SETTIMO CAPITOLO: UN SENTIMENTO SENZA EGUALI.

 

- ...non voglio la tua pietà... - disse.

- Non è pietà, è coraggio! - replicò Ed ancora stringendola.

Eve sorrise e gli gettò le braccia al collo senza dire una parola. Si sentiva libera... si sentiva felice, per la prima volta era come se si fosse tolta un peso di dosso... il peso della morte. Per la prima volta le stavano dando coraggio... e non una patetica dimostrazione di pietà... Ora Nicholas sarebbe stato fiero di lei... avrebbe sicuramente sorriso. Certo, non poteva dimenticarlo ma avrebbe vissuto senza soffrire ogni attimo in cui lo avrebbe ricordato e ogni volta che avrebbe udito il suo nome. Capì questo grazie all’abbraccio di Ed... le stava vicino, sentiva battere il suo cuore e la violenza di quella stretta era solo una liberazione di tutto quello che aveva tenuto dentro per tre lunghi anni. Ed si scostò da lei e le prese il viso tra le mani, asciugandole le lacrime e sorridendole dolcemente.

- Torna ad essere quella che sei, questo è il presente. - .

- E il passato non c’è più. - concluse anche lei sorridendo. I due si abbracciarono di nuovo, questa volta dolcemente e con tenerezza.

- Portiere...? - chiese preoccupata la ragazza, discostandosi dal suo petto.

- Che c’è...? - le domandò Ed percependo la sua inquietudine.

- Quei tre sono ancora nel ripostiglio... - .

Il ragazzo scoppiò a ridere, quella notizia lo aveva lasciato sconcertato e in confronto alla storia di Eve, questa era una stupidaggine!

- E non ridere!! - disse Eve sbuffando... era tornata quella di sempre, era come se fosse uscita da quell’incantesimo... ed ora era stupenda agli occhi di quel ragazzo che l’aveva vista piangere e sorridere allo stesso tempo. Ed si riprese e le disse:

- Vado a riprendere le chiavi nell’ufficio, me n’ero completamente dimenticato... vieni! - .

- Resto qui. Ti aspetto. - rispose lei.

Era già lontano... possibile che si fosse dimenticato che quei tre erano ancora chiusi là dentro?? Le sfuggì un sorrisetto divertito... a volte quel tipo sapeva farla divertire davvero!... Poi tornò seria, gli aveva detto tutto... gli aveva parlato di Nicholas... e si era sentita bene... era da tempo che aveva deciso di superare tutto... e ce l’aveva fatta, finalmente!... Non era una metà abbandonata, si era completata autonomamente... e quella era la sua vita, doveva viverla, per sé stessa!

- Addio fratellino... - sorrise mentre il vento le sfiorava le guance e le portava via le ultime lacrime destinate a lui. Le sue parole si dispersero nell’aria e il silenzio regnò finché Ed non tornò indietro.

- Avanti, andiamo a tirarli fuori! -  sorrise il portiere, la ragazza ricambiò e scesero in fretta le scale, dopo aver riaperto la palestra.

 

- Allora Ed e Eve erano d’accordo!! - Kim sgranò gli occhi. Mark fece una smorfia arrabbiata:

- Quei due insieme sono pericolosi! - .

- Avranno anche intenzione di ritornare a prenderci o vorranno lasciarci qui per sempre?? - sbuffò l’altro chinando la testa.

La porta si aprì pesantemente e Ed sorridente come un bambino fece capolino dalla soglia.

- Warner!!! - gridò Mark saltando su a sedere dai materassini. Il portiere lasciò la porta e disse:

- Ehilà! Chi si vede! Lenders! - .

- Piantala di fare lo scemo! Ma ti rendi conto di quello che avete fatto??- continuò Mark infuriato.

- Beh, se ci mettiamo d’impegno potremmo anche fare i consulenti! - sorrise Eve accanto a lui.

- Eveeee!! - il cannoniere era furioso.

- Eheh... non avete concluso nulla? - proseguì la ragazza, vedendo le tre facce arrabbiate.

