OSSERVATORIO
*** Ferrara e l'Altrove ***
ANNO VII – NN. 33/34
LUGLIO-AGOSTO/SETTEMBRE-OTTOBRE 2003 FERRARA
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GALLERIA
LETTERARIA UNGHERESE
Lirica Ungherese
Ady
Endre (1877-1917) SEM UTÓDJA, SEM BOLDOG ŐSE... Sem utódja, sem boldog őse, Sem rokona, sem ismerőse Nem vagyok senkinek, Nem vagyok senkinek. Vagyok, mint minden ember: fenség, Észak-fok, titok, idegenség, Lidérces, messze fény, Lidérces, messze fény. De, jaj, nem tudok így maradni, Szeretném magam megmutatni, Hogy látva lássanak, Hogy látva lássanak. Ezért minden: önkínzás, ének: Szeretném, hogyha szeretnének S lennék valakié,
Lennék valakié. Károlyi Amy — Budapest (H) NEM
KÖNYÖRÜL Vele együtt én is eltűnök, vagy vele együtt vándorlok ismeretlen ismerős tájt, hol utoljára Orpheus járt, s azóta csak sejtek hada megy, (mint tengermélyi rákok vonulása) hol lanttá válnak pengő gyökerek, világosat visszhangzik a sötét, az egész olyan példátlanul új, amiről csak sejtésed lehet. Isten leveti köntösét, És ez a mesztelenség rettenet. Nem könyörül a tűz, a fagy, a robbanás Porlaszt, repeszt és széthasít, Mi eddig egy volt sokká változik, mi eddig ez volt mássá változik. Szép Ernő (1884 - 1953) VERS CÍM
NÉLKÜL Mint magányos lovast az
este, Úgy ér a bánat engemet, Gyereksírás jön fel
szívemből, Könnyeim kis csengői csengenek. Apám után szeretnék
futni, Ki a városba vezetett S míg a boltok közt
bámészkodtam, Egyszer elengedte a
kezemet. Rátz Ottó — Egyházaskesző/Pápa (H) HAJNAL halkan zsongít a hajnali harangszó kondul egyre csak kondul künn madárraj rebben rebben szerte reccsen egy ág valahol
a sötétben kutya vonít fel kapaszkodnak az ágak kelő nap sugára aranypalástot rád rak [N.d.R. Vedasi l'altra traduzione nella rubrica «Tradurre - Tradire...»] |
Endre
Ady (1877-1917) NÉ AVO, NÉ DISCENDENTE… Né avo, né discendente, né parente o conoscente sono di nessuno, sono di nessuno. Sono come tutti, maestoso, Polo Nord, distante, freddo, sono come un fuoco fatuo, misterioso e lontano. Ma ahimč non posso stare cosě vorrei far sě, che tutti mi vedano che tutti mi vedano. Cosě diventa un tormento: vorrei essere amato, appartenere a qualcuno,
essere di qualcuno. Traduzione @ di Ágnes Preszler Amy Károlyi — Budapest (H) NON HA PIETŔ Anch'io con lui svanisco o insieme a lui attraverso incogniti paesaggi consueti dove fu Orfeo l'ultimo a
passare, e dopo lui, l'armata delle
cellule soltanto sfila (come un corteo di
gamberi del profondo mare) dove le
tremule radici si svolgono in liuti, e le tenebre echeggiano il
chiarore, č tutto cosě nuovo, mai
accaduto che solo un presagio se ne puň
avvertire. Iddio si spoglia e la sua
nuditŕ suscita orrore. Non hanno pietŕ il fuoco, il
gelo, l'esplosione polverizza, fende e disperde ciň che era uno si trasforma
in molto ciň che era questo si
trasforma in altro. Traduzione © di Alberto Menenti Ernő
Szép (1884 - 1953) POESIA SENZA TITOLO Qual di solingo cavalier la sera, Pene di me cosě s'impadroniscono, Pianto di bimbo dal cuore mi sale, Di mie lacrime i sonagli tinniscono. Correre dietro al babbo io vorrei Che m'aveva in cittŕ seco guidato, E mentre tra i negozi m'incantavo, M’aveva a un tratto la mano lasciato. Traduzione © di Mario De Bartolomeis Ottó Rátz — Egyházaskesző/Pápa (H) ALBA sommessa rintocca mattutina una campana risuona suona e risuona stormo d‘uccelli in volo balza sparso s’innalza in un canto crocchia un ramo nel buio mugola un cane anelano i rami raggio di sole nascente aureo un manto su te stende Traduzione © di Mario De Bartolomeis |
Prosa Ungherese
Katalin
Kéri/Kate Carry —
Pécs (H)
SOTTO IL CIELO DI ALLAH
I
Con movimenti
lenti e grevi la notte ritraeva le sue plumbee gambe dalla luce. Su Cordova il cielo
cominciava a schiarire e dalle torri dei minareti i muezzin iniziavano a farsi
sentire in tutta la cittŕ chiamando ogni musulmano alla preghiera. Tra i
cespugli d'oleandro carichi di fiori scorrazzava un tiepido alito di vento ed
il cuore degli uomini tornava a farsi colmo di speranza.
