QUATTORDICESIMO CAPITOLO: AMAREZZE.

 

- Sei in ritardo!! - .

Ed sgranò gli occhi e si guardò intorno. Troppo strano! Che ci faceva Eve già in piedi??

- Eve...? - .

- Certo, chi ti aspettavi? Se vuoi torno in casa, però! - gli rivolse uno sguardo imbronciato che non durò a lungo, perché nel vedere l’espressione stupita di lui prese a sorridere. - Andiamo? - .

Ed annuì e fece per prenderle la mano quando...

- Eve! Ferma lì! Dove pensi di andare! - le gridò sua madre dalla finestra del piano inferiore.

- Emh... a scuola forse? - rispose lei.

- Senza questa? Prendi! - la donna le lanciò la cartella, prima di ritrarre la mano spaventata. La ragazza seguì il volo e si stava rassegnando a vedere la sua cartella finire nell’aiuola sottostante quando un’ombra le passò davanti e prese al volo l’oggetto volante.

- Oh... - sua madre trasse un sospiro di sollievo e si riprese. - ... grazie tante! Ho sempre avuto una mira pessima! - .

Ed sorrise mentre Eve scoppiò in una risata fragorosa:

- Magnifico! Adesso sei anche un supereroe! - che scena buffa, più che per Ed per sua madre, aveva una faccia talmente spaventata di vedere i suoi bei fiori spiaccicati sotto il peso della scienza!

- Speriamo che questo supereroe protegga anche la tua testa! Ma come si fa ad andare a scuola senza cartella??... Buona giornata, ragazzi! - .

Ed salutò la donna, che rientrò in casa, mentre Eve afferrò la cartella dalle braccia di lui senza smettere di ridere.

- Hai visto che espressione terrorizzata?? Accidenti che ridere!! Mi vengono le lacrime!! - .

Ormai non ce la faceva proprio più, tanto da contagiare anche il ragazzo che le camminava a fianco e cominciò a ridere anche lui.

- Ma come si fa a dimenticarsi della cartella?? - disse tra le risate. Eve si asciugò gli occhi con qualche sorrisetto a singhiozzo.

- Qualcosa in contrario? - .

- No, no! Anzi, stamattina ho cominciato proprio bene, grazie!! - le prese la testa dolcemente con un braccio come per giocare e avvicinò le labbra alla punta del suo naso posandoci un bacio leggero. Eve arrossì a quella vicinanza. Eh, già... ora era il suo ragazzo!...

- Vieni qua! - disse prendendogli il viso tra le mani e accarezzando ancora una volta le sue bellissime labbra, chiudendo gli occhi e lasciando che lui le prendesse i fianchi. Poi si scostò sorridendo e fece qualche passo avanti di corsa, si voltò lasciando che il vento soffiasse tra i suoi capelli chiari e le sollevasse un poco la gonna della divisa insieme ai lembi del cappottino nero. Gli sorrise semplicemente mentre il sole si faceva più intenso baciandole le guance.

La vide ancora così bella, finalmente felice... e quel sorriso gli riempì l’anima di allegria, era strano vedersi insieme a lei, però era talmente bello che non avrebbe mai avuto voglia di smettere di starle accanto, così, sorridendole la raggiunse e le prese la mano, camminando insieme verso il Toho.

 

Le servivano gli appunti di storia entro il giorno dopo o sarebbe stata la fine. In classe non c’era più nessuno tranne... Lena! Oh, salvezza! Lena!

- Lena! - la chiamò. – Ho bisogno di un favore graaaande! - .

La ragazza si voltò rivolgendole uno sguardo triste. Eve si sentì un po’ fuori luogo nel vedere gli occhi della sua ex compagna guardarla così.

- Hey, stai bene? - le chiese cercando di capire il motivo della sua tristezza. Quegli occhi si trasformarono e diventarono duri.

- Che ti serve, eh? - .

- Gli appunti di storia. - Eve rispose guardandola stranita.

- Mi dispiace, trovati qualcun altro, non ho intenzione di passarti nulla! - voltò lo sguardo dall’altra parte e chiuse la cartella, uscendo dall’aula.

- Ma senti un po’! - fece l’altra offesa. – Se te la devi prendere con qualcuno non farlo certo con me! Era solo un favore, troverò qualcun altro comunque!! - .

Poi alzò gli occhi al cielo e aggiunse:

- Ma tu guarda se devo cercarmele tutte io!! - .

