SECONDO CAPITOLO: UNA FESTA PER IL
CAPITANO.
- Ed? - .
Il ragazzo si voltò di scatto e incontrò di nuovo i suoi occhi.
- Ah! Ciao! Cominciavo a preoccuparmi! - .
- Scusa il ritardo... è uno dei miei
difetti peggiori! - disse lei riprendendo fiato.
- Tranquilla, sono solo le otto e un quarto. - .
Lo guardò. Gli occhi scuri sorridevano e i capelli gli
accarezzavano le larghe spalle. Aveva indossato una maglia bianca e sopra un
gilet di jeans senza maniche che teneva slacciato, lasciando intravedere i
muscoli del petto, oltre a quelli ben visibili sulle braccia nude. Il ragazzo
si mise una mano nella tasca dei jeans neri e le
sorrise.
- Allora, andiamo. Non è lontano. - .
La ragazza lasciò che Ed le facesse
strada, seguendolo per la strada camminarono un po’...
- Di’ un po’, come hai detto che si
chiama il tuo amico? - .
- Mark. - .
- Mark??... Mark Lenders?? - domandò
stupita.
- Esatto. Lo conosci? - le chiese di rimando.
- No, cioè... di fama. Ne ho sentito
parlare quasi quanto di te. - .
- Non credevo di essere così famoso! Mark è un ragazzo molto
serio, ma vedrai che lo troverai simpatico. - .
Le labbra di Eve si curvarono in un
sorriso:
- E tu quando compi gli anni? - .
- Tra due settimane... giorno più giorno
meno. Sono nato il 29. - .
- Eheh... siete tutti più piccoli, allora! - .
Ed sbatté più volte le palpebre,
cercando di indovinare l’età della ragazza che stava camminando al suo
fianco... media statura, capelli corti di un biondo scuro, le labbra piegate in
un bel sorriso... indossava una camicetta bianca a maniche corte legata in
vita, sotto la quale portava un top rosso, pantaloni corti e un paio si scarpe
da ginnastica... aveva ancora quella fasciatura sul braccio sinistro... no,
stava decisamente andando oltre... occorreva sapere anche com’era vestita per
capirne l’età?...
- Piccoli?... Scusa ma tu quanti anni
hai? - .
Eve sorrise ancora...
- Ventuno. - .
- Stai scherzando, non è così? - le
chiese lui allibito. La ragazza chiuse gli occhi per un
attimo, poi lo fissò.
- Ti sembra che io possa avere più di vent’anni?... ne ho diciotto, proprio come te tra qualche giorno. - .
Ed trasse un sospiro di sollievo.
- Ok, ok... allora quando la scuola riprenderà tu sarai nel
corso superiore. - .
- Corso superiore? Non credo che avere quattro mesi più di te
sia un motivo valido per farmi frequentare un corso superiore...
anche se lo ammetto... sono un genio! - scherzando si mise le mani
dietro alla nuca, appoggiandole al collo.
Quattro mesi?... allora erano nati lo
stesso anno... ma perché si era preoccupato tanto per il fatto che Eve potesse
avere un anno più di lui?... Ed lasciò subito perdere questi pensieri...
- Non ridere, genietto. Tanto tra due settimane ti raggiungo! -
la provocò.
I due si guardarono con aria seria.
- Vuoi una sfida, eh portiere? - .
- Perché no? - replicò
lui – Lo vedi quell’edificio di mattoni in fondo alla strada? È lì che
abita Danny. Arriverò prima io! - .
- Ok. Se proprio ci tieni! – sogghignò la ragazza – Ti do qualche metro di vantaggio.
Comincia a correre! - .
- Che? Qualche metro di vantaggio?? - esclamò lui contrariato – Ti ricordo
che io sono un calciatore esperto e so correre! - .
- Come vuoi. Andiamo allora! - .
Eve cominciò a correre, seguita da Ed
che sembrava non fare sul serio.
“Ok, te la sei voluta. Guarda cosa so
fare!”
