SECONDO CAPITOLO: COME HO CONOSCIUTO LILY.

(RACCONTATO DA JACK SPARROW.)

 

- Lily! Lily - . La chiamavo, la scuotevo, le davo degli schiaffetti... Niente. Era un corpo inanimato. Forse stava fingendo... - Lilibeth! - la chiamai. Era il primo nome che mi era venuto in mente quando l'avevo conosciuta. Odioso per lei, che adorava i nomi corti, e che prendeva persino a pugni chiunque si arrischiasse a chiamarla Lilibeth. Se fingeva avrebbe aperto gli occhi e mi avrebbe guardato torva. Ma niente, non si muoveva... Cavolo, Lily, ma devi morire proprio così? Da quando ti conosco è già il quarto tentativo di suicidio! Ti ho sempre salvata in extremis, adesso sei morta, contenta? E poi, ti sembra normale gettarti dalla rupe di Port Royal quando arrivo io? Ti vengo a trovare ogni due mesi, hai avuto un casino di tempo per gettarti... Ma no, lo fai solo quando arrivo io... Oppure non hai ricevuto la mia lettera in cui ti avvisavo che sarei venuto lo stesso, che avevo avuto all'improvviso un invito importante? Lily, diamine, svegliati! Non era morta. Respirava ancora, ma il suo respiro era così flebile... Lily...

Avevo conosciuto Lily in un'isola, circa sette anni fa. Non avevo mai visitato quell'isola, abitata, con osterie e bordelli, ma quando la necessità mi costrinse ad approdare (io e la mia ciurma avevamo finito tutti i rifornimenti), decisi di dare un'occhiata in giro. Alla prima insegna di osteria, entrai. Feci male. Era un'osteria-bordello, con un pessimo vino e pessime donne. Ce n'erano di tutte le età, ma erano irrimediabilmente brutte, e rese ancor più repellenti dal belletto. Mentre la mia ciurma si era sparpagliata per la città (ognuno aveva scelto un locale diverso), ordinai del vino, e davanti a quelle donne sentii l'impellente desiderio di possederne una. Non sono mai andato con prostitute brutte, solo con belle e giovani, ma dopo tre mesi che navigavo... Ero pronto ad accettare tutto. Stavo decidendomi sul da farsi, quando vidi una bambina di circa dieci anni che, appiattendosi contro tavoli e sedie, cercava di raggiungere l'uscita. Da dietro una tenda logora uscì un uomo, con i pantaloni mezzi sbottonati, che si teneva i genitali e gridò: - Bastarda di una puttanella, dove sei finita? - . Non finì di dire quella frase, che la bambina stava già correndo a perdifiato verso la porta. Niente da fare. Il padrone dell'osteria-bordello si mise davanti a lei, la prese per le spalle e la scosse. - Ancora non abbiamo capito che non dobbiamo fuggire? - urlò alla ragazzina. Lei si dibatteva, urlava in una lingua che non conoscevo. - Peccato, piccola, non conosco il francese! - ringhiò il padrone con tono beffardo, poi, rivolto all'uomo che si teneva i genitali:  - Cosa le ha fatto? - . L'uomo rispose: - Non è evidente? Mi ha dato un calcio alle palle! - . Non finì di parlare che la ragazzina si trovò l'impronta delle mani del padrone della locanda sulla faccia. Tuttavia non piangeva. Il padrone la prese di peso e la portò dietro un'altra tenda logora, che chiuse a metà, ma dalla mia posizione riuscivo a vedere tutto... Scapaccioni, calci, pugni... Non avrei mai immaginato che una bambina potesse sopportare tutto questo. Eppure sopportava. E si rialzava sempre, aveva una postura eretta, e guardava il padrone con l'aria da dire "Tutto qua?". Cosa che mandava in bestia l'uomo, che continuava. Mi piaceva quella bambina. Non sarebbe stata la prima volta che andavo con una di dieci anni circa. Poi, era bella, non usava il belletto ed era bella di fanciullezza e di maturità insieme. Tuttavia, alla vista di quel corpicino che si rialzava nonostante tutte le botte, provavo solo tenerezza, nessuna voglia di possederla. Volevo aiutarla, ma che potevo fare? Stavo per andarmene, distolsi un attimo lo sguardo dalla tenda, mi alzai, riguardai come per dare un commiato segreto alla piccola... E vidi il padrone che si calava i pantaloni. Lessi il labiale: - Adesso t'insegno come si trattano i clienti...  - . La sbatté su un letto e stava per avventarvicisi sopra quando entrai nella stanzetta. Il padrone sembrava sorpreso e infuriato per quella intromissione. - Voglio questa bambina. - dissi, con tono perentorio, come se fosse un ordine. - E' acerba, - mi rispose il padrone  - non gliela consiglio...  - . Risi. - Acerba per me ma non per lei, vedo. Comunque non ha capito. Voglio comprarla. - . Era l'unico modo che mi era venuto in mente per salvare la bambina dalle grinfie dell'uomo. - Non è in vendita. - mi rispose quello. - LA ESIGO! - dissi, calcando molto sull'"esigo". Accettò, e mi chiese una cifra sproporzionata, dato che per lui liberarsi della piccola significava liberarsi di una piccola rompipalle. Ma avevo soldi con me, e concludemmo l'affare. La portai alla nave.

