CAPITOLO 11
John Law

 

John Law è un personaggio interessantissimo, non solo per il ruolo che ha svolto come innovatore in campo finanziario, ma anche per il modo in cui è giunto a rivestire tale ruolo. Misconosciuto oggi, egli fu forse l'uomo più potente d'Europa nel breve lasso di tempo in cui questa potenza si può circoscrivere: circa cinque anni. Law è un puro esempio di uomo parabolico, per la veloce scalata al successo e il simmetrico capitombolo. Nacque a Edimburgo , in Scozia, nel 1671; figlio di un orafo benestante che morì quando egli era solamente dodicenne, approfittò della conseguente eredità, peraltro piuttosto cospicua, per trascorrere la sua giovinezza tra i tavoli da gioco di Londra, dove si trasferì finiti gli studi. Risiedeva nel quartiere più alla moda della città e trovava il modo di dissipare il più velocemente possibile l'eredità lasciatagli dal padre: degustava laute colazioni in osterie note soprattutto per i prezzi celestiali più ancora che per la qualità dei cibi; perdeva le sue giornate sorseggiando vino o birra nei caffè, circondato da amici altrettanto sfaccendati e talvolta, quando le chiacchiere non bastavano cercava la compagnia di qualche signorina sensibile alla moneta. Una vita di questo genere non poteva che avere una fine scontata: quella dei soldi. E infatti John Law, con rapidità non sorprendente, ne rimase senza. Rischiò, oltretutto, la prigione per debiti e fu salvato solo da un provvidenziale aiuto pecuniario della madre. Giocare d'azzardo alla fine del diciassettesimo secolo non rappresentava solo un vizio decisamente costoso, ma anche un indispensabile viatico per avere accesso ai circoli eleganti e alla buona società cittadina. Per questo motivo Law non rinunciò alle partite a faraone o a brag, altresì continuare quel tipo di vita era il modo migliore per ridursi sul lastrico con probabilità che si approssimava alla certezza. Law ne era conscio e in quel periodo cominciarono i suoi primi e più approfonditi studi sulla matematica e sul calcolo delle probabilità, principalmente per applicarle al gioco. Consultò tutte le più recenti pubblicazioni in materia e grazie al suo spiccato talento matematico non ebbe difficoltà a comprenderle. Il suo modo di giocare si fece ad un tempo più prudente e più proficuo, tanto che le ingenti vincite che cominciò ad intascare generarono più di un sospetto sull'onestà delle sue giocate. Ma ben presto questa vita tra tavoli verdi e lenzuola di lino subì una brusca frenata. Successe un avvenimento che condizionò pesantemente la sua vita, ma del quale rimangono molte zone ombrose e pochi granelli di luce: John Law fu accusato di omicidio volontario e incarcerato. Egli aveva ucciso (questo è l'unico dato certo, perché di sua stessa ammissione) un noto damerino di città, non dissimile da lui per stile di vita e frequentazioni. I due si affrontarono in duello, che rappresentava una soluzione piuttosto frequente dei dissidi tra gentiluomini. A Law non mancavano amici influenti a corte, i quali, in effetti, tentarono di evitargli la pena capitale o di farlo uscire di prigione chiedendo la grazia al re. Tutto inutile, perché al processo il giudice, probabilmente prezzolato dalla famiglia dell'ucciso, condannò Law. Trascorse qualche mese in carcere, sempre sperando nella grazia regia, ma quando risultò chiaro che non sarebbe venuta, prese in considerazione il parere di chi gli consigliava la fuga. Dunque fuggì, solo questo si può dire, perché nulla o quasi si sa di come avvenne la fuga: Law, persona riservatissima e alla quale piaceva circondarsi di un fascinoso alone di mistero, non parlò mai di questo episodio, neppure quando non avrebbe più potuto recargli alcun danno. Cominciò allora un lungo esilio che ebbe come prima tappa Parigi. Vagabondando tra le più importanti città europee si dilettava a spennare qualche immancabile indigeno danaroso, e sviluppò nel contempo il suo nuovo interesse: l'economia. Non si trattava di un