La ragazza contrasse i quadricipiti e scattò in avanti,
lasciando il portiere allibito. Per quanto potesse sforzarsi Ed
non riuscì a raggiungerla, neppure quando lei si fermò davanti alla porta di
casa Mellow, suonando al campanello, lui era ancora là che correva. Le aprì un
ragazzino bruno che la guardò attentamente, sforzandosi di riconoscerla.
- Ciao! Sei Danny, vero? - gli chiese.
- S... sì. – rispose lui ancora intento nella sua opera di
riconoscimento. – Scusa ma... - .
Le stava per chiedere chi fosse quando
vide Ed raggiungere la ragazza sulla soglia.
- Accidenti... – ansimò il ragazzo cercando di prendere fiato -
... ma come... sei un androide?? - .
- Sono un’atleta, caro il mio portiere! - .
Ed sgranò gli occhi... ancora non
riusciva a capacitarsi! In quel momento un ragazzo dai capelli neri raggiunse Danny alla porta.
- Danny ma dove... Ed!! Ci stavamo
chiedendo dove fossi! - .
Poi passò lo sguardo dall’amico alla ragazza ferma sulla soglia
al suo fianco.
- Ah... certo. Ora capisco. - sorrise. Mark era davvero di
buonumore. Sembrava che avesse capito che compiere diciotto anni capitava una
sola volta nella vita! E le cose dovevano andargli
anche molto bene in quel periodo!
- Non ci presenti la tua ragazza? - gli chiese il più giovane.
- Lei è una mia amica. Si chiama Eve. - precisò Ed.
Amica?... Ma come poteva considerarla
un’amica se la conosceva appena da qualche giorno?... Ma poi cosa significava
veramente la parola “amica”?... che strana sensazione...
- Certo, certo... beh, io sono Danny e lui è Mark Lenders, il
nostro nuovo diciottenne. Entrate, su. - .
Dopo aver stretto la mano ad entrambi Eve si guardò intorno. La
stanza si presentava accogliente e spaziosa e la serata si prospettava molto
piacevole. Notò un po’ di ragazzi e qualche ragazza, proprio come aveva detto
Ed. Mark non amava le feste in grande stile, piuttosto
preferiva starsene per conto suo ad allenarsi ma vista l’insistenza degli amici
e la situazione, aveva accettato che Danny avesse organizzato una festa per
lui.
- Vieni, ti presento gli altri! - il
portiere prese Eve per un braccio e la portò a conoscere il resto della
squadra.
- Come va? - le chiese.
- Tutto ok! - rispose Eve con un semplice sorriso. Eh, già... si
stava divertendo in loro compagna – Non occorre che tu
mi stia dietro. Va’ un po’ con i tuoi amici, mi farò
un giro. - .
- Per me non è un problema se... - fece per dire lui.
- Ehi, portiere! Sono maggiorenne e vaccinata, me la cavo bene
anche da sola. - la ragazza continuò a sorridere. – Non sei venuto qui per me, vai pure. - disse poi seriamente.
Ed ricambiò il sorriso e scherzando
dichiarò:
- Come vuoi, ti tengo d’occhio! - .
Poi si allontanò. Eve si voltò e notò una ragazza seduta
stancamente su una sedia, in un angolo della sala. Incuriosita le si avvicinò.
- Ehi! Ci si annoia? - .
Quella sospirò:
- Un po’... mi sento un pochino a disagio... -
.
Eve le si sedette accanto.
- Di sicuro conosci tutti meglio di me! - .
La ragazza dai lunghi capelli castani le
sorrise.
- Dovrei... - staccò lo sguardo dal pavimento
e le tese la mano - ...io sono Kim. Kim Bratt. - .
- Eve Springer. - fece stringendole la mano. - Accidenti! Ho
detto il mio nome a talmente tante persone oggi che mi sembra la milionesima
volta che lo ripeto! - .
- Sei la ragazza di qualcuno? - le domandò ancora sorridendo.
- No. In verità è stato quel tipo strano a portarmi qui. -
indicò Ed con lo sguardo – E tu? Non sembri divertirti
molto. - .
- Io... - Kim arrossì -... dovrei essere la ragazza di Eddie. Però il signorino Bright non sembra volermi fare molta
compagnia! - .
