Rimini 150. In poche parole
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Tra Rimini e San Marino 1943-1944 (4)


La prof. che faceva la spia
Primo maggio 1944
Clandestinamente, viene celebrata la festa del Lavoro. "Quando i fascisti trovarono i cantieri deserti andarono su tutte le furie", testimonia Gildo Gasperoni: "Come cani arrabbiati passarono minacciosi per le case degli operai ad intimar loro di recarsi a lavorare, minacciando persecuzioni verso tutti coloro che non avessero ubbidito".
Proprio quella mattina, Gasperoni viene arrestato, con un tranello: il maresciallo Tugnoli, comandante i Carabinieri di Borgo, lo invita in caserma per informazioni.
"Ingenuamente, in buona fede", ammette Gasperoni, "lo seguii". Giunto in caserma, venne subito rinchiuso in camera di sicurezza.
Secondo Gasperoni, a farlo arrestare é stato il col. Marino Fattori, per vendicarsi del "successo... di resistenza operaia" del Primo maggio. Ma c'era anche un altro motivo: Gasperoni aveva combattuto in Spagna con i 'rossi'.
"Udii una conversazione del maresciallo con il carabiniere: gli diceva che il giorno dopo alle nove sarebbe venuto a prelevarmi il colonnello Fattori per portarmi in Italia a render conto dei miei 'crimini' consumati in Spagna contro i nostri fratelli italiani che combatterono a fianco delle truppe di Franco", spiega Gasperoni.
L'arrestato trascorre una nottata insonne. Al mattino successivo, mette in atto il progetto di evasione. Attende che siano aperti i catenacci della porta, dà un improvviso spintone, e tra lo stupore dei Carabinieri, "con due balzi mi trovai" all'ingresso. Esce dall'edificio, ruba l'auto che doveva tradurlo in Italia, fugge verso la Baldasserona a nascondersi "nella cripta dove la leggenda afferma che dormisse" il Santo fondatore della Repubblica. Si dà alla macchia e poi viene nascosto da diversi amici.
Quattro giugno. Gasperoni viene nuovamente catturato, assieme a quattro riminesi (Decio Mercanti, Giuseppe Polazzi, Leo Casalboni ed Elio Ferrari), al cimitero di Montalbo. Gasperoni é trattenuto a San Marino, e sarà presto liberato. Per gli italiani si prospetterà la fucilazione: riusciranno fortunosamente a salvarsi tutti.

Le bombe
Il giorno più tragico della storia di San Marino, il 26 giugno 1944. "Erano le 11 circa. La gente guardava ignara il consueto orrendo spettacolo, quando un susseguirsi di scoppi fragorosi parve scuotere la mole del Titano", scrisse Balsimelli.
Muoiono 40 sammarinesi e 23 italiani. "Fu il terrore".
Quattro squadroni di bombardieri inglesi sganciarono 243 bombe, "senza nessun motivo né apparente né sostanziale", commenta lo storico Luigi Lotti.
Il giorno stesso, il governo sammarinese chiede al ministero degli Affari esteri della Repubblica di Salò di far trasmettere per radio una nota di protesta, secondo lo storico Lotti. L'ex reggente Balsimelli ricorda invece che si fece capo alla Radio vaticana.
Viene interessato anche il governo svedese, perché intervenga presso le potenze alleate in favore di San Marino. Il 7 agosto, gli alleati dichiarano di aver già disposto "da tempo" il rispetto della neutralità sammarinese, "subordinatamente rispetto norme internazionali".

Il patto violato
Chi non vuole più rispettare la sovranità della piccola Repubblica é adesso la Germania. Il 28 luglio 1944, il Comando di Ferrara comunica che sarà costretto a ciò, "non appena che necessità di carattere militare richiedessero il transito di essa da parte di automezzi o pedestre", senza occupazione o misure coercitive contro la popolazione, e senza requisizioni. Il patto di Rommel dell'ottobre 1943, é così violato dagli stessi tedeschi.
Quella dichiarazione, commenta Balsimelli, "significava la guerra in casa".
Viene decisa una missione al Nord, da Mussolini. I diplomatici sammarinesi partono il primo agosto.

Fu solo un errore?
Perché San Marino fu colpita dagli aerei inglesi? Matteini parla di "informazioni di dubbia esattezza", in base alle quali agì l'Alto Comando Militare Britannico. Aggiunge Montemaggi che agli inglesi "era stato riferito che i tedeschi si erano impadroniti della Repubblica dal febbraio e che dai primi di giugno stavano ammassandovi depositi di munizioni".
Tali notizie (precisa Montemaggi), erano state trasmesse, "secondo i documenti" del Public Record office inglese, attraverso "non precisati 'prigionieri di guerra'".
"Che tale dizione non intenda coprire le informazioni sballate di qualche agente segreto in vena di errori?", si chiede lo stesso Montemaggi.
Le segnalazioni agli inglesi potrebbero essere considerate né false né errate, in base ad un documento sammarinese dello stesso 26 giugno 1944 (indirizzato al maggiore Gunther, comandante germanico della 'piazza' di Forlì), trascurato sinora, ma pubblicato da Ghigi: "Preghiamo di voler ordinare alle Truppe Germaniche di esimersi dal frequentare a gruppo od isolatamente il nostro territorio per togliere qualsiasi motivo di apprensione alla popolazione e con esso qualsiasi parvenza di motivo di offesa aerea nemica". Sono importanti queste ultime parole: i tedeschi a San Marino erano di casa.
Abbiamo già visto le varie violazioni della sovranità sammarinese, commesse dalle SS e dai repubblichini.