Anche al-Jalal
s'era apprestato alla preghiera, aveva terminato le abluzioni ed aveva mosso i
suoi passi verso il tappeto. «Bism'illahi al-rahmani al-rahim…»1)
—gli era scaturita dalla bocca la santa frase e la sua anima, lodando nelle sue
preghiere l'Unico Dio Allah, s’era fatta piů lieve. Essa era divenuta leggera
come una piuma ed egli non aveva piů avvertito nemmeno il peso di quella
stanchezza che nel corso della notte s’era a piů riprese impadronita del suo corpo.
La notte era intorno a lui scura e silenziosa e come sempre egli, mentre gli
altri dormivano, osservava le stelle. Tutte le sere, quando le luci
s’accendevano nel firmamento, se ne saliva piano pianino con il suo astrolabio
sul tetto ed iniziava a far misure
segnando poi con inchiostro nero come carbone i risultati sulla carta
rischiarata dalla fiammella d’un lume ad olio. A lui tutto pareva di notte cosě
semplice e comprensibile. al-Jalal conosceva il moto dei corpi celesti, si
destreggiava fra le costellazioni ed aveva sovente la sensazione d'individuare
importanti correlazioni inerenti il funzionamento del creato. Al calare del
Sole egli veniva preso dal senso d’immensitŕ dello spazio ed avvertiva dentro
di sé, in un punto intangibile ed indefinibile del suo corpo, l’esistenza d’un
potere superiore che tutto abbraccia e che il mondo, cosě com’č, č l'Assoluto
stesso.
Di giorno
veniva perň spesso colto da dubbi. Accadeva cosě anche quel mattino in cui
nella primavera di Cordova dal penetrante profumo di fiori la nostra storia ha
inizio. al-Jalal aveva dedicato questo giorno al bagno ed al riposo. Quando nel
suo bianco burnus 2) egli
uscě dalla porta di casa i raggi del sole danzarono sulla sua barba tinta d’alcanna
con sfumature all'arancio. Era di cosě aitante statura e cosě dritta aveva la
schiena che i segni di quatto decenni di vita giŕ trascorsi neppure facevano
mostra su di lui. A passi misurati s’incamminň lentamente, attraversň il suk 3), ma all’orecchio non gli
giunsero le voci spezzettate che si levavano nella piazza da coloro che erano
intenti alle contrattazioni. Egli non vide le stoffe di seta intessute di fili
d’oro, non guardň gli stivali fatti con i morbidi pellami di Cordova, non lo
distolse dalle sue meditazioni nemmeno il profumo del melograno. La cittŕ
considerata «l'ombelico del mondo» ronzava attorno a lui come un alveare e
nonostante ciň egli era totalmente altrove con i suoi pensieri. Egli richiamava
ripetutamente davanti a sé la visuale del cielo notturno e continuava a non
riuscire a spiegarsi l'apparizione d'un punto luminoso appena percettibile mai
prima visto e da lui individuato. Pur avendo girato l'astrolabio in ogni senso,
pur avendo esaminato ogni minimo dettaglio delle mappe da lui sin qui
tracciate, sapeva bene che quel punto luminoso mai era stato visibile prima in quella zona della volta
celeste. Non ne sapeva esattamente formulare il perché, ma quell'ignoto
fenomeno celeste destava in lui apprensione. Lo inquietava poiché non sapeva
cosa pensarne.
