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AL SIGNOR PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA……………………R O M A

Ai signori Presidenti del Senato e la Camera dei deputati………R O M A

Al Presidente del Consiglio  dei Ministri On. Romano Prodi………R O M A

Al Signor Ministro della  “GIUSTIZIA“ Sen. Clemente Mastella.….R O M A

Ai Signori Presidenti delle Commissioni Giustizia della Camera

e del Senato della Repubblica …………….………………………………RO M A

Al Consiglio Superiore della Magistratura……………………….……...R O M A

Al Sig. Procuratore Generale della Repubblica

Presso la Suprema Corte di Cassazione………….…………………...R O M A

Al Signor Procuratore della Corte D’Appello di………………….…G E N O V A

Al Signor Procuratore della Corte D’Appello di……..………........ F I R E N Z E

Ai Sig. Segretari di tutti i Partiti Politici, dell’Arco Costituzionale...ITALIANO

In modo che tutti sappiano  Ai Signori Componenti del CESIS

Al Signor Capo di Stato Maggiore della……….…………………-.……..-DIFESA

Al Signor Direttore Generale Della……………………..-PUBBLICA SICUREZZA
Al Signor Capo della…………………………………………..-POLIZIA DI STATO
Al signor Segretario Generale del-……………  MINISTERO AFFARI  ESTERI

Al Signor Comandante Generale dell’Arma dei …….…….……..CARABINIERI

AL Signor Comandante della Guardia di----------------.----------.---------FINANZA

Al Signor direttore del…………………………………………….….……..- SISMI

Al Signor direttore del……………………………………………….………-SISDE

Al  Segretario Generale della Presidenza del   CONSIGLIO  dei ..….MINISTRI

Al  Segretario Generale ( e di  commissione )..……...................................... CESIS

A  tutti i mezzi di informazione fino a livello  Europeo e ...…………MONDIALE

 

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Signor Presidente della Repubblica e Autorità tutte,  Per l’ennesima volta vi chiedo GIUSTIZIA,  e che venga RIAPERTO il vergognoso  caso dell’assassinio di tre giovani ragazzi, sperando che tre morti non vengano dimenticati e abbandonati come esseri che non avevano diritto a vivere.

La sera prima che mio figlio venisse ucciso dai locali della caserma telefonicamente mi disse "papà ci sono fatti gravi cose gravi, ora non posso parlare appena verrò a casa ne parliamo meglio", alla mia insistenza a sapere cosa era successo, mi rispose " papà già sai ne abbiamo parlato, poi ti spiego meglio"

La sera dopo per chiudergli per sempre la bocca, fu misteriosamente assassinato assieme alla fidanzata e una loro comune amica.

Il caso venne immediatamente archiviato, e senza uno staccio di prova, mio figlio fu accusato di duplice omicidio suicidio.

Il tutto avvenne contro ogni forma dei diritti Giuridici, con arroganza fu calpestato lo Stato Democratico, un uomo dopo morto, mio figlio fu scritto nel registro degli indagati, Modello 21.

Tutto si svolse velocemente, con l’aiuto di chi avrebbe dovuto denunciare anziché associarsi, come indicato nel presente esposto denuncia.

A volte di  fronte alla forza e lo strapotere dei giudici la ragione non vale.

Solo perché un povero padre non ha le possibilità economiche per difendere il  figlio, Carabiniere che nella caserma dove lavorava aveva scoperto qualcosa, che gli costò la vita.

Fermate questa  vergognosa impunità,

 Pensate per un momento che tutti abbiamo i figli, e che non sono loro a chiederci di venire al mondo, siamo noi a metterli, e che come genitori per legge abbiamo l’obbligo morale e civile di educarli, istruirli e difenderli fino alla fine del mondo se è necessario.

Nessun genitore resterebbe a guardare mentre il proprio figlio sta annegando.     

Da otto anni vi sto scrivendo  sperando che qualcuno di voi faccia GIUSTIZIA, per dargli una degna sepoltura e poterlo far  finalmente riposare in pace, perchè lui è innocente.  

Mio Buon DIO, la stranezza è che un incidente di  macchina con i Carabinieri non possono rilevarlo gli stessi Carabinieri, per legge deve intervenire altro organo di Polizia.-

 Perché per il Caso di mio figlio che era un Carabiniere, che  voleva denunciare il suo superiore venne misteriosamente assassinato assieme a due ragazze, che anche loro accusavano questo superiore e figlio, di favorire lo spaccio di droga, le indagini furono affidate e condotte dallo stesso diretto superiore, che omise volutamente di documentare la scena del delitto.

“” se quella sera fossero morti tre cani  avrebbero fatto più cose””

MI PRESENTO

Sono il Brig. Capo GALARDO Edipo, ancora in servizio, effettivo all'Infermeria Presidiaria della Regione CC. "LAZIO " Roma, da circa 39 anni milito con fedeltà nell'Arma dei Carabinieri.

Quando a lamentarsi è un militare di vecchio stampo, è segno che effettivamente  in certe situazioni c’è del marcio.

Come genitore con dignità, sto solo  chiedendo  GIUSTIZIA per mio figlio ucciso come un cane assieme a due ragazze. I morti per riposare in pace aspettano giustizia,

IL FATTO

Il 1° novembre 1998 alle ore 20,30 circa in località  Ponte a  Signa   del Comune di Lastra a Signa (FI),  nella Tavernetta sotto stante l’abitazione, di proprietà della  famiglia di Lucia MANETTI, fidanzata del Carabiniere Paolo GALARDO, a seguito di una sparatoria, nella denuncia meglio specificato.

 Vennero trovati morti tre giovani ragazzi,  Paolo GALARDO, Lucia MANETTI e Gemma PALUMBO.

I primi ad accorre sul posto e chiamare i soccorsi Il papà di Lucia, Giovanni MANETTI;

L’l’ingegnere  FRANCIONE Renato, un suo vicino di casa con la moglie.

 Gemma era già morta, Lucia morì mentre la stavano caricando sull’ambulanza, Paolo ancora vivo ed agonizzante  fu trasportato all’Ospedale “ CAREGGI” di Firenze dove moriva poco dopo  alle ore 22,30 circa. 

I Carabinieri appena arrivati sul luogo del delitto, come da segnalazione agli atti, immediatamente senza  un minimo e concreto elemento, colpevolizzarono con ferma certezza il Carabiniere Paolo Galardo, che aveva  sparato alla fidanzata e l’amica e si era suicidato.

Il magistrato di turno, era il sostituto procuratore PAPPALARDO, fu avvertito dei fatti, pur sapendo che vi erano tre morti non si portò sul posto.

Affidò telefonicamente le indagini e il dissequestro di tutto il materiale e la scena del delitto agli stessi Carabinieri, nella persona del maggiore Luigi GRISOLI.

Il mattino seguente la stessa notte dal 01 al 02/11/1998, come dai verbali agli atti, il procuratore firmò subito il dissequestro delle armi e l’intera scena del delitto.

la stessa mattina del 02/11/1998, con quella firma, aveva già condannato Paolo GALARDO, in base alle sole e semplici  parole, del suo superiore.

Tant’ovvero che  gli fece anche  un avviso di garanzia dopo morto, scrivendolo nel registro degli indagati al n. 3863/98 Modello 21.

Il procuratore ancora  non aveva letto, nessuno dei seguenti verbali.

 Modalità delle morte

Gemma, morì subito, gli fu sparato un colpo di pistola secco al cuore, con fuoriuscita lato posteriore, il suo cadavere si trovava in posizione bocconi, all’interno della Tavernetta  tra il divano e il muro. 

Paolo, gli fu sparato un colpo di pistola dalle spalle, aveva evidenti segni a mò di strozzamento al collo, con l'arma tenuta a circa 12 centimetri dalla testa. Il foro di entrata era oltre il padiglione auricolare destro, con l’attraversamento della teca cranica. Il sangue fuoriuscì solo dal foro di entrata, cadendo tutto e solo sulla, spalla destra. Sul lato opposto a sinistro dove uscì il colpo di pistola non vi era alcuna goccia di sangue, anche la  giacca a sinistra era perfettamente pulita.

Era evidente che fu afferrato alle spalle, sparato e trattenuto fortemente inclinato tutto sulla sua destra, è da presumere che chi consumò l'azione, lo dovette afferrare con il suo braccio sinistro con una forte presa al collo tenendolo a mò di strozzamento, dovette caricandoselo sul suo dorso sinistro. Dopo aver consumato l'azione. Nella fretta di fuggire per non essere scoperto lo lasciò cadere nella posizione al contrario di come doveva trovarsi se la vittima si fosse suicidata.

Infatti il corpo fu trovato in posizione supina con i piedi verso la porta, e la testa verso l’interno della tavernetta, ma  riversa verso destra.

Tracce di materia ematica e capelli erano sparse tutte e solo sulla parete di sinistra entrando nella Tavernetta, è sotto al soffitto, dove  si ben notava anche un  colpo di pistola, che certamente doveva essere quello che  attraversò la teca cranica di Paolo Uccidendolo. Dinamica che perfettamente quadra con quella criminologica e psichiatrica fatta  dal noto Professore criminologo  FRANCESCO BRUNI.

Che stabilì, che in base alla chiara posizione del cadavere, e che essendo la vittima destrimane se fosse stata la propria mano a consumare il suicidio,  le tracce  di materia ematica e capelli, dovevano, trovarsi sulla parete destra entrando nella Tavernetta, e non quella di sinistra, identica cosa per il colpo di pistola non doveva trovarsi conficcato sotto al soffitto ma in alto sulla parete sempre destra entrando. 

Il testimone sotto la  sua gamba destra vide una pistola calibro 9, in una chiazza di sangue con il caricatore sfilato.

I Carabinieri ne documentarono una col caricatore perfettamente pulito è inserito.

LUCIA mori mentre praticavano i primi soccorsi.

Povera ragazza solo per la fretta di far chiudere subito le indagini, dissero che era stata sparata con quattro colpi di pistola, cosa vergognosa e non vera.

La ragazza era stata crivellata di colpi di pistola, come successivamente ai fatti fu affermato anche dal medico Legale, sulle sole ispezioni cadaveriche.

Nel corpo aveva ben 13 (tredici) fori di proiettili, 10 erano nel tronco - torace - busto della ragazza, due sulla mano sinistra e uno a cielo chiuso era trattenuto nell'avambraccio destro.

