il sito di storia salernitana

a cura di Vincenzo de Simone

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Palazzo di Città - via Roma, 1

 

Nel 1928 Camillo Guerra (Napoli 1889-1960) fu vincitore del concorso per l'incarico di ingegnere capo del Comune di Salerno e fra i primi compiti affidatagli vi fu quello di redigere il progetto del Palazzo di Città, dopo che il concorso apposito bandito nel 1926 non aveva portato all'individuazione di soluzioni accettabili. La forma irregolare del lotto disponibile per l'opera gli creerà non pochi problemi, per cui elaborerà oltre una diecina di studi di pianta e diversi prove stilistiche per i progetti, sulla base dei quali sarà scelto quello da realizzarsi. A lavori iniziati, fu evidente l'inadeguatezza del costruttore incaricato, sia per i tempi che per la qualità dell'esecuzione, per cui il contratto d'appalto fu rescisso nel 1933. Nel 1934, a lavori fermi, il Guerra presentò un nuovo progetto semplificatore dell'iniziale: venivano eliminate le torri campanarie, le bugne dalla zona basamentale, la teoria di statue sulla balaustra conclusiva e ridotto il numero dei fasci littori solo ai lati del portone centrale; altre semplificazioni furono apportate all'interno della corte di accesso, qui anche per intervento dell'ingegnere Michele de Angelis in sede della Commissione Edilizia. Agli inizi del 1935 fu indetta l'asta per aggiudicare un nuovo appalto che, come riportato dal mensile Salernum dell'Istituto fascista di Cultura nel numero di maggio di quello stesso anno, vide il prevalere dell'impresa del cavaliere Rocco Angrisani che già il 21 aprile 1936 consegnava i lavori portati a termine.

L'edificio realizzato, che sarà inaugurato con il trasferimento degli uffici dal Municipio Vecchio il 3 gennaio 1937, si articolava in un piano terra, caratterizzato dal porticato lungo i prospetti settentrionale e occidentale, dal quale si accede anche al cinema-teatro, poi detto Augusteo, che molti problemi di acustica accuserà, tanto da costringere l'amministrazione ad affidarne la correzione all'Ingegnere Luigi Quagliata nel 1938; un piano ammezzato; e dal primo e secondo piano cui, negli anni sessanta, sarà aggiunta la sopraelevazione del terzo piano. Nella corte, il doppio scalone scenografico a rampe contrapposte che porta al primo piano, quello di rappresentanza, rispondeva alla concezione del Guerra di architettura imperiale che non disdice alle più importanti opere del Regime e gli forniva una rivincita sull'eliminazione del manufatto analogo che in quegli anni veniva effettuata sul suo progetto del Palazzo di Giustizia. Imperiale appariva anche il piano di rappresentanza, articolato in un ambulacro, ove saranno posti gli altorilievi di Gaetano Chiaromonte destinati alla facciata del palazzo ma mai posti in opera, i gabinetti del podestà e del suo vice, il loro salotto, due sale e il salone dei ricevimenti, poi detto dei Marmi per la presenza di marmi colorati, in specie il vitulano a macchia grossa, la cui parte alta delle pareti sarà ricoperta da un fregio pittorico dell'altezza di due metri e cinquanta e dello sviluppo sulle intere pareti raffigurante la storia di Salerno, realizzato da Pasquale Avallone e terminato nel 1947.

 

 

 

 

 

 

 

Fra il febbraio e il luglio 1944, quando Salerno fu sede provvisoria del governo del Regno del Sud, il palazzo fu sede della Presidenza del Consiglio, del Ministero degli Interni e di quello dell'Educazione nazionale; le sedute si tennero nel salone dei Marmi.