- Oh, sì! Abbiamo risolto!... però abbiamo anche avuto il tempo di meditare vendetta! - Mark ora sorrideva.

Eve e Ed si guardarono preoccupati...

- Ma che bella notizia!... - ridacchiò il portiere. Senza dire nulla il capitano lo prese per la collottola e cominciarono a prendersi a pugni.

- ... tanto non fanno sul serio !- sorrise Eddie. – Mark è solo un po’ risentito, ma nulla di più... - .

Eve guardava la scena con gli occhi spalancati... perché non se la prendevano anche con lei?

- Eve... – la ragazza si voltò e vide Kim al suo fianco che sorrideva. Capì che aveva pianto molto dal rossore degli occhi. – Volevo... ringraziarti. Per oggi, per quella volta che mi hai dato quello schiaffo... per tutto. Si va avanti! “Non tentare di reagire significa vivere nel dubbio che ce l’avresti fatta”... parole tue. - .

L’altra non rispose, le sorrise e le mise un mano sulla spalla... poi disse:

- Perché Ed non si oppone? - li guardò, Mark non faceva sul serio, non gli stava facendo male ma il portiere si limitava a ridere e a parare i pugni dell’altro.

- Di sicuro se lo facesse gli spaccherebbe qualche osso! - rise Eddie. – Mi sarebbero utilissime le sue tecniche!! - .

 

- ...questa me la paghi, Ed! - . Mark si massaggiava una spalla. Warner continuò a camminare sorridendo. Il capitano infondo gli era grato, non poteva sopportare il risentimento di Eddie su di sé... ah, stava diventando debole!!... ma per Kim... per lei... ormai aveva accettato il fatto di poter amare qualcuno in maniera così profonda... e ne era stranamente felice. Però non aveva perso il suo carattere scontroso e aveva voluto sfogarsi con Ed, aveva urlato, l’aveva preso a pugni... ma tutto per gioco... sapeva che mettersi contro Warner non era un’impresa facile... nemmeno per lui e la sua grinta. Ma ora era felice, anche se non voleva darlo a vedere.

- Eddai, adesso basta! - disse Eve ridendo.

- Hey, Eve! Ce n’è anche per te se vuoi! - ringhiò Mark. La ragazza continuava a ridere, pensando a quanto era buffo il cannoniere in quel momento!

Kim passeggiava felice accanto a loro e Eddie sbadigliava con il borsone sulle spalle.

 

- Ciao ragazzi! A domani! - Eddie li salutò e girò l’angolo.

- Portiere... ?- Ed si fermò e la guardò.

- Mh? - .

Cominciava a fare caldo anche quella sera, e sulla strada verso casa erano rimasti solo Eve e Ed.

- ... noi due siamo amici? - gli chiese fermamente. Il ragazzo guardò il cielo e sorrise dolcemente.

- Scusami se te l’ho chiesto ma... io... non ho... - .

- Ne dubiti per caso?! - disse lui mettendole una mano in testa e arruffandole i capelli. Eve rimase per un attimo compiaciuta e sorridente, fissando a terra... poi arrossì ed esclamò:

- Sì però non te la prendere sempre con i miei capelli!! - .

- Hey! È la prima volta! - .

- La prima??? - .

Ricominciarono a camminare, discutendo come bambini.

 

Overdose. Overdose. Overdose... aveva 15 anni... Eve... aveva sofferto un’angoscia tremenda... ma accidenti era incredibilmente forte! Il suo animo aveva saputo reagire e ora viveva libera. Sapere quelle cose gli aveva lasciato un segno dentro... se si vive si soffre... Chissà se fosse successo a lui... sicuramente non avrebbe potuto sopportare così tanto... si ricordò delle sue lacrime di cristallo... di quel sorriso unico e malinconico... gli piaceva Eve... già da prima che gli confessasse il suo segreto... gli era stato il più vicino possibile... per darle coraggio, per riuscire a farla sorridere di nuovo. Ma ora era tutto a posto... Eve era felice e lui viveva della sua felicità...

Si distese sul letto e chiuse gli occhi.

- Ti amo... - sussurrò.

