QUINTO CAPITOLO: TANTI SEGRETI.
Si sedette fuori dall’albergo, in giardino. Si strinse nel
giaccone e rimase ad aspettare. La sera era appena cominciata con le stelle che
brillavano nel cielo nero. Sospirò. Il suo fiato bianco pareva fumo, ma
nonostante questo non sentiva molto freddo.
- Volevi parlarmi? - disse una voce piacevolmente conosciuta
alle sue spalle. La ragazza non aprì bocca ed attese che lui si sedette accanto
a lei, sulle gradinate.
- Volevo scusarmi. – Eve fece una pausa - Per quello che è successo. - .
Ed annuì. In realtà non era mai stato arrabbiato con lei, aveva
provato solo un senso di perdita quando l’aveva vista così...
- È tutto ok. - fece lui con un
sorriso. La ragazza proseguì.
- E... e poi vorrei che mi dicessi quello che è accaduto... io
non ricordo niente. - .
Lui alzò il viso al cielo e socchiuse gli occhi scuri.
- Ti ho incontrata vicino al campo, ti ho fatta sedere alla
fermata dell’autobus e tu hai cominciato a gridare una vecchia canzone. A
chiedere al cielo di darti la neve e... - s’interruppe -...ti ho riportata a
casa. Sono rimasto a dormire ai piedi del tuo letto finché non ti sei
svegliata. - .
Eve rimase a guardarlo. Non poteva vedere
il suo volto, i suoi occhi perché erano nascosti dai capelli. Si era chinato e
aveva appoggiato i gomiti sulle gambe, incrociando le mani davanti a sé.
Silenzio. Lei si sentì più sollevata, rimase in tranquillità a fissare le
stelle per qualche minuto.
Ed si morse piano il labbro inferiore e sussurrò:
- Eve,... chi è Nicholas?
- .
La serenità che la circondava si ruppe. Come uno specchio che si
frantumava. Eve sgranò gli occhi al solo sentire
pronunciare quel nome. Si voltò lentamente verso di lui, stava ancora fissando
chissà dove, lei non poteva vederlo, i lunghi capelli scuri si frapponevano fra
i loro sguardi. La ragazza si alzò in piedi e disse con tono freddo ma confuso:
- Tu... cosa... che sai di Nicholas? -
.
- Non conosco niente, se non il suo nome. L’hai ripetuto più
volte quella sera, mentre... - .
Eve si sentiva bruciare, tradire.
- Mentre...? - riprese la frase da dove lui l’aveva interrotta.
- Mentre mi dicevi che volevi andare da lui. M’imploravi che ti
facessi del male. - disse in un sospiro.
Lei non parlò. Sentì come una morsa al cuore, voleva piangere...
anzi, no... aveva voglia di sfogarsi su qualcosa. Di tirare calci e pugni
finché non le fossero mancate le forze.
- Perché... non me l’hai detto prima? - chiese ancora.
- Non volevo dirtelo. Non volevo che piangessi. - .
- Ho... ho pianto? - .
- No. Ma avevi gli occhi pieni di lacrime. Non voglio che tu
pianga ora. Scusa se ti ho chiesto di lui... - .
Eve scoppiò in un grido violento:
- Cosa credi che me ne faccia delle tue scuse?? Maledizione,
sono stanca di sentirti chiedermi scusa!! E non piangerò!!... - aggiunse più a
bassa voce - ... non piangerò ancora... - .
Gli voltò le spalle e salì di corsa in camera, passando davanti
a Marica che era rimasta nella sala.
- Maledizione! Maledizione!! Maledizione!! - imprecava mentre
stringeva con violenza i pugni sul materasso e tentava di frenare le lacrime
che sgorgavano dai suoi occhi.
Bussarono alla porta...
- Eve... sono io... - disse
timidamente Marica.
- Lasciami in pace!! - gridò l’altra. L’amica richiuse la porta
e vi si appoggiò con la schiena, sospirando e assumendo un’aria preoccupata.
Non si mosse per qualche istante. Ed rimase lì seduto su quei
gradini con gli occhi chiusi. Poi si alzò e sparì nella notte.