- Uff... che ci vuoi fare! I ragazzi sono incomprensibili! -
rise Eve appoggiandosi allo schienale della sedia.
- Già... il fatto è che io e lui ci conosciamo
da tanto tempo... dovrebbe aver capito come sono fatta... - .
- Oh, non farti di questi problemi! Pensa che io conosco Ed da due giorni, poco più! - Eve alzò le
spalle – Goditi l’estate e basta! Vedrai che sarà sempre lui a cercarti!
- .
Le due parlarono ancora per un po’, poi un
ragazzo di media altezza e con i capelli castani le raggiunse.
- Scusate ragazze... Kim, posso
parlarti? - chiese Eddie.
Kim gli sorrise. Eve le fece
l’occhiolino e poi si alzò anche lei, dirigendosi nella direzione opposta a
quella dei due fidanzatini. Prese un bicchiere di aperitivo
dal tavolo e si diede un’occhiata in giro, alla ricerca di qualcuno con cui
perdere tempo. Ed stava parlando con un paio di suoi
amici e Mark era stato appena lasciato da un altro tizio. Lo raggiunse.
- Benvenuto nel mondo dei diciottenni, allora! - sorrise.
- Grazie! – rispose scrutando nei suoi occhi azzurri. – Scusa
ma... Ed non mi ha mai parlato di te. - .
- Ha poco di cui parlare!... Ci
conosciamo da pochi giorni. - gli rispose.
- Be... bene... - rispose Mark, un po’ stupito.
- C’è di buono che comincerò a frequentare il Toho quest’anno.
Se non altro grazie a lui un po’ di persone le conosco
già! - .
- Anche tu all’istituto Toho. Anche se non mi sembri una che fatica a comunicare con gli altri.
Scommetto che diventerai una delle più grandi tifose della nostra squadra! -
scherzò.
- Mh... e chi può dirlo? Per ora cerco solo di fare qualcosa di
divertente! - .
Ed la raggiunse fuori dalla cancellata.
Eve tirò dalla sigaretta. Una scia di fumo grigio si alzò verso il cielo
disperdendosi nel nero della tarda serata. Si era fatta notte un'altra volta.
Il tempo passava inesorabile quando si stava bene! Il
portiere si sedette sul muro senza dire nulla. Lei sentì la sua presenza e alzò
la testa, riuscendo a guardarlo negli occhi, anche nel buio della sera.
Mezzanotte e mezza. Quasi tutti se ne erano andati,
Eve era uscita da qualche minuto e Ed non aveva tardato a raggiungerla.
- Ti sei divertita? - le chiese dopo un po’.
La ragazza annuì inspirando tabacco.
- Non credevo di potermi divertire così. Grazie. - .
- Grazie? E di che? Sai, avevo paura
che avessi difficoltà ad ambientarti, invece è stato
tutto perfetto! - sorrise lui.
- Ora ci sarà il tuo di compleanno. - affermò lei.
- Già. Avevo pensato ad una cosa in grande...
magari sulla spiaggia... è bello essere nati in estate! Che ne dici? Ti piace l’idea? - .
- Perché lo chiedi a me?... - gli
domandò Eve.
- Mi interessa il tuo parere. - replicò
fermo Ed.
Eve fissò dritto davanti a sé.
- È un’idea carina. Pensi davvero di farlo? - .
- Certo! Perché no?... se partiamo
tutti di mattina faremo una bella festa sulla spiaggia! E
magari anche il bagno di mezzanotte! - .
La ragazza rise, trasportata dalla sua euforia.
- Poi ti farò sapere... in qualche modo! Ora
che sai dove abito potresti farti viva e... - proseguì lui.
- Vuoi veramente che io venga, portiere? - lo interruppe Eve,
fissandolo.
- Mi farebbe piacere. Sì. - rispose lui sempre sorridendo.
- Perché? - la domanda suonò fredda. Ed si fece serio.
- Credo che non ci sia niente di male nell’invitare ad una festa
una persona cui trovo piacevole la compagnia. - .
