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“Poeti e guerrieri fra oriente e occidente”

in questa pagina vi proponiamo dei passi letterari tratti da una mostra curata congiuntamente da due associazioni impegnate da anni nella diffusione e nell’insegnamento dell’armeggio: Compagnia de’ Malipiero (scherma antica) e Shin Musashi Dojo (kendo). Due realtà che studiano e praticano due arti apparentemente lontane per la gestualità e l’approccio filosofico, ma che sono mosse da un fine ultimo comune: la divulgazione chiara, efficace e onesta di alcuni concetti basilari della scherma e la formazione di uomini e cittadini che, nella consapevolezza dei valori insiti in culture lontane (nel tempo e nello spazio), sono desiderosi di seguire un complesso percorso di formazione sportivo e umano.
L’arte della spada e delle armi in genere ha origini cruente e non dimentichiamo il perché guerrieri e cavalieri, a est e a ovest del mondo, venivano addestrati alla guerra (per la difesa, per la conquista, per la sopraffazione). Ben altro accade nelle sale d’armi del Shin Musashi Dojo e della Compagnia de’ Malipiero: vi è uno studio serio e costante dei gesti e delle azioni che, nel gioco della contrapposizione a un compagno d'arme e nel confronto con sé stesso, si propone di migliorare il controllo dello spirito e del corpo. Svanisce, nel percorso di ciascuno ogni desiderio di violenza e, senza allontanare la competitività insita in ogni pratica di tipo sportivo, esalta il rispetto verso se stessi e gli altri.

 

Shikei no mae
Koutoku Shuusui (1871-1911)

Morire non è un problema per l'uomo: il problema è quando e come si morirà, o meglio ancora sapere come si è vissuto. Visto che la morte viene una sola volta, spero di affrontarla a mente tranquilla e con un senso di pienezza.

 

Hagakure
Yamamoto Tsunetomo (1659 - 1718)

Ecco i miei 4 voti:
non essere mai inferiore a nessuno nella via del samurai;
essere utile al daimio;
praticare la pietà filiale;
mostrare grande comprensione e agire per il bene dell’umanità.
Se ogni mattina si dedicano questi quattro voti agli dei e ai buddha, si avrà la forza di due uomini e non si indietreggerà mai, ma, come un buco, si avanzerà lentamente, un poco alla volta.
Anche gli dei e i buddha iniziarono con un voto.

 

Hagakure
Yamamoto Tsunetomo (1659 - 1718)

Ho scoperto che la via dei samurai è la morte. Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra la vita e la morte, è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta semplicemente armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a morire invano. Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un’imitazione grottesta dell’etica samurai.
È quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre della buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo, pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed à al tempo stesso un vigliacco de un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la sua missionemuore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la via del samurai. L’essenza del bushidoè prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata. Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la via.
(I, 2)

Hagakure
Yamamoto Tsunetomo (1659 - 1718)

Si può imparare qualcosa del temporale.
Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente. Se invece, sin dal principio, accettiamo di bagnarci evitiamo ogni incertezza e non per questo ci bagnamo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose. (I, 79)

 

Hagakure
Yamamoto Tsunetomo (1659 - 1718)

Un maestro di spada, in punto di morte, chiamò il suo allievo migliore e pronunciò la sue ultime volontà:
“Ti ho trasmesso tutte le tecniche segrete della mia arte, e non ho più niente da aggiungere. Se anche tu pensi di avere un discepolo, dovresti esercitarti ogni giorno con la spada di bambù. Non si eccelle solo con le tecniche segrete, ma anche con la pratica quotidiana”.
Allo stesso modo, neglio insegnamenti di un maestro di renga, veniva detto che il giorno prima di una tenzone di poesie si dovrebbe placare la mente e leggere una raccolta di testi poetici. Questa è la vera concentrazione. Tutte le professioni dovrebbero essere esercitate con concentrazione. (I, 82)

 

Hagakure
Yamamoto Tsunetomo (1659 - 1718)

Sebbene la “via di mezzo” sia una misura di tutte le cose, nelle arti marziali un uomo deve sempre sforzarsi di superare gli altri. Nell’arte del tiro con l’arco si insegna a mantenere le braccia alla medesima altezza, ma la destra tende a salire più della sinistra. Se si abbassa un poco la destra quando si tira, entrambe si trovano sulla stessa linea. Nei racconti dei samurai più anziani si afferma che se sul campo di battaglia si ha la volontà di battere guerrieri esperti, e si è sempre determinati ad atterrare un avversario più forte, si raggiungeranno il valore, la fierezza e il coraggio. Si dovrebbe applicare questo principio anche nella vita di tutti i giorni. (I, 83)