Non riuscì a chiudere occhio. Era passata qualche ora e Eve guardava i volti sereni delle sue compagne di stanza
che dormivano nei loro letti. Si rivestì velocemente e scese a passi
impercettibili le scale, uscendo sulla strada. Era deserto. Si mosse sul largo
marciapiede e sospirò. Se l’era presa con Ed... non c’entrava proprio nulla,
lui. Doveva sfogare la sua rabbia e l’unica cosa che era riuscita a fare era
allontanarlo. Non le importava più di Nicholas, del
fatto che non gliene avesse parlato prima... le importava solo di lui... Ed. Ora che avrebbe fatto?... Come si sarebbe dovuta
comportare?... Le passò davanti tutto il periodo in cui erano stai insieme...
la prima volta in quel negozio si erano rivolti il primo sguardo... e poi
quando si erano rivisti e lui le aveva chiesto di accompagnarlo alla festa di Mark... e proprio lì aveva notato quel suo sguardo triste
quando aveva nominato Price... sì, l’aveva visto giocare Price. Era un vero e
proprio fenomeno. Ma aveva guardato giocare delle partite anche a Ed e non era
riuscita a capire perché preferissero le freddezza di Benji
alle acrobazie di Warner. E lui ci stava male... non
voleva ammettere a sé stesso di essere in riserva. Sì, come portiere era molto
più dotato quel Price ma in quanto a potenza e stile non superava di certo Ed. Warner era più portato per
l’attacco, i suoi tiri erano violenti e combinati con le mosse di karate diventavano micidiali.
Eve voltò casualmente la testa e sentì
come una morsa nel petto...
- Ed... - sussurrò.
Il ragazzo cercava di entrare dal giardino, si appoggiò alla
porta e cadde in ginocchio. Eve sussultò e aggrottò
le sopracciglia nel tentativo di capirci qualcosa... ma cosa ci faceva fuori a quell’ora? E perché non si rialzava? Doveva essergli
sicuramente successo qualcosa. La ragazza gli si avvicinò lentamente poi, a
mano a mano che capiva la sua andatura si faceva sempre più veloce. Si fermò
alle sue spalle e lo costrinse a guardarla.
Incontrò i suoi occhi neri, spenti. Eve
fece un sospiro di stupore e lo fissò incredula.
- Ma... ma sei impazzito?! - .
- Eve... - sussurrò lui.
La ragazza lo fece rialzare e Ed si appoggiò a lei. Eve non parlava, era ancora confusa e agitata. E ora dove
avrebbe dovuto portarlo?... Si sedettero sui gradini come qualche ora prima.
- Sei agitata? - le chiese. Eve lo
guardò ancora.
- Beh, se non altro capisci ancora qualcosa, portiere! - scosse
la testa.
- Portiere... - sussurrò lui - ...io non sono un portiere...
sono solo un ragazzino stupido... - .
La ragazza pensò che qualunque cosa gli avrebbe detto, nello
stato in cui era non si sarebbe ricordato di nulla, quindi rimase zitta.
- Tu pensi che sia un bravo portiere? - le domandò. Eve socchiuse gli occhi e lo guardò. Le veniva quasi da
piangere mentre fissava il suo bel viso triste.
- ... il migliore... - rispose.
- No! - Ed si lasciò cadere giù dal gradino e sferrò un energico
pugno sul cemento – Io sono il numero due!! Il numero due!! Non sono in grado
di... - la sua voce si calmò - ... di migliorare... - .
Eve si avvicinò e gli prese la mano.
- Basta dire idiozie, adesso! Guarda qui! Volevi spaccarti
qualche osso, eh? E poi come faresti a giocare?? - .
Non le importava più di quello che aveva pensato prima, Ed aveva
la mano destra che sanguinava e tremava e il freddo dell’inverno gli gelava i
pensieri.
Un fiocco candido si posò sulla sua guancia e poi un altro, sui
suoi capelli. Ed rimase immobile, alzò solo il capo per incontrare per
l’ennesima volta i suoi occhi penetranti.
- Lasciami solo. - disse.
Eve rimase muta e si inginocchiò accanto
a lui, prendendogli il viso tra le mani e sentendo la sua pelle sotto la lana
dei guanti gli scostò i capelli dal viso, avvicinandolo al suo petto e
lasciando che si appoggiasse dolcemente.
- Sì, sei il numero due, ma in nazionale sei ritenuto comunque
un grande portiere... ma sei il numero uno... per Kim,
Mark, Danny, Eddie... i tuoi amici... - lo strinse con forza - ...e per
me. - .
