SESTO CAPITOLO:
Aprì la porta e trovò la signorina Robinson
sorridente che la attendeva. La donna si passò una mano sui capelli cortissimi
e le fece cenno di sedersi. Eve si accomodò e la
guardò ancora interrogativamente.
- Mi voleva parlare? - domandò.
- Sì. È in ballo un affare importante. - disse.
- Un affare importante? - ripeté la ragazza aggrottando le
sopracciglia. Per che cosa l’aveva convocata? Un affare importante?... Doveva essere veramente qualcosa di grosso altrimenti
la professoressa non l’avrebbe guardata così seriamente e poi non avrebbe usato
quelle parole.
- Eve. - disse ad un tratto, alzandosi
dalla sedia della scrivania. La giovane la seguì con lo sguardo. – Ti ritengo
la velocista più valida di tutta la squadra. - proseguì.
La ragazza non ringraziò né parlò, rimase solo in attesa del seguito.
- A partire dal mese prossimo si
terranno delle competizioni a livello agonistico, che riguarderanno tutto il
Giappone. Vorrei che tu partecipassi. Che ne dici? - .
- Ma certo! - scattò su dalla sedia.
L’idea di partecipare e magari anche vincere quelle gare e diventare la miglior
velocista di tutto il Giappone la entusiasmava moltissimo.
- Calma, calma. - sorrise la signorina. – Ovviamente dovrai
allenarti il doppio, se non il triplo e soprattutto... dovrai smettere di
fumare. - .
Eve rimase per qualche
istante stranita, chiedendosi come quella donna l’avesse scoperto, ma
non le ci volle molto. Probabilmente l’aveva vista fuori
dalla scuola o magari mentre assisteva agli allenamenti della squadra di
calcio. Perché allora non gliel’aveva detto subito?...
Non se ne preoccupò, infondo non toccava una sigaretta da chissà quanto tempo.
Aveva deciso da sola di smettere, perché dopo la sera in cui... e poi aveva
tanti problemi da risolvere che non voleva nemmeno più sentir parlare di
sigarette.
- Non so come tu abbia fatto, forse è
stato l’allenamento costante in concomitanza con il vizio a far sì che il tuo
corpo si abituasse, ma ora ti pregherei di non usare più sigarette. Il tuo
fisico ne risentirebbe moltissimo e metteresti a repentaglio la tua carriera. -
.
- La mia carriera?? Lei parla già di
carriera? - domandò stranita.
- Certo! Diventerai una stella, te lo dico
io! Se ti classificherai tra le prime quattro volerai
fino in Europa per i mondiali! - .
Europa... Eve abbassò lo sguardo, non
sapeva se andare in Europa fosse una così grande idea... ma
non ci voleva pensare, ora voleva dedicarsi solo alle gare nazionali e magari
mettersi in vista in Giappone.
- Non si preoccupi, non tocco una sigaretta da tre settimane e
poi avevo già deciso di darci un taglio! Per quanto
riguarda l’Europa non sono sicura di volerci andare, però parteciperò
sicuramente alle gare nazionali! - sorrise.
Dopo aver discusso ancora un po’ Eve
uscì dall’ufficio della sua allenatrice e sospirò. Un mese per prepararsi...
avrebbe dato il meglio di sé!
- Non mettermi le mani addosso, moccioso!!
- .
- Me la pagherai, bastardo!! - .
Danny corse a perdifiato giù per le
scalinate e vide Marica che teneva Kim per le spalle.
- Ma che succ...
- s’interruppe vedendo Eddie che sferrava un pugno
dritto nello stomaco del suo capitano e quest’ultimo
che si piegava in due dal dolore. Kim era in lacrime e Eve cercava di farli smettere.
Mark fece un acuto colpo di tosse e,
rialzandosi subito tirò un altro pugno in faccia a Eddie.
Il ragazzo cadde all’indietro e batté la testa.
- Mark!! Basta!! - tuonò la bionda. Il
cannoniere non disse nulla, si pulì la bocca sporca di sangue con il dorso
della mano e guardò Eddie con odio.
- Non osare mai più mettermi le mani addosso! - .
- ...ma certo, capitano!! - Eddie si rialzò barcollando e in un attimo gli fu addosso
ricominciando a colpirlo. Eve sbuffò e vide Danny fermo con Marica e Kim e lo chiamò:
- Danny! Non stare lì impalato!! Dammi una mano prima che arrivi qualcuno!! - .
Il ragazzo lasciò scivolare la sua mano dalla spalla di Kim e raggiunse l’amica.
- Ma si può sapere che succede?? -
domandò irrequieto.
- A dopo le domande! Se arriva qualcuno e li trova così,
rischiano di essere cacciati dalla squadra e sospesi da questa dannata scuola!! - .
Il sole del pomeriggio brillava nel cielo azzurro e i nembi
andavano disperdendosi nell’aria fredda dell’inverno.
