VENTESIMO CAPITOLO: NICHOLAS.
Tornarono a casa dopo aver festeggiato con quelli della Nankatsu. Beh, anche se gli altri ne erano
usciti sconfitti avevano deciso ugualmente di unirsi a loro, per fare onore
alla loro ultima partita insieme. Si erano sentiti fieri della vittoria, ed
ora... di nuovo a Tokio!! Si erano appena salutati, Danny era tornato a casa di corsa, approfittando del
buonumore di Mark, che temporaneamente si era
dimenticato del ritardo pre-partita. Il capitano lo salutò davanti all’entrata della palestra, poi proseguì da
solo verso casa.
Ed si stiracchiò ed appoggiò il borsone
all’entrata della palestra, sicuro di trovare suo padre che chiudeva, invece
una voce di donna.
- Arrivo subito, un attimo! - .
Il ragazzo si sporse dall’entrata e la vide. Era voltata di
spalle che riordinava l’archivio. Quando si voltò e
sorrise, sgranò gli occhi e lei, dopo un attimo di stupore gli
corse incontro, abbandonando il bancone.
- Ciao micino! Sei stato grande! - lo
salutò mentre Ed la abbracciava.
- Ciao pazzoide! - fu la risposta altrettanto tenera di lui.
- Ah, certo... sempre molto romantico, tu, eh! - fece la finta
arrabbiata. Lui la sorprese con un bacio sulle labbra. Quanto gli era mancata! Tre giorni soltanto lontano da lei e già gli mancava!
- Che ci fai qui a quest’ora?
Tu di solito non rientri dalla porta di casa? - gli chiese Eve.
- Volevo salutare mio padre, prima. Ma
tu piuttosto, che ci fai qui adesso? Non dovevi lavorare al Ningyo?
- le domandò in un misto tra il felice di averla
rivista la sera stessa e lo stranito... che forse suo padre aveva deciso di
farla lavorare 24 ore su 24 senza stipendio??
- Beh... emh... - Eve
ruotò gli occhi verso l’alto. - ...veramente non ci lavoro più al Ningyo. - .
- Che? E
perché? Era un lavoro che ti dava una buona paga! - .
- Sì, lo so ma prima di tutto mi stava
antipatico il proprietario! E io con persone
indisponenti non ci lavoro! E poi dovevo prendere il treno quattro volte al giorno per risparmiare sulla benzina... insomma una
confusione totale! Poi tuo padre ha deciso di assumermi definitivamente a orario fisso: tre ore la mattina e tre il pomeriggio. - .
Ed stava per tirarsi un pizzicotto per
testare se stava sognando o meno quando suo padre aprì la porta scorrevole.
- Buonasera, ragazzi. - .
- Ciao papà. - .
Eve fece un cenno con la mano,
sorridendo.
- Ora è meglio che me ne torni a casa, mio fratello dev’essere rientrato da un pezzo! - la ragazza tornò dietro
il bancone e rimise un plico di fogli sotto il fermacarte, poi prese la borsa e
li salutò sempre sorridendo. – A domani! - .
I due la videro uscire dalla palestra con un
bel sorriso sulle labbra, poi suo padre parlò.
- Hai giocato molto bene. - .
- Grazie. - .
Cadde il silenzio. Strano... non avevano mai parlato di calcio
all’interno del dojo. Per suo padre sarebbe stato come una specie di sacrilegio.
- Gioca a calcio. - le parole pronunciate da quell’uomo
suonarono alle orecchie del ragazzo come un arrendersi placido ma allo stesso
tempo perentorio.
- Papà! - lo fermò prima che potesse uscire. - ...ma tu sei felice che io giochi a calcio? - .
Le parole gli uscirono dalle labbra
velocemente, chiaramente. Ci aveva sempre pensato, che suo padre soffrisse per questa
sua passione ma aveva sempre cercato di non pensarci e
continuare a fare il portiere consapevole della volontà di quell’uomo
che gli stava davanti e che ora si era voltato, prendendolo per le spalle.