T E S T I M O N I:

Il Papà di Lucia, Giovanni MANETTI, fu sentito a verbale 10 giorni dopo il dissequestro  dell’intera scena  del delitto, alle ore 16,30 del 10/11/1998.

Dichiarò che la  sera del delitto, alle ore 20,30 dell’01/11/1998, stava vedendo la televisione, senti dei forti rumori, poi due spari, la per là pensò che la figlia Lucia, con la compagna stessero sparando dei petardi. Subito dopo senti  Lucia correre con gli scarponi e gridare  mamma- mamma, Si alzo correndo velocemente, verso il balcone che affaccia sulla sottostante Tavernetta, attraversò la cucina, il corridoio, la sala, portandosi sul balcone, lo incominciò a percorrerlo, girando sulla sua sinistra.  Mentre correva senti ancora,  la porta della Tavernetta in ferro sbattere contro l’autovettura parcheggiata d’avanti, e quattro colpi di pistola sparati tutti velocemente come una raffica di mitra, vide anche le vampate delle pistolettate.

Senza affacciarsi al balcone, ritornò subito indietro facendo lo stesso percorso, arrivato al corridoio a  tre metri circa sulla sua sinistra, lo percorse, apri il portone d’ingresso all’appartamento, scese la rampa di scale condominiali, e giunto al portone delle scale, lo aprì percorrendo circa 4 metri del vialetto, dove raggiunse via G. Rossini, girando sulla sua sinistra, percorse circa 20 metri, dove vicino al cancello che immette sulla rampa di passaggio, che porta alla Tavernetta, trovò  la figlia Lucia, accasciata al suolo, a circa 13 metri dall’interno della Tavernetta.

Il povero papà  Manetti, strillo chiedendo aiuto.

Egli per raggiungere Lucia, dovette percorre circa 60 metri, nel fare il prescritto percorso, certamente non potette vedere quello che accadde sia  prima che subito dopo  sulla scena dove si consumò il delitto. Ma sentì.

Certamente l’assassino ebbe tutto il tempo, per non essere visto, e poter fuggire usando l’unica via di fuga.

Di fronte alla porta della Tavernetta a circa 3 metri, vi è un sottostante giardino con muro alto circa un metro 1,30. Quella sera pioveva e tirava vento, il Killer dopo aver consumato il delitto, per non essere scoperto, vi dovette saltare fuggendo subito via, favorito anche dal buio e la pioggia, tranquillamente fece perdere le proprie tracce.  

L'ingegnere FRANCIONE Renato, il vicino di casa e la moglie, dopo aver chiamato i primi soccorsi, entrò nella tavernetta.

Vide Il corpo di Paolo, a terra nella posizione  già descritta, sotto la gamba destra vide la pistola calibro 9 col caricatore sfilato, fu sentito a verbale, la stessa sera dell’01/11/1998 alle ore 21,45, unitamente alla moglie.

il corpo di Gemma  già morta si trovava tra il divano e il muro.

Solo successivamente, notò che Paolo,  era ancora vivo, è richiamò altri soccorsi.

Lucia ancora viva e agonizzante,  era fuori della Tavernetta, accasciata a terra vicino al cancello dove la raggiunse il papà che la teneva fra le braccia, appena arrivò il sig. Francione.  

( Commento) <<<  riflettendo con calma, quella sera, ci fu un triplice delitto.

La conferma fu data anche dal papà di Lucia e dal suo vicino di casa, nel raccontare il finale della sparatoria >>>.

Entrambi i due testimoni uditivi sentirono e descrissero, il finale dei colpi sparati,  il papà di Lucia ne senti quattro l’ingegnere FRANCIONE, tre, ma sparati tutti assieme, e velocemente come una raffica di mitra, poi tutto un silenzio assoluto. Nessuno dei due sentì,  un  colpo di pistola isolato, come si sarebbe dovuto sentire se ci fosse stato il suicidio.

Altro importante particolare, se quella sera effettivamente e psicologicamente vi fosse stata una violente lite,  scaturita per  gelosia tra fidanzati, prima di finire in quel drammatico modo, si sarebbero sentite delle forti lite, delle offese, accuse, magari tirandosi anche qualche piatto, bicchiere, ho altro tipo di oggetto, che era sul posto in quel momento, prima di arrivare ad uccidersi.

Il papà di Lucia avrebbe  sentito, come sentì, i rumori e la veloce sequenza finale degli spari e tutto il resto.

 La scena del delitto, era in perfetto ordine,  lasciava chiaramente capire che un killer arrivato sul posto dopo aver compiuto il da compiersi, scappò subito  via, cosa che trova piena conferma nei racconti e su tutto quello che sentirono, i due testimoni.

Una delicata testimonianza fatta sparire:

Dopo la morte di Paolo. Si presentò  a casa a FONDI (LT)  un suo amico d’infanzia, Enrico FEDERICI, era molto turbato è piangendo mi disse, di essere convito che Paolo era stato ammazzato, perché 20 giorni prima quando venne in licenza a casa, gli aveva confidato di essere preoccupato, e che era costretto a girare  armato, a causa delle minacce che riceveva, per paura che gli accadesse qualcosa.

Di sua spontanea volontà volle essere interrogato.

Il caso fu segnalato a Firenze, che lo fecero sentire a verbale, per delega dai Carabinieri di Gaeta il 14/12/1998, alle ore 09.00.

Gaeta, spedì il verbale a quelli di Firenze. Ebbene quel verbale fu fatto sparire dagli atti. Non ha mai fatto parte del fascicolo Processuale, vi fu aggiunto solo dopo l’archiviazione del caso, a seguito di una serie di esposti, che ne denunciavano la sparizione

I DUE COLLEGHI DI PAOLO:

(Commento) <<<- Paolo aveva denunciato la sparizione della droga sequestrata, che era in caserma - Durante gli interrogatori fatti ai due giovani carabinieri, era presente il maresciallo Franceschini,  che li condizionò a non parlare. Leggendo i verbali,  si possono capire tutte le mancate verità,  e le ingogruenze che dicono.  Ma realmente  chi fece  sparire la droga? >>>

La stessa sera del delitto, alle ore 23:00 dell’01/11/1998, fu sentito a verbale il Carabiniere   CARAMUSCIO Sebastiano, ultima persona a vedere Paolo in vita, affermò che aveva visto la Televisione con lui fino alle ore 21, cosa non vera, perchè la sparatoria alle ore 20,25 già era successa.

A questo Carabiniere il mattino successivo alla morte di mio figlio,gli furono dati 10 (dieci) giorni di licenza di convalescenza, fu allontanato dal luogo, per tenerlo lontano dalla stampa.

Questo durante l’interrogatorio, dichiarò che  Paolo, quella sera,  lo aveva invitato ad andare con lui a ballare, perché aveva già preso appuntamento con tre ragazze, di cui una era una loro comune amica.

Poi dopo una telefonata col cellulare tra Paolo e Lucia.

Mentre lui entrava sotto la doccia, Paolo usciva per andare da Lucia, dicendogli di prepararsi, perché sarebbe ritornato subito, per poi andare  con le ragazze a ballare.

Dopo qualche minuto che Paolo era uscito, mentre lui era sotto la doccia, sentì squillare il telefono della caserma, ma non rispose, uscì  subito da sotto la doccia, si vestì, mettendosi ad aspettare Paolo che ritornava.

(Commento) <<< l’abitazione di Lucia, era distante dalla caserma circa 2 chilometri. Vi è una  strada con strettoie, regolata da due semafori a senso unico alternato. Paolo non avrebbe mai potuto effettuare quel  percorso di andata e ritorno in meno  di 30 minuti circa  >>> 

Mentre lui aspettava Paolo, il maresciallo Franceschini, usci dal suo alloggio di servizio, entrò in caserma, e testualmente gli disse: <<<  Prepara la macchina è chiama anche il maresciallo COSSU, perché c'è stata una sparatoria, hanno telefonato  a me sul mio numero di telefono privato, perché in caserma non rispondeva nessuno>>>.

Nota Bene il suo numero di telefono privato non era intestato a lui.

Chi immediatamente, sotto la pioggia e il vento,  in una zona  residenziale e isolata, dove non passava nessuno, poteva sapere che per parlare immediatamente e direttamente con il maresciallo doveva fare quel numero di telefono privato, e non il 112 o il 113?

(Commento) <<<– Il comandante di  Paolo, e un pluri –pregiudicato per spaccio di droga quella sera si sono telefonati, sia prima che dopo il delitto dei tre ragazzi. Non si è mai saputo il contenuto di quelle telefonate >>>

Lui era il Comandante è sapeva benissimo che la caserma era citofonica, e che a quell’ora  il telefono  non poteva squillare in caserma.

Gli orari che il telefono durante il giorno squillava  in caserma erano dalle ore 08 alle 12 e dalle ore 16.00 alle 18,00.

Nei rimanenti orari  tutte le telefonate che venivano fatte sul numero di telefono della caserma, erano convogliate sul noto numero 112, dove rispondeva direttamente la Centrale Operativa, ubicata in un altro comune.

Come dai  verbali agli atti. La giustificazione che il maresciallo FRANCESCHINI  fa al Carabiniere CARAMUSCIO Sebastiano, che avevano telefonato in caserma e non rispondeva nessuno, non è veritiera, ma certamente gli servì solo per giustificarsi, perché  già era al corrente della sparatoria.  

La telefonata tra Il Franceschini e il pluri-pregiudicato,  non fu per caso, il  Killer oltre la missione compiuta, gli dovette segnalare l’imprevisto, che quella sera il Carabiniere era armato, la pistola vista dal testimone con il caricatore sfilato, forse doveva appartenere a  Paolo Galardo, negli ultimi tempi per paura delle minacce che riceveva, era costretto a girare armato, come aveva confidato a un suo amico d’infanzia.

Certamente quella sera il superiore di Paolo, doveva arrivare subito sul posto per sistemare le cose, probabilmente  bisognava far sparire  subito la pistola con il caricatore sfilato, per poi mettere in atto la seconda parte del piano, la premeditata e preparata storiella del Carabiniere che per gelosia ammazzava la fidanzata e l’amica e si suicidava.