Un singhiozzo... e poi un rumore soffocato. Eve si affacciò di corsa dalla porta della classe, notando che Lena, di spalle, stava piangendo. Le sue spalle si alzavano e si abbassavano freneticamente e si era portata una mano alla bocca.

Ops... forse ho esagerato...” si disse Eve avvicinandosi.

- Che ti prende, Lena? - le chiese calma. L’altra si voltò scoprendo un volto colmo di lacrime.

- È... è soltanto colpa tua!! - gridò prima di correre via. Eve ci stava capendo meno di prima e prese a seguirla, afferrandole un braccio.

- Non metterti in competizione con me, sono fuori allenamento ma rimango sempre la numero uno! - rise cercando di sdrammatizzare. – E allora, di che cosa avrei colpa? - .

Lena cercò di divincolarsi ma la presa dell’altra era molto forte così si arrese e cadde in ginocchio.

- Tu... tu me l’hai portato via... - sussurrò tra i singhiozzi.

- Eh?!? Portato via?! Guarda che se ti riferisci a Ed io non lascerò che... - Eve scattò in piedi scontrosa, al solo pensiero che qualcuno volesse portarle via il suo portiere.

- Non sto parlando di lui... - la interruppe Lena.

- Ah sì?... allora di a chi ti riferisci? - chiese stranita. La ragazza alzò lo sguardo e gli occhi gementi verso di lei, pronunciando quel nome.

- Parlo di Karl Heinz... - .

- Chi?!... Ma che c’entra quello?! - . Eve si sentiva spaesata, stranita e soprattutto non riusciva a capire di che cosa aveva colpa.

- Non fare la finta tonta, sai! Me l’ha detto! - .

- Oh... detto cosa? - gemette al limite della sopportazione. - Parla chiaro! - .

Lena si accigliò.

- Ma com’è possibile che tu sia così cinica! Hai approfittato di lui, mi ha detto tutto!! - .

- Che cosa?!? Io avrei... che cosa avrei fatto?? L’ho violentato, forse??? - .

- Ma no! Come fai a non capire! - Lena cominciava ad avere seri dubbi sul fatto che Eve fosse al corrente di ciò che era successo. – Lui... io... ricordi quando sei stata per quella settimana in Olanda? - .

L’altra annuì chinandosi a terra verso di lei.

- Beh, durante quel periodo io e Karl Heinz stavamo... insieme. Non ricordi? Ne abbiamo parlato anche con Melissa negli spogliatoi... - .

Eve non parlò, era attenta al racconto ma sentiva già la rabbia salirle in corpo... quel tipo aveva combinato qualcosa... aveva fatto soffrire Lena... e magari ha dato pure la colpa a lei!

- ... e poi il giorno della partenza della squadra mi ha detto tutto... ha detto che gli dispiaceva ma io per lui ero solo un’amica ed era interessato a te... che vi eravate baciati e... e... ieri mi ha telefonato come se nulla fosse successo informandomi che arriverà dopodomani per un simposio con la sua squadra... e di dirti che ha voglia di rivederti... - .

Scoppiò a piangere più forte di prima, così che i suoi lamenti rimbombarono nel corridoio vuoto. Eve si rialzò e strinse i pugni, urlando.

- Brutto ipocrita!! Ma me la pagherai!! Vieni, vieni in Giappone... eh eh... sarò euforica di rivederti!... - .

Lena smise di piangere e la guardò preoccupata... che razza di vendetta aveva in mente quella ragazza?... le faceva quasi paura...

- A... allora tu non ne sapevi nulla... - .

- E come potevo, scusa! Sono stata in Olanda per giorni e poi ho avuto troppi allenamenti per restare sola con lui per più di un quarto d’ora! - .

- Eve... - Lena si asciugò le lacrime e si alzò. - ...scusami... io... non dovevo reagire così... è... è che... nonostante la lontananza... nonostante lui tenga di più a te che a me... io lo amo... e non posso fare altro che soffrire... - .

Lo amo... soffrire... parole che furono come un colpo al cuore... il suo presente e il suo passato si fusero e comprese tutto d’un tratto come doveva sentirsi quella ragazza, usata e vuota... ma ugualmente innamorata, pur sapendo dal principio che lei non aveva colpa, le si era accanita contro cercando uno spiraglio di speranza che il suo Karl fosse privo di colpa.

- Avanti, tirati su. Ci parlerò io. - e cercando di darle un po’ di conforto in un abbraccio capì che doveva risolvere la situazione, sia per far smettere di soffrire la sua amica, sia per mettere a posto le cose tra lei e quel che pensava fosse Karl.