 

Forse non avrebbe dovuto dirglielo... ma non si aspettava una reazione del genere da parte di Ed. Quando l’aveva saputo Marica i suoi occhi avevano cominciato a riempirsi di lacrime... ma lui... lui l’aveva stretta e le aveva fatto sentire il suo coraggio... tanto da infonderle nel cuore una speranza di vita alla quale era disperatamente legata... dalla quale mai più nessuno l’avrebbe separata.

Felicità... ecco cosa provava. Da tempo aveva deciso di non soffrire più per Nicholas ma ora ci stava riuscendo... finalmente... si sentiva come libera... dal peso intossicante della morte...

Sussurrò un grazie, prima di cadere addormentata tra le coperte soffici e calde.

 

- Perfetto!! Corri, Eve!!... un nuovo record!! - gridò la signorina Robinson stoppando il cronometro. Eve respirò a pieni polmoni e urlò di gioia, seguita delle sue compagne esultanti.

- Di questo passo altro che quarto posto!! L’oro sarà tuo!! - .

La ragazza sorrise e si sistemò la maglietta bianca.

- Per oggi basta, andate a cambiarvi... hey, Springer... - l’allenatrice la fermò prima che potesse entrare in spogliatoio. – Stai andando forte! Ricordati però di non sforzarti troppo, tra una settimana le nazionali. -

Eve sorrise e rispose:

- Lo so, stia tranquilla. Trionferò! - poi fece il segno di vittoria con le dita ed entrò in spogliatoio, dove fu accolta dalle compagne con un’ovazione.

- Fantastico Eve! - .

- Sei una campionessa!! - .

- Vincerai tu di sicuro!! - .

- Hey! Hey! - disse lei cercando di togliersi le compagne di dosso. – Così mi soffocate! - .

Le altre sorrisero, poi rimasero un po’ a parlare in spogliatoio, prima di uscire.

L’allenatrice entrò dopo aver bussato, con una cartelletta in mano.

- Ragazze, aspettate ad uscire. Devo darvi i nomi di quelle che sicuramente parteciperanno alla competizione. Sono Springer e Davis. -

Lena ed Eve si guardarono e si strinsero la mano in un sorriso entusiasta, anche se dalle tabelle dei cronometri e dalle convocazioni della Robinson sapevano già di essere qualificate.

- Fate del vostro meglio. Ah! Quelle che non si sono classificate nei tempi non si disperino, darò domani i nomi per le provinciali. Allora, buona serata e non faticate troppo! - .

La donna socchiuse gli occhi neri e strizzò l’occhio, uscendo dallo spogliatoio. Le ragazze scoppiarono in un gridolino di gioia e poi uscirono dall’istituto.

 

- Marica...? - Eve sembrò sorpresa di vederla fuori da scuola.

- Ah, sei uscita finalmente! - disse lei.

- Che ci fai qui a quest’ora? - .

- Ti aspettavo. Andiamo insieme? - .

Le due cominciarono a camminare verso casa, parlando di un po’ di cose.

- Allora andrai a Hokkaido? - .

- Ci puoi giurare! - replicò Eve ridendo. – Tra sette giorni sarò là... - .

- Ah! Che bello!! - Marica le saltò al collo. – Farò il tifo per te!! Mi porterò anche la squadra di calcio!! Sarà un successone!! - .

- Hey! Calmati! Perché dovresti portare anche il Toho? - l’altra si scostò sorridendo. Marica le fece uno sguardo malizioso.

- Oh... ecco perché! - Eve sbuffò in un sorriso.

- Eheh... il mio piano non è finito! - .

- Maddai!! Se avevi detto che... hey!! Sbaglio o non hai combinato niente con Mark e Ed in gita?? - .

L’altra scosse la testa.

- Purtroppo no ma... - .

- Se è così mi devi un favore... - sogghignò.

- Ma il piano non è finito!! - .

- Niente ma! La scommessa riguardava solo la gita!! E poi a te non piaceva un ragazzo soltanto?? - .

Marica si arrese.

- E va bene... cosa vuoi? - .