I presenti si stavano innervosendo, a parte Marica
che consolava Kim, Eddie e Mark che si prendevano a pugni, Danny
cominciava ad arrabbiarsi ed Eve era davvero furiosa.
- Su!! Basta litigare! - disse il più giovane cercando di intromettersi.
- Stanne fuori! - gridò Eddie in preda
alla collera, prima di cominciare a colpire l’altro sul petto. Mark non voleva farlo all’inizio, ma si decise ad usare le
gambe.
- Maledizione! Se usa le gambe di sicuro
gli spezzerà qualche osso! - gridò Danny. Eve corse incontro a Eddie, nel
tentativo di spingerlo via prima che il capitano potesse caricare il destro,
però era troppo tardi. Mark si preparava a tirare un
calcio a Eddie come se fosse un pallone
quando... sentì dietro di sé qualcosa che lo immobilizzava e si fermò. Anche la ragazza rimase a guardare la scena, traendo un
sospiro di sollievo.
- Mollami, Ed!! - urlava Lenders.
- Non avresti mai la meglio su di me, capitano! - sibilò
l’altro. Mark rimase immobile per qualche istante,
con i muscoli rigidi e il cuore che batteva a mille per la fatica e le botte
ricevute. Maledizione... per quanta forza potesse adoperare quel diavolo d’un portiere aveva ragione... non poteva certo
mettersi contro Ed... la frustrazione saliva ma non poteva fare nulla... cercò
di ragionare... se si fosse mosso le avrebbe prese di sicuro da Ed...
dannazione! Lui, il grande Lenders!!
Era così frustrante... si sentiva come in gabbia... ma cercò di rilassarsi...
facendo un sospiro tremante si guardò intorno. Eddie
ansimava per terra, sotto lo sguardo di ghiaccio di Eve non si mosse più.
- Sono calmo. Lasciami pure... - sbuffò
il capitano del Toho. Il portiere mollò la presa e
incrociò le braccia al petto. Mark si avvicinò alle
panchine e prese la sua cartella, caricandosela su una spalla.
- ...capitano... - sussurrò Kim, ma
quello non la sentì ed uscì dal cancello immerso nel silenzio più assoluto. Eddie si rialzò a fatica, massaggiandosi la nuca.
- Eddie, io... - stava per cominciare Kim.
- Taci!! Non voglio più sentire la tua voce!!
- le urlò infuriato lui, nei suoi occhi si vedeva quella vena di odio che gli consumava l’anima. Detto questo raccolse
anche lui la sua cartella e corse via.
Per fortuna la scuola era finita da un pezzo e gli insegnati
dovevano ancora uscire, altrimenti se avessero assistito ad una scena del
genere avrebbero preso dei provvedimenti seri. Kim rimase in silenzio, stretta nel suo cappotto a piangere
e a respirare pesantemente.
Danny sospirò.
- Ma che diavolo avevano quei due?? - .
Nessuno gli rispose. Eve guardò il cielo
e il suo fiato bianco che si disperdeva nell’aria. Poi riprese la cartella
buttata là sugli spalti e cominciò a camminare verso casa. Fu raggiunta in
breve tempo da Ed e Danny.
- Hey! Aspetta Eve!
- gridava Danny. La ragazza si voltò e s’infilò una mano
nella tasca del giubbotto. Camminarono insieme.
- Tu sai che gli è preso? - domandò.
- Danny, qualunque cosa sia è una questione tra Mark, Kim e Eddie, io mi sono già
intromessa abbastanza. Non ne voglio più sapere. - rispose. Accidenti era
veramente arrabbiata! Possibile che quei due dovessero venire alle mani per una
questione così idiota??
Danny li salutò ed entrò in casa.
- Sei davvero arrabbiata stavolta! - affermò Ed.
- Risparmiati i commenti, portiere! - sbuffò.
- Ok, ok...
- tacque. Camminavano in silenzio lungo la strada ed Eve
ripensò... e poi si rivolse a lui.
- Senti... scusa per prima. Sono solo un po’ nervosa... stanno
succedendo troppe cose nello stesso momento e... - .
- Scuse accettate! Non ti preoccupare. - sorrise - ... ti va di
venire da me stasera? Conosco un metodo infallibile per sbollire la rabbia! - .
- Sei forte, complimenti! - le disse
annodandosi meglio la cintura color ebano. Eve
sorrise e bevve a grandi sorsi l’acqua dalla piccola bottiglia. Ed si stiracchiò e sdraiò sul tatami
[tappeto sul quale combatte chi pratica judo o karate.
N.D. Signor Warner^^].
La ragazza ora si sentiva veramente meglio! Dopo essersi sfogata
in palestra non aveva nemmeno un briciolo di forza nel corpo e si abbandonò
accanto a lui.
- Ti senti meglio? - le chiese.
- Mi sento a pezzi! - rise lei.