Aprì piano la porta ed evitò di accendere la luce quando Marica la precedette e fece chiaro chiudendo piano la porta
e sussurrando:
- Ma dove diavolo sei st... - poi si
accorse della presenza di Ed e tacque.
- Dov’è Kim? - chiese Eve non notandola nel suo letto.
- È... lei e Eddie sono usciti poco
fa... mi ha svegliata e ho notato che tu non c’eri così mi sono preoccupata... Eve... ma lui è... - .
La ragazza annuì.
- Sì, è ubriaco... è una lunga storia. Aiutami a metterlo a
letto. - .
L’odore di alcool era piuttosto forte, e di sicuro se i
professori fossero andati a chiamarli per l’escursione la mattina dopo
avrebbero scoperto che Ed aveva bevuto e magari gli avrebbero dato anche una
bella sospensione. Così Eve fu costretta a togliergli
la felpa e i pantaloni. Marica lo guardava estasiata.
Mentre sfiorava con le dita la pelle morbida del ragazzo poteva sentire i suoi
muscoli ora assopiti. Si accorse dello sguardo sognante dell’altra.
- Piantala Marica! Prendi questi
piuttosto! - le lanciò la felpa e i pantaloni, che la ragazza si affrettò a
portare nel bagno. Eve fu presa da una sensazione
strana di fastidio mentre Marica lo guardava... ma
non ci pensò più di tanto, l’importante ora era che Ed si fosse profondamente
addormentato. Era disteso su un fianco nel suo letto e l’altra gli mise una
coperta sulle spalle per non fargli prendere altro freddo, siccome stava
riposando con addosso solo i boxer e una canottiera intima.
Marica spense la luce per lasciare riposare
meglio Ed e si sedette sul proprio letto. Eve fece lo
stesso, ora non sapeva più cosa pensare... si era sfogata, non sentiva più
quella sensazione di rabbia, anche se avrebbe dovuto, vedendo Ed come si era
conciato ma... dopo averlo stretto tra le sue braccia le pareva che il resto
del mondo non avesse più alcuna importanza.
- Mi puoi raccontare...? - le chiese nell’ombra l’amica.
Eve fu come scossa da un sogno ad occhi
aperti e cominciò a parlare, partì dalla lettera di Dex...
Sapeva di poter raccontale tutto... Marica
era a conoscenza anche di Nicholas. Era appena andata
via da Okinawa quando si era trasferita nella parte
meridionale della città aveva subito fatto la conoscenza per caso di quella
strana tipa... le aveva fatto forza con il suo sorriso e l’aveva aiutata a
superare la situazione... si erano incontrate in un negozio, Eve comprava i retini per i suoi disegni e Marica guardava i vari aerografi. La ragazza con i capelli
ricci doveva fare un regalo ad un amico e le mancavano pochi centesimi, persi o
dimenticati chissà dove. Eve glieli prestò e da lì,
per sdebitarsi, Marica le offrì qualcosa da bere, il
giorno dopo. Poi cominciarono a frequentarsi, Eve era
fredda, ma non le dispiaceva vedersi con qualcuno che sorrideva sempre. Voleva
anche lei disperatamente riprendersi il suo sorriso... ma non poteva, finché un
giorno non le disse tutto di Nicholas. Da quel giorno
si avvicinarono ancora di più e Marica era fiera di
aver ridato il sorriso a quella ragazza che ormai considerava la sua più grande
amica e ora che si era trasferita nuovamente era orgogliosa di averla nella
stessa scuola. Eve non l’aveva mai detto apertamente
ma anche lei le voleva bene.
Ad un tratto le labbra di Ed si aprirono in un gemito e poi un
sussurro... che giunse chiaro ad entrambe le ragazze.
- ...Mh... E... ve... - .
Eve sentì un calore imprevisto sulle sue
guance, era sicura di essere arrossita parecchio... Ed aveva pronunciato il suo
nome... magari la stava sognando... si portò le mani alle guance e sentì quello
strano calore... meno male che la stanza era immersa nel chiarore della luna e
non si potevano distinguere i colori.
- Senti, senti!... che gli hai fatto, Eve?
- disse sogghignando Marica.
- Eh? Che vuoi che gli abbia fatto?! Assolutamente niente! –
ribatté. - A proposito. – riprese – Di certo domani non potrà partecipare alle
visite... dobbiamo pensare a qualcosa... - .