 

- Ciao gattino! - gli passò di fretta davanti e uscì dal cancello. Come sempre lui era lì ad aspettarla dopo i corsi e dopo gli allenamenti, accanto al cancello, all’uscita. Erano quasi le sei e lì attorno non c’era più nessuno studente, ormai.

- Hey! Hey! Aspettami! - la prese per i fianchi e la tirò dolcemente indietro, appoggiando il suo petto sulla schiena della ragazza. Eve arrossì di colpo sentendo la bocca di Ed sul suo collo e le sue braccia stringersi alla sua vita.

- Come mai tutta questa fretta? - fece lui con sguardo imbronciato.

- Amh... avrei dovuto essere a casa un’ora fa, però c’è stato un piccolo incidente di percorso e se voglio essere pronta per stasera devo stare nei tempi. - .

Il portiere non smetteva di stringerla, era un contatto che non voleva perdere, stava talmente bene con lei tra le braccia... la stava proteggendo... era come se volesse custodirla nel suo cuore per sempre... lei si voltò lentamente.

- Ed... veramente... ci metto sempre ore per prepararmi... non vorrei farti aspettare poi... emh... Ed... Ed... - non riuscì più a continuare vedendosi quelle labbra sempre più vicine e quel viso d’angelo con gli occhi socchiusi. Gli poggiò un dito sulle labbra e sorrise maliziosamente.

- Eve... – disse lui mentre si allontanava lievemente - ...dove vuoi andare stasera? - .

La ragazza sentì come un distacco nel momento in cui li separavano quei pochi millimetri e sentì di dover avere un nuovo contatto... strano, era stata lei a fare la capricciosa qualche secondo prima... eppure ora voleva sentirsi di nuovo tra quelle braccia forti e percepire la tonicità dei pettorali... si strinse nelle spalle allontanandosi di un passo, mettendo il broncio.

- Se mi dai un bacio te lo dico. - .

- Tutti quelli che vuoi... - sorrise lui mentre si avvicinava e la prendeva tra le braccia, con un sospiro lei si sentì stretta al suo cuore e riscaldata dal tepore del sentimento che li legava...

Ah! Che meraviglia quelle labbra! Era stato talmente facile decidere di stare insieme che ora non gli sembrava vero! Che bella la sua Eve! E che dolci sensazioni provava quando stava con lei... era cotto... decisamente innamorato cotto...

- Emh... scusate... ragazzi... - .

Eve e Ed aprirono gli occhi nello stesso istante e rimasero alcuni secondi a guardarsi stupiti dall’aver udito quella voce famigliare... poi si voltarono e incontrarono lo sguardo interessato di quel ragazzo.

- Eheh... - fece nervosamente - ... scusate se vi ho interrotti... - .

Il portiere arrossì notevolmente e la ragazza voltò lo sguardo da un'altra parte nascondendo il suo imbarazzo.

- Ma tu da dove vieni, eh Danny? - gli chiese lei cercando di cambiare discorso.

Il ragazzo fece cenno agli amici che portarono gli sguardi oltre alle sue spalle, dove Mark era appoggiato alla colonna quadra che sosteneva una metà del cancello.

- Proprio davanti al cancello? - sorrise.

- Eheh... ma che ci vuoi fare... - rispose Eve.

- Uscivamo anche noi proprio ora. - aggiunse Danny.

- Ciao ragazzi!! - Spencer, con il pallone sotto braccio passò di fianco al gruppetto di corsa insieme a Eddie, allontanandosi di corsa.

- Ciao! Ci vediamo lunedì! - era stato ancora Danny a parlare, agitando il braccio anche gli altri li salutarono e lasciarono che voltassero l’angolo.

- Andiamo? - disse Eve cominciando a muoversi verso la strada. I tre ragazzi la seguirono in un silenzio imbarazzato. Ed pensava solo che quella situazione era strana... insomma i suoi più cari amici l’avevano visto mentre baciava Eve eppure non era mica la fine del mondo... anzi, una cosa normalissima però... però era come se si fosse sentito invaso... ecco, come il pallone oltre alle sue spalle... nella rete. Avevano interrotto un momento meraviglioso... e era un po’ risentito. Perché Danny non era andato dritto per i fatti suoi? E poi Mark si era messo a fare ironia... bah!

- Aspettavate un altro anno per dirci che state insieme? - rise il ragazzino.

- Eh? - fu la risposta spiazzata di Ed.

- C’è una legge che dice di venirvelo a dire? - Eve alzò un sopracciglio.