- Che?? Per così poco? Avanti, tirati
su! - Ed si alzò e le tese un mano. Vedendo quei
muscoli attraverso lo scollo del kimono di karate Eve fu quasi tentata
di afferrare la sua mano e strappargli di dosso la casacca ma la stanchezza di
due ore di allenamento prese il sopravvento.
- No... sono a pezzi! - ripeté. Ed
incrociò di nuovo le braccia e tornò a sedersi accanto a lei.
- Non dovresti stancarti subito... - sorrise.
- Hey! Le mie gambe reggono
ma il resto non lo sento più! - protestando Eve
si voltò verso di lui.
- Sei una pappamolle! - alzò il capo in segno di superiorità.
- Cooooosa?!!? Ripetilo se hai
coraggio!! - esclamò lei saltando a sedere.
- Pappamolle!! - le fece la linguaccia. Eve
strinse i pugni e si lanciò su di lui.
- Ridi ancora adesso?!?
Rimangiati quello che hai detto!! - .
- Mai! - insisteva Ed ridacchiando. Eve cominciò a toccargli il petto e i fianchi facendogli il
solletico. Il portiere scoppiò a ridere come un bambino.
- No! Ti prego! Il solletico no! Mi arrendo! Mi arrendo! - .
- Non ho ancora finito!! - disse
sogghignando la ragazza, continuando nella sua opera.
Ad un tratto la porta scorrevole si spalancò e la signora Warner fece capolino sulla soglia, sorridendo...
- E questo è karate?
- domandò sgranando gli occhi. Ed e Eve arrossirono, bloccandosi l’una sull’altro.
- Emh... no, questa si chiama lotta
libera, signora... - la ragazza ruppe il silenzio e poi ci fu una risata
generale.
- Grazie tante! Mi sento davvero bene ora! - sorrise Eve.
- Figurati! - Ed si portò una mano
dietro al collo e rise. La ragazza sospirò e tornò alla sua tazza di
cioccolata.
Si guardò intorno... Ed amava davvero il
calcio! C’erano foto e locandine dei più grandi portieri del mondo in quella
camera, per non parlare delle varie medaglie su uno scaffale.
- Quelle le hai vinte giocando a
calcio? - le indicò.
- Alcune. Altre sono premi di partecipazione, e due o tre le ho
ricevute ai campionati di karate. - le rispose
fissando la sua stessa direzione.
- ... non ti piace molto, vero?... il karate, intendo. - .
Ed scosse la testa... poteva dirglielo?
Doveva? Voleva?
- Mio padre vuole che mi dedichi solo a quello. Sebbene qualche anno fa, vincendo il campionato con il Toho, mi avesse concesso di giocare unicamente a calcio,
ogni volta che mi vede con un pallone, una rivista sul calcio o qualunque altra
cosa che riguardi questo sport, diventa... freddo. Ecco... so che gli da
fastidio che il fatto che io faccia il portiere ma
è stato lui a propormi una scelta. E io ho deciso. Il
calcio... anche se me la cavo bene anche con il karate...
lo pratico da quando sono nato... ovvio che debba aver
imparato qualcosa... eheh! - .
Eve sorrise. Lui aveva
scelto, stava camminando per la sua strada. E lei?...
- Interessante la tua stanza! - cambiò discorso. Ed alzò il capo verso di lei e le sue labbra si curvarono in
un dolce sorriso.
- Anche la tua è interessante. - .
- Che?? La... la mia??
- . Eve ci pensò... oh, già. Quella volta in cui
l’aveva portata fino in camera di sicuro aveva notato
tutti gli scarabocchi che aveva fatto.
- Mi piace come disegni la squadra! - .
- Hai... hai visto anche QUEL disegno?
- .
- Quello in cui ci siamo io, Mark e Danny che ci facciamo le
boccacce? - rise di gusto. – Il primo che ho notato! È spassosissimo! - .
Eve arrossì. No, aveva visto quell’unico disegno che aveva fatto pensando a lui...
- È solo uno sgorbio... - disse imbarazzata.
- Ah, grazie tante! - rise ancora.
- Oh, no! Non intendevo... dicevo che è
uno scarabocchio... devo averlo buttato... - .
- Davvero?... Peccato però, mi piaceva!
- .
Eve lo guardò sgranando gli occhi.
- Non dire scemate! - .
- È la verità! - protestò.
- Non ci credo! - scherzò lanciandogli un cuscino. Ed lo prese al volo. – Nota da ricordare: mai lanciare
niente contro un portiere! - disse poi.
- E mai mettersi contro un karateka! - aggiunse lui.
- Fantastico! Sei intoccabile! - esclamò lei sarcastica,
appoggiando la tazza di cioccolata accanto a quella di Ed
sulla scrivania. I due si guardarono.
- Oh no, non ci provare! - il ragazzo scattò in piedi.