 Se effettivamente quella sera alle ore 20,25 circa, avrebbero telefonato in caserma, come lui dice, doveva rispondere il 112, come poi effettivamente ha risposto solo qualche minuti dopo,  quando telefonò la moglie dell'ingegnere FRANCIONE, <<< i vicini di casa, i primi ad accorrere sul posto)  per chiedere i primi soccorsi>>>)  

Confidenze fattemi da mio figlio prima di essere ucciso

20 giorni prima  Paolo venne in licenza a casa a  FONDI (LT)

Mi raccontò che aveva raccolto alcune testimonianze scritte e registrate, da poter mandare in galera il figlio del maresciallo compreso il padre.

Detto materiale lo teneva chiuso in una valigetta 24 ore, che io gli avevo regalato, con chiusura a combinazione fissata sul numero 112, un numero che e  difficile da dimenticare per un Carabiniere.

Paolo appena sarebbe ritornato a casa, doveva portarmi il contenuto della valigetta,  Fu ucciso prima che questo accedesse.

Subito dopo la sua morte la valigetta,  in caserma fu forzata e aperta, fecero sparire tutto il materiale  che vi era racchiuso all'interno.

Mi disse anche che il figlio del suo comandante, entrava e usciva dalla caserma come e quanto voleva, e guai a chi parlava.

Mi confidò che in caserma vi era diversa droga sequestrata tutta a piccole dose e Mai versata alla Procura della Repubblica di Firenze, e che la stessa era sparita.

 Alcuni confidenti del luogo, come anche Lucia la sua fidanzata e l'amica  Gemma, che poi furono uccise con lui, tempo prima  gli avevano riferito che il figlio del  maresciallo era il primo spacciatore della zona e che  la droga, se la nascondeva nell'alloggio di servizio della caserma dove abitava con il padre.

Mi disse anche che il figlio del maresciallo, da Carabiniere unitamente ad altri colleghi avevano fatto una rapina estorsione per una mancata consegna di droga, è che il materiale estorto fu nascosto nell'alloggio di servizio della caserma, dove poi fu sequestrato dalla Polizia di Stato, fatti che si sapevano anche in paese. 

Esiste sentenza di condanna del figlio del maresciallo, emessa il 2/11/1998, giorno successivo al triplice delitto di Paolo Lucia e Gemma.

Documento che oltre alla Magistratura fu spedito anche a tutte le Autorità dello Stato Italiano.

Mio figlio Paolo mi raccontò che un giorno bloccò uno spacciatore con diverse dose di droga, lo accompagnandolo in caserma, questo all’atto della convalida dell’arresto, strillando,  minacciava il maresciallo Franceschini, dicendogli arresta tuo figlio, è lui che porta la droga a Lastra a Signa,  e la spaccia,  io quando vado al Giudice lo denuncerò. Il maresciallo dopo qualche calcio e finto schiaffo lo lasciò subito andare via. 

Mi parlò anche di tutti i fattacci che succedevano, sempre in caserma, qualche mese prima gli fu rubato il portafoglio con tutto lo stipendio, tessera e carta di credito

Da genitore sentito la gravità dei fatti mi annotarmi tutti i numeri dei suoi documenti, militari e civili, nonché le matricole della pistola e le Manette,  fatto avvenuto il 15/10/1998, diversamente non sarei stato in possesso  dei seguenti dati:

1)  - Pistola  92/S  - calibro 9  matricola U16499Z, assegnata in dotazione  Scuola Allievi Carabinieri Campobasso il 03/04/1996;

2) – Manette  matricola 096492 assegnate  CC. Scuola Campobasso il 03/04/1996;

3) – Patente Militare  n. 0407 rilascia  CC. Scuola Campobasso il 24/07/1996;

4) – Tessera personale CC. n. 341944 rilasciata CC. Scuola  Campobasso  il 02/04/1996;

5) – Patente civile n. LT5018478D Motorizzazione Latina il 18/09/1996.

Lucia durante una sua visita a casa a Fondi (LT) mi raccontò che fu il maresciallo a far conoscere Paolo, e che lei era stata fidanzata con il figlio.

Gemma era caduta nella droga, dove stava tirando anche Lucia.

Paolo lottava per tirarle fuori da quel brutto giro, le ragazze  raccontarono a Paolo, tutti i fatti che il figlio del maresciallo aveva commesso e commetteva.

Paolo durante il servizio  lo ha controllato, diverse volte, perchè ai vari passaggi della pattuglia, rideva e fischiava unitamente ai suoi amici Albanesi e pregiudicati a cui era solito accompagnarsi, il maresciallo quando sapeva che il figlio era stato controllato andava su tutte le furie, richiamava e mortificando la pattuglia.

La cosa che oggi più mi tormenta, e che mio figlio mi raccontò che  il Maresciallo Franceschini, un giorno lo chiamò, e gli disse, bravo ho saputo che stai indagando su chi spaccia la droga, e che sei a buon punto. Mi raccomando non dire niente a nessuno tieni il segreto. Appena hai scoperto con certezza me lo dici, così facciamo una bella retata.

Paolo era un bravo ragazzo,  gli dovette credere.

Solo dopo la morte di mio figlio, leggendo i verbali d’interrogatorio fatti al maresciallo Franceschini, dove negava assolutamente di sapere, che Paolo, indagava sullo spaccio di droga, ho capito, perché gli disse di tenere  il segreto e non dire niente a nessuno, facendogli credere che voleva dare una lezione anche al figlio.

Segnalazione fatta al Maggiore dei CC. GRISOLI, che  era responsabile delle indagini.

Non sono mai stato convocato, telefonai più volte in caserma,  a Firenze, si faceva negare.

Alla fine riuscii a contattare direttamente il procuratore Pappalardo,   presso il Tribunale di Firenze. Gli rappresentai  quanto detto.

Il procuratore, disse che dovevo parlarne con il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, perché lui  il 12/11/1998, aveva già chiesto l’archiviazione del “caso” affermando, spontaneamente che aveva solo confermato la richiesta fattagli dal maggiore GRISOLI, che gli aveva garantito, che avevano fatto tutto scrupolosamente,  come dei veri padri, e che Paolo era un bravo ragazzo, e che solo per gelosia aveva sparato a Lucia e Gemma e poi si era suicidato.

 Il 27/02/1999, dopo aver contattato il G.I.P. di Firenze dott. DE LUCA, fu spedito una richiesta di opposizione all’archiviazione.

Successivamente lo stesso G.I.P. Convocò due CAMERA di CONSIGLIO,  la prima fu rinviata, perché non convocarono le controparte.

Nella seconda  DECRETO’, testualmente “” il caso non può essere archiviato, le indagini vanno approfondite, anche in esito alla dettagliata richiesta e memoria difensiva presentata da GALARDO Edipo.””

Solo pochi giorni dopo lo stesso magistrato misteriosamente, veniva meno  al proprio mandato, archiviando velocemente il caso.

Una persona veniva  indagata dopo  morta, e scritto nel Registro Modello 21, e anche  barbaramente condannato definitivamente  senza uno straccio di prova in data 16 e 17-6-1999.

LE ISPEZIONI CADAVERICHE DEI TRE MORTI

Furono affidate la stessa mattina al prof. Giovanni MARELLO, dopo che il procuratore aveva già firmato l’ordine di dissequestro delle armi e l’intera scena del delitto.

Il giorno 02/11/1998, negli orari  come seguono: 

Paolo  ore 11,30 ---– Gemma ore 12 --– Lucia ore 12,30.

Questo  lascia chiaramente capire che Il Procuratore, non ha mai letto le ispezioni cadaveriche, diversamente avrebbe notato che nel corpo della povera Lucia, erano stati elencati ben 13 (tredici) fori di proiettili, cosa ben diversa da 3 o 4 colpi come gli aveva fatto credere con certezza l’ufficiale dei CC. che lui delegò   alle indagini.

Richiesta di archiviazione

Se avesse fatto il procuratore della Repubblica il giorno  12/11/1998,  non avrebbe chiesto l’archiviazione,  ma l’incriminazione del  Maggiore GRISOLI Luigi, e i suoi uomini.

Ordinando un’indagine più seria sui tre morti, servendosi di altro organo di Polizia.

Un giudice non conoscendo l'usanza, i fatti, il linguaggio militare è la vera quotidiana vita che si svolgeva  all’interno di quella caserma, dovette solo ciecamente credere al superiore di mio figlio. (almeno  si  spera ).

Diversamente trovandosi di fronte, una strage di tre giovani ragazzi  solo poche ore dopo, non  avrebbe tenuto la sua conferenza  stampa affermando.

“”Non c’è bisogno dell’autopsia””

<<<Come riportato testualmente dall’articolo dell’Agenzia ANSA di Firenze- Documento numero (19981102 02090-ZCZC0443/RMB-R CRO  SOB S41 QBXX

Alle  ORE 17,44 del 02 novembre 1998.>>>

Confermando con certezza che si trattava di duplice delitto e suicidio.

 Come  immediatamente i carabinieri scrissero  nella  notizia di reato, che fu data dal diretto superiore di Paolo, appena arrivarono sul posto. 

Che il giovane Carabiniere Paolo GALARDO,  la sera del 1 novembre 1998 a Lastra a Signa, alle porte di Firenze, con la pistola d’ordinanza aveva sparato prima tre colpi contro la ex fidanzata  Lucia MANETTI,   di 17 anni,   e due contro l’amica Gemma PALUMBO  di anni 18,  e che  poi si era  tolto la vita sparandosi  un colpo di pistola  in testa. 

Il magistrato affermò anche che l’ispezione cadaverica esterna era negativa.

Basta leggere il verbale della richiesta di dissequestro, formalizzato su carta,  fatto  la stessa mattina del 2/11/1998, deve è chiaramente riportato per iscritto ””Come d’accordo telefonico intercorso si chiede il dissequestro di tutto il materiale elencato, non essendo più utile ai fini delle indagini””.

Se il procuratore avesse letto tutte le carte si sarebbe accorto che mancava un dettagliato verbale del sopralluogo, fatto sotto la Tavernetta, dove furono uccisi Lucia, Gemma e Paolo.

Quella sera pioveva a dirotto, si dice che stavano consumando una cena, acquistata in un ristorante Cinese di Firenze, non si è mai saputo chi accompagnò le ragazze riportandole poi sotto quella Tavernetta.

Ancora oggi si sconosce, quante persone presero parte alla cena, cosa stavano cenando, il numero di quanti piatti, bicchieri, posate, sedie, ecc. ecc.