- No, però... - Danny non sapeva più come risponderle e lei sorrise compiaciuta. - ... beh, potevate avvisare... - .

Ed scoppiò a ridere.

- Avvisare?? - il senso di vuoto era sparito e aveva preso posto un divertimento nel sentire le parole dell’amico. Mark abbozzò un sorrisetto.

- Dopotutto sono fatti loro. - .

- Ma... ma noi siamo i loro più grandi amici!! Non è così? Eh? Eh? Eh?... Eve? Ed? - .

- Che presuntuoso!! - Eve si lasciò trasportare dalle risate del suo ragazzo che camminava sghignazzando sul marciapiede. Danny si guardò intorno in cerca di sostegno, incontrò solo gli occhi sorridenti del suo capitano, che si stava ammazzando dal ridere.

- Dovresti vedere la tua faccia! - fece tra le risate. – Sei uno spasso!! - .

Mark che rideva di gusto?? Ma che cos’era? Un miracolo?? Era da tanto che non lo vedeva così contento, così si rassegnò anche lui...

 

- Ciao!! - lo salutò.

Una ragazza apparve sulla soglia e si affrettò a richiudere la porta, andandogli incontro mentre i tacchi delle scarpe facevano rumore sul viale. Rimase come incantato per un attimo vedendo Eve in minigonna e camicetta nera, lasciando scoperte quelle gambe perfette. Poi si avvicinò e prese al volo il bacio della ragazza che mentre entrava in auto non aveva smesso un istante di sorridergli.

- Beh, che c’è? Non mi saluti? - disse.

- Eh?... no, no... cioè sì... ciao... - riuscì a dire. Eve rise.

- Sei così buffo! - .

Il portiere arrossì lievemente e poi mise in moto.

- Allora, dove vuoi andare? - gli chiese.

- Vedrai, conosco un posticino fantastico! - sorrise lui. Eve lo guardò... ancora i capelli raccolti in un codino... gli ricordava quella sera... bellissima sera... in cui aveva capito quanto tenesse a lui...

La portò in un ristorante italiano, molto carino, Ed aveva ragione. Passarono una serata piacevolissima e poi si ritrovarono un’altra volta in auto.

- Sono stata bene. - disse lei.

- Anche io. Grazie. - .

- Sono io a doverti ringraziare! - sorrise e appoggiò il capo al poggiatesta del sedile.

- Domani andrete al convegno? - chiese poi. Ed annuì.

- Penso di starci per poche ore e poi riuscire a svignarmela tranquillamente. - rise.

- Ci sarò anch’io. - annunciò.

- Cosa? - chiese lui non capendo cosa ci dovesse andare a fare una ex velocista ad un congresso di soli calciatori.

- Vedi... – disse sospirando - ... è successa una cosa... - .

Quando ebbe finito di raccontargli la storia di Lena aggiunse:

- Volevo solo che lo sapessi. Niente segreti. – sorrise dolcemente.

- Ci posso pensare io se vuoi... - .

- Oh, no. Questo assolutamente lo escludo! Conoscendoti finirà che lo ucciderai, quel tedesco! - .

- Ma no... al massimo qualche ingessatura... - rise. La ragazza lo seguì... uff, per fortuna non se l’era presa! Trasse un sospiro di sollievo e insieme ritornarono a casa.

 

- Non conviene entrare. - disse Lena.

- Già. - le fece eco Eve, che incrociò le braccia al petto e rimase fuori in mezzo a tutti quei giornalisti insieme alla sua ex compagna di squadra. Si spostarono nei pressi dell’albergo dove alloggiavano i ragazzi della nazionale tedesca e attesero il loro ritorno dopo un paio d’ore, sotto il sole debole del pomeriggio.

- E così... ora tu stai con Warner...? - chiese timidamente Lena. Eve sorrise felice e annuì. Era cambiata, Lena. Si era chiusa in stessa dopo aver ricevuto quella delusione da Karl... non sembrava nemmeno lei, somigliava quasi a Kim negli atteggiamenti, era quasi più impacciata, però non era mai stata così, almeno da quando Eve la conosceva. Sorridente e allegra, ecco come se la ricordava in Europa. Eppure quel tedesco era stato capace di renderla schiva e chiusa. Ma l’avrebbe sentita! Gliene avrebbe dette quattro non appena avesse avuto l’occasione! Eve era decisa a mettere in chiaro quelle cose, non poteva certo lasciare che quello si credesse il re del mondo, facendo soffrire una ragazza e andando a raccontare falsità sul fatto che ne aveva baciata un’altra!