- Oh, sì! - rise lei con un ghigno sul volto. Ed
indietreggiò finché non arrivò a toccare con le gambe il suo letto. Eve si avvicinava pericolosamente.
- Adesso riprendo la mia opera da dove l’ha interrotta tua
madre... - disse sogghignando. Il portiere si mise in posizione.
- Ricorda che posso parare anche te! - ridacchiò lui mentre Eve gli si faceva
vicino più velocemente.
Quando sentì le sue mani che gli si
avvinghiavano ai fianchi e la sollevavano cominciò a ridere.
- No! No!... mettimi giù! Ma così non
vale!! - .
Ed rideva ancora, e le disse mentre lei
si dimenava:
- Abbandona i tuoi piani, hai perso! -
.
- Non ancora! - affermò Eve mentre muoveva le mani sul suo petto. – Cosa fare adesso?
Mi lasci andare o sopporti la tortura? - .
Ed non poteva muovere le mani, dato che
erano occupate a sostenere Eve a mezz’aria e il suo
viso sorridente si compiaceva della sua inabilità. La guardò in quegli occhi
divertiti che stavano qualche centimetro sopra la sua
fronte e non poté fare a meno di stringerla ancora di più e lasciarsi cadere
sul letto.
Lei non disse niente. Il contatto con il suo petto, il suo
collo, il suo corpo l’aveva lasciata inebriata... che buon profumo aveva... rimasero lì, distesi sul letto, mentre Ed le teneva i
fianchi.
- Bella mossa, complimenti! Non me lo sarei mai aspettata! -
rise lei dopo qualche istante. Ma non si mosse, teneva
la bocca a qualche millimetro dal suo collo, con la testa appoggiata alla
spalla. Continuava a sentire il suo profumo con gli occhi semichiusi.
“Ma che... cosa mi prende?... non
riesco a staccarmi da lei... non ce la faccio...” le
mani di Ed erano ferme sulla sua vita sottile e sentiva il proprio cuore
battere all’impazzata, al contatto con il seno di Eve
sul suo petto e le sue labbra che gli sfioravano il collo. Aveva ancora le
gambe aperte e avvertiva quelle di Eve
immobili nel mezzo, rasentare le sue. La voleva stringere... forte... ancora...
ma ancora prima che potesse soltanto pensarlo l’aveva già fatto e tra le sue
braccia forti giaceva il corpo di Eve.
“Perché... perché lo stai facendo, Ed?...”
la prese quella sensazione di dolcezza e protezione
che aveva provato quando lui si era addormentato con lei... le piaceva come la
stringeva... era un abbraccio deciso e forte ma allo stesso tempo così delicato
che si sentiva sciogliere...
Voleva rimanere così per sempre se non fosse
suonato il telefono... Eve scattò a sedere,
come se qualcosa fosse penetrato nel loro mondo e avesse rotto l’incantesimo...
Ed fece lo stesso e rimasero a fissarsi
per qualche istante. Nessuno dei due arrossiva, nessuno distoglieva lo sguardo,
occhi negli occhi... finché il suono del telefono non
cominciò a farsi fastidioso. Lui si voltò e alzò il ricevitore senza dire una
parola, lasciò che fosse l’altro a parlare.
-...sì... sì, sono io... domani... chiaro... ci sarò...
d’accordo... arrivederci. - .
Ed si voltò di nuovo verso di lei e la
guardò raggiante:
- Domani ci sarà la riunione per il nuovo torneo! - .
- Metticela tutta, anche se so già che sarai tu il titolare! -
disse lei mettendosi le mani ai fianchi. Il ragazzo annuì sorridendo, ma poi si
fece serio.
- Chissà se Eddie e Mark giocheranno?... dopo oggi non
so se la squadra sarà come prima... - .
Eve rimase zitta. Kim
aveva combinato un bel pasticcio!
- Tu sai qualcosa, non è vero? - le
chiese alzando lo sguardo sui suoi occhi – Se è così, dimmelo. Magari possiamo
fare qualcosa... - .
La ragazza si stiracchiò. Forse era davvero la cosa migliore
parlarne con qualcuno... e magari avrebbero potuto
inventarsi qualcosa... insieme.
- È una storia lunga. – cominciò. – Una sera, quando eravamo ad Onsensawa, Kim ha seguito Eddie nella sua stanza e lui le ha chiesto...
beh voleva che facessero l’amore, e lei non se l’è sentita... - s’interruppe.
- Tutto qui? Che c’entra Mark, allora? - chiese Ed.
- Zitto zuccone! Se non mi fai finire
non lo potrai mai sapere! - gli strapazzò i capelli con una mano. – Vedi, come
se non bastasse Kim gli ha detto
che non lo ama più, che è innamorata di Mark. - .
- Ah! Ma sembra una telenovela! -
sospirò lui.
- Ma vuoi stare zitto?? Non ho finito!