- E se diciamo ai professori che non si sente bene? Lo chiudiamo
in bagno e una di noi rimane qui con lui... beh, lo devo coprire in qualche
modo... se scoprissero che è sbronzo saranno guai! - .
- E perché TU DEVI coprirlo? Resto io! Tu và ad accalappiarti Mark, avrai via libera! Eddie e Kim staranno per i fatti loro e non ti sarà difficile
cacciare vie le varie ragazzine. - .
- Che c’è?... Non sarai mica gelosa? E poi... Mark non mi interessa più di tanto... - .
- Uffa... sempre a questo pensi! Mi sento responsabile del suo
stato... infondo se non gli avessi detto quelle parole sarebbe andato tutto
bene e lui non si sarebbe ubriacato. Quindi rilassati, a lui ci penso io!...
Hai deciso di dedicarti solo a Ed? - aggiunse maliziosamente. Marica scosse la testa e sospirò.
- Beh, devo ammettere che sono davvero due bei ragazzi... Ed e Mark intendo... però non posso continuare a pensare a tutti
e due contemporaneamente... verrebbe fuori una cosa strana..., ora ho occhi
solo per lui... - .
- Lui chi? - .
- Se te lo dicessi non mi crederesti... ma mi ha colpito tanto
il suo sorriso... però non ti posso dire più nulla per ora... - .
- Ah sì? E come mai? - continuò Eve
con il suo sorrisetto maligno.
- Perché voglio essere sicura che mi piaccia... - arrossì poi se
ne accorse e sorrise. - Però non farti illusioni! Le scommesse sono scommesse e
Mark e Ed saranno miei! - .
- Ma se hai appena detto che hai occhi solo per questo LUI! - .
- Ho detto anche che le scommesse sono scommesse e non voglio
perdere!... e poi non dispiacerebbero a nessuno quei due... - .
- Come vuoi!... Farò di tutto per farti perdere allora! Se le
scommesse sono scommesse, vincerò io!! - ridacchiò convinta Eve.
- Sì, non si sentono molto bene. - disse Marica
uscendo dalla stanza.
- Ma che ci fa Warner qui? - domandò
il signor Eagles.
Eve strascicò in vestaglia fino in bagno,
dove Ed si stava bagnando la testa con l’acqua gelida, per svegliarsi dal
torpore e per far riprendere alla realtà i contorni che le spettavano.
- Ieri sera eravamo sul portico e non mi sono sentita bene, così
Ed mi ha riaccompagnata nella mia stanza e visto che lui non stava meglio di me
ha deciso di rimanere qui. Sa com’è, non è piacevole vomitare per i corridoi. -
disse Eve fingendo di avere l’emicrania.
- Oh... capisco... allora è meglio che resti con voi in albergo.
- disse il professore.
- Come vuole, noi oggi andremo a visitare un altro tempio Sengoku nella parte alta della città. Forse le converrebbe
venire, è molto interessante! - esclamò Marica con
occhi imploranti.
- Già ma... forse farei meglio a rimanere... - .
- Tenga presente che siamo entrambi maggiorenni. - disse Ed dal
bagno, aprendo la porta e scoprendo un paio di occhi stravolti. Aveva addosso
l’accappatoio legato in vita disordinatamente. Il professore, guardandolo si
convinse che non stava davvero bene ma non era troppo sicuro della
responsabilità che avrebbe avuto se avesse lasciato soli i due ragazzi e Marica lo accompagnò fuori dalla stanza, mentre Eve ricacciava Ed in bagno.
- Rimarrò ugualmente. Ora cercate di dormire, io sono nella mia
stanza se avete bisogno. Avanti Marica, sbrigati o
farai tardi. - fece il professore con un sorriso.
- Ah, sì... adesso arrivo, prendo lo zaino! - Marica tornò in camera e afferrò la sacca, caricandosela
sulla spalla e sorridendo a Eve.
- Ce l’abbiamo fatta! Ora non ti resta che chiarire col portierino! Buona fortuna! Ciao-ciao!
- .
Eagles era già andato avanti e Marica si affrettò a raggiungerlo lungo il corridoio.
Eve richiuse lentamente la porta e
sospirò togliendosi la vestaglia, lasciando scoprire la maglietta e i jeans che
portava sotto. Ed uscì di nuovo dal bagno. I due si guardarono e poi distolsero
lo sguardo contemporaneamente.
