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TRIPLICE DELITTO DEL 1° NOVEMBRE 1998.

A LASTRA A SIGNA (FI) FURONO  ASSASSINATI  TRE GIOVANI:

Lucia MANETTI,  Gemma PALUMBO e Paolo GALARDO.

 

APPELLO A TUTTE LE AUTORITA’

ED ALLE PERSONE DI BUONA VOLONTA’ DI TUTTO IL MONDO

Io sottoscritto Galardo Edipo, Brigadiere Capo dei Carabinieri, chiedo GIUSTIZIA per tre giovani uccisi come cani.

Questo delitto fu calunniosamente addossato a mio figlio Paolo Galardo - Oggi l’assassino gira libero.

La cosa più assurda è che a condannarlo è la sola  parola di un superiore che ha alterato e disperso la scena del delitto, facendo poi figurare che la pistola che avrebbe consumato il triplice assassinio era di Paolo.

Paolo, già morto, veniva incredibilmente iscritto nel registro degli indagati e poi ritenuto responsabile senza uno straccio di prova, ma solo in base alle presunzioni di un superiore infedele ai suoi doveri, che anziché difendere il cittadino, ne ha calpestato tutti i diritti fondamentali.

E ora di rimboccarsi le maniche e fare veramente GIUSTIZIA.

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE ITALIANA

Ha archiviato gli atti condannandomi alle spese anziché sanzionare le gravi omissioni commesse da alcuni giudici della Procura della Repubblica di Firenze che di fronte  a un triplice delitto, in luogo di ordinare tutti gli accertamenti disponevano l'immediato dissequestro delle armi e dell'intera scena del delitto e  iscrivevano abusivamente un morto al registro degli indagati, senza mai aprire un fascicolo contro  ignoti, affidando le indagini al diretto superiore  che lo stesso Carabiniere  misteriosamente ucciso voleva denunciare!

UN CITTADINO NON PUO’ ESSERE CONDANNATO SENZA PROVE

Mio figlio Paolo Galardo, carabiniere, era un bravo ragazzo, serio onesto sincero, mi confidò che aveva raccolto diverse prove contro il suo comandante della Caserma di Lastra a Signa, e che poteva mandarlo in galera a lui e al figlio, e che lo stesso figlio,  anche lui carabiniere, assieme ad un complice aveva compiuto una estorsione e rapina, portando il materiale estorto  nell'alloggio di servizio della caserma dove comandava il padre, dove poi la Polizia di Stato andò a sequestrarla.

Sentii telefonicamente Paolo l'ultima volta il 31 ottobre 1998, era nei locali della caserma,  un po’ preoccupato mi disse:

""Papà ci sono fatti gravi cose grave - ora non posso parlare- papà ne parliamo meglio di persona appena verrò a casa "" Alle mie domande lui aggiunse ""Papà e poi  tu già sai""

La sera del 1 novembre 1998 venne trovato agonizzante nella tavernetta dell’abitazione di Lucia. Insieme a lui venne trovata Lucia che morì quasi subito e Gemma già morta.

Paolo morirà dopo due ore all’Ospedale Careggi.

Tutti e tre i ragazzi attinti da colpi di arma da fuoco.

I diretti superiori del Carabiniere Galardo, vollero ad ogni costo gestire loro le indagini.

Per coprire  lo scandalo  si servirono della fiducia del magistrato di turno. Fecero agire l'allora Maggiore Luigi Grisoli,  che era comandante del Reparto Operativo di Firenze.

CHIEDO A TUTTI

Di esaminare tutti i sottoelencati elementi:

Il maggiore GRISOLI telefonicamente al P.M. dott.  Pappalardo,  fece credere che era stato il Galardo a commettere i fatti, tant'evvero che dallo stesso luogo del delitto chiese il dissequestro  di una pistola e di tutta la scena del delitto.

Nella notte tra l’1 e il 2/11/1998,  per evitare che trapelasse qualche notizia, al procuratore gli fece pervenire la falsa notizia di reato,  legalizzando tutte le gravi omissioni che avevano commesso sul  triplice delitto, facendolo così passare per delitto passionale.

Avevo chiesto i panni  che mio figlio vestiva la sera che fu ucciso, li fecero sparire tutti, mi fu ridata solo la giubba dopo che l'avevano fatta lavare più volte, per cancellare ogni traccia.

Non si è mai visto che gli abiti di uno morto violentemente, vengano fatti lavare !!!