interesse del tutto nuovo in realtà, perché già prima dell'esilio frequentava spesso l'ambiente finanziario londinese, ma adesso aveva l'opportunità di vedere in prima persona quello che succedeva in tutte le piazze più importanti d'Europa, da Amsterdam, a Genova o a Venezia, e di maturare precise idee personali sul ruolo della moneta e sugli usi che se ne potevano fare, i benefici che essa avrebbe potuto avere per la prosperità di uno Stato. Decise che queste sue idee dovevano essere concretizzate. Era probabilmente stanco di un esilio che si trascinava da quasi dieci anni, e allora non v'era occasione migliore per tornare in patria che quella di poterle offrire dei servigi che l'avrebbero sollevata da una imbarazzante crisi finanziaria. Raggiunse Edimburgo e si attivò immediatamente per far conoscere i propri progetti alla Regina d'Inghilterra attraverso la redazione di un primo scritto: "Saggio su una Banca Terriera" in cui si proponeva l'istituzione di una banca che emettesse cartamoneta garantita sul valore della terra. Secondo l'opinione di Law, la terra rappresentava una base più stabile per la concessione di un credito rispetto all'argento, per il fatto che il valore della prima è sostanzialmente stabile mentre quello del secondo oscilla in relazione alla disponibilità. Il suo testo non venne nemmeno considerato. Non rinunciando al suo intento lo raffinò con la pubblicazione di un nuovo testo: "Considerazioni sul commercio con una proposta per fornire la nazione di moneta" . Il saggio appare di una chiarezza espositiva notevole e anticipa concetti che verranno in seguito ripresi anche dagli economisti classici. Uno dei concetti che Law ha ben chiaro è quello del significato del denaro, egli lo vede come un mezzo di scambio funzionale e non come un bene dal necessario valore intrinseco, meglio dunque utilizzare a tal fine delle banconote coperte da qualche bene che mantenga valore costante (come appunto la terra) piuttosto che l'oro e l'argento, il cui prezzo può fluttuare in base alla maggiore o minore disponibilità. Le sue proposte vennero discusse al parlamento scozzese, dove l'alterco tra i sui sostenitori e i suoi detrattori per poco non degenerò in rissa. Law fu costretto dai rifiuti ricevuti in Inghilterra e Scozia, a far emigrare le proprie idee nel continente e, con esse, egli stesso riprese la via dell'esilio. Si diresse verso Vienna, città che gli riservò un'altra amarezza perché anche l'imperatore non sapeva che farsene dei sui progetti, e l'unica sua consolazione fu il buon numero di persone desiderose di perdere le mutande al gioco. A questo punto il suo obiettivo prioritario divenne la Francia, lo stato che oltre ad essere il più popoloso, deteneva anche l'egemonia politica e culturale in Europa. Lo Stato francese era a un passo dalla bancarotta, John Law pretendeva di avere in tasca le soluzioni per risolvere il problema: "Il commercio e il denaro dipendono l'uno dall'altro; quando il commercio languisce, il denaro scarseggia; e quando il denaro scarseggia, il commercio languisce" recita uno degli scritti di Law, e la mancanza di denaro era sicuramente un problema enorme nella Francia dei primi anni del diciottesimo secolo, un periodo in cui il regno di Luigi XIV era ormai in vistoso declino. Le continue guerre dai risultati scoraggianti e la fuga di centinaia di migliaia di francesi di religione ugonotta che fece seguito alla revoca dell'Editto di Nantes nel 1685, avevano impoverito la nazione in modo considerevole. Gli Ugonotti rappresentavano la popolazione più attiva e dinamica dal punto di vista commerciale e artigianale, e lo spirito di ferma intolleranza religiosa determinato da Luigi XIV contribuì in modo disastroso a far defluire denaro che arricchì le stesse nazioni in guerra con la Francia. Lo Stato era indebitato fino all'inverosimile, non riusciva a pagare gli interessi sui titoli del debito pubblico e sicuramente non era in grado di ricomprarli in moneta. Con Luigi