Commenti, valutazioni, discussioni dalla/sulla/per la società del XXI° secolo

IL TERRITORIO DEL VENETO E’ SATURO
ED IL MODELLO DI SVILUPPO PROPOSTO E’ INSOSTENIBILE

di FRANESCO MIAZZI

I COMITATI PER DECOSTRUIRE IL PROGETTO NEOLIBERISTA, PER ESTENDERE LA CULTURA DELLA APRTECIPAZIONE, PER FONDARE LE RADICI DI UNA NUOVA COMUNITA'
.Abbiamo ancora fortemente impressi gli echi “gioiosi” delle giornate e della Manifestazione di Firenze con le riflessioni, le implorazioni, le grida delle migliaia di persone giunte da ogni parte d’Europa e del Mondo per dire “No alla guerra globale”, per ricordare che con questo modello di sviluppo, il pianeta è destinato al collasso irreversibile, per chiedere un’equa distribuzione delle risorse, per rivendicare il diritto di cittadinanza universale, per denunciare i soprusi, lo sfruttamento, la morte di milioni di esseri umani.
Di fronte alla potenza e allo scenario di morte dispiegati dalla strategia costituente dell’impero, all’irresponsabilità degli organismi di governo mondiale del pianeta, alle immagini di bambini, uomini e donne costretti alla morte per fame e malattia, ai racconti delle condizioni di lavoro nei distretti produttivi del sud del mondo... confesso di aver sentito spesso in questi anni il livello d’inadeguatezza del mio/nostro agire quotidiano.
Ha un senso dedicare le proprie energie fisiche, economiche, intellettive, temporali per cercare di fermare la costruzione di un elettrodotto, di un inceneritore o di un nuovo centro commerciale? Ha un senso battersi contro un aeroporto, un parcheggio sotterraneo, un’espansione industriale, un’autostrada, una cava, una fabbrica inquinante? Ha un senso quest’impegno contro l’overdose di benessere, di fronte ad uno scenario di distruzione e devastazione, al cospetto di milioni di esseri umani che conducono la loro quotidiana battaglia per sopravvivere o per avere accesso all’acqua potabile?
A queste domande non si può rispondere solo a livello istintivo. Rischi di vedere nella moltitudine che ti circonda, insensibilità ed opportunismo, rischi di esaltare il senso di strumentalizzazione di cui ti senti oggetto, da parte di quelle persone interessate alla risoluzione “di quel particolare problema”, rischi di esasperare il senso di vergogna dovuto alla fortuna di vivere nel cuore del ricco occidente, di sentirti tuo malgrado un piccolo ingranaggio della macchina dell’industrialismo e del consumismo, rischi di pensare che le contraddizioni globali le risolvi dirigendo i tuoi sforzi, le tue risorse, la tua presenza fisica nei luoghi dove maggiore è la contraddizione che si manifesta. La razionalità, invece ci suggerisce un’altra lettura, un’altra interpretazione.

AGIRE LOCALE E’ GIA’ PENSARE GLOBALE
Nell’epoca della globalizzazione, ogni iniziativa di lotta e/o di resistenza, si coniuga materialmente con i processi d’opposizione alla logica liberista. Ogni articolazione concreta, ogni proposta che si materializza diventano cunei nel modello produttivo e nei processi di sfruttamento in atto.
In questo troviamo conferma anche nella riflessione e nelle proposte di Naomi Klein, attenta osservatrice nonché protagonista del primo ciclo di lotte globali. Klein segnala la crescita globale delle azioni dirette ed invita a “rafforzare le azioni che producono un effetto sulla vita reale delle persone ”.
Torna prepotentemente al centro del nostro percorso, in particolare dopo Firenze, la necessità di spezzare la logica delle azioni simboliche, inseguendo i vertici e le conferenze mondiali, per applicarsi alla costruzione di una rete sociale globale che organizzi le azioni dirette, faccia crescere la cultura della partecipazione, ponga le radici per una nuova forma di comunità. E con intelligenza, riesca a sfidare i fondamenti della democrazia rappresentativa, getti le basi di un nuovo municipalismo fondato sul principio partecipativo.
L’esperienza dei Comitati, in questo senso e verso questo orizzonte, può essere e diventare utile.

