneggia in tutte le isole del Mediterraneo. I guerrieri germanici sono ormai i veri protagonisti di ogni vicenda, sia dalla parte dei nuovi regni indipendenti, sia dalla parte del decadente impero d'occidente. L'imperatore invece non ha alcun potere reale: la tradizionalista legge che proibisce agli stranieri di accedere al trono non verrà mai infranta. E così il sovrano sarà solo la copertura della volontà dei capi stranieri, oppure della corte di Costantinopoli-Bisanzio. Qui infatti il potere imperiale si mantiene più forte che mai. Gli imperatori sono riusciti a rimpolpare le esangui armate imperiali grazie a nuove attive generazioni di contadini e montanari. Agli immigrati germanici vengono lasciate poche possibilità di emergere. La densità demografica, bassissima rispetto al giorno d'oggi, è però sufficiente a far apparire in netta minoranza qualsiasi clan o tribù straniera insediata nel territorio greco-romano. L'economia si mantiene florida, proprio grazie alla densità demografica, e alla presenza di grandi agglomerati urbani e piste carovaniere che si perpetuano dagli albori della storia scritta. La capitale d'oriente, attiva economicamente, religiosamente e politicamente, viene protetta da varie cerchie di mura, una più grossa dell'altra, che reggeranno a qualsiasi tentativo d'assedio anche per tutto il medioevo. L'oriente è ricco. L'occidente povero. Prima del 476 avvengono due tentativi di Costantinopoli di recuperare anche la ricca Africa, ma entrambi falliscono. Nel 476 Odoacre, un germano della tribù degli sciri alleata con gli ostrogoti, depone l'ultimo imperatore d'occidente, chiamato grottescamente Romolo Augusto. Era il figlio del generale germanico Oreste e non era nemmeno stato riconosciuto dall'oriente. Odoacre decide che è ora di finire questa commedia – o tragedia – e riconosce formalmente l'autorità del sovrano d'oriente Zenone (474-491), agendo ufficialmente come suo generale o governatore. Questo atto politico è ormai inevitabile: sebbene Ravenna e la romanità abbia fin'ora offerto una protezione psicologica a buona parte della popolazione imperiale, Roma e l'Italia hanno perso il ruolo di leader da quasi tre secoli, tutto l'occidente è in crisi perenne e l'impero stesso è del tutto ingovernabile, e ingovernato, da vari decenni. Nel V e VI secolo la romanità in occidente diventerà il sostrato culturale di regni indipendenti, economicamente arretrati, espressione di aristocrazie guerriere convertite a un cristianesimo ancora in sviluppo ma già combattivo. In oriente la società ellenistico-romana si trasformerà nel sistema burocratico e gerarchico dell'impero bizantino, dedito al culto di Dio e rispettoso dell'autorità imperiale.
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Riassunto I nuovi stati del quinto secolo Confronta Comandanti germanici alla guida dell'impero Il tramonto dell'imperator in occidente L'oriente resiste alla "germanizzazione"
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