- Sei matto ad uscire così? Eagles
poteva scoprire tutto e sospenderti! E adesso muoviti, rientra in quel bagno,
non lo vedi che sei in mutande? Fatti una doccia e riprenditi! - parlò
concitatamente.
Ed arrossì rientrando in fretta in bagno. Non si era nemmeno
accorto che l’accappatoio gli era scivolato dal corpo mentre muoveva i suoi
passi.
Sentì lo scroscio dell’acqua della doccia e si sdraiò sul suo
letto, lo stesso in cui aveva dormito Ed. Si sentiva
ancora un po’ l’odore di alcool ma non più di tanto. Poteva sentire il suo
profumo... che buono... chiuse gli occhi e strinse a sé il cuscino...
Aprì gli occhi...
- Ti voglio bene. - le disse.
- Anche io ti voglio bene. - .
- Staremo insieme per sempre? - sorrise.
- Sì, per sempre. - rispose lei mentre lui le pettinava i lunghi
capelli d’oro. Nicholas sorrise di nuovo e guardò
nello specchio, che rifletté i suoi bellissimi occhi azzurri.
Nicholas.
Eve.
Nicholas ed
Eve.
Ed uscì dal bagno con un asciugamano sui capelli e la vide.
Dormiva. Si era addormentata profondamente sullo stesso letto che aveva
lasciato lui qualche ora prima. Sorrise. Ormai gli era passata la leggera
sbornia che si era preso, a parte il mal di testa andava tutto ok. S’infilò la maglietta nera che gli aveva portato Marica e si massaggiò il collo. Rimase quei pochi istanti a
guardarla dormire e poi si sedette accanto a lei, appoggiandosi al capezzale.
Ma cosa diavolo gli era saltato in mente di fare??... non ci aveva visto più e
si era ubriacato... proprio come lei quella sera... forse voleva dimostrarle
quanto era stato straziante vederla in quello stato... le mise una mano sui
corti capelli e la guardò ancora... doveva aver sofferto molto in passato,
vista la reazione della sera prima, ma nonostante il pacifico sorriso che aveva
mentre dormiva.
Le si avvicinò ancora di più e quasi si distese, circondando il
suo giovane e bel corpo con le forti braccia, quasi volesse proteggerla da
qualcosa... forse da sé stesso... ma ormai era troppo tardi, la stava
abbracciando intensamente e si sentiva così bene che si rilassò a tal punto da
addormentarsi cullato dal battito del cuore di Eve...
I suoi occhi si aprirono lentamente al contatto con la sua
pelle... con quel calore... si scordò del sogno che aveva appena fatto su Nicholas... e guardò quel viso sereno e così bello... Ed...
la stava abbracciando... aveva la fronte che poggiava sul suo collo, la schiena
contro il suo petto e sentiva un brivido strano misto al calore del petto del
ragazzo e percepiva sul suo corpo anche le sue braccia che erano strette a
lei... richiuse gli occhi pensando di sognare ancora e non volendo porre fine a
quel desiderio di restare così per sempre.
Mark aprì la porta di scatto per dare la
bella notizia ma si fermò di scatto vedendo quella scena. Il suo viso parve
stupito, ma subito dopo si disegnò sulle sue labbra un sorriso divertito.
“Guarda un po’ Ed, allora non era solo una mia impressione!”
sorrise ancora richiudendo la porta. Da un po’ si stava comportando come un
bambino... accidenti! Lui era Mark Lenders!... sospirò... quella ragazza gli faceva uno strano
effetto... eppure per quanto si sforzasse di reagire non poteva resisterle e
quando pensava ai suoi occhi scuri, ai suoi capelli di seta e al suo sorriso di
miele si sentiva come in estasi... non voleva ammettere a sé stesso che si era
maledettamente innamorato di lei e che
- Hai dato la buona notizia? - chiese timidamente.
- Emh... no, veramente non credo che
dovresti entrare... - .
Kim gli rivolse uno strano sguardo.
- Che...?... che stanno facendo? - .
Mark arrossì ancora di più afferrando di
essersi espresso male, così per non andare oltre aprì leggermente la porta e
fece dare un’occhiata anche alla ragazza.
- Che carini! - sorrise lei. Mark fece
per richiudere la porta quando sentì una spinta dietro di sé e la voce di Marica che urlava.