Le due parlarono molto prima di vedere i flash delle macchine fotografiche di alcuni giornalisti che accompagnavano la nazionale all’albergo.

- Sono arrivati. Aspetta qui e non farti vedere. – . Eve le strizzò l’occhio. – Andrà tutto bene! - .

 

Ma chi si credeva di essere quello Schneider?? Solo perché era un campione di calcio nessuno gli dava il permesso di dire cose simili sulla sua ragazza! Anche se quando stavano in Europa non erano ancora ufficialmente insieme, Ed credeva in lei e sapeva che non aveva avuto niente con Karl. Altrimenti perché la scenata quella sera, al campo? E poi il primo bacio negli spogliatoi? La sera precedente aveva cercato di stare calmo, nascondere la rabbia ma accidenti!! Teneva talmente tanto a Eve che al pensiero di anche un semplice e innocente bacio lo mandava in bestia! No, nessuno gliel’avrebbe portata via!... Erano più di due ore che non la vedeva, il convegno era terminato da un pezzo e i suoi compagni erano tornati alle loro rispettive città... ma lui no, doveva vedere Eve... non erano d’accordo però lei gli aveva detto che avrebbe fatto un salto fuori del salone se le fosse capitato ma non l’aveva vista ed era preoccupato... forse Schneider... no, non doveva nemmeno pensarlo!!

 

Ma quella è...” Karl Heinz voltò lo sguardo in direzione dell’uscita e notò una figura conosciuta. I pantaloni blu, la maglia bianca e il pullover aperto nero fasciavano quel corpo che aveva tanto desiderato e quando alzò gli occhi incrociò uno sguardo che non si sarebbe mai immaginato di vedere. Rabbia. Espressione dei suoi occhi blu... solo rabbia. Si voltò e lasciò che la squadra entrasse nell’hotel seguita dal gruppetto di giornalisti.

Perfetto, ora Karl sapeva che era lì. Una mezz’ora e sarebbe uscito di nuovo, giusto il tempo di lasciare che i reporter se ne fossero andati tutti.

- Eve! - la chiamò raggiungendola. Indossava un paio di jeans bianchi e un gilet color sabbia, sotto il quale portava una camicia bianca a maniche corte. Si era cambiato e ora le sorrideva. Erano a fianco dell’edificio dove lui e i suoi compagni alloggiavano.

La ragazza non rispose, rimase voltata vero la panchina.

- Allora Lena ti ha avvertita... - cercò di sembrare il più naturale possibile, senza lasciar trasparire la preoccupazione per lo sguardo d’odio che gli aveva rivolto prima e per il comportamento di adesso... gli stava voltando le spalle, era decisamente arrabbiata.

- Emh... Eve... che c’è? - le si fece vicino mettendole una mano sulla spalla.

- Heuchler!! - esclamò lei, voltandosi e fissando quegli occhi di ghiaccio.

Ipocrita?? Gli aveva appena dato dell’ipocrita! Perché?? Cosa...

- Eh?? Si può sapere che ti prende?? - .

- E me lo chiedi anche?? Non ti rendi conto di quello che hai fatto a Lena? - disse calma. Karl rimase zitto, con lo sguardo smarrito.

- Non... mi pare di aver fatto nulla di male. - aggiunse poi.

- Ah no? Allora, facciamo un piccolo gioco di ruolo. - il viso di Eve non aveva espressione, si limitava a far uscire le parole dalla sua bocca con sguardo fermo. – Sei con la tua squadra in Giappone, conosci una ragazza che si dimostra gentile e disponibile, che frequenta poche volte la settimana uno dei tuoi amici... facciamo Heffner, mh?... poi lui se ne va per fatti suoi per una settimana e tu e la ragazza fate amicizia, scoprite di essere più che amici nel giro di pochi giorni, mh? Poi ritorna Heffner e lei ti dice che le piace lui e non tu e che si sono addirittura baciati, cosa non vera, tu sei innamorato di questa ragazza e non reggi ad una simile notizia, ti senti male, distrutto. Allora decidi di dimenticare subito tutto e tornartene a casa senza nemmeno salutarla. Heffner rimane in Giappone per sostenere la ragazza di cui è veramente innamorato, facciamo... una giocatrice di softball, mh? Mentre tu sei in Germania disperato e piangi tutta un’estate. Heffner si mette con questa giocatrice di softball, che guarda caso è tedesca! E se ne tornano felici e innamorati a casa loro mentre tu pensi ancora a quella ragazza giapponese... che l’inverno successivo ti chiama al telefono dicendoti di avvertire Heffner che ha voglia di rivederlo e di presentarsi all’albergo dove alloggerà in vista di un convegno nel tuo paese! Come reagiresti tu? - .