Per rendere credibile il suo giallo, Grisoli non documentò la scena del delitto, anzi la  disperse omettendo ogni cosa e  fece in modo che le colpe  cadessero sul Galardo.

SUCCESSIVAMENTE

Cose che si possono rilevare dai verbali -   se sono atti che fanno fede.

1)-  Il triplice delitto successe alle ore 20,30 circa -

      Leggendo le segnalazioni a quell'ora, i morti risultavano essere stati già trasportati a 30 Km di distanza, presso la  medicina legale di Firenze.

      Cosa non vera,  perché il Galardo era ancora vivo.

      Da un certificato risulta che  alle ore 21,30  già era stato trasportato presso  l'Ospedale Careggi Firenze, dove  poi morirà alle ore 22:30.

     Dopo tre anni fu aggiunto agli atti un certificato che non aveva mai fatto parte  del fascicolo processuale - a firma del Dottor CALEMMNA del P. Soccorso di Lastra a Signa, dove vi era scritto che alle ore 21,35 aveva prestato i primi soccorsi al Galardo, e che  aveva   spostato una pistola indicando addirittura il punto e i centimetri della mattonella dove la poggiò, e tutto questo avvenne stranamente nella fretta dei primi soccorsi a  un moribondo.

         Si chiede che venga accertato la validità del secondo certificato e  nel caso perché è stato aggiunto solo tre anni dopo e non ha mai fatto parte del fascicolo processuale? 

      Si precisa che questo certificato, oltre ad essere entrato nel   fascicolo processuale solo tre anni dopo, è stato usato dal procuratore MINNA, per giustificarsi  della sua superficialità nell’accertamento dei fatti.

2)- Il collega  Caramuscio sentito a verbale affermò che Paolo era rimasto  a vedere la  televisione con lui fino alle 21, cosa non vera, perché Paolo Lucia e Gemma alle ore 20:30 già erano stati sparati.

3)-  In caserma c'era diversa droga sequestrata, e mai versata-  Paolo ne aveva denunciato il furto e l'ammanco. Inoltre indagava sul figlio del suo comandante, che  era uno spacciatore di droga,   ritenuto il grossista della zona di Lastra a Signa che entrava e usciva dalla caserma come e quando voleva.

     Lucia Manetti che precedentemente era stata nostra ospite, a  noi genitori di Paolo ci confidò che fu proprio il Maresciallo Franceschini  a presentargli Paolo.

     Successivamente venne anche fuori che il figlio del Franceschini era stato fidanzato con Lucia.

4)-   Il carabiniere Parente, collega di Paolo la sera dei fatti affermò che alle 21,30 fu avvertito   telefonicamente dal  Maresciallo COSSU, e che  si trovava a RUBIERA (RE) che dista da Lastra a Signa circa 170 Km, solo leggendo i verbali si capisce che in una sola ora, in una serata fredda con pioggia a dirotto avrebbe percorso 170 Km di strada con la propria autovettura.  Cosa assurda e impossibile. Infatti se si legge  l'interrogatorio fatto al CC Caramuscio il Parente effettivamente era in Caserma.

5)- Paolo nella metà del mese di  ottobre 1998,  venne in licenza a casa a Fondi (LT) ed era ancora in possesso della sua pistola U16499Z e delle manette. Io come militare anziano, mi annotai i numeri dei documenti e le matricole di pistola e delle  manette. Questo è uno dei veri motivi che da sette anni  lotto per dimostrare  l'innocenza di mio  Figlio,  come si può anche ben capire da tutte le gravi anomalie  di di date orari, sparizioni di atti  falsificazione di certificati, sostituzione  e sparizioni di pistole  camuffamenti di matricole e false firme sulla rubrica delle armi, e reticenze di superiori e colleghi.

6)- Il suo comandante appena successi i fatti, affermò, al CC. Caramuscio di essere stato avvertito telefonicamente sul suo numero di telefono privato dell'abitazione non intestato a lui. Giustificò che in Caserma non rispondeva nessuno, e che avrebbero chiamato lui. Ma, se egli era il comandante di quella Caserma, come è possibile che non sapeva che a quell'ora - tutte le telefonate che venivano fatte sul numero di telefono della Caserma di Lastra a Signa, erano convogliate sul noto numero telefonico 112  ubicato in un altro Comune. Ciò avveniva dalla ore 18 della sera fino alla ore 08 del mattino, mentre dalle ore 12 alle ore 16, nei stessi orari anche il citofono della caserma era collegato al 112. Il telefono squillava in caserma solo negli archi di orario dalle 8/12 e 16/18. In base a questa certezza, leggendo i verbali di  dichiarazioni fatte dal comandante e i colleghi di Paolo, si possono capire che sono false. Il CC. Caramuscio affermò  che alle ore 21 circa sentì squillare il telefono in caserma, ma non rispose, perché era sotto la doccia, però immediatamente usciva e si vestiva subito, e stranamente si  mise ad aspettare Paolo che tornava. Il giorno successivo alla morte di Paolo, al Caramuscio gli furono dati 10 giorni di licenza di convalescenza, per evitare che parlasse.