- gli tappò la bocca. – Una volta uscita dalla camera di Eddie... ha incontrato Mark e
indovina un po’, portiere...?... - .
- Mi stai dicendo che Mark è andato a letto con Kim?? -
.
- Sei perspicace! - scherzò lei. – Come se non bastasse Eddie ha ascoltato una loro conversazione dove sicuramente
parlavano di quella sera e da lì è successo tutto!... Eddie è un ragazzo calmo, raramente di arrabbia ed è strano
che abbia aspettato quasi un mese per farla pagare a Mark...
dev’essere successo qualcosa... - .
- E bravo Mark!
E io che credevo che di ragazze non ne volesse sentire nemmeno parlare!... però ora che ci penso... era da un po’ che aveva messo
gli occhi su Kim... adesso mi spiego le loro lunghe
chiacchierate e tutte le volte che tornavano o andavano a scuola insieme! - .
- Vuoi dire che tra quei due c’era già
qualcosa?? - .
- Beh, niente di fisico se è questo che intendi. Però Mark era troppo gentile con lei, per essere una “stupida
femmina!” come dice lui! - .
- E ora che ti ho detto quello che
sapevo, che si fa? - .
- Non ne ho idea... - disse Ed pensoso.
- Come sarebbe?? Hai voluto che ti
raccontassi?? E adesso inventati qualcosa!! - .
Il ragazzo la guardò e fece un sorriso supplichevole:
- Hey, hey!
Non te la prendere con me! - .
- Scusa... - mormorò lei stringendosi nelle spalle.
- Ascolta un po’... - cominciò Ed. Eve fissò quegli occhi scuri che avevano un non so che di
strano per nulla rassicurante, ma stette a sentire. –
Domani ci saranno le convocazioni. Eddie e Mark non potranno mancare e allora... - .
- ...e allora?... - ripeté lei pendendo
dalle sue labbra.
- Basta che tu porti Kim, e io quei
due nel ripostiglio della palestra... poi li chiudiamo
dentro e... - .
- E il giorno dopo usciranno i giornali
con scritto in prima pagina: “Trovati tre ragazzi dissanguati nel ripostiglio
della palestra del Toho”! Ma
è ridicolo! Quelli si faranno fuori a vicenda! - la
ragazza finì la frase.
- Zitta testona! Fammi finire la frase! - Eve
gli lanciò un’occhiataccia, ma Ed proseguì. – Se
capiranno di non poter uscire se ne staranno buoni,
dopotutto hanno anche i loro cervelli che spero funzionino e poi lì da soli con
Kim non potranno fare altro che chiarire! - .
Lei sembrava poco convinta...
- Basta che alla fine non se la prendano con lei... - .
- No, non ti preoccupare Mark non lo
farebbe mai. Lo conosco abbastanza bene da potertelo giurare. - .
Eve lo guardò di sottecchi per qualche
istante e lui rimase in attesa di una risposta.
- Te l’ha detto nessuno che sei proprio
un genio?? - esclamò con un sorriso. Ed arrossì e
fissò i suoi occhi ringraziandola con un sorriso per un attimo, poi distolse lo
sguardo e ridacchiò:
- Sì, sì! Modestamente...! - .
- Non darti tante arie! La battaglia non era finita!! - disse lei prendendogli i fianchi. Il ragazzo si ributtò
sul letto ridendo di gusto.
- Bastaaaa!! Eve...
Eveeeeee!! - .
- Ci sei? - .
- Ci sono! - .
- Perfetto! Ora!! - .
I ragazzi chiusero pesantemente la porta che si bloccò con un
tonfo sordo.
- Hey!! - la voce di Mark suonava lontana.
Ed e Eve si
batterono un cinque, poi si portarono di scatto la mano alla bocca.
- Shhhh!!! -
fecero insieme. Risero in silenzio e poi sgattaiolarono via. [che
due scemi! n.d.author... ma
sono così carini!! (oh kami!
Sembra che stia parlando dei Puchu!!)]
- Mi odierà a morte! - sogghignò Ed.
- Ma va! Vedrai che appena avranno
chiarito tornerà tutto come prima! - .
Correndo silenziosamente per il corridoio ritornarono in
palestra usando le scale.
L’orario scolastico anche per quel giorno era finito e le
convocazioni per il torneo in nazionale erano chiuse. Eve
e Ed rimasero in palestra con la scusa di allenarsi,
mentre tutti gli altri uscivano.
- Sei pronto? Questo è il mio tiro più forte! - . Eve calciò la sfera con quanta forza aveva in corpo e Ed si lanciò per prenderla. L’impatto fu violento. La palla
batté forte contro il suo petto, ma il portiere la trattenne più che poté,
cercando di non superare la linea bianca. Furono attimi. Il ragazzo tentava di
non sbilanciarsi ancora di più e di fermarsi con la sfera tra le mani. Ma il pallone era caricato a dovere e lo spinse ancora più
indietro.