Non è stato mai accertato, se  la madre della povera Gemma, l’anno prima nel 1997, morì buttandosi sotto un treno a Salernonon si è mai saputo realmente se effettivamente sia stata lei, oppure fu spinta, da alcuni spacciatori, che lei coraggiosamente aveva denunciato più volte, per tirare la figlia Gemma fuori dal giro della droga.

Se non si fosse fidato ciecamente, non avrebbe ancora commesso i seguenti drammatici errori:

1)- Di  non portarsi sul luogo del delitto, pur essendoci tre morti;

2)- Scrivere una persona già deceduta nel registro degli indagati, Modello 21;

3)- Di non aver ordinato le autopsie,  il guanto di paraffina, il sequestro della due pistole e la prova balistica, la raccolta dei campioni di sangue delle vittime, il repertamento di tutti gli oggetti rinvenuti  sulla scena del delitto, mozziconi di sigarette bicchieri, portacenere  accendini, ecc. ecc.

4)  di non aver fatto sequestrare i  due telefonini cellulari, per poter attingere i tabulati telefonici e ricostruire le ultime ore di vita dei ragazzi;

5)- Di non aver ordinato il sequestro e la conservazione degli abiti che vestivano le tre giovani vittime; 

I seguenti verbali  per legge dovevano essere fatti  prima del  dissequestro e la richiesta di archiviazione.

Il procuratore Pappalardo effettivamente in buona fede credette  alle verbali menzogne  un ufficiale dei CC, fino a questo punto può ancora esserci la buona fede.

Successivamente  alle indagini, per i  dott. MINNA  e   FLEURJ,  Anziché indagare e fare giustizia sui tre morti. Cercarono di colpire con odio un povero genitore che insistentemente chiedeva giustizia per il figlio assassinato assieme a due povere ragazze.

Una cosa è certa tutti possiamo sbagliare ma in buona fede. 

A)- Il papà di Lucia  fu sentito a verbale dieci giorni dopo il dissequestro come già spiegato.

B)- Il maresciallo FRANCESHINI, immediatamente al delitto, pur non essendo presente disse che era stato il Carabiniere Paolo Galardo a commettere i fatti, che per gelosia aveva sparato alla fidanzata e  l’amica e poi si era suicidato.

Alla data odierna mai nessuno gli ha chiesto da cosa scaturiva  questa sua ferma e immediata certezza,,  ad accusare con  ferma determinazione il Galardo?

Solo dietro mie  richieste. Fu sentito a verbale il giorno 12/01/1999, alle ore 11,15,  

Tre mesi dopo che era stato firmato l’ordine di dissequestro. e la richiesta di archiviazione.

Solo leggendo i verbali d’interrogatorio fatti a quest’uomo si capisce l’odio e il rancore che egli nutriva nei confronti di mio figlio  anche dopo morto.

C )- L’Appuntato dei CC. PITARRESI Santo, fu  interrogato il  25/ 08/ 1999 alle ore 11,05, l’anno successivo ai fatti, dopo l’archiviazione del caso. 

Riconoscimento della salma

Certamente per un genitore non è facile. Il cadavere di nostro figlio, morto era disteso nudo su una pietra di marmo, nella camera mortuaria dell’ospedale “CAREGGI” di Firenze chiedemmo più volte solennemente, la restituzione di tutti i panni che nostro figlio vestiva all’atto della morte.

Rifiutarono, dicendoci che  erano  sequestrati, cosa non vera, successivamente alla nostra insistenza dopo alcuni mesi, ci furono restituiti solo gli stivaletti e la giubba con una manica tagliata,  dopo averla  accuratamente fatta lavare più volte, per far sparire ogni traccia.

 Il resto dei panni compreso i pantaloni li fecero sparire.

Era nostro desiderio  conservare come ricordo i panni  sporchi del  sangue di nostro figlio.

Forse effettivamente i pantaloni e il resto dei panni  furono fatti sparire,  solo per cancellare e  distruggere le prove,  del sangue  del Killer che la sera dei fatti nella colluttazione con nostro figlio Paolo, rimase ferito come da notizia certa,  vociferata nei primi giorni del delitto.

Diversamente perché non ci sono stati restituì  come avevamo chiesto più volte noi genitori?

Oppure nel caso contrario anche non volendo credere alla notizia fatta arrivare alla nostra destinazione, e da domandarsi, perché i panni non sono stati conservati, è racchiusi nella bara del defunto come la legge impone fare per le morti violenti?

Certamente e solo da pensare che furono fatti sparire come tutte le altre cose  per cancellare tutto e non lasciare nessuna traccia o prova.

Oggi volendo adottare le metodiche e avanzate tecniche, come stanno facendo nei processi non risolti  della CESARONI ed altri.

Non è più possibile perché con premeditazione accuratamente distrussero tutte le prove.

Denuncia della pistola che non era di mio figlio. 

Se per legge  i verbali sono atti che fanno fede, quella sera sul luogo del delitto furono rinvenute e generalizzate due pistole con le seguenti e somiglianti,  matricole U 31657 Z  e  U 51657 Z, entrambe  sono  esistenti e in dotazione all’Arma dei Carabinieri. Si precisa che mai nessuna delle due e stata la pistola  d’ordinanza  in dotazione a  mio figlio .

Il Carabiniere GALARDO Paolo fino a 20 giorni prima che venisse ucciso, per i motivi  come gia spiegato, in data 15/10/1998.era materialmente in possesso della sua  pistola d’ordinanza con matricola  U 16499 Z .

Dalla rubrica delle armi della caserma di Lastra a Signa (FI) risulta che quella pistola U16499Z  gli era stata ritirata addirittura l’anno prima  il 09/12/1997.

Cosa impossibile e non vera, basta controllare la rubrica della armi di quella caserma, dove si può vedere che  al fianco di quel falso ritiro della pistola, manca la firma di mio figlio. ( perché  al momento che fu manomessa quella rubrica certamente l’avevano già ucciso)

Al fine di una sola ipotesi, se il ritiro della pistola, fosse stato vero.

Il suo superiore, come previsto tassativamente dal rigido regolamento sulle armi  doveva obbligarlo a firmare la rubrica delle Armi, per poter completare l'operazione di ritiro di quella pistola.

Diversamente non avrebbe potuto aprire una nuova operazione di assegnazione di un’altra pistola come vogliono far credere

La presunta pistola del delitto

Il Perito del Tribunale,  come contenuto nella perizia  scritta, rilevò che sulla rubrica delle armi della caserma, la pistola con matricola  U31657Z ,  era stata scritta a matita  e successivamente  fu  ricalcata a penna biro.  

Solo premeditatamente chi aveva già programmato di eliminare Paolo, provvedette a scrivere, o far scrivere a suo nome, quella  pistola a matita, sulla rubrica delle armi (Commento) -<<< Basta leggere gli interrogatori del Franceschini, che prima negò assolutamente di sapere, poi  venne risentito a verbale, e per paura della perizia calligrafica, confessò, dicendo di essere stato proprio lui di suo pugno a scrivere la pistola del delitto al  Galardo >>> 

Dopo l’uccisione di Paolo, dal luogo del delitto, una delle due pistole, e precisamente, proprio quella con matricola U31657Z, che fu generalizzata sul verbale dell’ispezione dei luoghi, la stessa sera, fu portata presso la caserma di Lastra a Signa, (Commento) <<< cosa visibile sia dal verbale che la rubrica delle Armi della Caserma, non dimenticando che il testimone, vide una  pistola calibro 9 col caricatore sfilato sotto la gamba destra di Paolo. I Carabinieri ne documentarono una col caricatore perfettamente inserito >>>

E’ evidente che solo l’assassino di Paolo  ho il suo complice, la stessa sera aveva interesse a manipolare subito la rubrica delle armi, ricalcando a penna biro la registrazione della pistola  che preventivamente era stata fatta solo a matita in modo che a tutti gli effetti risultava essere del Galardo.

Nella fretta di sistemare le cose, commise lo sbaglio di scrivere subito, al fianco della pistola, ritirata per decesso  la stessa sera dell’ 01/11/1998.

Si tradì, ( perché anche nella ipotesi di un solo momento), se la pistola fosse stata quella, è impossibile che era già in caserma, infatti leggendo il verbale di sequestro della pistola, fatto la notte seguente, alle ore 04 del giorno 02/11/1998, risulta che si trovava ancora sul luogo del delitto, come può essere possibile che è stata ritirata il giorno 01/11/1998?

(Sempre nella ipotesi di un solo momento)

Se così fosse stato, nemmeno è  vero perché quella pistola, aveva matricola diversa  U51657Z  e non – dicasi non  U31657Z, dopo il sequestro fatto alle ore 04 del 02/11/1998, fu portata a Firenze, nei locali del Reparto Operativo dei Carabinieri, che è distante 30 Km da Lastra a Signa.

Anche se il dissequestro fu fatto la stessa, mattinata del 02/11/1998, in realtà come da verbale di consegna,  fu data nelle mai del Capitano RUOCCO Federico Maria il giorno 03/11/1998 alle ore 15, nemmeno in questo caso poteva essere ritirata la sera 01/11/1998.

Il responsabile del “triplice omicidio” e il suo complice, non previdero che le cose si sarebbero potuto complicare.

Infatti quella  sera  sul luogo del delitto come e scritto anche nei verbali  c’erano tre pistole:

1)- quella con matricola U31657Z, generalizzata nel verbale d’ispezione dei luoghi:

2)- l’altra con  matricola U51657Z  generalizzata  del verbale di sequestro:

3)- e quella descritta e specificata calibro 9 con il caricatore sfilato, sotto la gamba destra del Galardo, vista dal testimone.

Nota bene, non deve e non può sfuggire, all’occhio di chi legge.

A tutti i militari di ogni ordine e grado, all’incorporamento nell’Arma dei CC. viene dato in  dotazione un libretto personale, che è il vero documento ufficiale, dove va scritto  tutto il materiale in dotazione al militare.

Documento coniato dalla Zecca dello Stato Italiano.