Il suo comandante con premeditazione, giustificò, senza che nessuno gli chiedesse, perché era venuto immediatamente a  conoscenza della sparatoria, dicendo che in caserma non rispondeva nessuno e che avevano telefonato a lui ,sul suo numero di telefono privato non intestato a lui - solo successivamente dagli accertamenti risulta che  dopo la morte del Carabiniere Paolo Galardo tra il Maresciallo Franceschini e un pregiudicato per droga c'è stata una telefonata. Cinque anni dopo il procuratore FLEURI anziché acquisire i tabulati telefonici del  1/11/1998, per risalire al contenuto delle telefonate fatte tra Il Franceschini e il  pregiudicato- Fece solo mettere sotto controllo 5 anni dopo,  i telefoni  del  Franceschini e  figlio. Aggiunse solo altra confusione al drammatico e ingarbugliato caso.

7)- Paolo aveva un colpo di pistola sparato alla teca cranica, oltre il padiglione auricolare destro, con fuoriuscita dal lato opposto, nonché dei segni di strozzamento a collo- il sangue cadde tutto e solo sul lato destro dove entrò il colpo di pistola. A sinistra dove usci il proiettile, non vi era alcuna goccia di sangue. Sotto al soffitto vi era un colpo di pistola, tracce di capelli e materia ematica, compreso la parete di sinistra per chi entra nella tavernetta.

Se fosse stata la mano di Paolo a sparare, il colpo si sarebbe conficcato in alto sulla parete opposta quella di destra per chi entra nella tavernetta, e non sotto al  soffitto, come anche la posizione del cadavere si sarebbe dovuta trovare al contrario, con la testa rivolta verso la porta e non i piedi, Paolo era destrimane. Ulteriore conferma è data dal fatto che se fosse stata la sua mano ad impugnare la pistola in quella inclinazione per poter premere il grilletto avrebbe dovuto poggiare l'arma alla testa, in questo caso il veloce scorrimento del carrello otturatore della pistola 92/S Parabellum, gli avrebbe procurato un evidente ematoma se  non addirittura sfondato la teca cranica. Il foro di pistola che aveva alla testa era evidente che fu afferrato al collo , tenuto fortemente inclinato all'indietro e sparato dalle spalle con la pistola tenuta a circa 12 cm dalla testa, cosa dimostrata anche dal sangue che cadde solo sul lato destro.

8)- Il primo testimone l'ingegnere Francione vicino di casa che immediatamente si  portò sul  posto, fu sentito a verbale solo 30 minuti dopo. Raccontò che appena arrivò trovò Giovanni Manetti che teneva fra le braccia il corpo agonizzante della povera Lucia. Chiamò i primi soccorsi.-

Successivamente entrò nella tavernetta, e vide il giovane Carabiniere disteso a terra morto, in posizione supina, sotto la gamba destra notò e ben descrisse una pistola calibro 9 con il caricatore sfilato. Il Francione solo dopo aver osservato attentamente capì che il giovane respirava ancora, tant’è vero che subito chiamò altri soccorsi, - solo dopo aver superato il corpo di Paolo, notò che tra il muro e il divano vi era il cadavere di Gemma.

9)- Il Papà di Lucia sentì solo dei forti rumori e due spari, là per là pensò che la figlia Lucia e l'amica stessero sparando dei petardi, subito dopo sentì e tutto a successione continuata la figlia Lucia gridare Mamma - Mamma e correre con i scarponi la porta della tavernetta battere contro l'autovettura che era parcheggiata davanti e altri 4 quattro colpi sparati tutti velocemente come una raffica di mitra, il tutto avvenne mentre si stava andando ad affacciare al balcone soprastante la tavernetta.