XIV ancora in vita, le idee di Law non trovarono miglior fortuna che in passato; ma nel 1715 Luigi morì, lasciando il regno ad un pargoletto di quattro anni, futuro Luigi XV. Filippo d'Orléans, reggente in nome di Luigi XV data la sua minore età, "era assolutamente incapace di pensare o di agire" in modo efficace per arginare la situazione. La soluzione di Law era quella di sopperire alla penuria di moneta metallica attraverso l'istituzione di una banca nazionale che emettesse moneta cartacea contro il deposito di moneta metallica o di titoli del debito pubblico (che in tal modo si sarebbero ridotti notevolmente). Law e Filippo d'Orleans erano amici, la loro conoscenza risaliva a qualche anno prima, quando, guarda caso, sembra si fossero incontrati in qualche bisca. La grande considerazione che il duca nutriva per Law - era "rimasto impressionato dal genio finanziario dello scozzese" - gli permise di avere praticamente in mano le chiavi della banca che intendeva aprire. Tuttavia, nonostante le condizioni fossero decisamente mutate in suo favore, l'apertura della banca non fu agevole per i numerosi oppositori che vi furono, il progetto di una banca statale dovette essere abbandonato in favore dell'apertura di una banca privata finanziata da azionisti, primi fra tutti lo stesso Law e il duca d'Orleans. Chi depositava monete d'oro o d'argento riceveva banconote che potevano essere riscattate in ogni momento, ricevendo monete di valore equivalente a quello in vigore all'epoca di emissione delle banconote. A chi chiedeva prestito, in particolare lo Stato ovviamente, la banca consegnava banconote. Dopo un avvio incerto, la Banca decollò, grazie anche ai numerosi servizi connessi che svolgeva e alla capacità che dimostrò di guadagnarsi la fiducia del pubblico, elemento che stava alla base, secondo Law, della fortuna di ogni banca: rispetto alle monete coniate dallo Stato, di peso e qualità dubbie, le banconote di Law iniziarono a godere di un certo prestigio. Questo consentì di aprire filiali della Banca a Lione, La Rochelle, Tour, Amiens e Orléans e infine di trasformare la sua banca privata in una banca privilegiata, la Banque Royale. Law si trovava nelle condizioni di mettere in pratica le sue idee e siccome, come egli stesso ebbe modo di scrivere in una missiva al duca d'Orléans: "La banca non è l'unica né la più grande delle mie idee", non appena ne ebbe l'occasione allargò il lazzo della sua ambizione per prendere un'impresa ancora più grande. L'occasione per lanciare questa nuova impresa fu dovuta ad una iniziativa del reggente: sempre bisognoso di denaro proponeva l'emissione di altre banconote. Dove trovare l'oro che garantisse la nuova emissione? Law pensò di fondare una società per azioni, la Compagnia d'Occidente, comunemente nota col nome di Compagnia del Mississippi, al fine di sfruttare e portare in Francia l'oro che si credeva presente nel sottosuolo della Luisiana, allora possedimento francese. Quindi, queste nuove banconote non erano più garantite con metallo esistente, portato alla banca da coloro che lo convertivano in banconote, ma dall'oro che si presumeva esistesse oltre Oceano. Grazie alle iniziative di Law, la Compagnia cominciò a funzionare: dapprima concedendo pagamenti estremamente agevolati sul prezzo delle azioni e poi rischiando una ingentissima somma di denaro proprio, indusse gli investitori a credere nel successo della Compagnia. La Banca e la Compagnia completavano il "Sistema" progettato da Law. Questa fiducia ingenerò un tale fermento speculativo, che rue Quincampois, la strada di Parigi dove nel 1719 si scambiavano i titoli azionari, era letteralmente intasata di carrozze, cavalli e persone d'ogni risma che potevano nell'arco di poche ore trascorrere l'emozione di scendere o salire tutti i gradini della scala sociale per la facilità con cui riuscivano ad arricchirsi in modo sproporzionato o a cadere in rovina. Questa atmosfera di agitazione speculativa, sembra di