Eve sorrise di nuovo, ma le sue labbra non riuscirono a tenere
un sorriso spontaneo... si fece triste. Quel sorriso divenne malinconico e lei
si voltò di nuovo verso la notte... Nel buio Ed non fu
sicuro di vederlo bene ma gli sembrò strano come era cambiata l’espressione sul
volto di lei. Sotto la debole luce dei lampioni in lontananza vedeva solo i
suoi corti capelli e una parte del suo viso. Scese dal muretto, infilandosi le
mani nelle tasche posteriori dei jeans.
- Il mondo è strano... - cominciò - ...pensi di conoscere una
persona a fondo, da lungo tempo e poi questo assume degli atteggiamenti o dice
delle cose che mai ti saresti aspettato... e poi esistono
le persone conosciute da poco... che però sembra conoscerle da sempre... e si
sente di potersi fidare... - .
- Non dire assurdità... non fidarti mai della gente... la gente è stupida, stupida e cattiva. - disse semplicemente.
Ed socchiuse gli occhi...
- Ma se non si ha nessuno su cui contare...
si rimane soli... soli e vuoti. - .
- Si vive ugualmente. - .
- Però l’esistenza è priva di significato... -
.
- Ah, sì? Allora dimmi: qual è il significato della tua vita? -
.
I due continuavano a parlarsi fissando davanti a loro, quasi mormorando... ma le parole giungevano chiare alle orecchie
di entrambi. Ed chiuse gli occhi e ripensò al suo
sogno. Si sentì riempire di energia...
- Voglio diventare il migliore portiere del mondo. - .
- E Price? - fece lei espirando
l’ultimo tiro.
Quelle parole... il ragazzo spalancò gli occhi... il suo sguardo
era sempre fisso davanti a sé... non voleva voltarsi a guardarla... sapeva che
non avrebbe incontrato il suo sguardo... Price... fu come una pugnalata al
cuore... Ed si sentì male... era come se la lama
affilata di un coltello stesse penetrando dritta fin dentro al suo cuore,
lacerandogli la carne... aggrottò le sopracciglia...
- Si è fatto tardi, andiamo a salutare
gli altri. Ti riaccompagno. - .
Ma chi diavolo era quella ragazza?!...
sembrava che potesse manovrarlo come un burattino... “Devi avere più
fiducia...”... e così aveva fatto... pochi giorni prima, quando le aveva
rivolto la parola per la prima volta era stato come se avesse fatto il pieno di
energie... si sentiva bene... e ora? Ora lo aveva di nuovo fatto cambiare, lo
aveva svuotato, come un vaso senza contenuto... era cambiato così
tanto il suo atteggiamento... da quando si erano messi a parlare
seriamente. Price... perché diavolo si era sentito tanto male
quando aveva sentito pronunciare quel nome?... e perché Eve aveva
parlato così male della gente e della fiducia?... non riuscì a capacitarsi. Fu
come se stesse ritornando allo stato in cui era ridotto qualche giorno prima...
una sensazione di frustrazione e di stanchezza... non voleva sentirsi così...
no... non voleva...
Aveva visto i suoi occhi spalancarsi. Aveva visto la sua
espressione a metà tra il triste e l’arrabbiato. Si era sentita in colpa.
Perché, maledizione!?... Perché si sentiva in colpa
per ciò che aveva detto?!... non l’aveva sempre pensata così, forse?... e
allora per quale ragione vedere quel ragazzo smettere di sorridere era stato
tanto brutto?... aveva sentito parlare di Price come il miglior portiere in
circolazione, nelle nazionali... aveva anche letto su un giornale sportivo che
era il titolare della juniores... forse doveva scusarsi. Ma che stava pensando?!... non si era mai scusata per cose del genere e mai
l’avrebbe fatto. Con nessuno! Figurarsi con uno
conosciuto il giorno prima!!
Si rigirò nel letto, ma non prese sonno fino alla
mattina.
- No, Danny. Non ti preoccupare. - .
- Sicuro? - .
- Certo che sì! Ti passerà la mania dell’organizzatore! -
scherzò.
- Beh, allora ti auguro un buon compleanno da parte di tutti! -
.
- Grazie. Ci vediamo. - .
- Ciao Ed! - .