    L'azione si consumò velocemente, lui vide anche le vampate delle pistolettate, cose che lasciano capire che i colpi addosso a Lucia furono sparati all'esterno della  tavernetta. Giovanni Manetti come egli stesso racconta non riuscì ad affacciarsi al balcone, subito ritornò sui suoi passi correndo giù nella tavernetta.  

    Ripercorse il balcone, la sala, il corridoio, aprì il portone d'ingresso all'appartamento, scendendo una rampa di scale, aprire il portone condominiale.

    Percorse il vialetto che immette sulla vicina Via Rossini, girando sulla sua sinistra la percorse per circa 20 metri raggiungendo il cancello che dalla detta via immette sulla rampa di passaggio della tavernetta, dove quasi vicino al cancello trovò la figlia Lucia accasciata a terra, mentre egli fa il descritto percorso.

    Il Killer ebbe tutto il tempo per fuggire e non essere visto, anche perché favorito sia dalla pioggia nonché dal fatto che di fronte alla porta della tavernetta a solo circa tre metri vi è un sottostante giardino.

10)- Sia il papà di Lucia che il vicino di casa sentirono  sparare uno tre colpi finali e l'altro quattro, nessuno dei due senti' un colpo isolato che sarebbe dovuto essere quello del suicidio.

      l Manetti fu testimone uditivo dei fatti  fu sentito a verbale 10 giorni dopo il 10/11/98, dopo che avevano distrutto e dissequestrato l'intera scena del delitto.

11)- La pistola col caricatore sfilato vista dal testimone sparì dalla scena del delitto e non se ne è mai più parlato-

     I Carabiniere stranamente ne documentarono solo una con il caricatore inserito.

12)- La sera dei fatti furono documentate tramite identificazione due pistole U51657Z   e la U31657Z, entrambe esistenti e in dotazione all'Arma dei Carabinieri, nessuna delle due era del Galardo, quella in sua dotazione aveva matricola diversa U16499Z  e ne era ancora in possesso come si ripete nel mese di ottobre 1998.

      Dopo il delitto  misteriosamente e presumibilmente la pistola che sparò la U31657Z, sulla rubrica della caserma fu segnata a nome di Paolo Galardo, con una data prima del delitto 10/12/97, mentre la sua vera pistola la U16499Z sempre sulla rubrica delle armi, fecero figurare che era stata ritirata addirittura ancora il giorno prima il 09/12/97, il Galardo sarebbe rimasto un giorno senza pistola. Cosa non vera perché il cambio della pistola avviene nelle stesso momento giorno ora data e  luogo si versa una e si ritira l'altra.

      La cosa più strana e che deve essere rilevata e che al fianco della pistola presumibilmente del delitto vi è una falsa firma che non è del Galardo.

     Al fianco nel riquadro dove si vuole legalizzare l'avvenuto ritiro della vera pistola  Al Galardo,  manca la firma a confermare che quell'arma effettivamente gli fosse stata ritirata.

     Tutte queste macchinazioni e mistificazioni lasciano capire che effettivamente Le date 9/12/97 -- 10/12/97 e 14/3/98 sono false e che la pistola del Galardo non è stata mai  ritirata.    

     Ulteriore conferma è data se si consulta il libretto personale del militare.

    Unico documento dove tutto il materiale in sua dotazione a qualsiasi titolo gli viene assegnato deve essere firmato sia da chi distribuisce  che  da chi riceve.

    Infatti sul libretto personale, la vera pistola U16499Z che sulla rubrica della caserma figura ritirata 9/12/97, su questo risulta ritirata anche l'anno dopo il 14/03/1998, da precisare che anche sul detto documento manca la firma del Galardo.

      Ma stranamente vi è la sola firma del maresciallo Franceschini, con il timbro e scritta a penna biro rossa, la matricola di una delle due pistole identificate sul luogo del delitto la U31657Z, mentre sulla matricola della vera pistola di Paolo la U16499Z, vi è solo una sbarra di depennazione fatta sempre con penna a biro rossa.

    Da riflettere se era una nuova assegnazione, la pistola andava segnata su un nuovo spazio e rigo. Fu solo sfruttato quello spazio perché la Scuola Allievi CC. di Campobasso le assegnazioni delle armi, essendo che venne fatta ad un elevato numero di militari, li fece firmare direttamente sul registro Cronologico dell'armeria.

    Leggendo il frontespizio del fascicolo fotografico fatto il 1°/11/1998, addirittura risulta che è stato iniziato otto mesi prima, del delitto, guarda caso proprio il  14/03/1998 alle ore 21.