UNA LETTURA DIVERSA DEL RUOLO DEI COMITATI
In questi anni, i conflitti determinati dai comitati popolari, in particolare sulle questioni ambientali rappresentano un’importante novità sul piano sociale e politico. Il Veneto a nostro avviso, rappresenta un’esperienza molto interessante.
A) Il fenomeno attuale dei comitati popolari è solo in parte erede delle analoghe esperienze, che hanno fatto la loro comparsa a partire dagli anni ‘70 - ’80. Si tratta in notevole misura, di un’emersione nuova e, sicuramente, più complessa, con un approccio alle forme organizzative, al conflitto e al rapporto tra conflitto e rappresentanza, del tutto originale rispetto allo scenario dei decenni precedenti.
Un’evoluzione dovuta soprattutto al fatto che nel frattempo, con l’affermarsi della globalizzazione è mutato e maturato il contesto socioeconomico, è maturata la consapevolezza che in questo passaggio, anche l’uomo e la natura sono inglobati nel mercato, diventando a loro volta merci (magari riproducibili, brevettabili, commerciabilizzabili).
B) Un secondo elemento di novità è dato dall’estensione sul piano globale di queste realtà, pur tenendo presente che ognuna di esse, rappresenta in sé una particolare ed originale esperienza.
In pratica, le condizioni della globalizzazione sono, probabilmente, all’origine dell’emergere di fenomeni analoghi o simili d’aggregazioni popolari e di conflitti: le comunità di villaggio dell’Ecuador che lottano contro la costruzione di un Oleodotto che mette a rischio l’intero equilibrio delle regioni in cui vivono, non sono dissimili, in questa visione, dai coordinamenti di comitati nati per la chiusura di una fabbrica inquinante, che sconvolge l’intero sistema naturale ed umano di un territorio dell’Europa. E dalle forme di lotta, alle modalità d’uso dell’azione diretta, ritroviamo spesso molti tratti comuni.
C) Anche se va preso atto che ancora molti dei fenomeni aggregativi e conflittuali con dimensione locale, ricadono ancora nella formula “comitati Nimby” (“non nel mio giardino”, neologismo californiano coniato negli anni ’80), sono molteplici le esperienze dove la partecipazione evolve in termini d’allargamento, di progressiva crescita di una rete più consapevole di cittadini che va oltre allo specifico tema che li ha visti in partenza aggregarsi. Questo passaggio si è notato e si nota in molte esperienze di comitati popolari ed è uno dei tratti più originali del fenomeno.
D) Risulta evidente la relazione tra la crisi dei partiti tradizionali ed il fiorire di gruppi, comitati, associazioni che si muovono sui temi più disparati. Questo dato porta a pensare che la crisi riguardi la sfera della politica tradizionale e che questa, non coincida con una crisi della partecipazione. Altro elemento di novità è rappresentato dal fatto che i comitati popolari rivendicano un nuovo “protagonismo” politico che mette in discussione le forme attuali della rappresentanza.

PERCHE’ CENTINAIA DI COMITATI NEL VENETO?
La maggior parte dei conflitti nella nostra regione, sono legati a questioni ambientali. Una delle ragioni deriva sicuramente dalla pressione antropica sull’ambiente. Togliendo la superficie e la popolazione delle comunità montane, nella pianura veneta si registra una densità di 320 abitanti per Km quadrato, una cifra vicina al livello del Giappone (332) e dei Paesi bassi (379).
Se a questo affianchiamo lo sviluppo diffuso, la proliferazione delle piccole e grandi zone Industriali, Centri direzionali e Commerciali, le reti viarie, comprendiamo le origini dell’insofferenza, dell’opposizione, della rivolta che trova protagonisti i cittadini coinvolti dai nuovi progetti.
Il paesaggio rurale, i grossi poli industriali, i centri abitati, fino agli anni ’60 elementi distinti e demarcati, sono stati stravolti dalla “metropoli diffusa”, dove il comparto produttivo erode senza fine, spazio al territorio rurale, il Commerciale s’incunea in forma invasiva nel residenziale, la rete viaria reclama nuove arterie con diramazioni tentacolari che stanno soffocando tutto l’ambiente, le montagne di rifiuti richiedono nuove discariche ed impianti d’incenerimento, le montagne vere vengono martorizzate dalle continue escavazioni.