Eve pensò... che cosa avrebbe potuto chiederle...?... Ad un tratto qualcosa nel suo cuore si accese e parlò:

- Tu pensi ancora a Ed e a Mark in quel modo? - .

- In che modo? - .

- Andiamo... in QUEL modo!! - .

La ragazza dai capelli ricci arrossì e abbassò la testa...

- Beh... ora penso ad un ragazzo solo ma... beh qualche pensierino ce lo faccio ancora! - sorrise imbarazzata.

- Allora ecco il favore che devi farmi:... - .

Marica la guardò di sottecchi, un po’ titubante, ma Eve proseguì:

- Ti chiedo di non pensare più a Ed in QUEL modo. - .

- Cooooosa?? - sgranò gli occhi.

- Hai sentito benissimo! - Eve guardò dritto avanti a sé, con la testa alta.

- Ma... Ed... io... impossibile che tu mi abbia chiesto una cosa simile!! Vuoi dire che Ed ti piace!! Che... - fece uno strano sorriso - ... comincerai a pensarlo TU in QUEL modo? - .

- Può darsi... - ridacchiò l’altra.

- Come può darsi??... Tu sei cotta di Ed!! - sbottò Marica.

- Urlalo più forte già che ci sei!! A Hokkaido non ti hanno sentita!! - Eve le tappò la bocca.

- Allora è così? - sussurrò poi.

- Può darsi... - ripeté.

 

- Allora buona fortuna!! - le strizzò l’occhio.

- Hey, non parto mica per dei mesi!! Sono solo tre giorni! - Eve prese l’ennesimo “Buona fortuna” da Kim.

- Beh, vorrei che al tuo ritorno fossi vincitrice! - dichiarò Marica. – Forse ci vedremo per le finali! - .

- Anche se non venite non è che ci rimango male!... Tanto vi conosco e so che pur di saltare un giorno di scuola...! - .

- Il sostegno innanzi tutto!! - disse Danny avvicinandosi con aria da intellettuale.

Tutti scoppiarono a ridere, poi Eve dovette lasciare gli amici e salire sul pullman. Ed la fermò all’ultimo momento, prendendola per un braccio e avvicinando il suo volto al proprio:

- Non pensare di vincere solo per te stessa o non ce la farai. Consiglio di un professionista! - rise e la lasciò andare.

- Cercherò di vincere anche per voi, contento? - .

Ed annuì, sempre ridendo e poi la salutò, e aspettò insieme agli altri che il pullman partisse.

 

Guardò fuori dalla finestra... domani la finale. Si era classificata nei tempi... aveva superato addirittura le ragazze della squadra di casa!... Due giorni che stava lì, a Hokkaido e già le mancavano i suoi amici... amici?... che parola strana... non aveva mai avuto il tempo di pensare al significato eppure... sentiva tutti così vicini... Kim, Marica, Mark, Danny, Eddie,... Ed... Ed... Ed... amico?... era suo amico?... o qualcosa di più?... no, non ci voleva pensare, avrebbe rimandato tutto al suo ritorno, dopotutto un giorno... che cos’era mai un giorno? Una vita... era una vita vera quella che stava vivendo... e voleva mettere tutta stessa nella finale dell’indomani!

- Eve!! Guarda qui!! - Lena aveva acceso la Tv. L’altra si avvicinò al video. Un uomo dai capelli bruni e gli occhiali scuri parlava ad un giornalista, sotto in sovrimpressione la scritta: “Kirk Pearson - osservatore nazionale Japan talent scout Federazione Nipponica.”

- Credo che la nazionale si dovrà impegnare molto quest’estate! I ragazzi sono dei fuoriclasse ma anche i vecchi rivali sono migliorati molto. Li aspetterà un campionato mondiale molto duro, ma se la loro grinta avrà la meglio sull’agitazione, avranno buone probabilità di vincere, anche se oramai hanno partecipato a più di un torneo l’emozione di scendere in campo è sempre veramente forte! - .

- Faranno un nuovo campionato mondiale! Pensa, ci saranno ancora sicuramente Mark, Ed e Danny!! - .