- Figliolo, da quando hai cominciato a giocare a calcio sul tuo viso si è acceso un sorriso talmente sincero che anche
quando tentavo di persuaderti a smettere i miei tentativi cadevano a vuoto. Ma l’ho compreso solo ora, sai? Quanto sia
grande la tua passione... e non tenterò più di farti cambiare idea, perché tu
sei mio figlio e voglio solo il tuo bene. - .
Fu un attimo... Ed si strinse al petto
del padre, un petto che tante volte aveva rifiutato. Negato
da quando era piccolo soltanto perché non condivideva la sua passione e i suoi
capricci. Era cresciuto in fretta, Ed. Privato
volontariamente dell’amore del padre. Non avevano mai fatto nulla insieme, non
una gita o una vacanza preso com’era dal suo lavoro, al mare ci
era sempre andato solo con la madre, fino a che raggiunta una certa età
aveva cominciato a distaccarsi anche da lei, come succedeva a tutti, prima o
poi. Ma per lui era stato diverso, appoggiandosi agli
amici aveva dimenticato di aver sofferto per colpa di suo padre... e anche per
colpa sua. Ma ad un certo punto i dolori erano tornati
a farsi sentire nel suo animo ancora più forti di prima. Fu
quando prese coscienza di essere adulto. Era successo il giorno stesso
in cui aveva incontrato Eve. Strano... davvero
strano... con lei aveva avuto tante nuove esperienze, aveva capito la vita...
era come se quella ragazza gli fosse stata inviata da qualcuno per risollevarsi
dal baratro in cui stava scivolando... e ora che si stringeva al suo papà come
un bambino si sentì per la prima volta sotto quella protezione che non aveva
mai avuto, si sentiva piccolo piccolo,
come se avesse ancora cinque anni.
- Grazie... - mormorò mentre in padre
ricambiava la stretta. Fu allora che il ragazzo si sentì riscaldare il cuore
dall’affetto che quell’uomo, rimastogli estraneo per
troppo tempo...
Si stiracchiò e si distese sul letto a pancia in giù, stringendo
il cuscino. Anche quella giornata era finita. Strano
come aveva accettato il lavoro fisso al dojo... il
padre di Ed era un uomo duro, non lasciava trasparire i suoi sentimenti nemmeno
con la moglie... eppure quella donna sapeva volergli molto bene. Aveva
rinunciato a lavorare al Ningyo Hoteru
per accettare l’offerta che gli aveva fatto il signor Warner...
beh, a dirla tutta era stata anche lei a volerlo. Si era fatta letteralmente
sbattere fuori dall’hotel, litigando con il personale.
Accidenti se si era divertita! Sospirò mentre in
sorriso scomparve dalle sue labbra... Quanto era stupida... aveva perso
un’occasione grande... però non si trovava male al dojo...
ormai era quasi un anno che stava insieme a quel ragazzo... non si erano mai
stufati l’uno dell’altra... il tempo era passato inesorabile, i giorni erano
trascorsi, ma loro erano rimasti Ed e Eve. Ormai si
conoscevano come le proprie tasche ma ogni giorno era
una sorpresa stare con Ed... si ricordò del primo sguardo che si erano
rivolti... della prima sfida che le aveva proposto per arrivare a casa di Danny... della festa di Mark...
di quando avevano corso per arrivare in classe il primo giorno di scuola... e
quando si era ubriacata... quando l’aveva fatto anche Ed e l’aveva stretto tra
le sue braccia... di quella volta in cui si era svegliata nel calore del corpo
di quel portiere... di quando avevano chiuso Mark, Kim e Eddie nella palestra... di
quella volta in cui gli aveva detto di Nicholas...
del momento in cui si era resa conto di amarlo più di ogni altra cosa... della
rabbia che aveva provato Ed quando aveva saputo della sua partenza per
l’Europa... il bacio negli spogliatoi... della vittoria della nazionale... la
festa di gala... il ritorno a casa... le lacrime del ragazzo che scorrevano sul
suo viso cristalline, dopo aver picchiato Schneider...
la prima volta che avevano fatto l’amore... dell’hanami
con i loro amici... la sensazione stupenda che aveva provato quando lui le
aveva detto “per sempre”...