Sulla nave la bambina non si muoveva. Si era ranicchiata ai piedi dell'albero più alto, con le gambe strette contro il petto, e non si muoveva. I suoi vestiti erano più grandi della sua taglia, me ne accorsi alla luce della luna. Notai anche che, seppure fosse un po' spaurita, i suoi occhi mostravano disprezzo e altezzosità riguardo a ciò che la circondava. I suoi capelli corvini erano lunghi e poco lavati ei suoi occhi... un blu profondo, che non avevo mai visto. (Avete presente il mare delle cartoline della Grecia o della Sardegna? Ecco, così . -NdA- ). Mi avvicinai per rassicurarla che non le avrei fatto alcun male, ma non feci in tempo a fare un passo che lei si alzò, e, mostrandomi i pugni, m'intimò in francese qualcosa. Pensai che fosse un "Non avvicinarti", quindi mi bloccai e ammirai il suo coraggio. Piccola, sola insieme ad un uomo, e capace di fare a pugni! La postura era sempre eretta, regale. Non sapendo come fare ad accattivarmela, pensai di offrirle da mangiare qualcosa che fosse rimasto della cena. Le feci cenno di aspettare e tornai su con un po' di carne e delle patate. Lei mi tolse di mano il piatto e lo ripulì subito. - Diamine! - esclamai ridendo - Sei proprio affamata! Ma se avessi aspettato ancora un po' ti avrei dato forchetta e coltello! - . Aveva capito quello che avevo detto? Non so. Fatto sta che nel suo sguardo, ora, c'era meno diffidenza. Ma quando tentai di avvicinarmi di nuovo, contrasse i pugni e me li mostrò. Intanto stava tornando la mia ciurma, tra cui il nano. Appena lo vidi mi ricordai che era stato in Francia, quindi, spiegatagli la storia, gli chiesi se avrebbe comunicato con la bambina. Lui acconsentì. Per prima cosa le dicemmo che eravamo suoi amici e doveva fidarsi di noi. Poi le chiedemmo se voleva qualcos'altro oltre al cibo. Lei ci pensò un po' su, e rispose. Il nano m'informò: - Vorrebbe un bicchiere d'acqua e vestiti nuovi. - . Per l'acqua non c'era problema, ma per i vestiti... Poi guardai il mio traduttore, e lui capì la mia occhiata, e scosse subito la testa. - No, per niente al mondo, i miei vestiti sono maschili! - . - Ma voi siete della stessa altezza, poi, chiedile se le vanno bene vestiti maschili. Credo che acconsentirà. - gli risposi. Infatti la bambina non ebbe nessun problema ad accettarli. La portai nella mia cabina per farle cambiare i vestiti e per non crearle disagio mi girai dall'altra parte. Sentii l'abito pesante femminile cadere a terra, poi i fruscii dei tessuti sulla pelle della ragazzina che indossava i pantaloni marroni, la casacca bianca e il cappello verde oliva. Doveva ormai aver finito. Mi stavo per girare quando sentii sul mio collo una leggera pressione. Una catena! Chi me l'aveva stretta attorno senza che me ne accorgessi?  - Ora farai quello che ti dico... - mi disse in perfetto inglese una voce femminile....

