Rimini 150. In poche parole
22. 1831, rivoluzione nelle idee


Le idee che muovono la "Rivoluzione di Romagna del 1831" (titolo di un testo di A. Vesi, 1851), sono indagate in un nuovo, fondamentale volume dello studioso Pierluigi Sacchini, presentato il 15 maggio 2011 a San Leo.
Nel 1831, osserva Sacchini, "non ci sono grandi battaglie, grandi fatti cruenti ma c’è una grossa rivoluzione nelle idee. Queste non ci sono quasi mai negli archivi!". Qui ci sono soltanto gli atti relativi agli avvenimenti "ufficiali”.
Sacchini presenta un materiale dimenticato (opuscoli alla macchia, bandi clandestini, copie di testi inediti), con il titolo significativo di "1831: Rivoluzione di Idee".
L’assoluta novità, che offre un’originale lettura di quanto accaduto a Rimini il 10 luglio 1831, è in una sconosciuta "Stampa" affissa nelle vie di Romagna il 16 luglio, ma datata 12 luglio.
Vi si legge che la sera di quel 10 luglio alcuni giovani in compagnia di ragazze passano cantando sotto l’alloggio del colonnello Domenico Bentivoglio, appena giunto in città con le sue truppe, dopo la partenza di quelle tedesche. Il colonnello non gradisce e spara due colpi di pistola contro gli allegri canterini, imitato dai suoi granatieri che fanno la loro scarica. I feriti sono quattro, uno di loro muore dopo poche ore e si chiamava Giosuè Federici.
Tutte le testimonianze di cronaca sinora conosciute, recano che il ferito grave era Cesare Federici il quale muore poi in agosto, chi dice il 19 e chi il 21. Sacchini aggiunge che il 17 luglio in altre due fonti (il "Manifesto” indirizzato dai romagnoli all’ambasciatore d’Austria a Roma, e l’analogo documento inoltrato ai diplomatici di Francia, Inghilterra, Prussia e Sardegna presso la Santa Sede), risulta già un morto nell’incidente del 10 luglio sera.
La "Stampa" datata 12 luglio è senza dubbio la fonte a cui attinge nel 1883 a Roma David Silvagni (prefetto, 1883-1887, con Agostino Depretis), nel suo libro sulla corte e la società romane tra 1700 e 1800. Dove scrive appunto che l’ucciso era tal Giosuè Federici.
Cesare Federici è definito dal cronista riminese Filippo Giangi "figlio di pescivendolo". Di Giosuè non sappiamo invece nulla. Sulla scena politica nel 1832 appare un altro Giosuè Federici, qualificato come orefice di Monte Scudolo, arrestato per "canti e beffe contro il Papa" e processato il 16.7.1833, come risulta da un saggio del 1940.
Le nuove idee girano pure in forma di satira politica. A Rimini nel 1831 appare un falso scritto del Bentivoglio sparatore. Vi si parla di una confederazione italiana come in Svizzera ed in Germania.

Sul libello riminese attribuito a Bentivoglio si legge in Albano Sorbelli (Opuscoli, stampe alla macchia e fogli volanti riflettenti il pensiero politico italiano, 1830-1835, Firenze 1927, p. 117): "Non c’entra affatto il Colonnello Bentivoglio, cui fu affibbiato il lavoro per poterlo meglio diffondere tra gli incauti". Secondo Sorbelli l’opuscolo fu stampato sul finire del 1831, quando Bentivoglio si preparava "a invadere le provincie emiliane coi suoi centurioni".
A p. 81, Sorbelli osserva su questo libello: "Importantissimo scritto, naturalmente non del Bentivoglio, le cui idee reazionarie son note".


Don Pietro Cavedoni nel 1832 pubblica la "Risposta alla lettera d'un prete dell'Emilia intorno agli avvenimenti del febbraio 1831" (in "Memorie di Religione, di Morale e di Letteratura", tomo XVIII, Modena 1832, pp. 579-664) in cui scrive che Bentivoglio intendeva smentire la calunnia di chi volle "farlo comparire autore d'iniqui libelli" (p. 663). Il "prete dell'Emilia" è il riminese Alessandro Berardi.


L'intero testo attribuito a Bentivoglio
si scarica in pdf da Riministoria.

Pagine sul tema:
19. Antefatti dimenticati del 1831
20. Antefatti religiosi del 1831
21. Antefatti dimenticati. Analisi


Indice Rimini 150

Antonio Montanari

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