Attualita' dall'ambiente del Veneto

È aperta la caccia ai bracconieri legalizzati. Nove proposte di legge per dare licenza di uccidere a chiunque decida si sparare a tutti gli animali in qualunque mese dell'anno, perfino nei parchi protetti. «Il più grave attacco alla natura» dicono gli ambientalisti, sferrato dal governo di centro-destra, aiutato in questo caso anche dai Comunisti italiani

CACCIA O BRACCONAGGIO?

di Danilo Selvaggi *

Appresa la notizia del disastro sulle coste galiziane, pare che il ministro spagnolo dell'ambiente abbia deciso di andare a caccia. Esorcismo? Improrogabili impegni con le allodole, ansiose di incontrare il ministro? O qualche strana legge socio-ecologica il cui significato fatalmente ci sfugge? Qualunque sia la ragione di quel gesto, esso vale come metafora più generale dell'attenzione dei governi per i drammi ambientali: un'attenzione sostanzialmente nulla, quando non patologicamente capovolta. Le specie animali si estinguono, gli habitat naturali si riducono, l'aria, la terra e l'acqua continuano a ingoiare veleno e tuttavia i governi cosa fanno? Vanno a caccia. Per quanto ci riguarda, l'Italia non è affatto da meno, anzi spingendosi ben oltre la spiacevole metafora spagnola. Sono infatti giunte alla camera dei deputati, in nome dei «problemi della caccia rimasti insoluti e che chiedono giustizia!» (parole testuali del deputato della Leganord Stefani, punto esclamativo incluso), nove proposte di legge mirate a un rilancio in grande stile della caccia, a una sorta di spavaldo neoromanticismo venatorio. Leggendole, sembra quasi di aver sbagliato secolo: nove proposte estreme, tali da riportarci a stagioni che, seppure a fatica, credevamo tramontate: le stagioni degli animali fatti a pezzi ed esposti in piazza, delle aquile e degli orsi abbattuti impunemente, dell'uccellagione, dei cardellini accecati per fungere da richiamo. Nove proposte che hanno spinto la Lipu a parlare del «più grave attacco alla fauna, alla natura e alla biodiversità della storia repubblicana» e tutte le associazioni ambientaliste ad unirsi tra loro in quella che si annuncia come una campagna, anche questa, di altri tempi.
Negli ultimi dieci anni, la caccia come battaglia ambientalista era passata in secondo piano, sostituita dal suo cattivo alter ego, il bracconaggio, e dai mille altri problemi che affliggono la biodiversità. Una legge quadro (la nota 157 del 1992) aveva infatti sancito una specie di pax romana tra mondo venatorio e ambientalisti, spingendo questi ultimi a «distrarsi» dalla caccia in quanto tale e a concentrarsi sulle numerose infrazioni della legge stessa, a cominciare appunto dal dilagante fenomeno del bracconaggio. Memorabili, in tal senso, le azioni contro i bracconieri-mafiosi nascosti nei loro bunker di cemento presso lo Stretto di Messina, o le rischiose azioni di vigilanza nelle valli bresciane e sui litorali campani.
Una battaglia condotta in nome della legge, appunto la 157, e di una ormai diffusa coscienza ecologica. Ancora oggi, la 157 è considerata una legge valida, nata per recepire la corrispondente direttiva europea e regolare l'attività venatoria, subordinandola alla salvaguardia delle specie animali. Una legge che tuttavia rischia di essere smantellata, umiliata dalle proposte di legge presentate in parlamento. Cosa dicono dunque queste proposte? Quale scenario ambientale e culturale e persino di sicurezza dei cittadini delineano? A seguire, un riassunto breve e purtroppo non esaustivo di quello che rischia di accadere.
1 - Gli animali selvatici non saranno più «patrimonio indisponibile dello Stato», come solennemente sancito dall'articolo 1 della legge 157 e dalle convenzioni internazionali, ma torneranno ad essere «res nullius», cosa di nessuno, «oggetti» a disposizione. 2 - Il territorio nazionale verrà ridisegnato in funzione della caccia: si potrà cioè cacciare anche nelle foreste demaniali, nei parchi, nelle riserve naturali, in quei luoghi preposti alla conservazione della natura, all'educazione e alla ricreazione di bambini e adulti. Chi potrà dunque sentirsi sicuro, persino tra i «visitatori» umani, visto che già oggi sono decine le vittime annuali della caccia? 3 - Verranno aboliti i divieti di esporre animali vivi o morti, interi o fatti a pezzi, nelle sagre e nelle fiere, pratica arcaica e praticamente desueta. 4 - La caccia sarà aperta tutto l'anno, da agosto a febbraio per legge, negli altri mesi per espedienti e scappatoie varie. Sarà dunque possibile cacciare anche nei periodi di riproduzione e migrazione degli animali, delicatissimi per gli equilibri ecologici. 5 - Verranno depenalizzati (cioè trasformati in mere infrazioni amministrative) tutti i reati penali come l'abbattimento o la cattura di orsi, falchi, aquile, cicogne, stambecchi; o come l'esercizio della caccia nei giardini urbani, nei campi sportivi e in altri luoghi preclusi; o come il commercio e la detenzione di fauna protetta; o addirittura come la caccia da veicoli in movimento. Tutto ciò sarà possibile, salvo una semplice multa giusto nel caso si venga scoperti. 