- Accidenti!! - imprecò rialzandosi.
- Hai visto che le mie gambe sono più forti dei tuoi salti? -
rise lei. In effetti quella ragazza aveva una potenza
eccezionale nelle gambe, anche se non sembravano per niente muscolose come
quelle degli atleti. Certo, aveva dei polpacci sviluppati ma
nulla toglievano alla sua eleganza e classe, non si notava nemmeno se non li
contraeva.
- Beh, se non altro ci stiamo allenando sul serio! - disse Ed
oltrepassando la linea biancastra e rilanciandole il pallone.
L’aria si stava facendo pesante. La finestrella era chiusa e si
era bloccata dall’esterno. Mark si massaggiava
una spalla, gli faceva male dopo i mille tentativi di buttare giù la porta.
Regnava un silenzio insopportabile. Kim si era
portata una mano al petto e fissava il pavimento, preoccupata.
Ancora silenzio.
- Riproviamo! - esclamò tutt’un
tratto Eddie, dirigendosi verso la porta.
- Sarebbe inutile. Ci ho già provato infinite volte, come hai
potuto notare, ma senza risultato! - gli disse l’altro con una vena di
sarcasmo.
- Ah sì? Solo perché non ci sei riuscito tu, superuomo, non vedo
perché io non ci debba nemmeno provare!! - Eddie lo guardò con odio.
- Perché ti romperesti qualche osso
ancora prima di toccare la porta! - .
- Adesso basta!! Non ti permetto di
parlarmi così! Solo perché sei il mio capitano non ne
hai il diritto!! - .
- Finitela!! - l’urlo della ragazza
bloccò i due, che stavano per cominciare una nuova rissa, ma tornò subito dopo
a guardare il pavimento, arrossendo notevolmente.
- Senti, senti... sei ancora capace di
parlare, allora? - sibilò Eddie. Mark
non disse nulla. Kim cominciò a singhiozzare. – Oh,
adesso ne ho abbastanza dei tuoi pianti! - sbuffò poi.
La ragazza aggrottò le sopracciglia e fece
proprio un coraggio che non le apparteneva, esplodendo in un urlo disperato e
allo stesso tempo soffocato dai singhiozzi che tentava di reprimere.
- Ma che ti prende, Eddie?? Da un po’ di tempo non sei più lo stesso!! Sei diventato cattivo!... Io...
ti ho detto che non ti amo più... fattene una ragione!! - .
Prima ancora che il ragazzo potesse
risponderle, continuò nel suo sfogo.
- Non mi importa se tu pensi che io sia
una puttana!!... Non mi interessa!! - si lasciò cadere in ginocchio. - ... Ho
sbagliato... ho fatto un errore imperdonabile ma... ma
non volevo rovinare la vostra amicizia!!... siete stati buoni amici sin dai
tempi delle medie... e ora... ora per colpa mia... tutto è andato distrutto...
mi dispiace... mi faccio schifo... mi faccio schifo!! - gridò con odio.
- Che dici, li andiamo a prendere? - .
Eve scosse la testa.
- Prima una doccia! Mi hai fatto faticare con questo pallone! -
disse sorridendo e lanciando la palla nel cesto con gli altri e dirigendosi verso
le docce.
- Buona idea! - Ed
la imitò e presero direzioni diverse, verso gli spogliatoi.
Era di nuovo silenzio. Eddie non ce la
faceva, non riusciva ad odiarla... sapeva che quella che ci stava più male era
lei e non si mosse di un passo.
- Ho... ho deciso... - sussurrò Kim
rialzandosi -...io mi faccio da parte... sarei anche
disposta ad andarmene da questa scuola... ma... lo so che è difficile ma... vi
prego... potete almeno provare a tornare gli amici di tempo...? - .
Li fissò entrambi con gli occhi rossi e gonfi, le pulsavano le
tempie e le girava la testa. Passò lo sguardo da Mark
a Eddie, entrambi a bocca aperta. Il capitano, che
fino a quel momento non aveva aperto bocca si avvicinò all’altro, afferrandogli
la mano e stringendogliela in segno di vittoria.
Eddie si lasciò guidare da lui, poi i suoi
muscoli si ripresero e strinse la mano di Mark.
Non parlava... aveva fatto tutto Mark...
quel ragazzo aveva negli occhi una luce che dimostrava il suo timore... amava
davvero la sua Kim... no, ormai non era più sua... si
era sforzato di essere forte ma... infondo era ancora
un ragazzino... in quel momento voleva tornare ad essere piccolo piccolo... ma non poteva tornare indietro... era stato lui
a farle fretta... voleva che facessero l’amore e invece doveva tenere conto dei
suoi sentimenti... in quel momento aveva solamente voglia di fare sesso...
infatti conosceva bene il carattere di Kim... ma non
ne aveva tenuto conto... che stupido era stato!! E adesso stava pagando le
conseguenze... gli stava proprio bene... e ora vedendo le sue lacrime
sincere... l’animo innamorato di Mark... non poteva
far altro che tirarsi indietro e ricominciare... ricominciare...