Giunse all'hammam 4) il quale era uno
degli oltre cento bagni pubblici di Cordova. Pagň l'ingresso, acquistň per
qualche spicciolo una lozione profumata per capelli e consegnň burnus e sandali al guardarobiere.
— Salem aleicum — lo salutavano i suoi
conoscenti ed egli rispondeva loro «Pace sia anche a voi». Entrň nella prima
sala dell'acqua bollente che scorreva sul pavimento ed avviluppň il suo corpo
in un vapore impenetrabile. Al-Jalal ebbe la sensazione di cadere in un sonno
profondo. Scosse la testa a sinistra e destra, chiuse gli occhi e s'immerse
fino al mento nell'acqua della vasca. Seguě poi la sala dell'acqua tiepida.
Egli trovň gradevole l'aria piů fresca dopo il caldo ed il vapore. Alzň gli
occhi verso la cupola. Dal lucernario colorato del bagno il sole filtrava
obliquo e strane chiazze per forma e colore fiabesche danzavano sul muro
rivestito di piastrelle di maiolica azzurro chiaro. Il soffitto a volta che si
levava sopra la sala da bagno raffigurava la volta celeste, vi si aprivano
finestre a forma di stelle e da esse fece alla mente dell'uomo nuovamente
ritorno la sua osservazione notturna.
Questi infine
si rinfrescň nella terza sala dell'acqua fredda, s'avvolse nel telo da bagno e fece
due passi fino alla sala di riposo ove giovani inservienti dai volti effeminati
si aggiravano offrendo dolci e frutta. Al-Jalal prese a masticare un dattero e
s'associň alla conversazione degli altri ospiti del bagno.
— Mentre
questa mattina venivo qui ho udito che in cittŕ stanotte s'č verificato qualche
fatto strano — disse uno degli uomini il quale aveva un continuo tic all'occhio
sinistro.
— Bene, e
quale sarebbe lo strano fatto, vecchio briccone? — gli chiese ironico al-Din
che non riusciva a stabilire se a seguire sarebbe stata una favola o una storia
vera.
— Che ad
esempio in diversi posti le uova si sono rotte da sole e le mele sono rotolate
fuori dai cesti — disse con un sorriso misterioso l'uomo che batteva la
palpebra.
— Suvvia, non
č questa in fin dei conti cosa straordinaria. La terra ha forse tremato un po'
oppure qualcuno ha urtato quei cesti…— soggiunse al-Din, ma l'uomo (un certo
Jusuf) non degnň lo scettico neppure d'una risposta e proseguě.
— Va pure
ritenuto oltre a ciň evento straordinario il fatto che in certi giardini le
rose abbiano mutato il loro colore — disse, e guardň eloquentemente al-Jalal
che non aveva detto sin qui nemmeno una parola.
— Tu allora
cosa ne dici? — gli chiese Jusuf e l'astronomo fu obbligato a rispondere.
— Stanotte č
successo anche a me qualcosa di strano…— iniziň, ma poi s'arrestň perché nel
suo intimo qualcosa gli suggeriva di non svelare il segreto che riguardava lo
strano punto luminoso.
— Strana cosa
quale? Non lo vuoi proprio dire che quella brontolona che ti hanno appiccicato
come moglie č stata carina con te?— chiese al-Din sghignazzando. Il viso di al-Jalal
a questo punto si fece serio. Nonostante nella sala di riposo fossero solo in
tre egli riteneva che il numero dei presenti fosse anche eccessivo per parlare
di cose spirituali.
— Ah, niente,
proprio non vale la pena di parlarne — fece con la mano un gesto ed iniziň a
sorseggiare il suo sorbetto al limone.
Dalle stelle
i suoi pensieri volsero al suo matrimonio e divenne perciň molto preoccupato.
Hafsŕ, la sua prima ed unica moglie,
era giunta nella sua casa in seguito al contratto stipulato tra suo
padre e suo suocero. Non era né bella né gentile ed al-Jalal viveva per cosě
dire con lei come con un'estranea, non avevano nemmeno avuto dei figli. L'uomo
del resto s'interessava anche poco di cose terrene, con il suo sguardo ed i
suoi pensieri aveva egli sempre cercato la spaziositŕ e la totalitŕ. Per lui il
cielo significava l'armonia e la terrena copia di essa, la sua vita stessa,
egli l'avvertiva come estremamente arida e disordinata.