Il Regolamento Militare, impone che su detto libretto, va scritto, ogni oggetto assegnato al militare, a qualsiasi titolo avvenga, deve essere firmata e controfirmata tassativamente,  da ricevente è consegnatario

La  pistola d’ordinanza  in dotazione a mio figlio Paolo aveva matricola U16499Z, gli fu assegnata dalla Scuola Allievi CC. di Campobasso in data 03/04/1996. Al suo arrivo alla caserma di Lastra a Signa fu solo registrata sulla rubrica delle armi, in data  03/09/1996, pistola che fino al  15/10/1998, come spiegato era materialmente in dotazione a mio figlio.

Il superiore misteriosamente afferma, come è anche scritto sulla rubrica delle armi della caserma, che quella pistola gli è stata ritirata  in data 09/12/1997, mentre  sul  Libretto personale, si tradisce e la stessa pistola  U16499Z, fa figurare che gli è stata ritirata ancora una seconda volta, con data diversa, ma addirittura l'anno dopo il 14/03/1998, cosa impossibile assurda e stranissima.

Anche perchè leggendo il fronte spizio del fascicolo fotografico del delitto,   fatto otto mesi  dopo il giorno 01/11/1998, si ha la sgradita sorpresa, di  notare che lo stesso è stato iniziato alle ore 21 del 14/03/1998, addirittura otto mesi prima del delitto, ma stranamente porta la stessa data, del secondo falso ritiro della pistola. 

Quella sera furono camuffate troppe cose, non si resero conto che nel far figurare che la pistola era stata ritirata prima del delitto,  retrodatarono anche l'assassinio dei ragazzi di otto mesi dall'1/11/1998  fecero risultare il 14/03/1998Ogni cosa fu fatta con chiaro intento a cancellare tutte le tracce del delitto compreso  chi lo aveva commesso.

SUCCESSIVAMENTE ALL’ARCHIVIAZIONE

Nel 2000, a seguito di una serie di esposti denunce, fatti a tutte le Autorità e la magistratura.

Il caso fu affidato al procuratore aggiunto Rosario MINNA, che con lettera diretta al  G.I.P.  di Firenze Dott. DE LUCA che già aveva trattato e archiviato il triplice delitto, scrisse testualmente “” qui perviene - ma indirizzato anche ad altre Autorità che poi ne chiedono conto - esposto  di Galardo Edipo perché si riaprono le indagini in merito “alla morte violenta di Galardo Paolo, Palumbo Gemma. Manetti Lucia”  aggiungendo : sul punto vengono intesi Galardo Edipo, Franceschini Remo e Manetti Giovanni, nonché vengono richiesti chiarimenti ai Carabinieri del Reparto Operativo di Firenze.

 Si prega volere autorizzare la riapertura della indagini.

 Con tutto rispetto, ma la riapertura delle indagini, fu solo una triste sceneggiata, tanto per buttare polvere negli occhi dell’opinione pubblica, furono solo ordinati alcuni lievi, limitati e insignificanti accertamenti.

L’indagine fatta personalmente dal procuratore  Rosario Minna si svolse come segue: 

Primo:

- l’esposto denuncia, fu subito inserito nel vecchio fascicolo  al n. 3863/98 Modello 21, aperto il 02/11/1998., un morto che riceveva un avviso di garanzia.

Secondo:

 - Omise di aprire un fascicolo contro ignoti, come per legge era obbligato fare.

Terzo:

- Nella denuncia lamentavo che i Carabinieri, avevano omesso le indagini, inquinato e distrutto la scena del delitto.

Il procuratore, per tutta risposta gli riaffidò nuovamente le indagini,  spedendogli anche una copia del mio esposto denuncia. 

Il diretto superiore di mio figlio, vedendosi Riaffidare nuovamente le indaginiSapendo benissimo di averle già omesse e camuffate,  disperdendo e facendo sparire tutto il materiale.

Dovette certamente pensare che il procuratore glie le aveva nuovamente riaffidato, mandandogli anche copia del mio esposto denuncia (al solo fine - a mò di avvertimento, per fargli cancellare  qualcosa che forse gli era sfuggita prima).

Superiore che  senza uno straccio di prova, e nulla documentare aveva garantito a far iscrivere un morto  nel registro degli indagati.

Quarto:

- Il giorno 10/10/2000, convocò Il sottoscritto GALARDO Edipo, presso la procura della Repubblica di Firenze, sentito a verbale,  feci molte dichiarazioni alla fine, ero preso dal dolore di mio figlio, firmai senza leggere.

Solo dopo la sua prevedibile e già saputa richiesta di archiviazione, che il dott. Minna, avrebbe fatto, per non scoperchiare la pentola,  venni a conoscenza che tutte le mie dichiarazioni non furono inserite.

Quinto:

- Interrogò a verbale nuovamente il signor Giovanni MANETTI papà di Lucia,alle ore 10 del 12/12/2000, gli riconfermò la stessa versione,  già fatta ai carabinieri nell’interrogatorio del 10/11/1998 alle ore 16,30. 

(Commento) <<< (Prima di leggere del Franceschini, e opportuno far notare, le forti contraddizioni sugli interrogatori fattogli, e cosa risponde  sulla pistola del delitto,  nonché la falsa testimonianza del suo collega Mitridate alle voci  6° – 7°  e 8° ) >>>

Sesto:

- Alle ore 10 del 12/12/2000, interrogò il maresciallo FRANCESCHINI Remo, questo appena successe il delitto, anche se non c’erano testimoni, subito con certezza incredibile, accusò il Carabiniere Paolo Galardo,  dicendo che per gelosia aveva sparato alla fidanzata e l’amica e si era  suicidato.

Il procuratore fu messo al corrente di questo delicato e importante  particolare.   Come si può vedere, non ci fu interesse a sapere da cosa  scaturiva la ferma  certezza di questo superiore, ad accusare immediatamente il suo dipendente. 

Lo sentì solo in merito alla tanto discussa,  e presunta pistola del delitto, quella che fu segnata a mio figlio dopo morto, dove fu messa una falsa firma.

Su specifica domanda fatta, se era al corrente, che il GALARDO avesse cambiato la  sua pistola d’ordinanza in sua dotazione, il Franceschini testualmente rispose:

“”Non mi risulta che il Galardo Abbia Cambiato la pistola in sua dotazione”” . 

decimo:

Nomina e assegnazione del C.T.U.

In data 01/03/2001, il dotto MINNA affidò ai periti

VANNOZZI – NORELLI -  VICARI.

Per una perizia cartacea sull’intero fascicolo, sui bossoli, le ogive, e su una delle due pistole, che furono rinvenute e generalizzate mediante identificate sul luogo del delitto,  la sera del 1° novembre 1998 alle ore 20:30 circa.

Si può ben notare, che il dott. Minna  nell’affidare l’incarico, escluse a priori, tutti gli  accertamenti tecnici e scientifici, per poter scoprire la verità.

Si limitò con chiara consapevolezza, a  un semplice e insignificante accertamento, che non avrebbe cambiato i fatti originari.

Undicesimo:

Se i verbali, per legge sono atti che fanno fede, il Procuratore, commise una serie di gravi abusi e reati.

Non poteva non tener conto che quella sera, i verbali furono compilati con il chiaro intento di elencarvi:

Data, ora, luogo, locali, armi , munizioni  e tutto il materiale che fu rinvenuto nella fase del sopralluogo, sulla scena di un triplice delitto.

Identica cosa fu fatta, mediante identificazione all’atto dell’immediato dissequestro di tutto il materiale.

Il procuratore MINNA in tale occasione per il riconoscimento della firma di mio figlio mi mostrò alcune fotocopie, della rubrica delle armi della caserma CC. di Lastra a Signa (FI). Notai subito che la firma al fianco di quella falsa pistola non era quella di mio figlio, perché sulla fotocopia era evidente.

Chiesi di visionare la rubrica originale delle armi, e che fosse convocato anche mia moglie e mio figlio Antonio.

Il procuratore, si alterò incredibilmente, minacciandomi che mi avrebbe fatto pagare il dazio, aggiungendo “”se io devo andare a Genova parecchi mi seguono”” Era presente l’Avv. Ermanno Martusciello.

Settimo:

Non si comprende perché il procuratore Minna, aveva già sentito a verbale il  maresciallo Franceschini personalmente lui, in data 12/12/2000, che gli Negò assolutamente di saper se il Galardo aveva cambiato la pistola in dotazione.

Il procuratore, visto che il sottoscritto si opponeva con fermezze a non riconoscere per quella del figlio, la falsa firma, vicino alla pistola  con matricola U31657Z,  che non era quella di mio figlio con matricola U16499Z che io il 15/10/1998, avevo generalizzato,  20 giorni prima che l’uccidessero.

E’ molto strano che il procuratore MINNA.  prima di convocare il dott. TARANTINO  in data 07/06/2001 per il C.T.U. per l’esame calligrafico della falsa firma vicino alla pistola del delitto.

Solo tre mesi prima, il 12/12/2000  aveva già sentito il Franceschini.

stranamente lo fece risentire a verbale, tre mesi dopo, alle ore 18,30 del 27/03/2001, dal maresciallo MITRIDATE Gianni, dandogli la possibilità di cambiare completamente versione, fatta a lui solo tre mesi prima. Infatti se si leggono i verbali, il Franceschini, negò completamente la versione fattagli prima, tradendosi fortemente,  dichiarò:

“”Si conosco la calligrafia sono stato proprio io, di mio pugno a scrivere la pistola a Paolo Galardo, facendolo poi firmare in mia presenza come prassi”” 

Perché il procuratore non rilevò tutti questi gravi argomenti, finse di non capire, come mai non lo risentì personalmente incriminandolo come mandante del triplice delitto?

Ottavo:

Il maresciallo MITRIDATE Gianni, era effettivo a una caserma CC. di  un altro comune. Dal comando superiore, quando il Franceschini era in Ferie, gli veniva ordinato di recarsi presso la caserma carabinieri di Lastra a Signa (FI) dove assumeva interinalmente il comando. Al rientro del  Franceschini, che era il comandante titolare, il maresciallo Mitridate, doveva subito fare rientro  alla sua caserma, dove era effettivo.

Leggendo il verbale d’interrogatorio fattogli, lo stesso giorno 27/03/2001 alle ore 18,10,  che fu interrogato 20 minuti prima del  maresciallo Franceschini,  si può  capire con  chiara evidenza, che   la sua è una  falsa testimonianza.

Perché - anche lui dichiara di aver sostituito, proprio  quella pistola, che aveva a che fare col delitto a Paolo Galardo, facendolo firmare come prassi in sua  presenza.