IL TERRITORIO DI QUESTA REGIONE E’ SATURO ED IL MODELLO DI SVILUPPO PROPOSTO E’ INSOSTENIBILE.
Nell’ultimo decennio i veicoli registrati in Veneto sono aumentati del 35-40%, superando la media di un veicolo ogni due abitanti; le stesse percentuali d’aumento (+40%) si registrano nel traffico autostradale; l’utilizzo dei mezzi pubblici si è ridotto di 1/3; il 90% delle persone e delle merci viaggia su gomma; sono ancora attive quasi 500 cave; stenta a crescere il riciclaggio e sta aumentando la pressione della massa dei rifiuti, più che raddoppiati nell’ultimo ventennio; i rifiuti speciali prodotti dalle attività produttive superano i 3 milioni di tonnellate segnalando un incremento del 70% solo nel periodo 1989-1995; l’attività edilizia che ogni anno supera i 20 milioni di metri cubi, è la più elevata in Italia, in particolare nei fabbricati non-residenziali; i corsi d’acqua presentano tassi d’inquinamento che li rendono inservibili e pericolosi; la qualità dell’aria nei centri urbani e nelle periferie industriali, è ormai saldamente vicina alle soglie di attenzione e di forte rischio per la salute; le cime dei colli, le sommità di palazzi e condomini, ogni centro e periferia urbana sono stati sommersi da un’esponenziale installazione di antenne radio-TV e della telefonia mobile;
Il grido d’allarme per l’insostenibilità è lanciato da anni dai gruppi e dalle associazioni ambientaliste, dai Comitati, dagli amministratori più sensibili. Ma la spirale sembra inarrestabile. Le pressioni per ripartire con le grandi opere viarie, con i governi nazionali e locali del centrodestra, si sono fatte sempre più pesanti: A28, Pedemontana, Passante autostradale di Mestre, Tunnel sotto il raccordo di Mestre, A 31 – Valdastico sud, la TAV, solo per citare le principali.
Attorno a questi progetti viari s’inseriscono prepotentemente i progetti di nuove zone industriali ed artigianali, dei mega-centri commerciali, delle multisale, dei centri direzionali destinati a richiamare nuovo traffico e conseguenti pressioni sull’ambiente.
I Parchi stanno subendo un attacco speculativo senza precedenti. Basti pensare all’aumento dell’edificabilità previsto per l’area del Basso Isonzo a Padova, allo stravolgimento dei confini e del Piano Ambientale in discussione in questi giorni nel Parco Regionale dei Colli Euganei.
Le normative nazionali, la sudditanza della Regione e l’arroganza dei gestori, cercano di riportare all’istallazione selvaggia delle antenne, all’istallazione di elettrodotti pericolosamente vicini alle abitazioni ed ai luoghi di abituale dimora.
Culture e prodotti transgenici hanno invaso i nostri terreni agricoli e gli scaffali dei supermercati.

LA SOCIETA’ CIVILE SI ORGANIZZA PER DIFENDERE SALUTE E TERRITORIO… GUARDANDO OLTRE IL PROPRIO GIARDINO
Della grave situazione hanno cominciato a rendersi conto i cittadini, che dopo timide opposizioni si sono organizzati in Comitati, hanno iniziato a produrre conflitto, stanno utilizzando tutte le competenze del sapere diffuso, le forme e i canali della comunicazione tradizionale ed innovativa.
Intrecci interessanti, alleanze trasversali, costruzione di percorsi, nuovi progetti stanno timidamente affacciandosi sullo scenario sociale. Associazioni e gruppi ambientalisti operano in stretto contatto con le reti dei comitati, associazioni dei consumatori rinsaldano il rapporto con la rete della produzione e distribuzione biologica, la rete del volontariato interviene e rafforza la finanza etica e le forme di commercio equo e solidale.
E tutti spesso, attraversano tutto, in una babele virtuosa dove il conflitto decostruisce il progetto neoliberista e nello stesso tempo fonda le radici di una nuova comunità.

fmiazzi@offdb.com

Monselice (PD) 20/11/02

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