Il ragazzino si allontanò a passi lenti, girandosi qualche volta
per salutarlo di nuovo. Ed aveva deciso di rimanere
per i fatti suoi. Sarebbe andato al mare, sì... un giorno soltanto, da solo
però. Aveva voglia di pensare... di rimanere con sé
stesso e magari allenarsi anche un po’. Era questo che aveva detto a Danny, pochi minuti prima. Poteva benissimo festeggiare un
altro giorno, quando si sarebbe sentito meglio, infondo era solamente un giorno... anche se gli non sembrava giusto non festeggiare
come gli altri che ci poteva fare?... non se la sentiva per niente e di tenere
il muso alla sua festa non aveva nessunissima voglia. Si era sforzato di
sorridere anche con i genitori... la madre appena lo aveva subito accolto festosamente
non appena si era svegliato. Il padre si era limitato a fare un gesto con la
mano e abbozzare un mezzo sorriso. Non voleva impensierire sua madre, per
questo le aveva detto che sarebbe andato con gli
amici... Danny era andato a fargli visita nel primo pomeriggio, sperando di
convincerlo a fare qualcosa all’ultimo momento, ma non c’era stato verso. Un
pomeriggio al mare... avrebbe rimuginato a lungo...
Prese il portafogli e se lo rimise in tasca. Non aveva altro.
- Io vado! A stasera! - .
- Sicuro di non volerti portare altro? - .
- Sicuro! - .
- D’accordo, allora a stasera! - la madre lo salutò dalla
finestra, prima di richiuderla dolcemente e tornare in casa. Ed
mosse il primo passo.
- Tua madre è una donna molto dolce. - disse una voce alle sue
spalle.
Il ragazzo non si voltò.
Fissò le sue spalle coperte da una maglia verde, facendo
scorrere lo sguardo su tutto il suo giovane e forte corpo.
Ed mosse leggermente la testa.
- Che ci fai qui? - .
- Mi avevi detto di farmi viva... ma
forse è tardi. - .
Eve incrociò le braccia al petto e attese una risposta.
- Forse... sì è tardi. - .
Le parole gli scivolarono fuori dalle
labbra. La ragazza mosse due passi verso di lui e gli piantò gli occhi addosso.
- Ti va una partita, portiere? - sorrise come se non avesse
sentito cosa Ed aveva appena detto. Il ragazzo si voltò verso di lei e la
guardò. Aveva fermato un pallone con il piede e lo stava ancora fissando. Ed rimase in piedi e le rivolgeva uno sguardo vuoto.
- Ehi, ti lascerò in pace se mi dirai di no! - . Eve non
smetteva di sorridere e lui guardava i suoi occhi cercando una risposta... una
risposta alla domanda che si era posto qualche sera prima...
ma chi diavolo era quella ragazza?!... ma mentre la fissava in quello
strano silenzio, riempito solo dal suo sorriso, le si avvicinò...
- Cosa scommettiamo? - fu la sua attesa
risposta.
Eve alzò le spalle.
- Ci penseremo. - .
- Come vuoi. - ora anche Ed stava
sorridendo.
Possibile che il mio umore dipenda dal
suo atteggiamento?... perché mi comporto così... ci conosciamo da due settimane
ma è come se fosse così da una vita...
- Stavolta è dentro!! - .
Ed fu distratto dai suoi pensieri e
scattò a destra, stoppando un bolide che sfrecciava a tutta velocità verso la
rete, prima di finire tra le sue mani.
- Accipicchia! Sei veramente un gatto! - sbuffò Eve mettendosi
le mani ai fianchi. Ed si massaggiò una mano, dopo
averle rilanciato il pallone. Sorrise.
- Puoi fare quanti tiri vuoi, ma non riuscirai a fare rete! - la
prese in giro lui, ridendo.
- Sta a vedere! - .
La ragazza prese la rincorsa e calciò la sfera con tutta la
forza che aveva in corpo. La palla prese il volo
dritto verso la porta. Ed rimase fermo, il pallone era
diretto al centro della rete. Veloce. Velocissimo. Il tiro di
Eve lo colpì in pieno stomaco, anche se aveva mosso le mani per farsi da
scudo ma la palla era caricata con una forza straordinaria.