- Davvero? Così presto? - le chiese Eve.

- Già. Quest’estate si giocherà in Germania. Non l’ho seguito dall’inizio, però questo tipo carino dice che ci saranno grandi sorprese! - .

Lena si lisciò i capelli neri a caschetto e si sistemò la molletta che portava sulla destra della fronte. Ad un tratto la loro allenatrice bussò alla porta:

- Ragazze a nanna! Domani mattina alle dieci al campo! - i passi della signorina Robinson si fecero più attutiti sulla moquette del corridoio, poi anche Lena spense la Tv.

- Allora...notte Eve! - disse stiracchiandosi.

- ‘Notte! - si sistemò il pigiama e si buttò sul letto, accoccolandosi sotto le coperte.

Quell’estate un nuovo torneo mondiale... Mark... Eddie... Danny e Ed... si sarebbero dovuti scontrare con dei veri campioni provenienti da tutto il mondo... ad un tratto un flash...

“Io sono il numero due!! Il numero due!! Non sono in grado di... di migliorare...”... Price!... E se ci fosse stato anche lui?... Ed ne avrebbe sofferto da morire!... doveva saperlo!... doveva sapere se Benji avrebbe partecipato!... doveva... doveva... sapere... se... sapere...

 

Sbadigliò. Accidenti si era addormentata tardi la sera prima... e ora mentre si metteva in posizione continuava a fare sbadigli!

- Hey! Non sei agitata? - le disse Lena mentre fremeva sulla sua corsia.

- ...mh...? - Eve la guardò stranita. -...No. - .

Dopo un po’ nello stadio calò il silenzio... accidenti che sensazione! In uno spazio così grande un’assenza di rumori impressionante!...

Il direttore alzò la pistola per il via.

Le atlete si abbassarono, poi si slanciarono in avanti una dietro l’altra, per fermarsi qualche metro più avanti.

=Davis. Quarta batteria. Falsa partenza.= Annunciò l’altoparlante. Lena picchiò violentemente un piede per terra.

- Non farti prendere troppo. Sai qual è il segreto? - le disse Eve. L’altra alzò la testa, abbassandosi di nuovo in posizione. – Fa’ finta che laggiù ci sia chi di più importante hai al mondo! - continuò indicando con gli occhi il traguardo. Lei aveva sempre pensato a Nicholas... anche quando lui non c’era più... ma quel giorno... avrebbe pensato a qualcun altro... ai suoi amici... a tutti i suoi amici!

Via! Le ragazze scattarono in avanti e presero una velocità impressionante. Sentiva la terra sotto di sé tremare... la finale... doveva avere l’oro! Doveva assolutamente vincere per stessa... Ed! Le aveva detto che non doveva pensare di vincere solo per il proprio piacere ma... ma per cosa allora?... non aveva tempo di pensare, non capì e scattò in avanti con quanta potenza aveva in corpo contrasse i muscoli e mosse le braccia più veloce, per stare al ritmo con le gambe e per bilanciare la velocità.

“Arrivo!! Sto arrivando Ed!!” e se lo immaginò al di là della linea di arrivo che le sorrideva dolcemente come faceva solo per lei... e strinse i denti, chiudendo la bocca e inspirando a pieni polmoni mentre le gambe la portavano a tagliare il traguardo. Il pubblico urlò, Eve ruotò il corpo di 360 gradi e ai suoi occhi uno spettacolo straordinario... tanta gente... una marea di persone che strillava e festeggiava per la sua vittoria... ma chi li conosceva?... eppure festeggiavano lei... gridava dalla felicità, era stato semplice! Tuttavia non aveva mai provato una sensazione simile di compiacimento... non ne aveva mai avuta l’occasione né lo spirito per farlo... ed ora che stava vivendo, viveva di gioia. Non aveva nemmeno avuto tempo di riprendere fiato perché la soddisfazione era troppo forte.

- Eveeeee!!! Eveeeeeeeee!!!! - la ragazza alzò la testa ridendo... qualcuno la stava chiamando: Marica si sbracciava dalle gradinate urlando il suo nome con le mani portate alla bocca. Kim, Mark, Eddie, Danny... anche Ed! C’erano tutti!!