Non mi sembrava vero. Dunque la bambina sapeva parlare inglese, era tutta una finta! Ma perché mi aveva aggredito adesso? Sentii la pressione della catena farsi più forte. - Calma, calma... - sussurrai, cercando un modo per prendere tempo. Se la mia ciurma non mi vedeva apparire mi sarebbe venuta a cercare, no? La stretta aumentò ancora un poco. Ma dove diavolo aveva tenuto l'arma? Non gliel'avevo vista addosso! - Non fiatare! - m'intimò la bambina, sussurrando. - Ora dirai alla tua ciurma di lasciarmi libera di vagare per la città. Fammi scendere da questa nave! - ordinò con tono minaccioso. Non sapevo come risponderle, e trovavo, mio malgrado, la situazione piuttosto buffa: il capitano Jack Sparrow tenuto in ostaggio da una ragazzina! - Allora, lo darai o no, quest'ordine? - mi chiese dopo un po' di minuti. Il mio viso s'illuminò di gioia quando sentii una voce, dietro di lei, che rispondeva: - Scusa, quale ordine? -Un uomo della mia ciurma! Sentii la catena che cadeva a terra, il nano la raccolse e lego la ragazzina al letto. Poi uscimmo, lasciandola sola nella mia cabina.

Rientrai piuttosto tardi. Si era parlato a lungo dell'ospite che avevamo a bordo, della sua aggressività, di dove si fosse procurata la catena e così via. Per tenerci allegri c'eravamo anche un po' ubriacati e così, non badando a dove mettevo i piedi, inciampai in una figurina silenziosa che stava davanti al mio letto. Lei. Non aveva più il volto altezzoso di prima. Adesso era silenziosa, impaurita. Mi guardò. I suoi grandi occhi blu mandavano fuori fiumi di lacrime. Mi stava quasi intenerendo, ma poi mi ricordai cosa mi aveva fatto. - Allora, bimba, vogliamo raccontarci qualcosa? - le chiesi. La sua risposta mi venne "frammentata" dai singhiozzi. - Ti prego, fammi andare via... Non portarmi in un altro bordello, preferisco uccidermi! - implorò. - Portarti in un altro bordello? Ma chi ti ha detto questo? Piccola, io voglio renderti la libertà, non schiavizzarti! - . Pensavo di rincuorarla con queste parole, ma provocai in lei un accesso di rabbia. - Allora perché non mi liberi? - urlò. - Perché non mi ridai la catena? Perché non mi lasci andare? - continuò. Capii che era disperata. Mi sedetti vicino a lei, e la calmai accarezzandole i capelli come un padre. Poi le spiegai. - Sai difenderti bene, è vero. Ma non ti lascerei mai andare di nuovo per quest'isola. Finiresti di nuovo preda dei proprietari di bordelli e altri tipacci del genere. Guardati! Tu non sei come noi, non sei come loro! Me lo hanno dimostrato il tuo coraggio, il tuo portamento, il tuo sguardo... Ti lascerò andare, sì. Ma solo quando sarai al sicuro da questi personaggi. Ora, iniziamo col presentarci. Io sono il capitano Jack Sparrow. Ti chiami...? - dissi, porgendole la mano. Lei non rispose per qualche secondo. Con gli occhi fissi a terra, infine, mi disse: - Non
lo so... - . E fu allora che...

- Dove sono? - . Lily! Finalmente ti sei svegliata! - Sei sulla mai nave, Lily. - .

 

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