 

Hagakure
Yamamoto Tsunetomo (1659 - 1718)

L’addestramento non finisce mai. Se un uomo pensa di essere giunto alla fine va contro lo spirito del bushido, mentre se, per tutta la vita, pensa di non essere mai arrivato, quando muore gli ariti penseranno che ha completato la via del samurai. Pur addestrandosi per tutta la vita è molto difficile che un uomo raggiunga l’uno mantenendosi puro. Se non è puro, egli non raggiunge la via. Seguire il maestro e il valore militare devono dicentare una cosa sola. (I, 139)

 

Hagakure
Yamamoto Tsunetomo (1659 - 1718)

Uesugi Kenshin disse: “non ho mai pensato a vincere, ho solo capito che bisognva essere sempre all’altezza della situazione, e questo è ciò che conta. È imbarazzante che un samurai non lo sia. Se fossimo semore all’altezza della situazione, non ci sentirammo mai a disagio” (II, 35)

 

Lo zen e l’arte della spada
Takuan Soho (1573-1645)

È la stessa mente
che guida la mente fuori strada;
della mente non essere dimenticato.

(Trad. Hamada Mami)

Kokoro koso
kokoro mayowasu kokoronare.

Kokoronikokoro,
kokoro yurusuna.


Lo zen e l’arte della spada
Takuan Soho (1573-1645)

L’uomo che sa usare la spada non uccide altri uomini. Usa la spada e dà agli altri la vita. Uccide solo quando è necessario. Questo è necessario dà la vita. Quando uccide lo fa con assoluta concentrazione, così come quando dà la vita. Senza pensare al bene e al male, egli è capace di discriminare bene. Camminare sull’acqua è come camminare sulla terraferma, e camminare sulla terraferma è proprio come camminare sull’acqua. Se è capace di far sua questa libertà, non sarà confuso da nessuno al mondo. In tutto egli sarà al di sopra dei suoi simili.

 

Lo zen e l’arte della spada
Takuan Soho (1573-1645)

Tutti gli uomini sono dotati dell’affilata spada taia, e per ciascuno essa è perfettamente efficace.
Coloro i quali hanno compreso chiaramente questo concetto sono temuti persino da Mara, ma coloro a cui questo concetto appare oscuro, vengono sopraffatti anche dagli eretici.
Da una parte, quando due uomini parimenti abili si sfidano a fil di spada, non finiranno mai il loro incontro; è come quando Sakyamuni tiene il fiore e Kashyapa sorride enigmaticamente. Dall’altra parte, innalzando uno e comprendendo gli altri tre, o distinguendo differenze lievi di peso a occhio nudo, sono esempi di intelligenza comune.

 

Lo zen e l’arte della spada
Takuan Soho (1573-1645)

Infine, un tale uomo non ti farà mai vedere la punta della sua spada. Questa è l’essenza della velocità. Neanche il fulmine puà essere pari. È l’essenza della brevità, sparisce prima ancora del vento veloce della tempesta. Se non si possiede questa tecnica magistrale, alla fine ci si sentirà impacciati e confusi, danneggerà la propria spada o ci si ferirà la mano e non si ruscirà a usarla abilmente. Questo non si scopre né attraverso semplici impressioni né per conoscenza teorica. Non si può comunicare questo con le parole e i discorsi, non lo si impara da alcuna dottrina. Questa è la legge della trasmissione speciale che va al di là dell’apprendimento per mezzo dell’istruzione.

 

L’arte della guerra
Sun Tzu (oltre duemila anni fa)

La velocità dell’acqua che precipita trascina i macigni: questo è l’impeto. La velocità dello sparviero che ghermisce e uccide. Questa è la precisione. Così l’abile guerriero è repentino nell’impeto, prefetto nella precisione. Il suo impeto è quello della catapulta tesa, la sua precisione è quella del tiro scagliato.