- Dentro!! Rete!! Yahoooo!! - .
Mentre lei esultava Ed si rialzò con la
palla tra le braccia. La guardò... quasi ovale. Vuol dire
che... quella volta in cui l’aveva incontrata fuori dal campo era stata lei a
conficcare la sfera tra i pali della ringhiera degli spalti bassi. E chi se no? C’era solo Eve in quel momento e lui non andava
al campo dalla sera prima...
- Allora che ne dici, ridi ancora gattino? - Eve gli si avvicinò
ancora ridacchiando.
- Ma dove la prendi quella forza?... -
le chiese Ed ancora stupito.
La ragazza si appoggiò con la schiena alla rete e si lasciò
cadere, sorretta dall’intreccio di corda.
- Da qui! - sorrise battendo le mani sulle gambe.
- Beh, complimenti. Con un po’ di allenamento
potresti sfidare Mark! - Ed ricambiò il sorriso,
sostenendosi con un braccio al palo. Una ventata calda soffiò sulle guance di Eve, che chiuse gli occhi, lasciandosi andare, sedendosi
sull’erba. Quando aprì gli occhi vide la rete intorno e dietro di sé, il campo
davanti e Ed poco più avanti.
- Questa è un po’ come la tua casa... - sembrava una bambina da
come si guardava intorno, dal bianco della rete al verde del prato. Ed si voltò per guardarla e si scostò dal palo per
raggiungerla e sedersi accanto a lei.
- Già. Si sta bene, vero? - sorrise.
- Bene. - confermò Eve. Si passò una mano sul collo e sospirò in
un sorriso. – Si sta davvero bene. - .
Il sole brillava come splende d’estate,
il vento leggero poi era un toccasana per sentirsi come si deve! Era da tempo
che non stava così bene... da quanto?... chi se lo
ricordava, ormai... non aveva nemmeno voglia di ricordare...
- Dimmi qualcosa di te. - Ed la riportò
alla realtà.
- Qualcosa... di me? - ripeté Eve.
- Sì, ormai tu conosci alcuni dei miei amici, sai dove abito,
insomma sai molto di me... io invece so solo che ti
chiami Eve Springer, che adori disegnare e che hai una potenza incredibile
nelle gambe... - il portiere sorrise dolcemente.
La ragazza non rispose... cercò di riordinare i pensieri e poi
parlò...
- Io... io... non sono giapponese. Mia madre lo è. - disse dopo
un po’. – Mio padre invece viene dall’Europa. Però per una serie di motivi i
miei non stanno più insieme... io sono rimasta qui con mia madre, mentre mio
padre e mio fratello dovrebbero essere in Italia... o in Francia... - .
“Perché?!... perché diavolo gli stai
parlando di questo?!... maledizione Eve ma cosa ti prende?!...”
- Com’è avere un fratello? - .
Aveva sempre visto Mark e i suoi fratellini che ridevano e
scherzavano... si era sempre chiesto come poteva essere... ma
da pensare ad avere c’è una bella differenza.
- Non lo so. - disse lei in un soffio, – Io e Dex non ci sentiamo più. - .
- Scusa. - . Eve lo guardò... scusa... e perché?... – Non parlarne più se non vuoi. - .
Eve tornò a guardare l’erba, giocando con i fili verdi accanto
alle sue gambe. Silenzio. Era di nuovo silenzio.
- Non volevo farti passare il compleanno in questo modo... -
sussurrò lei, nascondendo il viso con una ciocca di corti capelli. Ed chiuse gli occhi e alzò il mento al cielo, per poi
riaprirli con un sorriso rivolto verso di lei.
- Sai che faccio quando sono triste?
Vengo qui a pensare. Qui mi sento un po’ come a casa.
Ormai conosco ogni metro quadrato di questo campo come le mie
tasche... - continuò a sorridere. - ...pensa che oggi avevo
programmato di andarmene al mare da solo... a riflettere e a deprimermi!
Grazie di stare qui con me. Non voglio andare da nessun’altra parte. - .
Eve alzò lo sguardo di scatto su di lui. La stava
ringraziando... perché lei era lì con lui... Ed...