Cosa impossibile, perché lui non poteva esserci, essendo che al rientro del Franceschini, che era il comandante titolare, lui  doveva obbligatoriamente far rientro al suo reparto.

Nono:

La domanda e’ perché il procuratore  MINNA,  ha avuto questo comportamento?

Perché non ha confrontato i due verbali?  E’ se non l’ha fatto,  perché?  Se non sbaglio    il dott. Rosario Minna non doveva essere il procuratore della Repubblica di tutti gli Italiani?

Dodicesima:

E’ importante, capire il rebus delle due pistole.

La pistola con matricola U31657Z, fu identificata e generalizzata nel verbale  d’ispezione dei luoghi, che in ogni modo  va fatto prima del verbale di sequestro. Cosa che conferma l’identificazione, e l’esistenza di quella pistola.

La stessa sera della strage fu subito portata presso la Caserma di Lastra a Signa, e come già spiegato, sulla rubrica delle armi, dove la pistola era scritta a matita, fu ricalcata a penna biro, e anche se non era di mio figlio, fu scritto vicino al suo nome  ritirata per decesso la stessa sera del delitto 01/11/1998. imitandovi una falsa firma in modo d’accavallare il baricentro del rigo tra C e R  al numero 43 della rubrica delle armi di quella caserma.

 Detta pistola successivamente fu subito data in dotazione ad altro militare.

Dopo tre anni, che era stata in dotazione a quel militare. Il dott. Minna, pur sapendo che la pistola, per legge era diventato materiale fortemente inquinato, la risequestrò per un semplice esame balistico.

Tredicesimo:

Mentre la pistola con matricola U51657Z, che fu identificata e generalizzata  per ben due volte, la prima volta alle ore 04:00 della notte dall’01-al 02/11/1998, sul luogo del delitto, nel  verbale di sequestro.

La  seconda volta  il giorno 03/11/1998 alle ore 15, come già detto nei locali del Reparto Operativo dei CC. di Firenze al momento che fu consegnata al Capitano RUOCCO Federico Maria,  pistola che dall’ora, se ne sono perse le tracce, come quella con il caricatore sfilato vista sotto la gamba destra di Paolo. e testimoniata per iscritto pochi minuti dopo.

Quattordicesimo:

Il procuratore, sapendo che le due pistole U31657Z,  e U51657Z  scritte nei verbali, erano coinvolte  nel massacro di tre ragazzi, e che erano entrambe esistenti, e in dotazione all’Arma dei Carabinieri. Per legge era obbligato a sequestrarle entrambe, anche se era diventato materiale fortemente inquinato.

Se per legge, i verbali sono atti che fanno fede

Quindicesima:

Il procuratore MINNA. dovrebbe spiegare per conto di chi, e che interesse ebbe a fare il  mago della situazione, Egli dimostrò, di non avere il minimo interesse a scoprire chi quella sera aveva massacrato a colpi di pistola quei tre poveri ragazzi.

Diversamente ordinava le vere  indagine tecniche e scientifiche, e non  certamente quella cartacea.

Avrebbe anche incriminato tutti i responsabili delle indagini, per inquinamento di prove, omissioni di atti d’ufficio, associazione a delinquere e tutti i reati ipotizzabili in questi casi.

Sedicesima:

Egli oltre il fascicolo cartaceo, sapeva benissimo, che aveva consegnato ai  periti sopra generalizzati, materiale  fortemente inquinato, dissequestrato tre anni prima, e che, per di più era stato proprio alla mercede di chi aveva tutto l’interesso a manipolarlo, diversamente non ne avrebbe chiesto l’immediato dissequestro, per poi conservarlo privatamente, dopo averlo manipolato a misura di convenienza

Diciassettesima:

Il procuratore Rosario Minna, non volle assumere agli atti il seguente materiale utile ai fini delle indagini, al solo mostrargli la giacca, che mio figlio vestiva quando fu ucciso.

Si mise a strillare come un matto, dicendo, la metta subito via non voglio vedere nulla, cercavo di mostrargli altro materiale, ma lui strillava ancora più forte, dicendo sono io il titolare delle indagini e nessuno mi deve mostrare e insegnare nulla:

1)- I telefonini che non furono sequestrati per poter attingere i tabulati telefonici e ricostruire le ultime ore di vita dei ragazzi;

2)- Il libretto personale originale di mio figlio, dove il camuffamento della pistola era evidente;

3)- La giacca che mio figlio vestiva la sera che fu ucciso, aveva la manica destra tagliata ed era  sporca di sangue solo sul lato destro.

Diciottesima:

Il giorno 07/06/2001 durante il C.T.U. sulla falsa firma della  pistola  del delitto, che non era in dotazione a mio figlio morto.

 Non volle far riconoscere la firma del fratello morto a mio figlio Antonio, strillando come un pazzo, lo cacciò fuori come un cane.

Mia moglie che intervenne, dicendo perché le indagini non le avete fatto prima, egli con tono alterato e sprezzante, rispose dicendo “”Purtroppo Signora passati tre anni, se avete oppure vi prendete un pezzo di terra e vi andate a spassare,  e poi avete l’altro figlio””  

In quell’ufficio creò un’aria di terrore, deridendoci e mortificandoci.

Noi legittimamente stavamo solo chiedendo giustizia per nostro figlio e le due povere ragazze ammazzati come cani.

Fu molto chiaro che il procuratore,  strillava per non farci parlare e denunciare i fatti,   era troppo  evidente, che la sua indagine era solo una triste sceneggiata

Egli finse di non capire- che mio figlio dopo morto,  il giorno successivo si ben       

notavano dei segni a mo di strozzamento al collo.

La perizia  cartacea dei periti NORELLI  VANNOZZI e VICARI.

Fu aspramente e fortemente smentita dal titolare di Cattedra presso l’Università del Sacro Cuore di Roma, il noto  Lume della Scienza Medico Legale Prof Angelo FIORI.

Che richiamò fortemente i periti del Tribunale, a lasciare da parte le proprie fantasie, rimanendo con serietà nel campo della Medicina Legale.  

I periti anziché cercare di capire concretamente cosa fosse successo, cercarono di far quadrare, la tesi del superiore di Paolo, che immediatamente ai fatti, affermò, che  Lucia era stata sparata con  4 (quattro)  colpi di pistola.

Se realmente fosse stato così,, nel corpo della ragazza, essendo che una pallottola era trattenuta nell’avambraccio destro, dovevano esserci 7 fori di proiettili, oppure 9,  ho massimo dieci. Purtroppo erano molto di più.

Il prof MARELLO che fece le ispezioni cadaveriche, ne elencò  ben 13 fori di proiettili, definendo con chiarezza i fori di entrata e quelli di uscita.

I periti del procuratore Minna, pur non avendo la materiale disponibilità del corpo della ragazza.

 In base alle sole e semplice carte, per risolvere il rebus dei 13 (tredici) fori di proiettili  diedero veramente luogo alla fantasia, effettivamente abbandonarono i propri campi peritali.

Ritennero che una pallottola nel corpo di Lucia, urtò violentemente una superficie estremamente dura e si spezzo in due.  

(Commento ) <<<- Far credere che nel corpo di una ragazza di solo 17 anni, una pallottola  sparata con un’arma da guerra abbia potuto trovare una parete estremamente dura. L’offesa non è solo alla  Medicina Legale  ma anche l’intelligenza umana>>> 

Secondo la loro fantasia la pallottola dopo aver bucato l’emitorace centrale, invertiva la rotta girando a  destra, creava un angolo retto, camminava sotto pelle  facendo un percorso tangenziale, di circa 20 centimetri, dopodichè andava ad urtava violentemente l’osso della scapola, si scamiciava spaccandosi in due pezzi, e anche se perdeva la forma e la dimensione originaria  faceva due fori di uscita,  di identico diametro e dimensione uguale a tutti gli altri fori, che la ragazza aveva nel corpo.

Uno dei due fori di uscita che i periti del procuratore, attribuiscono alla fantomatica pallottola spaccatasi in due.

Dal prof. Marello fu ben definito foro di entrata, avendo il chiaro alone di suggelazione.

In base alle semplice carte, senza leggerle .

Si spinsero anche a conclusioni assurde e non di loro competenza, ma che per legge spettavano al magistrato.

Seconda richiesta di archiviazione e

Falsa querele  presentata dal dott. Minna

Il 19/09/2001 chiese l’archiviazione. Egli era stato assente per ferie tutto il mese di  agosto 2001.

A nulla sono valse tutte le richieste di accesso al fascicolo processuale presso  la Procura di Firenze, come si può ben notare dalle carte. Nessuno si azzardò, a lasciare legittima copia degli atti, come previsto per legge perchè il dott. Minna era in ferie, solo al suo programmato ritorno del mese di settembre ci furono concessi alcuni atti. 

Per questo programmato comportamento, era inevitabile ripresentare un nuovo esposto denuncia a tutte le Autorità.

Evidenziando vivamente tutte le mortificazioni, l’arroganza, la prepotenza, le omissioni, gli abusi, e il mancato interesse del procuratore a scoprire la verità.

Nel mio esposto denuncia a tutte le Autorità, mi limitavo a raccontare i fatti,     

sulla sua sceneggiata delle indagini, chiedendo vivamente, giustizia  per mio figlio e le due ragazze ammazzati come cani.

Il procuratore si sentì scoperto e offeso, e presentò una falsa querele  su carta intestata della Procura Della Repubblica di Firenze,  per un suo fatto privato.

Accusandomi di reati mai commessi, al Codice Penale, agli articoli 594–595–610–612  per ingiurie, diffamazione, minacce e violenza privata.

Per sua vergogna, fui costretto a sostenere spese e difendermi di fronte a un’infame accusa davanti al Tribunale di Genova. 

Per fortuna la magistratura e popolata di una stragrande maggioranza di giudici onesti.

La legge trionfò, venni totalmente prosciolto.

Il procuratore MINNA, vergognosamente, si oppose all’archiviazione della sua falsa denuncia.

Come padrone della legge dopo averci offesi e umiliati nel nostro dolore.

Anziché scoprire i responsabili, vergognosamente, con estrema cattiveria cercò di mandare in galera, un povero genitore che chiedeva giustizia per il figlio massacrato assieme a due ragazze.