6 - Le prove d'esame per il patentino di caccia saranno ridotte da cinque a una. Peraltro, incredibile a dirsi, verrà abrogato il comma 5 dell'articolo 22 che specifica la necessità di superare l'esame per ottenere l'abilitazione. Cioè, per essere promossi basterà «sostenere» l'esame, non «superarlo»! 7 - Infine, secondo una forma estrema di devolution, la competenza sulla tutela della fauna selvatica (o quello che ne rimarrebbe) passerà del tutto a minuscoli ambiti locali, nonostante che il tema sia per sua natura «globale» e che, per questa stessa ragione, la costituzione italiana e una recentissima sentenza dell'alta corte (536/2002) sanciscano la potestà esclusiva dello stato in materia di tutela dell'ambiente e degli ecosistemi. Questo ed altro ancora prevedono le nove proposte di legge dei deputati Stefani (Leganord), Massidda (Forza Italia), Bono (An), Onnis (An), Benedetti Valentini (An), Serena (An), Gibelli (Leganord) e Rizzo (Comunisti italiani) , nonché di un gran numero di co-firmatari. Inoltre, tra le pieghe delle proposte notiamo un'altra interessante facility, e cioè la riduzione fino al 60% delle tasse per l'esercizio venatorio.
È in realtà questo uno dei temi attorno a cui ruota l'intera faccenda: bisogna in effetti chiedersi cosa può aver spinto la maggioranza e persino un importante membro dell'opposizione a proposte così hard e forse addirittura controproducenti. Due sembrano le risposte più plausibili: da un lato, l'utilizzo della caccia come nuovo grimaldello per smantellare l'idea dell'ambiente quale patrimonio indisponibile dello stato, bene da tutelare e promuovere concretamente. Un bene, in realtà, che viene pian piano dismesso, violato, svenduto (vedi Patrimonio spa, riduzione delle aree protette, rimozione delle norme di tutela, prove tecniche di condono edilizio ecc.). Dall'altro, la necessità, sotto la spinta di armieri e associazioni venatorie più estreme, di arrestare il declino clamoroso, in senso numerico e sociologico, che vive ormai da tempo il fenomeno «caccia». In dodici anni il numero dei cacciatori italiani si è infatti più che dimezzato, passando dal milione e mezzo del 1990 a 800 mila del `96 fino all'attuale 700 mila (fonte Euripses). Come far fronte allora a questo crollo? Abbassando le tasse, certo, ma non solo. Di fatto si sceglie il modo più estremo e parossistico, rimuovendo ogni vincolo, aprendo la strada alla nuova era della doppietta: bracconaggio legalizzato, caccia sempre e ovunque, piombo e fucili dappertutto. Nove proposte di legge che dunque ci consegnerebbero un paese culturalmente offeso e in cui la tutela degli animali selvatici e in genere la conservazione della natura perderebbero possibilità e ragione d'essere. Proposte che hanno indignato persino una parte del mondo venatorio, tanto da spingere il presidente dell'Arcicaccia Osvaldo Veneziano a scrivere una lettera aperta a L'Unità (18 Dicembre) e a parlare, senza mezzi termini, di «aggressione distruttiva al nostro patrimonio faunistico... sponsorizzata da qualche fabbricante di cartucce». Parole che meriterebbero attenzione.
Tra un paio di settimane, le nove proposte di legge verranno discusse in commissione agricoltura della camera. Dovessero passare, l'Italia, straordinario ponte biologico per milioni di uccelli migratori, perderebbe l'unica legge di tutela degli animali selvatici, aggiungendo così una nuova tessera grigia al già triste mosaico giuridico-culturale che sta componendo. Le associazioni ambientaliste e animaliste hanno giurato battaglia, avviando una campagna di opposizione che nei prossimi giorni prenderà corpo. Dal canto suo, l'opposizione parlamentare (Verdi e Prc in particolare) ha minacciato la raccolta di firme per il referendum abrogativo, qualora la totalità dei disegni di legge non venisse ritirata. Certo sarebbe auspicabile che il primo passo lo facesse il comunista Rizzo, ritirando la propria proposta. Vedremo.
Intanto, in Galizia migliaia di berte, sule, gabbiani continuano a trovare la morte nera, e con essi la pesca e l'intera economia dell'area, messe in ginocchio dal relitto letale della Prestige. È davvero questo il futuro che intendiamo costruire? Ma il ministro dell'ambiente spagnolo è andato a caccia, e dal ministro dell'ambiente italiano a tutt'ora non c'è risposta. O forse, come dice l'onorevole Stefani, ci sono altri problemi che chiedono giustizia. Bene, ma attendiamo di capire quali e a quale forma di giustizia ci verrà chiesto infine, e probabilmente invano, di abituarci.
* Lipu, Lega Italiana Protezione Uccelli - Birdlife Italia

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