Già... per sempre...
Accese la radio, svuotando la testa da ogni pensiero... ma
subito iniziò una canzone stupenda... ed ogni parola le ricordava lui...
“I could stay
awake, just to see you breathing…”
Potrei stare sveglia, solo per guardarti respirare…
...Sì, nel suo sonno... quando lo vedeva dormire, alzava e
abbassava il petto regolarmente... con quel dolce sorriso sulle labbra... quando dormiva immerso nei sogni in una così
inalterabile serenità...
“Watch your
smile when you're sleeping…”
Guardare il tuo sorriso mentre stai dormendo…
...Un sorriso così limpido che pareva quello
di un bambino, placidamente immerso nei sogni...
“when you're far away and dreaming…”
Quando sei perso lontano, sognando…
...Chissà cosa stava sognando... chissà se in quel momento stava
dormendo... era tardi e probabilmente era già perso nel mondo di Morfeo... un
sogno... chissà che sogno riempiva la sua mente...
“I could stay
awake in this sweet surrender”
Potrei stare sveglia in questa dolce resa…
...La resa a cui si era abbandonata, il caldo
torpore dell’amore che provava per Ed era stupendo... abbandonarsi ad un dolce
torpore per poi svegliarsi tra le sue braccia...
“I could stay
lost in this moment – forever…”
Potrei stare perso in questo istante –
per sempre...
...Nell’istante in cui lo pensava era come toccare il cielo con
tutto il corpo, tutta l’anima che aveva, e le bastava
pensarci per sentirsi bene...
“every moment stay with you
every moment I treasure…”
Ogni momento speso con te, ogni momento
conserverò…
...Le cose che avevano fatto insieme, tutto ciò che avevano
passato, si erano raccontati le loro vite, permettendo
l’uno all’altra di penetrare nella propria e di tutto questo avrebbero fatto
tesoro per tutta la vita...
“And you'll
stay here in this moment for all the rest of time…”
E staresti qui, in questo istante per
tutto il resto del tempo…
...a pensare a lui... per tutto il resto del
tempo... tra le sue braccia, mentre la stringeva nei suoi abbracci...
Chiuse lentamente gli occhi, cullata dal ritmo forte e dolce di
quella melodia... forte e dolce, proprio come Ed...
Kim si stiracchiò.
- Ah! E anche per oggi è finita!! - .
Eve camminava accanto a lei con la
cartella sulle spalle e le mani dietro la nuca. Mark
li raggiunse di corsa.
- Oh, ciao capitano! Pensavamo che te
ne fossi già tornato a casa! - .
- No, solo dovevo parlare un minuto con Danny.
Lui oggi rimane per i corsi. - .
La ragazza gli sorrise, poi salutarono
gli altri e voltarono l’angolo, verso casa di Mark.
- Che dici, tra quei due finirà tutto
bene? - chiese Eve al ragazzo che le stava di fianco,
sorridendo.
- Mh... - fu la risposta del portiere.
- ...credo che Mark lo sappia bene! - .
Si fermarono davanti alla casa di lui.
- A stasera. - disse lei.
- Ok, che dici, poi rimani da me? - le
rispose Ed.
- D’accordo... - fece per andarsene ma
si voltò e gli disse:
- Senti, che ne dici di un viaggio? - sorrise.
- Senti che ne dici di sposarci? - ribatté il ragazzo facendosi
sfuggire le parole di bocca. Eve
rimase in piedi a fissare Ed sulla soglia di casa con
gli occhi sgranati... non sapeva cosa dire, stava sicuramente scherzando...
accidenti ma che le aveva detto... lì, in mezzo alla strada poi!