Il sottoscritto ha sempre rispettato il dott. MINNA, ma di fronte a  questa grande carognata, visto l’odio e l’antipatia nei miei confronti, lo denunciai per i seguenti articoli del Codice Penale:,

Peculato art. 314   -   Abuso d’ufficio art. 323    -    Calunnia  art.368.

Compreso tutti  i reati  che si potevano ravvisare nei suoi confronti.  

Il 12/01/2006, ci fu una camera di consiglio, sul decidere per l’archiviazione della denuncia fattagli. Il dott. MINNA, non si presentò. Ebbene dal 12/01/2006 .

Si  può ben notare come i giudici si favoriscono.

E’ possibile mai che da quella data  la segreteria del dott. FINIZIA, del Tribunale di Genova, ancora non riesce a rintracciare un Brig. dei Carabinieri  in servizio a Roma per notificargli la richiesta di archiviazione fatta in favore a una denuncia contro il dott. MINNA.

Se i cittadini perdono il credo verso le Istituzioni chi sono i veri colpevoli? 

A Seguito che erano state avvertite tutte le Autorità.

La richiesta di archiviazione fatta dal dott. Minna, fu bloccata.

Il “CASO” passò nelle mani del G.I.P. la dott.sa Elisabetta IMPROTA presso il Tribunale di Firenze. Convocò una Camere di Consiglio:

Incaricando a nuove indagini l’altro procuratore  aggiunto dott. FLEURJ.

Questo al momento del suo incarico, difese con fermezza le indagini fatte dal suo collega Minna, in maniera incredibile disse che solo 4 (quattro) colpi di pistola, avrebbero potuto procurare i   (tredici)  13 fori di proiettili nel corpo della povera Lucia.

Giustificandoli con estrema convinzione, testualmente:

<<<La pistola sparando, la ragazza correndo e girandosi, i colpi hanno attraversato più volte il corpo, procurando i 13 (tredici) fori di pallottola>>> 

Con questa sua assurda affermazione, confessò che il caso doveva rimanere archiviato.

(Commento ) <<< può mai essere possibile che l’esperienza e la preparazione investigativa di un procuratore Aggiunto sia questa?, non credo che sia un vero e proprio incompetente,  come anche tutti gli altri fatti che seguono. Oppure è più opportuno pensare che se alcuni giudici sbagliano  altri sono pronti a coprirli. Il loro sbaglio diventa una fantomatica legge mai approvata dal Parlamento Italiano, ma che barbaramente viene applicata contro i cittadini indifesi  che chiedono i propri diritti >>>

Egli con furbizia, per archiviare il caso, usò la diplomazia, di scorpare le indagini. Come segue:

Ordinò in maniere superficiale, alcuni degli accertamenti  che aveva omesso il suo collega dott. Minna, rimanendo fermamente legato a non scoprire nulla.

1)- Vergognosamente una persona che dopo morta, aveva ricevuto un  avviso di garanzia  rimase scritta nel registro degli indagati al n.3863/98 Modello 21.

Non si comprende a che titolo e per quale motivo si e sempre proceduto contro un morto, che fu incriminato, solo in base alle semplice parole del suo superiore, che non ha mai dimostrato una sola prova o elemento certo e concreto,  che quella sera,  a sparare le due ragazze, e che poi si sia suicidato sparandosi un colpo di pistola alla testa, in quella strana e impossibile posizione, sia stato Paolo Galardo.

Cosa che non risponde alla lunghezza e la torsione del braccio,  che rapportato alla distanza che la pistola sparò a circa 12 centimetri  dalla testa, si esclude totalmente il suicidio, perché se fosse stato il proprio braccio la culatta otturatore della pistola spinta violentemente dalla forza dei gas in quella posizione, l’arma avrebbe battuto violentemente contro la teca cranica, sfondandola o creando un vistoso ematoma.

 Perché il braccio, inclinato in quella posizione non avrebbe potuto reggere la forza di rinculo della pistola con fermezza. per poter premere il grilletto, stando alla torsione e lunghezza braccio, e quella della pistola calibro 9, bisognava per forza poggiare la canna dell’arma a contatto con la testa.  

Se chi di dovere,  sarebbe andato sul luogo del delitto, facendo il procuratore della Repubblica, dall’inizio avrebbe ordinando accertamenti

seri ,certi , concreti, comparativi e scientifici, su tutto il materiale che vi era sul luogo del delitto, si sarebbero fatte le autopsie, si sarebbe potuto risalire tramite i campioni di sangue, a quante e quale pallottole avevano attraversato i corpi dei ragazzi uccidendoli.

2)- Evidenza dei fatti, anche il procuratore nemmeno lui aprì un fascicolo contro ignoti, perché bisognava salvare la faccia  e la leggerezza con cui i suoi colleghi  avevano trattato questo vergognoso caso.

3)- Fu fatta periziare la valigetta 24 ore quella che fu forzata e aperta in caserma, facendovi sparire tutte le prove che Paolo aveva raccolto contro il maresciallo franceschini  e il figlio . L’esito periziale fu positivo

4)-Lo stesso procuratore Fleurj, appurò che la sera del 1°/11/1998 tra il comandante di Paolo e un pregiudicato per droga, sia prima che dopo il delitto ci fu una Telefonata. anziché chiedere i tabulati sul contenuto di quelle telefonate.

Ordinò  5 (cinque) anni dopo, di mettere per un giorno, sotto controllo i telefoni del maresciallo Franceschini e il figlio.

Non si comprende perché l’abbia fatto, e cosa si aspettava di sentire per telefono 5 anni  dopo il delitto. 

5) La cosa più strana, ma non può essere diversamente,

il procuratore Fleurj, sempre per ordine o piacere di qualcuno, pur sapendo che esistevano altri periti, per contenere le cose, riaffidò le perizie, agli stessi periti  del suo collega procuratore Minna.

Il sottoscritto li ricusò, perché in base a una semplice perizia fatta sulle sole carte, per favoritismo  avevano già dato un giudizio fantasioso e negativo contro mio figlio, per cui non si darebbero mai dato la zappa sui piedi.

(Commento) <<< A che serve la Legge del fatta dal Parlamento, se per alcuni giudici non conta, perché non viene rispettata ma calpestata. A chi deve ricorrere il cittadino di fronte a questi veri e propri abusi. L’evidenza dei fatti e la presente denuncia esposto, un povero genitore Carabiniere, che è esperto d’ indagini e buon conoscitore  delle tecniche poliziesche, con 39 anni di esperienza, non pùò umanamente accettare  oltre che gli è stato ucciso un figlio. Con  tutto rispetto parlando, delle vere e proprie <<<“ COGLIONATE””>>> da chiunque  esse vengano dette, perché e anche una vera e propria offesa all’intelligenza umana.

Chiedere giustizia per un figlio assassinato  non dovrebbe essere considerato uno sgarro al Potere dei Giudici. Le Istituzioni competenti dovrebbero intervenire, facendo isolare e punire severamente alcune pecore nere, che si annidano nella  magistratura. Sbagliare per aver creduto in buona fede a un ufficiale dei Carabinieri, è cosa umana, perché sono persone che dovrebbero dare fiducia,  ostinarsi a non  riconoscerlo è arroganza, cattiveria, prepotenza e inciviltà  che alimenta l’esercito dei cittadini che perdono la fiducia e la credibilità verso le Istituzioni>>>

6) - Cinque anni dopo, per non punire i responsabili. Fu scavato il cadavere della povera Lucia, dal sonno eterno, per fare un semplice esame di autopsia, per cose che erano saputissime, il cadavere era in avanzatissimo stato al punto che non riuscirono a calcolare i tramiti e i transiti dei fori  delle pallottole, sia di entrata che di uscita. Fu recuperato la pallottola trattenuta nell’avambraccio destro.

Sull’intero cadavere  della ragazza fu fatto un esame radiografico, all’interno di quello che rimaneva del corpo non furono trovati minimamente residui di piombo.

Era presente anche il mio perito di parte. Fatto che smentiva totalmente la fantasiosa tesi, che gli stessi avevano fatto nel solo guardare il materiale cartaceo, (affidatogli dal procuratore Minna)  dove cercarono di giustificare i tredici fori di proiettili nel corpo di Lucia. Nella loro fantasia crearono la famosa pallottola, che  si era spaccata in due facendo due fori di uscita come già spiegato, argomento che al procuratore Fleuj non gli interessò, Solo perché il caso doveva rimanere archiviato.

Infatti ordinò un semplice esame balistico, su una pistola che aveva matricola  U31657Z.

Se i verbali  per legge sono atti che fanno fede, e maggiormente la sera del delitto furono compilati con il chiaro intento di elencare  tutto il materiale che venne rinvenuto sul luogo del delitto, descrivendone la scena.

E’ evidente che il procuratore FLEURJ, continuò le indagini  per conto e sulla stesse misura d’onda del suo collega Minna,

Lo dimostrano i fatti,  perchè non ebbe interesse a leggersi i verbali, confrontarli c on  le testimonianze, sciogliendo le forte contraddizioni e le omertose dichiarazioni.

Per scoprire l’autore del triplice delitto, era necessario, nessuno e reo confesso.  

Egli era solo interessato a punire chi aveva osato contraddire una tesi sbagliata  di un giudice. 

Nel caso contrario perchè nemmeno lui fece sequestrare anche la seconda pistola  quella con matricola U51657Z  come è scritto nei verbali per ben due volte, e che  ugualmente fu rinvenuta e generalizzata sul luogo del delitto?

Le pallottole  periziate risultarono compatibili con la pistola con matricola U31657Z.

A prescindere che la compatibilità non è certezza.

 Tutte le pistole 92/S Beretta  calibro 9, in dotazione alle Forze di Polizia,  sono compatibili fra loro. Significando che una pallottola sparata con una qualsiasi pistola 92/S  calibro 9, e compatibile a tutte le altre.

le pistole della  “BERETTA”  vengono tutte coniate in acciaio inox con uno stampo, e tarate da macchinari altamente specializzati. Tant’ovvero che la Polizia Americana hanno in dotazione le pistole 92/S calibro 9, Beretta.

 <<< Esempio pratico – la coniatura di una moneta presso la Zecca dello Stato>>>

Pistola e pallottole, che già inizialmente, volutamente durante il sopralluogo, non furono rispettate le più elementari regole del repertamento, i proiettili andava specificati con l’anno di costruzione e il lotto a cui appartenevano, dicasi di tutto il resto. In realtà non fu fatto nulla.