Il ragazzo era senza parole. Si guardarono a lungo, lei decisa, lui disorientato, poi riprese la sicurezza di sempre.

- ... immagino che avvertirei Heffner, si presentasse all’appuntamento con la giapponese e lei gli spiegasse tutto. - .

- Allora spiega, Schneider! - .

La invitò a sedersi sulla panchina accanto a lui.

- Vedi, la storia del bacio non è falsa. - .

Eve aggrottò le sopracciglia.

- Ti sei sentita male una volta, ricordi? Ti ho accompagnata in infermeria e siamo rimasti soli. Ti ho baciata sul serio. Non dico invenzioni... un bacio, nulla di più. - .

Era rimasta di sasso... poi lo guardò...

- Chi ti ha dato il permesso di farlo?? - .

- Mein Herz. - .

- Il tuo... cuore... - sussurrò guardando per terra.

- Già... ho capito che ora stai con Ed Warner ma... volevo darti un altro bacio... e vorrei che questa volta tu ne sia consapevole. - .

Si avvicinò lentamente alle sue labbra, la ragazza gli mise le mani sul petto scuotendo lievemente la testa.

- No... mi dispiace, non voglio farlo. Sto con Ed. - .

- Toglile le mani di dosso!! - .

Un furibondo Warner si accanì contro il cannoniere tedesco, sbattendolo giù dalla panchina di legno.

- Ed...? - Eve riuscì a cogliere solo uno stralcio del pugno che gli stava rifilando e poi Karl di nuovo per terra con una mano sulla guancia destra. Lo voleva vedere a terra! Maledizione, si era permesso di baciare Eve! Non ragionava più, alla vista di quella scena era diventato tutt’uno con la sua rabbia... e anche se aveva sentito le parole di lei, che diceva di non poter baciare Schneider, non poteva vederlo così vicino a Eve...

Pugni, solo pugni e nient’altro, forti sulla faccia di Karl e sul suo viso... non aveva nemmeno pensato di utilizzare qualche tecnica di karate, era come se non volesse... o non se ne ricordasse...

- Warner ma sei impazzito?! - gli gridò prendendolo per un braccio.

- Lasciami! - si strattonò e in un attimo fu sul tedesco che rispondeva con altrettanta violenza. La ragazza aveva il sangue che le ribolliva nelle vene, un senso di rabbia e tradimento... prese Ed per un braccio e con tutta la forza che aveva in corpo lo tirò indietro, facendolo cadere a gambe aperte davanti a lei, seduto scompostamente sul prato.

- Idiota!! Ma cosa diavolo pensi di fare!? - .

Lo schiaffo gli arrivò dritto in faccia, arrossando la guancia già livida.

- Ti avevo detto che ci avrei pensato io! È così che mantieni le promesse? È questa la tua fiducia?! - .

Poi si voltò verso Karl.

- Ecco, questo è lo stupido con cui sto. Mi dispiace, ma nemmeno adesso ti potrei baciare, adesso spero di aver chiarito! Parla con Lena! - .

Dopo questo aiutò Ed a rialzarsi e lo sostenne sotto il suo braccio, allontanandosi. Il portiere si allontanò da lei.

- Avanti, non fare il bambino, vieni qui!! - .

- Non ho bisogno del tuo aiuto!! So camminare da solo, se non lo sai!! - .

- Come vuoi!! - .

Silenzio. Camminavano in silenzio diretti da qualche parte nel loro quartiere di Tokio. Arrivarono davanti a casa della ragazza, lei si fermò mentre lui continuò a camminare.

- E adesso dove pensi di andare!?! - .

- A casa. - disse tranquillamente lui senza voltarsi.

- Ah, certo! Ci sono quattro isolati e stai sanguinando!! - .

Se n’era accorta allora... aveva fatto di tutto per non farglielo notare, voltandosi dall’altra parte per tutto il tragitto, eh già, stava perdendo sangue dal lato di un sopracciglio. Non si fermò, continuò ad avanzare.

- Warner! – tuonò. – Fermati! - .

Niente. Eve corse davanti a lui e gli prese una mano strattonandolo.

- Muoviti, fammi disinfettare quel taglio. - .

- Lo so fare da solo. - .

- Non m’interessa! Adesso tu vieni con me e mi spieghi un paio di cosette! - .