Non aveva praticamente pensato prima di
parlare... le aveva chiesto di sposarlo con due parole, un gesto semplice
buttato lì con un sorriso... e ora la fissava mentre lei fissava lui, incredula
di ciò che aveva appena sentito.
- Vi... viaggio? E dove? - fu lui a
rompere il ghiaccio cambiando discorso.
- N... non lo so... io... cercavo un lavoro apposta per questo. Volevo fare un viaggio insieme... tutto qua... - si strinse
nelle spalle ancora un po’ stranita.
- Ah! É per questo allora che hai iniziato a lavorare all’hotel!
Eheh... - si mise una mano dietro alla testa,
guardando dappertutto tranne che nei suoi occhi. La mente di Eve ritornò a quel giorno... in cui l’aveva invitata alla
festa per Mark... aveva lo stesso sguardo
imbarazzato, che si posava dappertutto tranne che su di lei.
- Sì, io volevo farti una sorpresa... non appena avessi messo da
parte una sommetta decente. - rispose cercando di
catturare i suoi occhi.
- É un’idea meravigliosa! - scattò Ed
prendendole le mani. – Non occorre che metta da parte tutto tu, ci sono
anch’io, sai?... che ne dici dell’Europa? Ti piace
- Emh... sì,...
- fece lei un po’ confusa.
- Bene! Allora ci vediamo stasera, così
definiamo i particolari! - le schioccò un bacio sulla guancia e rientrò
in casa di fretta. Lei rimase lì un attimo ancora, poi
cominciò a camminare verso casa.
Ma che cavolo gli era preso? Eppure non
aveva sognato quelle parole: “Senti, che ne dici di sposarci?”... era rimasta praticamente sconcertata... era una richiesta tanto
strana... e poi era saltato fuori così dal nulla... certo anche lei gli aveva
proposto qualcosa di speciale... ma era un viaggio, accidenti non un
matrimonio!! E come se non bastasse aveva chiuso lì il discorso mettendosi a
parlare della Francia... chissà cosa gli era saltato
in testa a quel portiere...
Accidenti che idiota!! Gli erano
sfuggite le parole di bocca... ma che cos’aveva al
posto del cervello?? E Eve
era rimasta a fissarlo incredula! Lei voleva proporgli un viaggio e...
accidenti!!! Accidenti!! Accidenti!!!! Forse quella sera avrebbe dovuto
chiarire... sì, certo e se lei gli avesse riso in
faccia?... ma perché tutte queste situazioni assurde se le doveva andare a
cercare lui?!
Non parlarono di quella questione per tutta la sera,
programmarono a grandi linee il viaggio... sì, era un’idea carina... per una
settimana, quell’estate, solo loro due. Era come se
avessero dimenticato le parole di Ed di quel
pomeriggio, però sapevano bene entrambi che era un ricordo più che vivo...
Il ragazzo fermò l’auto davanti a casa di lei e mentre stavano
per scendere si bloccò di colpo. Non poteva tirarlo tanto per le lunghe, ormai Eve lo sapeva e voleva dirglielo perché tra loro si era formata
una linea di tensione e solo affrontando il discorso avrebbe potuto farla
sparire... quel discorso che era caduto ancora prima
di cominciare...
- Che c’è? - la voce era quella di Eve. Lo guardava preoccupata
dal sedile di fianco. – Ed, tutto ok?
- .
Il ragazzo alzò lo sguardo e si imbatté
nei suoi occhi penetranti che ora lo stavano fissando in attesa di una
risposta.
- Eve... - cominciò schiarendosi la
voce. - ...ascolta, riguardo a quello che ti ho detto oggi pomeriggio... - .
- Oh, non fa niente! Non importa, figurati! - sorrise lei
cercando di concludere il discorso più in fretta
possibile.