 

L’arte della guerra
Sun Tzu (oltre duemila anni fa)

Un antico testo dell’arte militare afferma: “Le parole non vengono udite: occorre cembali e tamburi. L’occhio è debole: occorrono stendardi e bandiere”.
Cembali, tamburi, stendardi e bandiere servono per attirare l’attenzione, unificando la vista e l’udito degli uomini. Quando gli uomini sono unificati, l’ardito non procede da solo. Questa è una regola per la coesione di gruppo.

 

Lo zen e le arti marziali

Taisen Deshimaru (scritto nel 1975)

Non si deve pensare
al prima e al dopo,
all’avanti e all’indietro,
ma solo alla libertà
del punto di mezzo.

(Trad. Hamada Mami)

Il segreto del kendo

Atosaki zengo o kangaetewa
naranu.

Tada sono sakai ni jiyuu
arunomi.

 

Haiku
Matsuo Basho (1644 - 1694)

Erba d’estate!
Dopo i sogni
Dei valorosi guerrieri (solo rovine)

(Trad. Hamada Mami)

Natukaze ya
Tuwamono domo ga
Yume no ato

 

Ken
Anonimo (1644 - 1694)

Sotto alla mia spada alzata
solo l’inferno!

(Trad. Hamada Mami)

Furikazasu
Tachi no shitakoso
Jigoku nare

 


La saggezza immutabile

Takuan Soho (1573-1645)

“Camminare è zen, sedere è zen.
Che parli o si resti in silenzio
In movimento o immobili,
Il corpo rimane sempre in pace.
Anche quando ci si trova davanti ad una strada
La mente rimane serena.
Anche di fronte a veleno, lo spirito resta impermutabile.”

 

La saggezza immutabile

Takuan Soho (1573-1645)

"Contro la spada di un avversario
non metterti in guardia,
ma tieni la mente immobile;
quello è il luogo della vittoria.”

 

La saggezza immutabile

Takuan Soho (1573-1645)

“Dove le spade s’incrociano
Getta via le illusioni
Abbandonati
E percorrerai il sentiero della via.”

 

La saggezza immutabile

Takuan Soho (1573-1645)

“Maestria della spada:
Io non vengo colpito
E nemmeno l’avversario;
Non arrestato, entro
Ed ottengo lo scopo.”

 

Lezioni spirituali per giovani samurai
Yukio Mishima (1925 - 1970)

Si dice che il kendo inizi e finisca con un inchino, ma dopo il primo inchino, l’unico obiettivo è colpire l’avversario. Questo simboleggia egregiamente la realtà dell’universo virile. Prima del combattimento è necessario osservare una determinata etichetta che rappresenta la premessa dello stesso combattimento.
Ma cosa è più importante, l’etichetta o il combattimento? Secondo i principi del kendo prevale la cortesia, l’etichetta. Per quale motivo? Fin dai tempi più antichi, come appare chiaro nei tornei dei cavalieri, è l’etichetta a regolare le contese nell’universi virile. Nell’etichetta è naturalmente insito un codice morale, che si esprime anche nelle norme sportive. Una disciplina sportiva praticata senza il rispetto per le norme non è più tale, diviene qualcosa di spregevole: violarne il codice conduce alla disfatta.

 

Sole e acciaio
Yukio Mishima (1925 - 1970)

Molti avranno sperimentato come nell’attimo del colpo, sia esso inferto con un guantone da pugile o con un bastone di bambù, si avverta come un contraccolpo, più che un attacco diretto al corpo dell’antagonista, e questo è proporzionale alla precisione del colpo. A causa del colpo e della propria forza si crea nello spazio una specie di cavità In quell’istante il corpo dell’antagonista colma esattamente la cavità spaziale e, quando ne assume perfettamente la forma, il colpo si può considerare riuscito.
Perché mai si prova quella sensazione, come può un colpo avere effetto? Perché il movimento per vibrarlo è stato scelto con esattezza, sia temporalmente che spazialmente, perché la scelta e la decisione hanno colto un attimo di distrazione nell’antagonista, l’anno intuito ancora prima che si rivelasse. Questa intuizione è una facoltà misteriosa, che si acquisisce attraverso un processo di lungo allenamento. Quando l’attimo di distrazione si è rivelato, è ormai troppo tardi: è tardi quando quel qualcosa latente nello spaziondavanti alla punta del bastone ha già preso forma; nell’attimo in cui prende forma deve già essere perfettamente situato nella cavità spaziale da noi designata e creata. È proprio quello, in ogni combattimento l’istante della vittoria.