- Non ho niente da dire, me ne torno a casa. - .

- Ti devo tramortire per portarti dentro?! Ma lo sai che sei proprio testardo!! - .

- Eve lasciami! Lo so fare anche da solo ti ho detto! - .

- E io ti ho detto che voglio farlo io! - .

- Certo che anche tu non sei una campionessa di malleabilità! - .

- E allora che vuoi fare, io non ti mollo finché non vieni con me, se vuoi passare la vita in mezzo alla strada per me va bene, ma non ti lascerò tornare a casa! - .

Che razza di caratterino! Già, forse era meglio chiarire subito alcune cose prima che fosse passato troppo tempo. Ed sbuffò, lasciandosi trascinare in casa. Come al solito non c’era nessuno, sua madre era al lavoro e Dex agli allenamenti. Lo fece sedere sul divano del salotto e mentre gli passava un batuffolo di cotone imbevuto di alcool disinfettante sulla ferita regnava un silenzio strano... Ed faceva di tutto per non gemere al bruciore e Eve si occupava di non fargli troppo male.

- Dimmi se ti fa male, è inutile che fai così o rischio di distruggerti definitivamente la tempia. - .

Lui non parlò, la ragazza scosse la testa e lanciò uno sguardo rassegnato al soffitto.

- Sei proprio capriccioso. - .

- E tu sei una zuccona! - .

- Ah! Senti chi parla, il campione di onestà! - .

- Hey, hey! - Ed si scostò e la guardò negli occhi. – Vacci piano con gli insulti, mi fa già male la testa! - .

- È solo la verità, pensavo che avessi fiducia in me! - .

- E ce l’ho infatti! - .

- Ah sì? E cosa diavolo sei venuto a fare, ti avevo detto che ci avrei pensato io! - .

- Erano due ore che ti cercavo! Pensavo che ti fosse successo qualcosa, che Karl avesse... - .

- Ad ogni modo non dovevi immischiarti, mi ha semplicemente dello la verità, se la vedrà con Lena. - .

- Già, allora è vero che ti ha baciata. - .

- Ti sei messo anche ad origliare! - .

- Passavo di lì! - .

- Ah ah! Questa è bella! Passava di lì!! - .

- Ascolta. - Ed si alzò e le prese le spalle. – Io non so cosa c’è tra quello e Lena... ero solo preoccupato, pensavo che fosse successo qualcosa... - .

- Senti, adesso basta! Non tirare in ballo scuse inutili e risiediti. Dì la verità, non ti fidavi di me e così sei passato per dare un’occhiata! Ma quando mai ho deciso di parlartene! - sbuffò e lo fece risedere. – Forse abbiamo corso troppo... - .

Ed sentì come un colpo al cuore... cosa... che... loro non... non riusciva nemmeno più a pensarsi senza di lei, corso troppo... ma che stava dicendo? La storia che le aveva raccontato era vera! Era solo preoccupato che Schneider avesse alzato le mani... non che... non avesse fiducia! Le dava tutta la fiducia del mondo e ora, ora quel mondo gli stava crollando addosso... mio dio che sensazione tremenda, si sentiva bruciare dentro... voleva prenderla e stringerla, implorarla di non lasciarlo solo... di tornare Ed e Eve... non ce la faceva, non poteva stare immobile sotto quel batuffolo di cotone e lasciare che bruciasse più il suo cuore che la ferita... L’aveva detto veramente... corso troppo... no, non voleva... non voleva dire quello... e ora? Non parlava più né l’uno né l’altra... il taglio era a posto da un po’, il tocco si faceva sempre più leggero... e il silenzio regnava nella stanza... forse era vero che era preoccupato... le erano occorse due ore per poter avere l’occasione di parlare con Karl, non una mezz’ora come aveva stabilito... era passato del tempo, e lui era arrivato proprio in quel momento... accidenti... se la stava cavando bene, Karl le aveva detto la verità e ora... oh, basta! Non si sarebbe più immischiata negli affari di quei due, stava rischiando Ed! Non poteva permetterselo! Mai! Eppure... i suoi pensieri furono interrotti da una visione impensabile...

Ma... quelle sono...”