- Nevicaaaaaaaaaa!! - .
Eve aprì di scatto gli occhi e si trovò
davanti una scena inquietante... Mark a terra con la
faccia di Kim a pochi millimetri di distanza dalla
sua bocca e Marica tutta risentita che cercava di
farli rialzare. La ragazza si accorse che anche Ed stava aprendo gli occhi e si
accorse che ciò che le era parso di sognare era realtà... stava dormendo
abbracciata a lui... si discostò bruscamente e si mise in piedi con le mani sui
fianchi.
- Mi avete fatto prendere un colpo! - li rimproverò.
- Volevi rimanere col principe azzurro tutta la giornata? -
sorrise Eddie, spuntato proprio ora dalla porta. Il
centrocampista si ritrovò ben presto un cuscino sul naso.
- Hey! Mi hai fatto male! - si lamentò
massaggiandosi il viso.
- Impari a stare zitto la prossima volta! - sogghignò Eve. Kim si alzò ricomponendosi e lisciandosi la treccia. Marica sorrise e poi ripeté quello che aveva da dire.
- Ragazzi! Nevica finalmente! E domani, niente escursioni! - .
Ed si massaggiò gli occhi tornando alla realtà a poco a poco...
- Mh?... eh?... - .
- Sveglia, portiere! Domani niente camminate! - rise Eve guardandolo mentre si sfregava gli occhi con i pugni e
sbadigliava piano.
- Ma guardatelo! Sembra un orsacchiotto! - ridacchiò Marica.
- Io odio gli orsacchiotti. - fece Ed scherzando mentre la
guardava sorridere. Kim si sedette sul suo letto e Eddie le si fece vicino. Eve li
guardò, l’espressione della ragazza sembrò infastidita e si rialzò.
- Scusate, vado un attimo a rinfrescarmi la faccia... - disse in
un soffio.
- Allora, che si fa?? - canticchiò Marica
mentre Kim chiudeva la porta. – Però... peccato non
ci sia quel vostro amico... - .
- Eh?... che amico? - chiese Eddie.
- Ma sì, quello più piccolo, Danny. -
rispose la ragazza raccogliendosi i capelli in una coda.
- Già... ma non gli farà male studiare un po’! - sorrise Mark.
- Danny studiare?? Mark
ma sei ubriaco? - gli disse Kim aprendo la porta del
bagno.
Gli sguardi di Eve e Ed si
allontanarono, come se non volessero incontrarsi, e lei cominciò un nuovo
discorso.
Furono giorni bellissimi per Eve. Era
da molto che non si divertiva così... aveva riso talmente tanto in quel periodo
che non si ricordava nemmeno più della lettera... non voleva ricordarsene. La
sera prima della partenza uscì da sola in giardino. Non c’era nessuno sia lì
che nella hall. Accidenti! Era da un po’ di giorni che non toccava più una
sigaretta! Stava facendo progressi, dopo tutto quello che era successo come
faceva a pensarci?
“Meglio così!” si disse allegramente. Voltò lo sguardo e sentì Kim passarle vicino di corsa. Teneva le mani sugli occhi e
correva verso la propria camera. Eve si voltò di
nuovo e alzò un sopracciglio. Mark non la vide ma
aveva uno sguardo tristissimo e scuotendo la testa se ne andò in ascensore.
- Hey! Kim?
- sorrise entrando in camera.
- Eve... - disse lei tra i singhiozzi,
saltandole al collo e sfogandosi nel pianto.
- Kim! Che hai? - le chiese l’altra
stranita.
- È... è successa una cosa orrenda!! Perché sono così stupida!!
Perché?!? - le rispondeva con la voce incrinata dal pianto e scuotendo la testa
sulla spalla di Eve, che la prese per le spalle e la
fece sedere sul letto asciugandole le lacrime con la mano.
- Basta piangere! - ordinò. Kim
singhiozzò ancora e la guardò con quegli occhi imploranti di aiuto e poco a
poco si calmò.
- Allora, puoi dirmi che è successo? - domandò Eve passandosi la mano sui capelli. L’altra fece per
ricominciare a scoppiare a piangere ma si calmò di nuovo e tra i gemiti riuscì
a parlare.