    La stessa data che il Franceschini, sul vero documento ufficiale, il libretto personale  avrebbe sostituito sempre falsamente ancora una seconda volta la stessa pistola già ritirata anche l'anno prima  al Galardo. Solo che dalla fretta di sistemare le cose, non si rese conto che scrivendo quella data si tradiva annullando e smentendo del tutto le false date 9/12/97 e  10/12/97, che sulla rubrica delle armi della caserma aveva scritte facendo già figurare con una data prima del delitto  il camuffamento del falso ritiro della vera pistola al Galardo e l'assegnazione a suo nome dopo morto di quella del delitto.

    Leggendo bene è una vera confessione.

    Le irregolarità sono state rilevate anche dai stessi periti del procuratore, infatti rilevò che sulla rubrica della caserma, proprio l'arma segnata al Galardo era stata prima scritta a matita e successivamente ricalcata a penna biro.

    Inoltre affermò che la mano che scrisse arma ritirata l' 1/11/98 sulla rubrica della caserma, fu la   stessa che scrisse sul libretto personale del Galardo 14/3/98.    

    Su mia denuncia che la pistola rinvenuta sul luogo del delitto non era del Galardo.

    Il  procuratore Minna, interrogò il Maresciallo Franceschini.

    Questo su specifica domanda fattagli se era al corrente che il Galardo avesse cambiato o meno la pistola in sua dotazione, testualmente rispose "" non mi risulta che il Galardo abbia cambiato la pistola in sua dotazione""

    Solo tre mesi dopo essendo che vi era in corso il C.T.U. sull'esame calligrafico della firma. misteriosamente il Franceschini viene nuovamente interrogato, ma dal parigrado Maresciallo MITRITATE che successivamente diventerà comandante della Caserma di Lastra a Signa. Egli in questa occasione  smentisce nettamente le dichiarazioni fatte al procuratore Minna, affermando testualmente "" Si conosco la calligrafia sono stato io di mio pugno a segnare la pistola al

    Galardo, facendolo poi firmare come prassi""

    N.B. Si sta parlando della pistola del delitto la U31657Z.

    Nella stessa data e luogo viene interrogato anche il Maresciallo MITRITATE, da precisare  che questo prestava servizio ed era effettivo ad un'altra caserma.

    Dal comando  superiore veniva inviato provvisoriamente a comandare quella caserma nei soli giorno che il Franceschini era in licenza.

    Stranamente i due marescialli, Franceschini e Mitridate si interrogano l'un l'altro, ed e molto grave a strano che non è stato mai  rilevato da nessuno, che anche il maresciallo MITRITATE afferma di aver assegnato lui la pistola del delitto al Galardo facendolo firmare In sua presenza come prassi-

   E da domandarsi su una tanto discussa pistola e possibile mai che il Franceschini prima nega  di sapere se il Galardo l'ha cambiata, e poi addirittura  escono due marescialli che entrambi ammettono di avergli ognuno in separata sede assegnato  proprio quella pistola del delitto?

  Gentili signori basta leggere e vi rendete conto di cosa è realmente successo.

13)- Il corpo di Lucia Manetti, risultava attinto, da non quantificati colpi di pistola, solo successivamente, emerse che la povera ragazza era stata crivellata di colpi nel corpo aveva ben 13 fori di proiettili, 7 di ingresso e 6 di uscita, tutti di uguale dimensione e diametro

       Tutti i fori di proiettili sparati addosso a Lucia, dalla fretta di far chiudere il  caso, furono attribuiti a solo quattro colpi di pistola, di cui 10 fori erano nel torace busto  e tre negli arti superiori.

14)- I periti del procuratore Minna - solo guardando le poche e incomplete carte, oltre che non rilevarono che la pistola e il materiale che stavano esaminato non era lo stesso elencato nei verbali.

       Addirittura  ritenevano che una pallottola all'interno del corpo di Lucia, urtando una superficie estremamente dura si era spaccata in due facendo poi due fori di uscita.

       Fori di uscita che il primo medico Legale, se pur fece una ispezione gravemente carente  li ben definì fori di entrata.

       Dopo 5 anni, fu fatta l'autopsia solo sul cadavere di Lucia Manetti In realtà i periti non rilevarono i tramiti e i transiti delle pallottole, e nemmeno potettero confermare le assurde tesi che ritennero solo in base alla perizia  cartacea, circa la pallottola che si era spaccata in due facendo poi due fori di uscita.   