 

“Non ci posso credere... mi è capitato veramente... ho vinto... ho vinto!... e loro sono qui... per me... per me...” strinse la medaglia d’oro tra le mani e la alzò verso il cielo. Un altro boato si levò dal pubblico... era meraviglioso... sentire quelle urla di gioia solo per lei...

La sera stessa, dopo le interviste e i festeggiamenti, decisero di tornare a casa insieme. Aveva avuto il permesso dalla responsabile e ora si era addormentata sul sedile posteriore dell’auto di Eddie, con il capo di Kim sulla spalla, addormentata anche lei.

- Allora il nostro Icaro andrà in Europa? - chiese Mark, accanto al portiere.

- Icaro...? Non potevi scegliere un soprannome più appropriato! - rise Eddie mentre si fermava ad un semaforo.

- Non lo so... - rispose Ed, fissando distrattamente fuori dal finestrino. Mark tacque, mentre Marica, accanto a Danny si stiracchiava.

- Davvero carina la tua monovolume! - sorrise.

- Magari avessi una monovolume tutta mia! È di mio padre. - rispose quello ricambiando il sorriso.

Quando arrivarono erano le tre passate. Eve aprì gli occhi stancamente e scese dall’auto, trascinandosi dietro il borsone. Sorrise e fece cenno agli altri con la mano, poi si voltò ed entrò in casa, aprendo la porta con le chiavi di sua madre.

- Eve!! Ti aspettavo!! Allora, com’è andata?? - disse sua madre trepidante. La ragazza sorrise stancamente... non ce la faceva proprio più... e le mostrò la medaglia. Dopo i festeggiamenti della donna Eve poté tornare in camera sua e cadere in un sonno profondo... tormentato da pensieri e figure segrete...

Fino a un anno prima era depressa... una malattia orribile... quella donna giovanissima... sua madre... era caduta nel baratro della depressione... strano che ad entrambe era occorso così poco tempo per tornare a stare bene... certo, la morte di Nicholas le aveva segnate dentro ma ora... ora erano tornate madre e figlia normali... forse era stato l’appoggio reciproco... sì,... si volevano bene perché sapevano di poter contare solamente l’una sull’altra al mondo... tanto si sentivano sorelle... la differenza d’età era minima e si erano fatte coraggio... vivevano... le cose capitano e non si può mai prevedere il futuro... per questo Eve aveva ricominciato a vivere e Nicholas non era più un peso soffocante... ma un dolce ricordo...

Che fare ora?... Europa... sì, ci sarebbe andata. Non aveva più paura. E sarebbe anche andata a fare visita a suo padre. Non occorreva che rispondesse alla lettera di Dex, tra un mese sarebbe ripartita... sarebbe andata a studiare in Germania e ad allenarsi con Lena in preparazione ai veri campionati del mondo giovanili di atletica... e avrebbe trovato suo padre in Olanda chiamando sul cellulare il fratello. Forse era troppo tardi?... Chissà cos’era successo in quei mesi... chissà...

 

- Te ne vai?? - .

- Ma come?? - .

- Non puoi!! - .

- Perché?!? - .

Ed non disse nulla. Eve sorrise.

- Già... vado a studiare in Germania. Così mi allenerò con la squadra agonistica. Mi dispiace dover partire ma tornerò! - .

- Sì... tra sette mesi!! - esclamò Marica per niente d’accordo.

- Ma ci terremo in contatto, vero?!? - Kim la supplicava.

- Certo! - la ragazza continuava a sorridere, per non lasciar trasparire il dispiacere per la partenza ma aveva scelto la corsa... infondo sarebbe tornata in Giappone dopo i mondiali, no?

Il portiere continuava a non parlare.

- Però se non torni con l’oro ti conviene rimanere qui!! - sbuffò Marica.

- Tornerò con l’oro! - .

