QUARTO CAPITOLO: IL MIO PASSATO.

(RACCONTATO DA LILY.)

 

Mio padre Joseph, mia madre Clodette. Mio zio John, mia zia Cynthia. Mio cugino François e me, Catherine. Ma come ho fatto a dimenticarmi tutto? No, ora ricordo: persone, nomi, luoghi, fatti... E quella immensa villa isolata immersa nel verde... Se avessi saputo che sarebbe bastato vedere il sorriso di Will (sì, Will, perché io lo conoscevo prima che diventasse l'amichetto di miss Elizabeth Swann) per ricordare il mio passato lo avrei costretto a sorridere in ogni modo! Ed ora... Ora potrà il capitano Jack Sparrow credere alla mia storia? Potrà credere che io, ora cameriera di una locanda, prima ero... I suoi occhi dimostrano che vuole sapere la mia storia. Inizio.

- Come avrai capito, capitano, mi chiamo Catherine Abbott. - . Nessuna reazione. Continuo: - Forse a te questo nome non dirà niente, ma gli Abbott sono una famiglia di origini inglesi, emigrata tempo fa in Bretagna. Sono ricchi, - esito - molto ricchi. - aggiungo. Il capitano non ha ancora alcuna reazione. Tanto vale dire tutto quello che posso, almeno mi libero del peso del mio segreto, il mio passato strano. - Le famiglie sono ricche o perché di origini nobiliari o perché hanno avuto successo. Gli Abbott no. Almeno non ho visto nessuno della mia famiglia che commerciasse o cose del genere, né ho mai saputo di affari che i miei genitori portassero avanti. Io passavo le giornate con mio cugino François, e vedevo i miei solo a cena, sapevo davvero poco di loro. In realtà non ho mai capito la mia famiglia fino in fondo: non mi hanno mai spiegato perché le donne dovessero avere un nome con la C come lettera iniziale, né perché non avessimo mai ospiti o non potessi intrattenere rapporti coi miei coetanei. Un'altra cosa che non mi spiego è come gli Abbott riescano a sapere due lingue, inglese e francese, fin da quando inizino a parlare e sappiano camminare già a sei mesi. E come mai tutti gli oggetti che mi circondavano fossero d'oro... - . Una luce d'interesse s'accende nello sguardo del capitano. Lo sapevo che si sarebbe interessato a questo particolare. - TUTTO d'oro? - chiede. - TUTTO: dalle stoviglie fino a fermagli e pettinini, come questi. Non erano oggetti particolari per me, capitano, ma oggetti ordinari, da usare ogni giorno. - rispondo. Il suo sguardo non riesco a interpretarlo. Continuo: - Ma tra le stranezze degli Abbott, la principale era una, e tutto era legato ad essa. Sebbene, come ogni componente della famiglia, fossi molto precoce, c'era una parola che, a quattro anni (cioè l'ultimo anno che
vissi con la mia famiglia) non riuscivo a capire: alchimia. - . - Vuoi dire che...? - . Sapevo che il capitano avrebbe capito velocemente. - Esatto. La mia famiglia s'interessava d'alchimia, e aveva scoperto la formula per trasformare ogni metallo in oro. Non solo: dedicandosi agli studi alchemici aveva fatto anche altre scoperte, come allungare la vita, avere la formula dell'eterna giovinezza, o rendere più precoci le persone. - .


Io con mio cugino François seduti sul verde prato della tenuta. - François, che significa alchimia? - . - Non te lo posso dire, Cathy. Ma quando avrai la mia età te lo spiegheranno. - . - Ma tu hai sette anni! Io solo quattro... Voglio saperlo! - . - Non posso davvero Cathy. Sei felice? - . - Felice? Che significa? - . - Significa stare bene con quello che si ha. - . - Quando i miei genitori non ci sono no... Li vedo solo a cena, e li sento di notte di sotto... Dove sono loro e gli zii? Perché li vediamo così raramente? - . Mi baciava.  - Capirai presto Cathy. Per adesso basta che tu sia felice la notte - . Già, la notte. E il terribile segreto degli Abbott...

- Lil.. cioè, Catherine! Mi senti? - . Il capitano mi porta alla realtà. Lo guardo. - Ricapitolando: la tua famiglia era ricca perché aveva scoperto la formula dell'oro alchemico, giusto? Più altre cosucce che rendevano strambi gli Abbott, no? Ma a te, cos'è successo? - continua. Non ho voglia di farla tanto lunga, ma devo continuare. - Una notte, i miei stavano di sotto e io avevo appena dato loro la buonanotte. Uscirono, per andare a teatro, e mi lasciarono con la governante. Mentre stavo dormendo fui svegliata da urla che provenivano dal piano inferiore, ma non feci in tempo ad aprire gli occhi che fui bendata, legata e costretta a stare muta da una voce che non conoscevo. I rapitori mi portarono in un posto che non conoscevo e chiesero un riscatto altissimo a mio padre. Io lo capivo, però... Mio padre poteva pagarlo, ma non lo fece. Era attaccato al suo denaro, e non mi liberò in nessun modo. Così i rapitori mi portarono in un'altra città, e mi costrinsero a chiedere l'elemosina per strada, finché un giorno fuggii. - . - E non ti cercarono? - m'interrompe il capitano. - Per loro ero una piccola rompipalle, che importava? Vissi un po' con degli straccioncelli più grandi di me, che mi presero tra loro. Poi riuscii ad imbarcarmi clandestinamente su una nave, quella naufragò e... il resto lo sa. - concludo. Jack Sparrow mi guarda: - C'è qualcosa che non mi racconti, Lily... - .

 

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