Spesso egli
pensava agli abitanti di altre sfere, a quale mai fosse la loro realtŕ, e si
soffermava in modo particolare alla fascia piů esterna, piena di luce, che
tutto cinge ed avvolge. Nella grande biblioteca di Cordova aveva studiato a
fondo ogni opera esistente in merito a quest'argomento e tuttavia, nonostante
le sue conoscenze si fossero fatte sempre piů vaste, aveva la sensazione di non
riuscire a giungere al nocciolo. V'era qualcosa d'inafferrabile, arcano, magico
cui non riusciva ad arrivare nonostante tutti gli approfondimenti, tutti gli
scienziati del califfato e tutti i loro grossi libri…
Dopo il bagno
tornň a casa passeggiando e per tutta la strada si lisciň la barba che per lui
voleva dire essere intento a riflessioni profonde. Quando Hafsŕ lo vide capě
subito, disse perciň appena qualche parola al marito e tornň nella parte
dell'alloggio competente alle donne. Non appena al-Jalal fu solo andň a sedere
sotto al pergolato del giardino e prese a leggere. Sfogliň resoconti di viaggio
per vedere se trovava un esempio di descrizione d'una qualche analogia con il
misterioso punto celeste luminoso, ma nei libri una traccia del genere proprio
non c'era. Nel corso della lettura i suoi pensieri furono attraversati dalla
strana sensazione del gusto dell'avventura che prende l'uomo prima dei grandi
viaggi, intuě il sempre dolce ed eccitante gusto del vero girovagare per il
mondo. Osservando i disegni delle mappe geografiche considerň quanto ognuna
differisse da un'altra e gli venne da pensare che la terra su cui egli viveva
fosse diversa da quanto gli scienziati la immaginassero e descrivessero.
«Come
potrebbero mai sapere qualcosa dell'altissimo cielo quando non siamo capaci
nemmeno di conoscere il luogo in cui dimoriamo?» — pensň fra sé e fantasticň
cosě a lungo da non avvedersi che il tramonto s'era posato sulle bianche case
di Cordova.
II
Al-Jalal
recitň la quinta preghiera del giorno ed ebbe la sensazione d’una catarsi per
cosě dire anche fisica della sua anima. Non andň a riposare, salě invece sul
tetto e cominciň immediatamente a cercare con gli occhi quel puntino di luce
nel cielo. Il suo sguardo scorse minuziosamente fra milioni di stelle scrutando
lo scuro sfondo, ma non trovň il punto. Si fece inquieto, provň e riprovň a
cercare sempre scrutando nella zona ove l'aveva visto la notte prima. Misurň
invano con gli strumenti: la piccola luce misteriosa era sparita. Ne rimase
molto amareggiato. Ebbe come la sensazione d'aver perso una cosa importante pur
non sapendone formulare il perché. Per un'inesplicabile causa pensava che tutte
le stelle messe insieme non valessero quell'unico puntino luminoso spuntato la
notte precedente nel cielo di primavera. L'uomo diventň mesto e deluso e,
stanco e disincantato, scese lentamente dal tetto e si recň nella sua camera. I
molli, soffici tappeti assorbirono il rumore dei suoi passi benché non vi fosse
ormai sveglio in casa piů nessuno che potesse essere infastidito dal seppur
minimo frastuono.
Al-Jalal si svestě con movimenti lenti
e si stese sul letto. Chiuse gli occhi e s'era ormai quasi addormentato quando
udě un lieve rumore provenire da un angolo della stanza. «Quasi come il frullo
d'ali d'un angelo» — pensň nel dormiveglia e solo a costo d’un grande sforzo
arrivň a dischiudere le palpebre. Ad un primo istante non vide nulla, gli ci
volle un po' per riuscire a percepire nella penombra la sagoma dei mobili.
— Sono qui —
disse una serica voce femminile provenire da chi stava seduta sulla cassapanca
intarsiata. L'uomo si volse in direzione della voce e scorse infine la giovane
donna.