Lacrime. Non ce l’aveva fatta... non aveva potuto trattenersi, come qualcosa che gli urlava dentro di sfogarsi, di gridare... ma quelle perle lucide stavano sgorgando dai suoi occhi accompagnate da un silenzio rigido... Eve smise di toccargli la ferita con il cotone e rimase immobile nel vederle... sembrava argento vivo... stava piangendo... Ed... mio dio quanto voleva stringerlo e consolarlo ma non riuscì a fare altro che fissarlo e seguire quelle gocce di pianto rigare quel viso prefetto ora contratto in un’espressione di dolore. Eppure aveva smesso di medicargli la ferita... non aveva mai visto niente di più sincero... nemmeno un neonato tra le braccia della mamma per la prima volta poteva farle un simile effetto... invece lui... lui stava piangendo per lei... e lei... ora sentiva qualcosa di bagnato sulle proprie guance... che non riusciva a fermare...

Impossibile... non voleva aprire gli occhi... non voleva guardare quel viso... non ce la faceva... forse lo stava fissando con odio... ma quanto era patetico! Stava piangendo davanti a lei... aveva scoperto tutto stesso... il suo cuore e il suo animo... e se adesso gli avesse detto qualcosa sicuramente l’avrebbe ucciso... sospirò... un sospiro rotto dal pianto... e... oh?... cos’era quel contatto?... qualcosa di caldo e liquido gli aveva sfiorato la guancia ed era scivolato via insieme alla sua lacrima... aprì gli occhi e la vide... si fissarono a vicenda per lunghi, interminabili istanti...

- Perché piangi? - chiese lui.

- Perché piangi. - rispose lei con sguardo triste. Ed si alzò cercando di asciugarsi le lacrime con il dorso delle mani, e poi aprire le braccia con un gesto forte e deciso prendere Eve e stringerla al suo petto con violenza.

- Non ti voglio perdere... non voglio... - sussurrò lui convulsamente.

Si accalcò sul suo petto, come se volesse aprirglielo e stringergli il cuore... ancora quelle braccia... ancora quel collo... ancora quel cuore... ancora Ed... si aggrappò alla sua camicia e implorò di stringerla più forte... non le importava se le faceva male, l’unica cosa che la riguardava in quell’istante era stare il più vicino a lui... stretta... di più... ancora di più.

Doveva esserle sembrato pietoso mentre piangeva... lui, lo strafottente e arrogante Warner... piangere! Addirittura davanti a lei!... ma non gli importava più, perderla sarebbe stato un incubo eterno... oh, maledizione! Che gli avrebbe detto ora...? Non doveva permettere che i suoi sentimenti prendessero il sopravvento!... Ma che stava pensando? I sentimenti prendevano sempre il sopravvento in lui... anche nelle partite, per questo era sempre stato inferiore a Price... però quell’estate aveva imparato a trarre vantaggio dal suo punto debole... eppure non era mai stato un ragazzo debole... anzi, se qualcuno si metteva contro di lui sapeva di non poterne uscire vincitore ma non era cattivo, infondo. Alla prima occhiata sembrava uno presuntuoso e sfrontato ma era solo un’impressione, una maschera che si era creato per non soffrire... perché aveva già sofferto abbastanza a causa del suo carattere, con suo padre e la sua palestra. Da un po’ aveva accettato il fatto di gestire sia il dojo che partecipare agli allenamenti di calcio ma il suo carattere era ormai formato, non poteva cambiarsi. Solo Eve conosceva il suo vero io. Perché ne era innamorato e per lei avrebbe rinunciato all’anima.

Rimasero per lunghi minuti stretti accanto al divano del salotto, poi Eve lo fece sedere piano e gli prese le spalle, abbracciandolo di nuovo e sentendo il suo collo sul proprio per non guardarlo negli occhi.

- Ed... scusa se ti ho dato quello schiaffo... sai ho capito solo adesso che mi stavi dicendo la verità. Sono una stupida. - .

- No, sei solo te stessa. - dalla sua voce si poteva percepire il sorriso che stava facendo. Eve si ritrasse per poterlo guardare e li rivide... occhi profondi come la notte che le stavano parlando...

- Sì, Karl mi ha baciata ma io non lo sapevo. Ero svenuta e... – .

- Lo so. - sussurrò interrompendola. – Ho sentito, non devi spiegarti di più. - .

La ragazza rispose al sorriso.

- Non potevo vederti tra le sue braccia. – aggiunse. – Tutto qui. - .

- Non starò tra le braccia di nessun’altro perché io amo solo te, piccolo portiere invasato. - .

Ed per poco non cadde dal divano.

- Accidenti che tono serio! E poi l’invasato sarei io?... un momento... hai detto... - .

- Che ti amo. - mormorò lei stringendo il suo petto e baciandogli il collo caldo e profumato di colonia.

 

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