viverla personalmente nel romanzo Il denaro di Èmile Zola: sebbene scritto e ambientato un secolo e mezzo più tardi, può essere validamente descrittivo delle battaglie avvenute nelle borse di tutti i tempi a partire dal diciottesimo secolo. I contratti che si firmavano ogni giorno, secondo i memoriali, erano talmente tanti che uno di coloro che fece più fortuna, si dice fosse un gobbo: col proprio quartier generale nei pressi di un albero, noleggiava a prezzi salatissimi la sgradevole protuberanza che gli albergava sulla schiena e che non avrebbe mai previsto potesse divenirgli tanto utile. In questo clima bollente, il prezzo delle azioni lievitò da circa 500 lire tornesi a oltre 10.000, e non si stenta a credere che fu proprio quello il periodo in cui comparve per la prima volta il termine milionario per descrivere gli investitori che avevano riempito maggiormente il portafoglio. Intanto la Banca continuava a emettere prestiti consegnando banconote al governo e ai tanti richiedenti. La stabilità della compagnia del Mississippi, e di conseguenza della Banque Royale, si reggeva sul sogno o forse sull'illusione, che nei territori d'oltre Oceano vi fossero enormi quantità d'oro e di altre ricchezze a portata della mano di tutti coloro che si fossero presi il disturbo di imbarcarsi per quei luoghi. Partirono navi cariche di pionieri più o meno volontari (alcuni, per propaganda, vennero decisamente invitati a partire…), la maggior parte dei quali non trovò assolutamente nulla se non disagi, malattie o una tomba. Quando le bolle di sapone del sogno deflagrarono davanti agli occhi degli investitori, essi poterono finalmente vedere com'era la realtà: per trasformare lo stato d'animo degli investitori bastò, come spesso accade, qualche voce di corridoio. Il panico fece il resto. Così come poco tempo prima tutti si erano affrettati a comprare, adesso tutti si affrettavano a vendere, cominciando a incassare il controvalore delle azioni e dei titoli cartacei per acquistare terreni, gioielli e oro, beni molto più sicuri che non dei banalissimi pezzi di carta. La borsa e con essa la Banca e tutto il "sistema" inevitabilmente crollarono, nonostante le misure talvolta drastiche prese da Law per arginare il deflusso di moneta dalle casse della Banca, alcune delle quali si rivelarono più dannose che utili. I più sfortunati, o i meno accorti, si ritrovarono in mano dei mucchi di carta che non valevano più niente, e si potrebbe ipotizzare che risalga a quello scombussolato periodo l'invenzione della carta igienica, dando ascolto alle parole di Mackay: "Le strade risuonavano di canzoni, una in particolare consigliava di destinare le banconote all'uso più ignobile cui la carta può essere adibita" . Il celeberrimo "sistema" di John Law era fallito, la sua posizione di potere era definitivamente compromessa e la sua incolumità gravemente minacciata da azionisti e risparmiatori inferocitesi proporzionalmente alle perdite economiche subite. Gli eventi successivi, le pressioni dei nemici politici e la sua stessa impopolarità, lo costrinsero a lasciare prima Parigi e poi la Francia in compagnia del figlio primogenito. La sua compagna rimase a Parigi nel vano tentativo di saldare i debiti. Non si rividero più. Negli anni che precedettero la sua morte, Law vagò col figlio tra le città europee cercando in tutti i modi di riabilitarsi agli occhi dell'Europa, dove solo i più magnanimi lo consideravano un ciarlatano e un incompetente. Per quanto tutti pensassero che fosse fuggito dalla Francia con le saccocce ricolme di ricchezze, si trovava invece in una situazione poco brillante dal punto di vista economico; per arrotondare riprese a giocare d'azzardo giacché sui tavoli da gioco la sua fortuna era rimasta immutata. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse a Venezia dove, nel 1729, quando era ormai prossimo il suo cinquantottesimo compleanno, morì di polmonite.

 

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