— Chi sei tu,
e cosa cerchi in casa mia?— chiese al-Jalal che dalla sorpresa non sapeva cosa
fare —Come sei entrata in camera mia?— le chiese a voce un po' piů alta, ma la
donna non rispose subito. Accese prima il lume ad olio (al-Jalal ebbe come
l'impressione che la fiamma si avvivasse al semplice tocco della mano di lei) e
si pose in piedi davanti all'uomo. Alla luce ondeggiante il suo viso si fece
percettibile e neppure le pieghe della sua bianca veste riuscirono a
dissimulare l'impeccabilitŕ delle linee del suo corpo.
— Deve
esserti sufficiente che infine io sia qui — disse la donna e guardň al-Jalal
con un ampio ammaliante sorriso. L'uomo (non capě nemmeno lui il perché) smise
di farle domande. La piacevole sensazione di calma che gli aveva inspiegabilmente colmato
all'improvviso anima e cuore era piů forte anche della sua curiositŕ e della
sua ansia. La vicinanza della giovane donna sconosciuta l'aveva completamente
ammaliato. Egli si riempě le narici del magico profumo di lei…
— Č come se
sognassi — disse sottovoce e scrutň lo splendido volto della ragazza simile a
quello della luna piena che splende di luce argentea mentre i suoi occhi ed i
suoi capelli erano neri come l'ebano. La cosa perň in lei piů incantevole era
che sorrideva in permanenza.
— Vieni,
siedi qui sulla sponda del mio letto — le sussurrň in modo appena percettibile
al-Jalal restando egli stesso stupito da questo suo modo di comportarsi. La
donna si mise a sedere e l'uomo fu
attraversato nell'intimo da un qual sottile brivido mai prima provato.
— Sono venuta
da te perché tu possa penetrare il senso dell'Assoluto — disse la misteriosa
sconosciuta ed al-Jalal la guardň stupefatto. Quando la stupenda donna iniziň a
parlare la flebile luce del lume ad olio illuminň la stanza d'un chiarore mai
visto prima. Lei parlň delle sfere, del grande insieme del mondo, degli
universi lontani e dei loro abitanti, dell'origine e della fine del creato, di
quelle cose di cui egli si occupava. Amabilmente lei rispose a tutti i quesiti
formulati ed inespressi di al-Jalal e l'astronomo ebbe la sensazione di
sopraggiungere dalla folta selva della sua vita ad una radura in cui tutto era
semplice, comprensibile, certo. Davanti a lui si fece d'un tratto tutto chiaro,
comprese la struttura del mondo e l'essenza dei suoi meccanismi, le finalitŕ
del creato. Mentre egli ascoltava la donna misteriosa non si rese nemmeno conto
di dove fosse. Gli parve, sbalzati fuori dalla sua stanza, di sfrecciare in una
frazione infinitesima di secondo tra miliardi di stelle e per sconfinati spazi
neri e spaventosi giungere infine…
— Tu sei
stata mandata dal cielo, non č vero?— chiese egli con devozione e la giovane donna
sorrise in modo semplicemente spumeggiante.
— Noi tutti,
tu stesso, siamo inviati dal cielo. Il nostro incontro non č singolare per
questo. Il miracolo č che io t'abbia rintracciato e che tu te ne sia avveduto.
Sapevo che tu m'attendevi ed occorreva ch’io m'incontrassi proprio con te.
— Sento come
se tu fossi dentro me, sotto la mia pelle, permeassi tutto il mio corpo — disse
dopo un bel po' al-Jalal dentro cui iniziava nuovamente a serpeggiare il dubbio
che tutto ciň accadesse a lui. Non osň neppure dire di sentirsi ormai un
fremente destriero, uno splendido purosangue arabo che tra gigantesche montagne
svettanti al cielo galoppa per chine erbose nel fresco del mattino ed al calco
dei volteggianti zoccoli spande dall'erba in ogni dove la rugiada dell'alba. E
si sentě leone, eccelsa gazzella, poi falco ed infine narciso.
Le sue cellule vennero percorse dalla sorte di tutti gli esseri
della natura, egli fu in balia dei venti, la sua vita s’intersecň con le
immense altitudini e gli inimmaginabili abissi senza fine…
— Anche nella
mia mente turbinano pensieri simili — disse la ragazza e passň le sue dita
leggiadre nella la fitta chioma scura di al-Jalal. — Il nostro incontro č il
miracolo di Allah piů grande, sono felice che tu abbia potuto venire a conoscenza tramite me dei
maggiori misteri del mondo — soggiunse.