- É... io... lo sai che le cose con Eddie
non andavano da tempo... ieri sera sono andata in camera sua e... e lui mi hai
chiesto... lui voleva che facessimo l’amore... non volevo mentirgli... non volevo
farlo per la prima volta con lui... e allora gli... gli ho detto... che non lo
amo più... e poi gli... gli ho detto anche che sono innamorata di Mark... io sono una sciocca!! - .
Scoppiò di nuovo a piangere. Eve non
si sorprese. Lo sapeva, lo sentiva che tra lei e Mark
c’era qualcosa, lo aveva intuito dalla prima volta che Kim
aveva tifato per lui e non per Eddie. Eppure aveva
sempre cercato di far funzionare le cose tra quei due, ma evidentemente non ci
era riuscita.
- Non è finita, vero? - le chiese. Kim
si asciugò le lacrime, altre scesero lentamente dai suoi occhi e presero il
posto di quelle. Scosse la testa.
- Eddie... lui mi ha lasciata andare,
mi ha lasciata uscire dalla stanza senza dire niente... e io... come una
stupida... io... Mark... lui... noi abbiamo... - .
Non riuscì più ad andare avanti, non poteva più parlare, i
singhiozzi e il pianto le impedivano di andare avanti e Eve
la guardò. Stava per parlare quando Kim riprese
parola.
- Eddie lo sa... io e Mark abbiamo parlato questa sera... e... e... lui era lì,
l’ho visto solo io, Mark... lui non se n’è accorto. Eddie... ha ascoltato tutto... io non so più cosa fare...
non so più che cosa pensare... non so nemmeno quello che pensa di me in questo
momento... di sicuro è arrabbiato... mi odierà immensamente... voglio morire...
- .
Eve si alzò e la guardò con rabbia.
- Cosa?? - esclamò.
- Voglio morire!! - Kim lo ripeté
urlando. Fu un attimo. Sentì le dita di Eve e il
palmo della sua mano forte sulla sua guancia e per poco non cadde dal letto.
- Non dirlo mai più!! Per questa sciocchezza tu vorresti
morire?? Tsk! Si può risolvere tutto, anche questa
situazione!! - gridò.
- Ma... ma cosa ne sai tu??... Io... tu non sai quello che
provo!! - .
- Taci! Ho provato mille volte il dolore che stai provando tu!
Ti potresti nascondere, ma morire mai!! C’è gente che muore, ma meriterebbe di
vivere! - .
- Ma che... - Kim non riuscì più a
proseguire, mentre guardava quegli occhi furibondi e voleva nascondersi sotto
terra... non poteva tenere ancora a lungo il suo sguardo fisso su quelle lame
blu che le penetravano nel cervello...
Eve si abbassò senza smettere di
fissarla, ora i suoi occhi erano alla stessa altezza di quelli dell’altra.
- Vorresti correre via, vero? - le disse. Kim
non rispose, annuì appena con ancora la mano sulla guancia dolorante.
- Se ti sembra di non poter sopportare la realtà e di voler
fuggire via, se pensi che vivere non sia una così bella cosa e vuoi nasconderti
in un sogno eterno per non soffrire, scordatelo. La vita è difficile, questo è un
problema che puoi risolvere, ma se non hai fiducia in te stessa non potrai mai
levarti da questo pasticcio. - .
L’altra aveva distolto lo sguardo, ed ora sgranato gli occhi
nell’ascoltare quelle parole... ma si sentiva sconfortata e fragile come un
fiore.
- Io... io non so se riuscirò a... - .
- Non vorresti tentare? - la interruppe. Kim
non rispose.
- Ricordati solo una cosa: non tentare di reagire significa
vivere nel dubbio che ce l’avresti fatta. - sussurrò Eve
prima di darle un pizzicotto affettuoso sull’altra guancia. Poi si alzò ed uscì
dalla stanza, lasciandola sola con i suoi pensieri.
- Hey! - .
La ragazza si voltò e non poté fare a meno di sorridere,
guardando quel viso allegro.
- Ciao, portiere! - .
Ed si sedette di fronte a lei, al tavolo.
- Allora, che c’è di nuovo? - fece lui ancora sorridendo.
- Mh... niente di nuovo. - replicò
lei. Il ragazzo si portò le mani dietro alla nuca e disse:
- Non ti ho ancora detto grazie... per l’altra sera... - .