- Era destino... - disse Eddie
rassegnato. Kim sgranò gli occhi e Mark fece lo stesso. Il ragazzo abbassò lo sguardo e
riprese a parlare - ... forse... anzi no. Sicuramente
era destino che tu t’innamorassi di lei... e lei di te. Non ho mai pensato a te
come a una puttana, Kim. E non lo farò mai perché ti rispetto. Ognuno ha i propri
momenti di debolezza... ma che non succeda con te, Mark! - alzò lo sguardo come per rimproverarlo. – Se la
farai soffrire dovrai vedertela di nuovo con me! E
stavolta non ci saranno Eve e Ed a fermarci! - .
Mark sorrise. Era tornato tutto a posto...
o per lo meno stava succedendo quello che aveva sperato.
- Grazie... grazie... - disse Kim
ancora piangendo, questa volta le sue lacrime erano sincere e felici.
- Hey! Non pensare nemmeno di
andartene da qui, chiaro? - le disse Eddie con un
sorriso. - ... tenterò di essere tuo amico... ci
proverò! - .
La ragazza guardava quei due... avevano ancora le mani unite in
una stretta fiduciosa e in quel momento si sentì rinascere.
- Non piangere più, adesso. - le disse il capitano in tono
dolce. Non l’aveva mai sentito parlare in quel modo... quello che stava vedendo
era un Mark che non aveva mai potuto osservare... e
si sentì innamorata ancora più di prima.
- Ah! Mi chi voleva proprio! - sospirò Eve
ravviandosi i capelli appena asciugati. Si sistemò i pantaloni e la maglietta,
poi indossò la felpa ma lasciò aperta la cerniera.
Ed la aspettava fuori dalla palestra con
le chiavi in mano. Aveva ancora i capelli leggermente bagnati, i jeans blu e una maglietta che lasciava intravedere i
lineamenti dei muscoli.
- Ma sei matto ad uscire così?? Mettiti
addosso qualcosa o ti prenderai un accidente! - .
Il portiere le sorrise e parlò:
- Arrivo subito, vado a mettere queste nell’ufficio della Robinson e torno! - .
Dopodiché chiuse la palestra e corse via dietro
l’angolo. Eve rimase ad aspettarlo seduta sul
borsone.
Qualche minuto dopo Ed era di ritorno. La ragazza guardò
l’orologio: le quattro.
- Devi tornare? - le chiese. Eve
scosse la testa.
- Torno quando voglio. Mia madre non
c’è per tutta la settimana. - .
- Ti faccio un po’ di compagnia se vuoi... - .
Gli sorrise. Poi lo vide ancora a mezze maniche e
cambiò espressione.
- Mi ascolti quando parlo? Sei appena
uscito dalla doccia e non ti sei nemmeno asciugato bene i capelli! - .
- Non ti preoccupare,... sto bene così!
- .
- Già... beh, affari tuoi! - sbuffò. Ed
sorrise e fissò dritto davanti a sé, finché non sentì qualcosa di morbido e
caldo sulla sua testa. Si accorse che Eve gli aveva
lanciato la sua felpa, ma lei non parlava.
- Dovresti portartene una anche tu... - disse poi.
Ed la fissò, era grande per lei, di
sicuro a lui sarebbe andata a pennello.
- Mettila. - continuò.
- Non fa niente... io... - .
- Non era un consiglio!! - proruppe
lei. Il ragazzo gliela rilanciò in testa con un sorrisetto.
- Ah sì?... se le cose stanno così... -
Eve gli si avvicinò e gli prese le spalle, facendolo
sedere sul suo borsone, accomodandosi accanto a lui e mettendo l’indumento
sportivo sulle spalle di entrambi.
- Scemo... - gli sussurrò.
Ed arrossì... eppure era quasi sempre
uscito dagli allenamenti in quello stato... sì, certo gli avevano detto di
coprirsi bene ma non ci aveva fatto mai molto caso... solo ora che la guardava
persa nei suoi pensieri... con il viso tra le mani, seduta accanto a lui...
provò qualcosa che lo fece sospirare pesantemente...
- Allora, com’è andata la convocazione? - gli chiese tutt’un tratto.
-... eh...? quale convoc...
ah, sì!! - Ed fu come svegliato da un sogno. - ... Molto bene! Anche quest’anno sono
in nazionale!... e... e tu? A quando la prima gara? -
.
- Tra un mese... ci saranno le nazionali... se mi piazzo tra le
prime quattro andrò... in Europa... - .
- Non mi sembri molto entusiasta... - disse lui preoccupato. Eve alzò le spalle.
- Ora voglio pensare solo a vincere le nazionali... - .