L’uomo si fece all’improvviso cupo. I suoi
pensieri tornarono alla realtŕ, alla cittŕ ed alla sua stanza, e la voce del
muezzin che chiamava alla preghiera del mattino affondň nel suo splendido sogno
come la lama d'un coltello.
—Dimmi, cosa avverrŕ ora di noi? Cosa accadrŕ
dopo?— chiese alla giovane donna che ben sapeva di cosa egli parlasse. Lei
spense il lume, volse il viso alla finestra e la lieve peluria della sua
epidermide fu inondata dai primi raggi del sole nascente.
— Non
pensarci. Non devi avere piů paura ed il tuo cuore non sarŕ piů solo. Ci siamo
trovati ed abbiamo compreso l’Assoluto e quest’emozione non potrŕ mai
abbandonarci — disse e sedendo quindi sul bordo del letto prese sul suo grembo
il capo dell’uomo ed iniziň dolcemente a cullarlo come un bimbo. Al-Jalal
chiuse gli occhi e s’assopě.
III
Quando si
svegliň il sole era giŕ alto. Si mise a sedere sul letto con un senso di calma,
non vide perň nella stanza la misteriosa ospite notturna. Uscě correndo nel
corridoio, in giardino ed alla fontana, ma non trovň la ragazza in nessun
posto.
— Il Signore
cerca qualcuno? — chiese uno della servitů ed al-Jalal scosse il capo. Capě in
quell'istante che la giovane donna si era recata da lui una volta, una volta
solamente. Non era volata qui attraversando una marea di stelle per restare, ma
per portare notizie dell'Assoluto…
L'uomo si
vestě, recuperň la preghiera mattutina tralasciata dormendo ed uscě camminando
adagio verso la piazza principale della cittŕ.
— Allora tu,
famoso astronomo, cos'hai visto stanotte nel cielo? O in terra ti č forse
successo qualcosa da dover avere una faccia tanto sognante e soddisfatta? — gli chiese un po' ironicamente
Jussuf, ma sulle prime al-Jalal non rispose nulla. Poi comunque, dopo un bel
po':
— Sai amico
mio, se stasera guardi in cielo, un po' piů a destra della Luna potrai vedere
un punto luminoso bianco come neve particolarmente splendente. E sarŕ d'ora in
poi lě ogni benedetta notte, o cosě almeno credo…
— Oh, ma č
grandioso, hai scoperto una nuova stella? Non sarŕ proprio a causa di questo
coso che sono successi in cittŕ quegli strani fatti l'altro ieri? — chiese
Jussuf concitato all'astronomo che con il solo cenno della testa fece segno
ch'era possibile. Jussuf corse subito via a strombazzare per la cittŕ il grande
evento sensazionale. Al-Jalal sapeva che da quel momento in poi tutta Cordova
avrebbe visto il punto luminoso, anzi, la sua visione sarebbe stata ben presto
possibile in tutto il mondo. La sera l'avrebbero guardata i pastori in riposo
accanto alle loro mandrie, avrebbe accompagnato nel loro viaggio i naviganti e
gli stanchi viaggiatori delle carovane di cammelli e meravigliati l'avrebbero
sognando guardata gl'innamorati.
L'astronomo sapeva ad ogni modo anche bene che il punto luminoso avrebbe
unicamente sfavillato nel cielo solo e soltanto per lui, che sarebbe
eternamente stata dell'unico che avrebbe ricordato la donna stupenda venuta da
lontano ed i segreti del cosmo di cui la lontana sconosciuta l'aveva fatto
partecipe.
Al-Jalal si
diresse a passeggio verso il mercato ed aspirň sorridendo i profumi delle
mandorle zuccherate e delle dorate gocce del nettare dei fiori ammirevolmente
miscelate. Era felice e rilassato.
Il
carezzevole lieve soffio di Allah aleggiava sulle vie di Cordova nella tiepida
primavera.
1)
"In
nome di Allah grandioso e misericordioso".
2)
Abbigliamento
arabo nordafricano costituito da una specie di mantello di colore generalmente
bianco.
3)
Tipico
mercato arabo.
4)
Bagno
pubblico del genere a noi meglio noto come bagno turco.
Traduzione © e note di Melinda Tamás-Tarr e Mario De Bartolomeis
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