 

- E così vai via... - Ed scagliò un bolide contro la traversa, la palla rimbalzò e gli tornò violentemente tra le braccia. Come poteva starle lontano per sette mesi??... poteva morirne... Eve... doveva dirle assolutamente ciò che provava prima che lei partisse.

- Perché sei andato via così? - ad un tratto la sua voce, suonava come una rassicurazione. Il portiere si voltò e incontrò i suoi pugnali blu. Distolse lo sguardo, fissando il pallone rotolato poco più in là.

- Hey! Non sarai mica triste per me? - rise Eve.

- È tanto strano? - le rispose sempre fissando a terra. La ragazza si stupì nell’udire quelle parole... poi sorrise ancora.

- Non hai i mondiali quest’estate? - gli domandò. Ed la fissò negli occhi, spalancando i suoi.

- Ci vedremo sicuramente! – continuò. – E non credere di liberarti di me... verrò a trovarti ovunque tu sia in Germania!! - .

Eve aprì le braccia, offrendogli un abbraccio che non rifiutò. Si strinsero come se fosse l’ultima volta eppure mancava ancora un mese...

“Ti amo... ti amo... ti amo, Eve...” non riuscì a dirglielo... non ce la faceva... ne era sicuro eppure quelle due parole erano così difficili da pronunciare... ma non avrebbe aspettato... non l’avrebbe lasciata andare via in quel modo senza farglielo sapere...

 

Un mese passò in fretta... più velocemente di quanto potessero pensare. Sua madre stava uscendo di casa in quel momento e Eve era con lei. Non era di buonumore ma lo faceva per migliorare... eppure... le sarebbe mancato da morire... si guardò intorno, l’aria fredda del mattino di febbraio le pungeva le guance, così salì in auto. La madre accese il motore e cominciò a parlarle, Eve faceva dei segni con il capo, ma non apriva bocca... ad un tratto fu presa da quello strano sconforto... no, non voleva partire...

“Avanti, Eve!! Sei grande abbastanza, ormai!!

Arrivarono all’aeroporto dove Lena e la Robinson le stavano aspettando.

- Mi raccomando, Eve! Vinci e soprattutto fa’ la brava!! Ci sentiamo! - la donna rimase lì mentre le tre oltrepassavano il metal detector.

- Certo mamma! Sono cresciuta, so cosa fare! Ciao! - disse Eve agitando piano una mano in segno di scherno.

Si voltò... lo vide...

- Ed! - gridò correndogli incontro. Il portiere la guardò e le prese le mani tra le proprie.

- Ti avevo già salutato ieri! Perché sei qui? - gli chiese tristemente.

- Volevo rivederti per l’ultima volta... - .

- Hey! Non essere tragico! Ci vedremo quest’estate! - .

- Sì... ma per cinque mesi non... - .

- Shh... - gli mise una mano sulla bocca. – Ti penserò e ti scriverò e ti chiamerò e... - .

- Ti voglio bene... - .

Eve si bloccò... così come Ed... fu un istante carico di tensione... non voleva allontanarsi da lui... e ora? Avrebbe avuto ancora il coraggio di partire?... voleva rimanere tra le sue braccia per un’ultima volta ma...

- Io... devo... devo andare! - e si voltò, correndo via.

 

Ma che accidenti aveva fatto??... le aveva detto di volerle bene e lei era scappata così??... maledizione perché??... non era quello che voleva sentirsi dire??... eppure non era certo una dichiarazione d’amore... era un semplice “ti voglio bene”... e perché non aveva ricambiato??... che razza di cervello aveva??...

Si rigirò nel letto, ma non riuscì a prendere sonno...

 

Si era allontanata... ora che avrebbe fatto?... l’aveva persa?... perché diavolo le aveva detto così??... eppure non gli sembrava di aver detto nulla di male... forse aveva frainteso e ora non si sarebbe più fatta viva... addio Eve? No... non voleva dirle addio... la voleva ancora accanto a sé... i suoi occhi e il suo sorriso...

 

Quel giorno lei e Lena uscirono dall’ostello molto presto, era il primo giorno di scuola, di quella nuova e strana scuola tedesca. Le due ragazze arrivarono davanti all’edificio prima che suonasse la campanella. C’era un sacco di gente, nessuno indossava divise e ognuno aveva uno zaino diverso e colorato.