- No, a me importa invece! - ribatté lui prendendole le mani. –
Io lo pensavo davvero quello che ti ho detto... - .
Il cuore della ragazza tutt’un tratto
si fermò... ebbe come un tuffo al petto e le sue mani rimasero immobili strette
in quelle di Ed. Perché le
stava dicendo quello?... perché...? Non voleva sentirlo,
voleva solo scendere da quell’auto e
cominciare a correre...
- Per me è importante. Lo so che per dire certe cose servono
anelli, un posto romantico... ma... ma... io ho
bisogno di dirtelo... - .
“No... ti prego Ed non pronunciare
quelle parole... no, ti prego!!” la mente di lei lottava contro il suo corpo
immobile, non voleva sentirsi dire quelle parole... era immersa in uno strano
stato di ansia... stava addirittura provando angoscia... mentre nella sua testa
lottavano milioni di parole il suo viso era immobile, riflesso in quello del
ragazzo che le stava di fronte, con le sopracciglia appena alzate, le labbra
semiaperte e gli occhi che lo imploravano di non proseguire.
- Io voglio sposarti. - le disse tutto d’un
fiato. L’aveva detto... sentì dentro di sé il cuore rompersi in mille pezzi,
come uno specchio... ora lui si aspettava una risposta... una risposta che lei
non poteva dargli... attimi lunghi secoli passarono
nell’attesa che Eve parlasse, mentre Ed la guardava
con aria implorante, voleva una risposta... era una situazione strana, carica
di tensione... eppure lei non si decideva a parlare. Ad un tratto Ed non sentì più il tocco caldo delle sue mani tra le
proprie e abbassò lo sguardo verso la stretta che Eve
aveva appena sciolto.
- Ed... – il suono della sua voce era
così lontano. - ...torna a casa... - .
Sgranò gli occhi nel sentirle dire quelle parole...
- Mi dispiace... dammi... tempo... -
continuò aprendo la portiera e richiudendola con la stessa lentezza, camminando
verso casa, sicura che lui non l’avrebbe seguita.
Si affacciò alla finestra guardando le stelle... era tanto che
non lo faceva... guardare le stelle. Sospirò pesantemente. Solo quando era
triste lo faceva. Si ricordò dell’ultima notte in cui aveva ammirato il
cielo... era quando aveva appena conosciuto Eve. L’inizio di tutto. E ora che di nuovo stava appoggiato a quel davanzale a scrutare l’immensità
della notte temeva che fosse la fine... la fine di tutto. Non sapeva perché
aveva reagito così, avevano litigato tante volte, ma poi si erano
riconciliati... mai lei gli aveva voltato le spalle... e se n’era andata. Non
l’aveva seguita perché non voleva guardare quegli occhi malinconici, era come
un pugno nello stomaco. Che cosa stava pensando ora?
Perché se n’era andata in quel modo...?
Era sul terrazzo di camera sua... a guardare il cielo.
Inconsciamente stava facendo ciò che faceva Ed... e
magari stavano anche fissando la stessa stella. Se
n’era andata... gli aveva detto di tornare a casa... per lei che quel
ragazzo era la cosa più importante del mondo... l’aveva lasciato andare così. Che cosa sarebbe successo ora? Ma
non aveva voglia di chiedersi tutte quelle cose... sapeva che aveva rifiutato
perché non voleva che tutto finisse come la sua famiglia... che la morte
prendesse il sopravvento e distruggesse ciò che lei aveva costruito con tanta
fatica... ecco tutto. Solo per questo. Per la prima volta ebbe paura. Una paura
incontenibile di perdere quel portiere... non sapeva come reagire... già la
prima volta in cui aveva pronunciato quelle parole era rimasta a fissarlo
incredula, come se volesse rinnegare ciò che aveva detto un’altra bocca... ci
aveva pensato più di una volta, di diventare la moglie di Ed
ma mai così seriamente... non aveva mai creduto che un giorno ciò che aveva
sognato potesse realizzarsi... ma... ma non era per niente sicura che fosse la
cosa gusta da fare...