Eve si sentì tutt’un
tratto strana ricordando quel tenero abbraccio, ma si fece seria e gli rispose:
- Figurati... dopotutto anche tu l’hai fatto per me. Era il
minimo! - fece una pausa e, abbassando gli occhi ripensò di nuovo al suo viso
sofferente, alla sua mano sanguinante -
...perché l’hai fatto, Ed? - .
Ed rimase zitto, abbassò le mani e ritornò a fissare i suoi
occhi.
- Io... non lo so con precisione... suppongo che volessi uscire
un po’ dalle regole... - .
Lei lo fissò ancora con un sorriso strano e poi chiuse gli
occhi.
“Non è la verità...” pensò Eve.
“Non riesco... a mentirle...” si disse Ed.
- E poi... – proseguì riprendendo il discorso - ...mi sono
sentito male quando ti ho vista in quello stato, quando ti sei ubriacata... non
l’ho fatto perché l’hai fatto tu è solo che... provavo rabbia... rabbia e
rancore dato che ti stavi rovinando in quel modo e vederti così mi ha fatto
provare risentimento... lo so che non è una cosa razionale ma volevo provare
anche io... a ubriacarmi per mandare via il dolore e i miei problemi... - .
Eve si sentì in colpa... poi le tornò in
mente ciò che aveva detto Ed; di Price, del fatto che essere il secondo
portiere gli faceva male e... che non riusciva a migliorare.
- Non ci si riesce, vero? - sussurrò.
- No. - rispose lui con il medesimo tono di voce. Seguì una
lunga pausa di silenzio e Eve ricominciò a parlare.
- Ti ricordi ciò che hai fatto? - si morse il labbro inferiore.
Ed sospirò.
- Qualcosa... non volevo sfogarmi ma... - .
- No problem! - sorrise lei. – Ora è
tutto passato! - .
- Sia per me che per te? - le domandò scrutando in quegli occhi
azzurro cupo. Lei gli tese la mano.
- Certo! Promesso! - .
Il portiere strinse la sua mano e si alzarono insieme, in un
unico sincero sorriso.
Kim evitava a tutti i costi lo sguardo di
Eddie e di Mark. Si sentiva
colpevole e sporca. Il cannoniere se ne stava seduto immobile con lo sguardo
fisso fuori dal finestrino, guardando i veloci paesaggi che gli passavano di
fianco. Marica batteva il tempo con le mani sulle
ginocchia ascoltando una canzone, Ed dormiva profondamente immerso nel suo
sedile e Eve giocherellava con delle caramelle di
zucchero prima di mangiarle e lasciare che emanassero un dolce profumo di
frutta. Eddie sospirò e chiuse gli occhi. La ragazza
dai capelli biondi si alzò e si mise a sedere accanato al portiere, fissandolo
nel sonno.
Era stato bellissimo sentire la sua presenza davanti a sé, quel
calore che gli faceva venire i brividi di piacere lungo la schiena... pensava
immerso nei suoi pensieri... pensava a lei... a quanto l’aveva affascinato dalla
prima volta che l’aveva vista... che aveva incontrato i suoi occhi profondi...
e conoscendola meglio si sentiva preso da lei con tutto sé stesso... non
solamente con il corpo, come spesso gli capitava. Rispetto alle altre ragazze Eve era... la sua dea... ma non voleva farlo, non voleva
innamorarsi di lei... sarebbe stato troppo... non voleva soffrire e non voleva
farla soffrire... dopo quelle sere, dopo tutto... ma ormai era già sulla buona
strada e non riusciva... non voleva tornare indietro...
Ad un tratto sentì una mano picchiare leggermente sulla sua
testa. Ed si era svegliato e aveva alzato un braccio.
- Ah-ah! Allora non dormivi! - esclamò
lei.
- Non riesco mai ad addormentarmi quando viaggio. - si
stiracchiò. Eve sogghignò e gli lanciò l’ultimo confetto
colorato, Ed lo prese al volo e se lo mise in bocca. La ragazza ridacchiò.
- Bella presa! - .
- Dopotutto, sono il migliore! - sorrise.
A sentire quelle parole Eve si sentì
strana... ma che pensava quel ragazzo?... due sere prima si disperava perché
Price era su questa Terra e poi... un momento... e se si fosse ricordato di
quello che gli aveva detto?... che per lei era il migliore?...
- Già... - arrossì.
- Come mai sono tutti e tre così giù? - le chiese indicando con
lo sguardo Mark, Kim e Eddie. Eve scosse la testa.
- Non so. - mentì.