       A conferma del tutto fu anche fatta una radiografia sul cadavere  della Povera Lucia.

     Per vedere se all'interno del corpo, vi  erano residui di piombo, l'esito fu negativo. Dall'avanzato stato di decomposizione del cadavere, si riuscì solo a recuperare l'ogiva che era nell'avambraccio destro della ragazza.

       Mentre l'esame balistico, nella relazione si parlava di compatibilità.

      La compatibilità per una pistola calibro nove  92/S Parabellum non è prova di certezza, essendo che sono tutte tarate e coniate da una macchina di alta precisione, e difficile stabilire da quale pistola è stata sparata una pallottola, occorrono esami altamente sofisticati.

    In Italia l' Istituto  "ENEA"  è l'unico centro specializzato alle ricerche nucleari è in grado di eseguire accertamenti altamente sofisticati.

       E' un vanto sul territorio Nazionale, esegue esami altamente scientifici anche per la Famosa polizia, la C.I.A. Americana.

       Questo a suo tempo fu suggerito con lettera scritta anche ai procuratori MINNA e FLEURY.

       Probabilmente essendo che non si doveva scoprire nulla la richiesta fu cestinata.

       Sempre dall'esame balistico, con la pistola tenendola ravvicinata a simulazione come se fosse la testa umana, fu fatta una prova di sparo su materiale molto similare alla materia umana e celebrale, tenendo l'arma a una distanza di circa 12 centimetri. La pistola si sporcò fortemente di materiale argilloso.

       Da precisare che delle due pistole identificate sul luogo del delitto, il maggiore Grisoli ne fece fotografare solo una  quella con matricola U31657Z, che si dice che avrebbe sparato, come si può vedere dalla fotografia a confronto della pistola che sparò sull'argilla era perfettamente  pulita non vi alcuna goccia di sangue, e anche questo è  molto strano.   

15)- C'è  da ricordare che Lucia e Gemma la sera del triplice delitto poco prima erano andate a Firenze ad acquistare la cena che stavano consumando in un ristorante Cinese.

       Ancora oggi non si sa chi  accompagnò le ragazze a Firenze riportandole poi a casa.

       Nemmeno si e mai saputo quante persone parteciparono alla cena e quante posate vi erano

       Altro fatto che gettava e ancora oggi getta pesante ombra, non si è mai saputo se la madre di Gemma, che solo l'anno prima si suicidò sotto un treno a Salerno, sia stata Lei oppure l'abbiano spinta gli spacciatori di droga  frequentati dalla stessa figlia, e che Lei aveva più volte denunciati per tirare la figlia fuori.

       Paolo era al corrente di questi fatti, le ragazze gli avevano confidato i nomi dei spacciatori, e lui essendo che voleva bene a Lucia, voleva ad ogni costo tirarla fuori dal giro compreso la compagna dove erano entrate.

       Paolo per meglio agire nella sua indagine, finse di lasciarsi Lucia, ne parlò anche in caserma in modo che lo sapesse il suo superiore, in realtà Paolo e Lucia si frequentavano si vedevano tutte le sere, la conferma e data anche dall'interrogatorio fatto al Papà di Lucia il 10/11/98.

       E' qui che scatta la macchinazione del premeditato triplice delitto, purtroppo chi era stato scoperto si doveva affrettarsi ad eliminare Paolo, perché era diventato una bomba vagante, 10 giorni dopo sarebbe stato chiamato in prova al Comando Provinciale di Firenze, per cui doveva essere eliminato subito compreso Lucia e Gemma, sia perché avevano tradito, facendo il nome di chi gli forniva la droga, e anche per chiudergli per sempre la bocca. Perché Lucia amava Polo e avrebbe parlato, Gemma era una cara amica di entrambi.

16)- L' App. SAVOCA fu trasferito per opportunità, dopo aver fatto un esposto dove denunciava fatti gravi verso alcuni superiori, verbalmente ai colleghi, raccontava di svelare il caso Galardo.

       Misteriosamente fu intercettato e fatto sentire dal Procuratore Pappalardo, presente all'interrogatorio, fecero in modo che assistesse il maresciallo DIOTIAIUTI, che assieme al Maggiore GRISOLI avevano Camuffato la scena del delitto sul caso Galardo.

      IL Savoca accusava i diretti superiori di gravi reati, per potergli consentire di parlare liberamente senza timore alcuno, la presenza del Maresciallo Diotaiuti per Legge non doveva esserci. Si chiede perché questo delicato particolare non è stato tutelato, e che provvedimenti sono stati presi?