Quella notte non aveva dormito molto, si
rividero solo a scuola. Non si erano chiamati né sentiti per tutto il week-end... forse era stato meglio così... si vedevano
distanti, Eve arrivò addirittura in ritardo così
quella mattina non lo vide. A pranzo furono solo lei e
alcune sue compagne, compresa Kim. Non appena ebbe
finito di mangiare schizzò sul tetto della scuola, l’unico posto dove non
poteva essere vista o quantomeno inseguita da Warner...
aveva bisogno solo di un attimo per pensare... non avrebbe saputo cosa dirgli se se lo fosse trovata davanti...
- Hey... è permesso? - ... come non
detto...
Non si voltò, conosceva fin troppo bene
quella voce. Continuò a guardare in basso mentre il
cuore a poco a poco cominciava a battere più veloce. Il ragazzo si appoggiò
sulla ringhiera accanto a lei e guardò il cielo. Le doveva parlare. Non
sopportava quella situazione di distacco che c’era. Non voleva stare senza di
lei, perciò dopo averci pensato e ripensato era giunto ad una conclusione:
chiarimento. Un luogo tranquillo, dove potevano stare solo
loro due. E così era successo.
- Kim mi ha detto
che eri qui... posso farti compagnia? - .
Eve annuì senza parlare, i capelli le
coprivano gli occhi ed era impossibile per lui decifrarne l’espressione.
- Senti... – riprese in tono serio. - ...scusa se l’altra sera
ti ho detto qualcosa che non avrei dovuto... anzi, so
fin troppo bene ciò che non avrei dovuto dire... magari pensi che sia
prematuro... che siamo troppo giovani per... - .
Lei lo interruppe piantandogli in faccia un paio di lame
penetranti che chiedevano comprensione.
- No! Io non ho mai detto una cosa del genere! Ti sposerei anche
subito se solo ce ne fosse la possibilità... è solo che... -
.
Ed rimase a guardarla mentre gli parlava
con quel tono di voce incrinato dall’agitazione.
- Solo che... e se finisse tutto com’è successo ai miei genitori?? - disse tutto d’un fiato. Glielo
urlò in faccia e lui lesse la preoccupazione che regnava in quegli occhi. Ma non disse nulla prima di abbracciarla forte e appoggiare
il mento sulla sua fronte, dove posò le labbra. Eve
era rimasta con gli occhi aperti dallo stupore... com’era possibile?? Gli aveva detto quelle cose, ora che si era decisa a
parlargliene e lui le rispondeva con un abbraccio?
- Non finirà così. - sussurrò. Liberò il cuore da ogni angoscia
e le prese il viso tra le mani, sfiorando le ciocche di capelli biondi che,
mossi dal vento, le toccavano fuggevolmente le guance.
- Tu non credi nel destino, vero? - le chiese con voce
carezzevole. Lei non rispose. No, non ci credeva e lui lo sapeva. Perché le stava facendo una domanda simile? – Non l’hai
detto tu che la vita si costruisce con le scelte che ognuno di noi fa? Non esistono valutazioni sbagliate, tutto fa parte della vita. E io questa vita la voglio vivere con te. Non m’importa
della gente che dirà che sono troppo giovane o
inesperto per fare una cosa del genere ma l’unica cosa di cui non mi pentirò
mai è averti chiesto di sposarmi. - .
Era successo di nuovo. Aveva aperto il cuore e i suoi sentimenti
si erano tramutati in parole. Eve sorrise dolcemente.
