QUINTO CAPITOLO: WILL E LILY.

 

Will era disteso sul letto. Guardava il soffitto, la parete… ma non vedeva le mura,anzi! Tutto intorno a lui prendeva le forme della ragazza che aveva detto di chiamarsi Lily Sparrow. Non se n’era invaghito, ma c’era qualcosa in lei che gli tornava familiare e che lo aveva scombussolato per tutto il resto della giornata. Anche Elizabeth se n’era accorta, e gli aveva chiesto cos’aveva, ma Will non gli aveva risposto… Le sue parole ( - Ho conosciuto una strana ragazza… - ) potevano essere intese in modo equivoco, e lui non voleva che tutto finisse in malora pochi giorni prima del suo matrimonio.

 

Dunque Jack Sparrow aveva una figlia? Impossibile! Eppure quella ragazza aveva detto di chiamarsi così. Che avesse sentito il nome del pirata e l’avesse fatto diventare suo? Era talmente sconsiderata e di poco senno? No di sicuro, tutt’altro, negli occhi di Lily brillava intelligenza allo stato puro! E allora? Un’omonimia? Possibile, ma Will ci credeva poco: intuiva, sapeva che tra lo strambo pirata che aveva invitato al suo matrimonio e la donna che gli aveva portato il regalo del suo vecchio maestro fabbro c’era un legame. Non capiva quale, ma c’ERA. Ed era intenzionato a scoprirlo: non sapeva perché ma ci TENEVA a scoprirlo. O, forse, sapeva il perché ma non lo voleva ammettere con se stesso: era una cosa ormai dimenticata e sepolta da tanto tempo. Però lo sguardo fiero e tuttavia mesto di Lily Sparrow l’aveva risvegliato, e Will non ce la faceva più a tenersi dentro e a rimuovere continuamente quel ricordo che veniva a galla. Chiuse gli occhi e si mise a pensare…

 

Will! Will! - . Com’era dolce la voce della mamma. Dolce e soffice, piena di allegria e di apprensione. Ma se voleva poteva anche diventare dura e aggressiva quando lo riprendeva per qualche azione sbagliata o una marachella. Will adorava sua madre, ed era pronto a fare di tutto per lei. Suo padre, invece, non l’aveva mai conosciuto! Ma durante la traversata la mamma gli aveva rivelato un grande segreto: quando sarebbero giunti a destinazione, il padre di Will sarebbe stati ad attenderli! – Sono qui, mamma! Sto vedendo i delfini! – le rispondeva ogni volta che lo chiamava sulla nave: nel mare si vedevano i mammiferi che, argentei, facevano le capriole, come se allestissero uno spettacolo solo per lui. – Non dire sciocchezze, Will! Non c’è nessun delfino! – lo riprendeva dolcemente la madre, avvicinandosi. – Ma ora allontanati da lì: con questa brezza ti prenderai un malanno. - . Will se ne andava, rattristato dal dover lasciare i delfini che lui vedeva. Si girava una volta, giusto in tempo per ammirare uno dei mammiferi che, con un balzo prodigioso, arrivava fino all’altezza della nave, e poi seguiva la madre. Non si accorgeva mai che il delfino scompariva a mezz’aria e che, quando comparivano nell’acqua, c’era sempre un piccolo passeggero coperto da una mantella nera che sorrideva ogni volta che Will gli passava accanto.

 

Era necessario compiere quel lungo viaggio noioso per conoscere suo padre? Will se lo chiedeva spesso: già lui e sua madre navigavano da giorni e giorni, e ancora non si arrivava a destinazione. Ed era impossibile dire che sulla nave ci fossero dei divertimenti… o, almeno, lui non ne trovava. Certo, c’erano i delfini che solo lui vedeva, e anche diversi bambini, ma quest’ultimi erano tutti della prima classe! Gli unici che appartenevano alla sua categoria erano due fratelli che giocavano sempre insieme! Per il resto, solo lattanti. Sopportare un viaggio interminabile poteva andar bene, ma addirittura noioso…! Per conoscere, poi, un uomo di cui aveva solo il cognome, Turner, che aveva abbandonato la mamma! Ma i pensieri di Will si fermavano lì, e non tentava di esprimerli neppure: l’unica volta che aveva provato aveva ricevuto uno schiaffo dalla madre. – Will, vergognati!! Pensare così di tuo padre! Un uomo bello, ricco, gentile e soprattutto onesto! Ce ne sono così poche di persone oneste di questi tempi! Non pensarlo mai più! - . E così era costretto a tenersi tutto dentro, con l’unica consolazione dei delfini.