    Il SAVOCA dopo solo 40 giorni fu di nuovo ritrasferito nella stessa zona dove prima prestava servizio ed era ritenuto opportunoso.

     Il Savoca dichiarò anche di essere stato messo al corrente, da un collegai, che il Carabiniere Galardo Paolo aveva minacciato il CC. PITARRESE con la pistola.

     Successivamente, il PITARRESE venne sentito a verbale dai  CC. di Firenze, dove smentì nel modo più assoluto di essere stato minacciato dal Galardo.

     Ma  erroneamente si fece sfuggire che assieme al Maresciallo Franceschini erano andati a rapporto dal Capitano RUOCCO per prospettare uno stato patologico  del Carabiniere Paolo Galardo.

   Il Franceschini era al corrente che il Galardo Aveva scoperto fatti gravi cose grave verso di lui e il figlio, e che sapeva anche che lui aveva acquistato una villa ancora in costruzione per 270 milioni, come anche il fatto di uno dei fermati da Paolo per spaccio di droga, accompagnato in caserma questo minacciò il Franceschini che doveva lasciarlo libero, diversamente al giudice avrebbe denunciato il figlio per vero spaccio di droga, dopo qualche schiaffo e calcio lo lasciò andare via ma questo uscendo gridava arresta tuo figlio e lui che porta la droga a Lastra a Signa e la fa spacciare.

   Il Franceschini andando a rapporto dal Capitano, come si fa erroneamente sfuggire Il Pitarrese, premeditava sull'eliminazione del Galardo. Infatti ne creò le condizioni, la conferma del triplice delitto e data da troppe strane coincidenze  come anche la telefonata fatta tra  il Franceschini e il pregiudicato per spaccio di droga sia prima che dopo il delitto.

   Ulteriore conferma può essere data dal fatto che egli in tempo reale viene chiamato sul suo numero di telefono privato non in testato a lui, immediatamente chi sotto al vento e la pioggia poteva sapere tutti questi particolari. Successivamente entrò in caserma e senza che nessuno gli chiede spiegazione giustificò, come e perché  era venuto immediatamente a conoscenza della sparatoria.

 17)- Dopo aver ucciso i tre ragazzi il killer telefonò al Franceschini che entrò in atto mettendo in azione il suo preparato e premeditato piano- Dove disse è stato Galardo a sparare per gelosia  alla fidanzata e l'amica. 

I Carabinieri esterni alla Caserma di Lastra a Signa, non conoscendo i fatti credettero la falsa versione del Franceschini solo perché era il comandante della caserma, e il gioco fu fatto.

Il Maggiore GRISOLI, fu incaricato dal procuratore Pappalardo, ed era il responsabile delle indagini, certamente capì che le cose non quadravano ma per ordine di qualcuno cercò di contenere lo scandalo camuffando i fatti.

18) Non si è mai saputo chi in caserma forzò la valigetta 24 ore di Paolo, facendo sparire tutti gli appunti sullo spaccio di droga che avveniva a Lastra a Signa, nonché le varie relazioni di servizio che Paolo allegava ai fogli di servizio, che fine hanno fatto?.

In caserma, il suo armadietto personale fu forzato ed aperto, fecero in fretta e furia per far sparire tutto il materiale  compromettente che il giovane Carabiniere aveva raccolto contro alcuni superiori. Diversamente se non avevano nulla da nascondere, avrebbero atteso l'arrivo del  genitore aprendo l'armadio in mia presenza, anche per un certo rispetto sia come padre che come Brigadiere dei carabinieri con più di 37 anni di servizio.

Non si e potuto mai risalire ai fogli di servizio degli ultimi 6 mesi, al fine di dirigere le indagini anche verso altre direzioni non sono stati  mai versati, anche per vedere i servizi gravosi fatti dal Galardo. Alcuni fogli di servizio che servirono per l'esame del C.T.U. sulla falsa firma, erano tutti anteprime i sei mesi dalla morte di Paolo. Il procuratore Minna per tale perizia, consegnò ai suoi periti, solo ed esclusivamente le false e rifatte carte che il superiore del Carabiniere gli aveva dato per scritti e firme di Paolo Galardo.