Era la stessa sensazione che aveva provato quando lui
le aveva detto “ti amo” per la prima volta. Si sentì riscaldare il cuore e
aveva solo voglia di stringerlo tra le braccia... il destino non esisteva...
era semplicemente l’insieme delle scelte di vita che ognuno compiva. E lei non ci aveva mai creduto. Che sciocca...
ogni volta che pensava di dover affrontare un dubbio insormontabile Ed faceva
crollare il muro del problema con delle semplici parole... era anche per questo
che gli voleva un bene dell’anima. Se avesse vissuto le proprie scelte con
serenità la vita non sarebbe stata un problema, ciò
che voleva era solo viverla insieme al suo portiere... per sempre. Gli sorrise e mormorò un “grazie” sulle sue labbra prima di
baciarlo dolcemente e farsi abbracciare ancora.
- Sono ancora in tempo per risponderti? - gli chiese con un
sorriso malizioso.
- Umh... vediamo... - controllò
l’orologio ridendo. - ... aspetti, signorina... prima devo
chiedere al notaio... - .
- Cafone!! – scherzò. – Come si
permette?? Io sono la signora Warner!
- .
Lui la prese in braccio e le fece un sorriso talmente felice che
venne voglia anche a lei di sorridere.
- Ti amo... - bisbigliò baciandola sul collo.
- Ah... mi fai il solletico!! - rise
lei scendendo dalle sue braccia e correndo verso l’uscita. – Adesso dovremo
organizzare tutto! - rise felice.
- Sì! - lui la raggiunse. – Anelli, inviti, cerimonia, vestito
bianco... - .
- No... aspetta! Niente vestito bianco! Voglio uno di quei
kimoni che usavano le spose qualche secoluccio fa!! Sai, da bambina era in mio sogno! - .
Ed le sorrise.
- Magari con delle sfumature rosse e una corona di fiori! - .
- Hey! E tu
come fai a saperlo? - .
- É un segreto! - .
- Come segreto? - .
- Segreto! - .
- Andiamo! Non vorrai nasconderlo alla tua futura moglie?? Quando te l’ho raccontato?? - .
Il ragazzo rise come un bambino e poi scese le scale di corsa.
- Se mi prendi te lo dico! - .
I capelli lunghi e biondi scivolavano oltre le spalle di una
giovane donna. Il vento fresco muoveva le ciocche davanti al suo perfetto ovale
di viso. Indossava una maglia intrecciata leggera azzurra che si posava
delicatamente sul seno, delineandone la forma dolce,
un paio di pantaloni bianchi che cingevano la vita magra e dei sandali con il
tacco dello stesso colore. Sul suo fianco era appoggiata la mano di un giovane
uomo che la guardava teneramente. I capelli color ebano poggiavano
sulle spalle della camicia blu che gli arrivava agli avambracci, avendo
arrotolato di poco le maniche. Mentre i pantaloni neri gli delineavano
i muscoli delle gambe. I due si scambiarono un bacio mentre un bambino di circa
quattro anni con i capelli castano chiaro e gli occhi nerissimi correva su e giù per il sentiero del parco.
- Nicky! Nicholas!
Non correre così veloce! - gli gridò la donna.
- Chissà da chi ha preso... - sorrise l’uomo raggiungendo la
mano con l’altra, chiudendo il corpo della compagna in un abbraccio.
- Mamma!! Mamma!! Guarda cos’ho trovato!!
- il bambino tornò di corsa verso i genitori con un grande
sorriso ingenuo sulle labbra, mostrando con felicità un quadrifoglio. I suoi
occhi si riflessero negli stessi del padre, neri, dolci e profondi.
- Sei fortunato! Pensa un po’ tutte le volte che l’ho cercato io
un quadrifoglio! - rise il giovane padre accovacciandosi verso di lui e
strapazzandogli i capelli corti. In tutta risposta il piccolo gli rivolse un
sorriso ancora più grande di prima, ricominciando a correre su e giù per la
stradina. L’uomo tornò ad abbracciare la moglie e a camminare lentamente con
lei dietro al figlio, immersi nella pioggia di petali rosa tenue che tanto impalpabili
e leggeri consacravano il principio di una nuova
primavera.