Ed si ricordò... l’Europa... era dove
stava suo fratello... e suo padre... non era tanto impaurita di non riuscire a
piazzarsi tra le prime quattro, ma era infastidita dal fatto che se ci fosse
riuscita sarebbe dovuta partire... per l’Europa...
- Non vuoi rivedere tuo fratello...? -
le chiese in un soffio, come se avesse paura di farle del male. Ma Eve non si arrabbiò... sorrise.
- Non è così... anzi, mi farebbe
piacere rivedere Dex... - .
- È... è per Nicholas? - le chiese
ancora. Poi si pentì di averlo detto... l’ultima volta che le aveva parlato di
lui Eve gli aveva gridato contro... in fin dei conti
non sapeva nemmeno chi fosse... magari lei ne era
innamorata... forse la aveva fatta soffrire molto...
Per la prima volta, mentre sentiva pronunciare il suo nome non
le prese quel senso di rabbia e di vuoto... si sentiva serena... perché?... perché si sentiva così bene anche se stavano parlando
di Nicholas...?
Eve si alzò e si stiracchiò andando ad
appoggiarsi alla ringhiera. Non rispose. Ed rimase
zitto, aveva abbassato la testa e non si aspettava una sua risposta. Stava per
cambiare di nuovo discorso quando lei si voltò,
appoggiandosi con la schiena alla stessa ringhiera.
- Nicholas... - disse guardandolo e
aspettando che alzasse il capo per incontrare i suoi occhi.
Eve si voltò di nuovo e sospirò.
- A volte è meglio non conoscere ciò che le persone tengono
dentro... cambierebbero troppe cose... - .
Il portiere la guardò, il suo corpo snello era immobile a
fissare il cielo terso e non parlò per qualche minuto, regnava un silenzio
strano e pesante.
- Ricordi quando mi hai chiesto cosa si
prova ad avere un fratello?... beh, è meraviglioso... andavamo d’accordo...
altre volte litigavamo... era bello... è nato due minuti dopo di me. Stessi
occhi... stessi capelli... caratteri quasi simili... io e Nicholas...
gemelli. - .
Fece una pausa di silenzio, non continuò... rimase zitta, come
se qualcosa in gola le impedisse di parlare... Ed si
alzò...
- É... in Europa anche lui...? - .
- Europa? - chiese Eve. Nella sua voce
si sentiva quella vena di felicità... stava sorridendo
tristemente. Poi si voltò verso di lui, ancora... per l’ultima volta.
- Overdose. - quell’unica parola bastò
a colmare il silenzio che c’era stato per interminabili attimi.
Il ragazzo vide i suoi occhi, la sua
bocca sorridere... lacrime amare rigarle il viso fino a morire sulle sue labbra
e abbandonare il suo viso cadendo come petali di cristallo trasportati dal
vento, fino a terra e sulla maglietta candida. Ed
sentì il suo cuore lacerarsi nel petto, squarciarsi in mille pezzi e piangere gridando
disperato.
Non disse nulla, Eve continuò con lo
stesso sorriso aspro e si strinse il braccio.
- La cicatrice... sono stata io... volevo
morire con lui. Lo stavo facendo. Volevo colpirmi a morte. Con un coltello...
ma non ce l’ho fatta. Nel momento in cui ero decisa a
trafiggermi il cuore, qualcosa ha fatto sì che il colpo deciso finisse sul
braccio... e non nel mio petto... sono stata io a salvarmi da me stessa... - .
Chiuse gli occhi e abbandonò quel sorriso, abbassando la testa.
- Tutti si chiedevano perché l’avesse fatto...
ma a me non importava, io lo sapevo già... ero la sua gemella, eravamo
due metà. Era solo un ragazzino di quindici anni... eppure sapeva bene a cosa
andava incontro. Lo sapeva bene, ha scelto. Era la sua
scelta. Io non l’ho mai odiato, né condannato per ciò che ha fatto... da
bambini mi diceva che saremmo stati insieme per
sempre... ma io sapevo che non sarebbe stato così... in qualche modo ci
avrebbero separati... e così è stato. Volevo seguirlo, ero in preda al dolore... ma poi ho ripensato alle sue parole... una volta
mi aveva detto che entrambi avremmo dovuto fare ciò che avremmo voluto...
indipendentemente da quello che avrebbe deciso l’altro... È morto... io invece
non volevo farlo e sto vivendo, per me stessa. - .
Tacque. I sibili del vento interrompevano la linea di silenzio
che correva tra i due.
- Scusa se quando mi sono ubriacata ti ho chiesto di farmi del
male... non voglio andare da Nicholas... voglio
restare qui... solo ora ho capito che mi stavo rovinando... l’alcool, il
fumo... non voglio più cercare mio fratello... voglio
solo vivere. - sussurrò. Ed le si avvicinò
velocemente, le prese violentemente le spalle e la strinse a sé con quanta
forza aveva in corpo.
- Vivi... - le disse abbracciandola.