- Accidenti! Mi manca il Toho! - sospirò Lena.

- E invece è molto bello, vieni? - Eve entrò nell’edificio rosso cupo e cercò la loro classe, con qualche difficoltà la trovarono.

Fu strano per Eve quel giorno... credeva di saper parlare il tedesco almeno un po’ ma stando in mezzo a quelle persone tutto le pareva diverso.

Se c’era una cosa che le era subito mancata era svegliarsi di mattina ed indossare la sua divisa! Però vestirsi normalmente anche per andare a scuola non era affatto male! In quei giorni si impegnò a fondo nell’allenamento, voleva trionfare ancora ma sapeva che contro le ragazze africane ci sarebbe stato parecchio da faticare. Erano un vero fenomeno quelle! Come poteva sperare lei, nemmeno interamente giapponese, di vincere?...

Quando la sera ritornò in camera prese un foglio ed una penna... aveva tutta l’intenzione di scrivere ai suoi amici e a Ed... per scusarsi. Di sicuro la lettera sarebbe arrivata con mesi di ritardo... era inevitabile però perché non tentare?... sentirlo per telefono?... sarebbe stato un po’ strano... però avrebbe fatto anche quello, ma con la lettera voleva mandargli anche il disegno che si era portata dietro... quello del Chibi Toho... gli avrebbe fatto piacere riceverlo... non l’aveva affatto buttato... era troppo importante per lei quello sgorbietto...

 

- Pronto? - .

- Ed!! - .

- Eve!! Come stai?? - cercò di essere più naturale possibile.

- Magnificamente!! Mancate solo voi!! Sarò breve perché mi costa una cifra questa telefonata!!... Volevo solo chiederti scusa... non volevo andarmene così... non potevo sopportare un altro arrivederci lungo delle ore... - .

- Hey! Non fa niente, non ti preoccupare! Piuttosto vedi di allenarti come si deve perché tra cinque mesi, quando arriveremo lì vogliamo trovarti in forma e pronta a vincere di nuovo l’oro!! - .

- Sarà fatto! Non vedo l’ora di rivederti! Mi manchi già e... - ma che stava dicendo?? - ...io... allenati anche tu, chiaro?? Ho tutta l’intenzione di venire a tifare Giappone quest’estate!! - .

- Lo farò! Vedrai che mi troverai migliorato di mille volte!! - .

- Lo spero!... ora ti devo lasciare... - .

- D’accordo... ci sentiamo, vero? - .

- Certo! Però la prossima volta chiami tu, hai memorizzato il numero? - .

- Sì, no problem. - .

- Va bene... allora ciao... - .

- Ciao... - .

- Ahm... Ed? - .

- Mh? - .

- Ti voglio bene. - .

Riattaccò. Accidenti... quella era stata la telefonata più disastrosa di tutta la sua vita!! Beh, se non altro gliel’aveva detto e si era scusata... trotterellò via con il sorriso sulle labbra e consegnò la lettera al portalettere dell’ostello.

Rimase qualche istante con il ricevitore ancora accanto all’orecchio, poi riagganciò. Che ragazza strana... allora non era arrabbiata... né se l’era presa... non sopportava gli addii... tutto qui. Ma che era andato a pensare??... si era preoccupato troppo! Aveva addirittura pensato che Eve l’odiasse!... che scemo... non era riuscito a dirle “ti amo”... non ce l’aveva fatta... per tutto un mese... non voleva rovinare nulla... desiderava solo rimanere con lei quanto più tempo possibile... eppure il tempo vola come il vento... e un mese era già finito... ora lei stava ad Amburgo... e lui ancora in Giappone. Sì, si sarebbe allenato fino allo svenimento ogni giorno... così lei sarebbe stata fiera di vederlo titolare!!... Titolare... sarebbe stato lui ad avere il posto, stavolta!!

- A noi, Price! - sussurrò correndo fuori con il pallone sotto il braccio.

 

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