 

Quel giorno il mare era più calmo del solito, e Will si trovava, come suo solito, sul ponte, aspettando la visita dei suoi amici mammiferi che nessun altro vedeva…Ma questi tardavano a venire. Forse aveva ragione la mamma, non esistevano, erano frutto della sua fantasia, un modo per ingannare il tempo… Ma possibile che le altre volte fossero così reali? I suoi pensieri furono distratti dal suono di uno zufolo vicino a lui. Si girò e per poco non cadde a sedere per la sorpresa. Vicino a lui, senza che se ne fosse accorto, era venuta una figurina avvolta in una mantella nera: suonava sullo zufolo una canzone non popolare, ma estremamente complicata, che non riusciva a capire come potesse rendere così efficacemente con quello strumento così rudimentale. Ma la cosa più strana era la sua posizione: non era seduta, bensì SDRAIATA sull’orlo della barca, in un modo tale che un minimo scossone l’avrebbe sbalzata nel mare. Tuttavia era tranquilla, e non si teneva con le mani, con quelle era occupata a muovere lo zufolo per fare la canzone. Will guardò i piedi dello strano passeggero: se erano caprini poteva essere il diavolo… Ma erano umani, e anche molto minuti… Forse neppure questa figura era vera… Che stesse…

 

No, non stai diventando pazzo. Sono reale. – disse una voce. Will guardò il passeggero: era lui che aveva parlato? Sembrava di sì, perché aveva smesso di suonare… Ma come faceva a sapere i suoi pensieri? E poi aveva una voce femminile… - Oh, bella! Certo che ho una voce femminile, sono una bambina! – disse la figurina avvolta nella mantella nera. Scese sul ponte e abbassò il cappuccio, facendo vedere i suoi lunghi capelli neri ei tratti del viso femminili. – Mi chiamo Catherine Abbott, piacere. - . Will restò lì per lì sorpreso, poi rispose. – Will Turner, piacere mio. – come gli aveva insegnato la mamma. Da quel giorno Will e Catherine divennero inseparabili.

 

Will era felice di aver trovato qualcuno che giocasse con lui sulla nave: non importava che fosse una bambina, perché Catherine aveva gusti maschili in fatto di divertimenti. Giocavano in tutti i modi possibili, e la madre vedeva anche di buon occhio la loro amicizia, stranamente. Se erano stanchi si fermavano sul ponte a guardare i delfini che non mancavano mai, e li riuscivano a vedere tutti e due, oppure correvano per tutta la nave fino a perdere il fiato, o si nascondevano nei posti più impensabili. Il momento più bello, però, era verso sera, quando entrambi, stanchi, si sedevano nel cantuccio dove Catherine dormiva (dato che era clandestina) e Will ascoltava le storie che lei raccontava. Racconti fantastici, misteriosi, e alcune volte anche spaventosi, oppure solari, fatti di vita vissuta dalle persone nobili, immensi castelli e giardini grandi come labirinti. Della famiglia di Catherine il ragazzo non sapeva granché, anzi, nulla, e di lei, solo il nome e l’età, qualche anno più piccola di lui. Non le domandava nulla, temendo d’offenderla, si limitava a godere quei momenti… Poi la bambina era davvero strana. Riusciva, per esempio, a trasformare i sassolini per la fionda di Will in oro, e gli intimava di non dirlo a nessuno e di usarli per pagare solo in caso di estrema necessità: purtroppo Will, quando fu salvato da Elizabeth Swann, li aveva persi tutti, altrimenti li avrebbe fatti esaminare.

 

Con Catherine, poi, Will scoprì l’amore: quel piccolo amore infantile che sovente i bambini si giurano. Di nascosto dalla madre si scambiavano teneri baci, promettendosi che non si sarebbero mai lasciati. Lo fecero anche il giorno in cui la nave fu intercettata dai pirati, e solo Will si salvò… Almeno così sembrava.

 

Ed ora Will era un uomo, si stava per sposare e una ragazza, che si chiamava Lily Sparrow, fin troppo simile a Catherine, era giunta a turbare la sua vita. Possibile che fosse lei? Il sorriso, gli occhi, i capelli: tutto combaciava, a parte il nome. – No, non devo pensarci più! – intimò a se stesso Will. – Catherine è morta con tutti gli altri nella nave. Sono solo stupide coincidenze. –

 

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