19)- Si chiede di verificare se presso la caserma di Lastra a Signa allegato ai fogli di servizio vi sono ancora le diverse e piccanti relazioni di servizio prodotte da Paolo, e fatte nei confronti del figlio del suo comandante Franceschini, tutte le volte che lo ha controllato in zone poco raccomandabili e solite a delinquere unitamente a spacciatori, pregiudicati e cittadini Albanesi.

20)- Nell'ultimo accertamento il procuratore FLEURY non provvide a far sequestrare la pistola calibro 9 con matricola  U51657Z, che fu generalizzata sulla scena del delitto la sera del 1°/11/98, si pensava a uno sbaglio di matricola, ma  la pistola esiste realmente ed è in dotazione all'Arma dei Carabinieri.

La stessa sera fu generalizzata anche la pistola  con matricola U31657Z, in più da un testimone ne fu vista una col caricatore sfilato sotto la gamba destra del carabiniere morto a terra. I carabinieri  dai verbali sequestrarono due pistole con le seguenti matricole U31657Z, e U51657Z, entrambe con il caricatore perfettamente inserito. Stando ai verbali se fanno fede, mancano due pistole, quella con il caricatore sfilato vista dal testimone, e la  U51657Z , che oltre ad essere stata identificata la sera dell'1/11/98, fu riidentificata ancora una seconda volta il giorno 3/11/98 alle ore 15 circa quando fu fatto il verbale di consegna e affidata al capitano RUOCCO.

La cosa ancora più strana, è che questa pistola, sulla rubrica delle armi della Caserma di Lastra a Signa, risulta ritirata per decesso il 1° Novembre 1998, mentre in realtà come si può vedere dai verbali alle ore 15 del 3/11/98 si trovava a 30 chilometri di distanza da quella Caserma.

21)-Il procuratore FLEURY e opportuno ripetere,  e non si comprende perché si servì dei stessi periti del CTU del procuratore Minna che già avevano dato un giudizio negativo e fantasioso solo in base a una perizia cartacea.

Identica cosa e da pensare sul fatto della mancata acquisizione del contenuto dei tabulati telefonici del 1/11/98, e della messa sotto controllo dei telefoni di Franceschini e figlio 5 anni dopo per qualche giorno, cosa che è servito solo a creare altra confusione.

Il procuratore nemmeno lui si volle sforzare a cercare la verità, infatti non rilevò tutte le mancate certezze che i periti in base alla prima e fantasiosa perizia non potettero confermare ma solo silenziosamente smentire, tanto 'e vero che per mandare subito anche lui in archiviazione usò la tattica di scorpare il processo.

Tutta la vera e propria indagine che doveva essere fatta sul triplice delitto esaminando e leggendo attentamente tutte le carte furbamente non fu fatta, per contenere le cose furono richiamati i stessi periti, anche questo procuratore di fronte a una chiarissima denuncia libro con tutte le illustrazioni evidenziate nonché le chiarissime perizie dei noti professori Angelo FIORI  Francesco BRUNI e Alberto BRAVO.

Anziché aprire un nuovo fascicolo contro ignoti come la Legge prevedeva, anche Lui inserì il tutto nel vecchio Procedimento originario N.3863/98 Modello 21, incredibilmente a carico di un morto (mio Figlio)

    Usando la tattica di chiedere l'archiviazione del tutto .

    Per non versare tutti gli atti e far capire il suo gioco, ne trattenne alcuni circa la  telefonata tra il Franceschini e il pregiudicato, dando solo illusione che le indagini continuavano, quando in realtà non sono state mai fatte.

        Non comprendo cosa vuol dire e cosa si vuole scoprire facendo mettere 

        Sotto  controllo per qualche giorno, 5 anni dopo che sono successi i fatti i telefoni del Franceschini e il figlio .

        Si chiede come mai di fronte a una serie di denunce non si e mai proceduti contro tutti coloro che hanno commesso tutte le varie omissioni facendo cadere le colpe su un morto, ma senza mai fornire una sola prova.

        E' lecito domandarsi  i giudici cosa stanno a fare, perché non hanno ancora proceduto?

        Paolo Galardo e innocente e aspetta giustizia assieme alle sue compagne Lucia e Gemma.

        Sperando che tutto il Mondo  possa leggere e capire come funziona la Giustizia Italiana, ma che maggiormente via Internet possono bersagliare di messaggi i Poteri Italiani a far GIUSTIZIA.

      Ringrazio anticipatamente tutti coloro che aderiscono a questo appello Mondiale.

       Roma, lì 30/05/2005.                                         Brig Capo dei Carabinieri

                                                                         ________________________________

  

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