Le spie
I fascisti utilizzarono i nazisti per regolare conti 'interni', quasi che i cittadini sammarinesi fossero divenuti improvvisamente italiani, e che la neutralità del Titano non esistesse più, quando si trattava di dare la caccia ad antifascisti italiani là rifugiati.
Per osservatori più o meno smaliziati, per spie attente alla sostanza delle cose e non a sottili distinguo diplomatici, era facile concludere che San Marino si dimostrava troppo arrendevole nei confronti del nazismo.
Dunque, le notizie giunte agli inglesi sull'occupazione di San Marino già dal febbraio 1944, più che informazioni sballate di qualche agente segreto in vena di errore, potrebbero essere il frutto di un ragionamento politico, molto duro com'era nello stile dell'Intelligence inglese (il servizio segreto), ma con una sua logica ferrea che poggiava su dati di fatto inoppugnabili: la facilità con cui le spedizioni punitive di fascisti e tedeschi avvenivano sul Titano.
Inoltre, ai servizi segreti inglesi risultava già da tempo che San Marino era un covo di spie. Una di loro, Roxane Pitt, ha scritto in un suo libro ("La spia timida", Longanesi editore), che nel 1943 "San Marino era piena di gente che per poche lire vendeva informazioni militari sia da parte alleata sia dell'Asse".
A San Marino giungevano profughi jugoslavi, ribelli albanesi, "o che so io", tutte persone che "in realtà erano per la maggior parte spie pagate dalla Germania e persino, per quanto allora mi sembrasse incredibile, dalla Russia. Chiacchieravano tutti senza ritegno..." e la Pitt poteva così raccogliere sul Titano quelle notizie che passava poi all'Intelligence service di S.M. Britannica.
Quindi, agli occhi inglesi, San Marino appariva come un centro di per sé importante, non solo per posizione strategica, ma anche per quel suo ondeggiare tra neutralità richiesta agli anglo-americani, e passività dimostrata nei confronti dei nazisti e dei fascisti di Salò.
Il bombardamento del 26 giugno, più che frutto di un errore, fu la conseguenza di un disegno politico e militare ben preciso: tagliare i ponti tra San Marino e quei confinanti dimostratisi così invadenti

Schede

La spia-prof
Roxane Pitt vive a Rimini tra la fine degli anni Trenta ed il tempo della seconda guerra mondiale. Si presenta come la professoressa Albertina Crico. Insegna lettere italiane allo Scientifico Serpieri e al Ginnasio. Di lei abbiamo già parlato nella seconda puntata di "Rimini ieri", dedicata al 1939 ("Ponte", 24. 9.89).
Un suo ex alunno, ora professore del Classico a riposo, dopo aver letto quel nostro articolo, ci ha gentilmente fatto pervenire la testimonianza che pubblichiamo.
"Era giovane, bella, disinvolta, elegante e sempre ben pettinata. Alloggiava all'albergo Aquila d'oro, il più grande e lussuoso in centro, a quell'epoca. E' stata mia insegnate dell'anno scolastico 1938/39. Era preparata, disponibile con gli alunni, non eccessivamente esigente. Ci affascinava per quel suo apparire molto moderna: anche oggi, una donna come lei, si noterebbe.
"Non mi pare che ci parlasse del fascismo con molta convinzione: né poteva essere diversamente, pensando alla sua storia. Ho il ricordo di qualche insegnante fascista convinto, ma non certo la Crico era tale.
"Quando ho saputo che si trattava di una spia inglese, come insegnante ho pensato alla delusione dell'ex alunno che non era stato il centro dell'interesse del suo professore, ma un alibi per nascondere altra attività".
Il volume di memorie della Pitt ha come titolo originale "Il coraggio della paura". In esso, la fantomatica prof. Crico racconta questa sua avventura a Rimini e a San Marino: si era sostituita ad una sorella, sposatasi con un ufficiale italiano poi disperso in Russia, e dispersa a sua volta in un campo di concentramento nazista. Nei giornali del 1939, il nome della Crico appare tra i commissari d'esame dei ludi giovanili della Gioventù italiana del Littorio, svoltisi nella nostra città.


Quel 26 giugno
Ricorda Valeria Ricci, che allora aveva sei anni e frequentava la prima elementare a San Marino: "La maestra aveva appena chiuso la finestra quando il vetro scoppiò. Una piccola scheggia la colpì ad una guancia, provocando una goccia di sangue che le rigò il volto. L'insegnante ci fece nascondere dietro i banchi. Poco dopo, i nostri genitori vennero a prenderci, per riportarci a casa".
Quella maestra era Bice Franciosi, sorella di Pietro, noto esponente politico socialista di San Marino.


A Montalbo
"Cominciò a piovigginare. Avevamo appena iniziata la riunione quando appaiono, all'improvviso, il figlio del maggiore Fattori e due altri fascisti, con i mitra spianati; ci costringono ad alzare le mani e a stare con le spalle al muro. Pochi minuti dopo arrivano i Carabinieri sammarinesi armati...": con loro c'é anche Fattori padre.
Il racconto é di Decio Mercanti: "Io ero l'ultimo della fila, vicino alla scarpata. In un momento di disattenzione dei fascisti, tentai di fuggire... quando Gatti mi sparò...; allora mi saltarono addosso i Fattori; fui picchiato e colpito fortemente al petto con il calcio del fucile".
Gli arrestati vengono trasferiti nelle carceri di Forlì, e consegnati in mano della Gestapo.
(Da D. Mercanti, La Resistenza nel Riminese, in "Storie e storia", n. 10, p. 85).

[Questo testo è apparso sul settimanale «il Ponte» di Rimini, nel n. 15 del 29.4.1990, settimo articolo della serie “I giorni dell’ira”.
Ai precedenti articoli della serie:
1. 28 luglio 1943, San Marino volta pagina
2. Chi minaccia San Marino
3. Attentato a Casali ed arresto di Babbi]]



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Antonio Montanari

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