Eppure sul posto arrivarono uomini esperti della Squadra Omicidi del Reparto Operativo dei CC. di Firenze. Per legge dovevano documentare e repertare tutto il materiale.

Da chi ricevettero l’ordine di non procedere, la risposta e alle ultime pagine.   

La sera del delitto oltre la pistola e i bossoli, non fu documentato nulla, dicasi nulla.

La pistola  fu subito data in dotazione ad altro militare.

Dopo tre anni da quel dissequestro, fu nuovamente sequestrata al militare che gli fu data dotazione. Venendo sottoposta a un semplice perizia.

Dopo tre anni dall’immediato dissequestro chiesto immediatamente dai superiori di Paolo Galardo, misteriosamente  apparirono anche i bossoli, che non essendo stati depositati presso gli uffici Giudiziari della Procura della Repubblica di Firenze, e da ritenersi manipolato, alterato e inquinato.

Perché per propri fini, era stato arbitrariamente e privatamente, conservato, da chi volle subito il dissequestro,  per poi conservarlo  privatamente.

E’ da domandarsi perché,  e per  quale motivo?  E per ordine di chi.

Per accertare realmente quella sera, quale pistola sparò quelle pallottole, occorrevano esami,  Nucleari, altamente specializzati e sofisticati. In Italia l’unico Istituto in grado a farli all’epoca era L’ENEA, che esegue accertamenti per diverse Polizie Internazionali, tra cui la famosa C.I.A. Polizia Americana, Fu  suggerito ai procuratori Minna e Fleurj, evidentemente non gli interessava scoprire la verità. 

Il procuratore come già detto, delle due pistole  consegnò, solo quella con matricola U31657Z Essendo che la pistola documentata dai Carabinieri oltre ad avere il caricatore inserito, non era sporca  con il caricatore sfilato come quella vista  dal testimone.

Fu fatta una semplice prova balistica.  Come si nota dalle foto contenute nel fascicolo.

Fu impugnata e tenendola a circa 12 centimetri lontano da un materiale( Argilla) similare alla testa umana, fu sparato un colpo di prova.

La pistola e il braccio, tenuta in quel modo, rimasero fortemente imbrattai di argilla. Essendo il sangue umano, più fluido dell’argilla, ammettendo, per una sola ipotesi, se la pistola fosse stata quella doveva essere fortemente sporca di sangue, doppiamente, perché fu vista nella pozza di sangue, in più ci sarebbe dovuto essere  quello spruzzato dall’azione suicidiaria  se fosse stato consumato con la propria mano.

Fu esaminata anche la giacca che mio figlio vestiva la sera che fu ucciso.

Era presente anche il perito di parte, sulla manica destra, non furono trovati i microspruzzi di sangue, come  sarebbero dovuti esserci se fosse stato mio figlio a suicidarsi.

Al procuratore FLEURJ non interessava sapere la verità. tant’ovvero che per coprire le omissioni dei suoi colleghi, giocò con la tattica della Scorpazione delle indagini.

Cosi facendo non rilevò i gravi indizi che  con chiarezza portavano all’identificazione del killer che aveva ammazzato i tre ragazzi.

Finse di rimanere aperto l’accertamento telefonico, sulle due telefonate fatte la sera del 1° novembre 1998,  sia prima che dopo il delitto, tra il maresciallo Franceschini  e un pluri-pregiudicato.

Cercò di tirare l’attenzione su questo importante ma marginale particole.

Il procuratore sapeva benissimo che un Killer o il mandante per telefono ne subito nemmeno dopo 5 anni, avrebbero chiaramente detto: si l’ho ucciso, e tutto a posto, oppure missione compiuta,, Cose che nemmeno un imbecille penserebbe, perché avrebbero usato qualsiasi parola di un normalissimo saluto telefonico.

Io personalmente penso che il procuratore e troppo furbo, ha solo eseguito un ordine, perché Mettere 5 (cinque) anni dopo un delitto i telefoni sotto controllo è una vera presa per i fondelli.

Vuol dire aggiunse solo altra confusione, dando la possibilità alla TELECOM, dopo   cinque anni  di distrugge il contenuto dei tabulati telefonici, come e previsto.

Il campo per identificare i colpevoli del delitto era  evidente e circoscritto. Mancò solo la volontà di fare  “ GIUSTIZIA” .

Come già si sapeva  pochi giorni dopo fu chiesta  l’archiviazione, e il gioco era fatto.

Il Magistrato delegò alle indagini un ufficiale dei CC. Questo anziché eseguire gli ordini del Procuratore, eseguì quelli del suo comandante di Corpo, come segue: 

Il Generale CETOLA in esito al triplice delitto, non  può dire che non sapeva nulla, perché sul suo tavolo oltre ad arrivavano tutte le immediate e non chiare

segnalazioni, gli articoli di cronaca di tutti i giornali, le copie dei miei esposti denunce sulle gravi omissioni e manomissioni, dove segnalavo anche che la pistola del delitto non era di mio figlio.  

Egli dai suoi <<<Super Fedelissimi…..>>> veniva costantemente informato è rapportato nei minimi particolari, su tutto quello che  succedeva fra i suoi dipendenti ad ogni livello.

Era il censore dell’intera situazione, ogni notizia prima di essere divulgarla alla stampa, doveva  autorizzarla personalmente lui.

Come comandante dei Carabinieri della Regione CC. "Toscana". E’ governatore militare responsabile. Doveva  per legge, controllare i suoi uomini è garantire non solo il buon Governo di tutti i Carabinieri di quella Regione, ma anche l'Ordine Pubblico  sulla Sicurezza dei cittadini.

L'Arma dei Carabinieri non è proprietà di nessun generale, ma la quarta Forza Armata dello  Stato Italiano, un’istituzione  che appartiene al Popolo che è sovrano e la sostiene con i propri contributi nella gestione  di uomini capaci e onesti.   

Il Generale CETOLA sul Territorio da lui comandato, venne meno ai propri doveri, fondamentali di comandante. Abusò  della sua Autorità,  annientando i tre Poteri dello Stato - Esecutivo - Legislativo - e Giudiziario - Facendo il "Mamma Santissimo” 

Dal suo comportamento sono ben chiari i reati di omissione di atti d'ufficio e interesse privato in atti d’ufficio, abuso di potere e  associazione a delinquere.

Perché di fronte a un camuffato triplice delitto, di tre giovani di cui uno Carabiniere, che furono crivellati di colpi, con una pistola in dotazione all’Arma dei Carabinieri.

Per paura di uno scandalo che poteva compromettere la sua carriera, controllò il Maggiore GRISOLI,  incaricato e responsabile delle indagini,

di manomettere, sparire e falsificare alcuni atti, compreso la rubrica della Armi  della caserma, dove fu trascritta una delle due pistole, rinvenute sul luogo del delitto,  a nome di Paolo Galardo dopo morto,  come già spiegato.

Solo simulando il duplice omicidio suicidio, disperdendo corpi del reato e la scena del delitto, si poteva soffocare lo scandalo, per far mettere tutto a tacere.

Furono commessi troppi, evidenti e grossi errori, tra cui quello della pretesa,  di gestire la morte di un uomo, mettendo tutto a tacere, solo perché era un Carabiniere.

<<<il padrone della legge e della vita>>> Lavò i panni sporchi in famiglia, omettendo di denunciare e applicare i Regolamenti di Disciplina Militare e quello Generale dell'Arma dei Carabinieri che sono Leggi dello Stato Italiano, approvato dal Parlamento, e che impongono a qualsiasi Comandante  di Corpo di ogni ordine e grado, di rispettare i Regolamenti, e farli rispettare.

La sua mancata denuncia trasse in errore anche la Magistratura, che credette la falsa versione di un ufficiale dei Carabinieri, tant’ovvero che oggi il vero assassino di tre giovani ragazzi, gira liberamente è pronto a colpire ancora.

Quest’uomo, dopo le gravi omissioni  di Firenze, sulla morte di mio figlio e delle due ragazze, fu nominato Comandante della Regione CC. "LAZIO" Roma, diventando anche il mio comandante.

In più occasioni, sotto al Governo del  sig. presidente  On. Silvio BERLUSCONI, scrissi una serie di dettagliati esposti denuncie, su tutti i fatti,  spedendone copia ai Ministri della DIFESA dell'INTERNO e della GIUSTIZIA, e tutte le Autorità dello Stato Italiano, stampa compreso.

I tre morti aspettano ancora Giustizia, mentre i responsabili indisturbatamente continuano la loro grigia  carriera, calpestando morti e vivi.

 Oggi si vocifera con certezza  che il signor CETOLA, sarà accontentato a fare il vice Direttore del CESIS, oppure il vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri  per alcuni mesi per poter poi andare in liquidazione, è prendere sette o ottocentomila Euro di buonuscita mentre I cittadini che lui non gli ha saputo garantire la vita marciscono sotto terra, aspettando Giustizia da nove anni.

mentre lui dall’alto dell’imponibile,  in caserma avendo tutto a sua disposizione, il materiale e le risorse dell’Amministrazione, per crearsi le sue amicizie e fortemente impegnato,   a sperperi  in feste e festini. 

Se questo uomo,  come già si  vocifera, verrà ancora premiato e nominato al CESIS, per il controllo e la sicurezza nazionale dei cittadini.

tutti gli Italiani e i genitori che conoscono questo triste giallo, si domanderanno  quale garanzie di sicurezza può dare ai nostri figli e la Nazione  se a Firenze per i suoi interessi personali, ha coperto un triplice delitto per non denunciare  il marcio che succedeva in una caserma alle sue dipendenze?

Oggi che c'è un Governo di Sinistra che si chiama più vicino al Popolo, voglio  sperarci ancora.

Chiedendo  anche a nome di tutti i cittadini che conoscono questo triste Caso dei tre giovani assassinati. Che l'hanno letto su tutti i giornali e seguito più volte in varie trasmissioni Televisive.

Fate in modo che i cittadini possano ancora credere al Potere Politico e alle Istituzioni, e che non si schierano a simpatizzare minimamente a favore dei ribelli  del quartiere "SCAMPIA" di Napoli, che per  avere giustizia bisogna farsela da soli, oppure rivolgersi  alla Camorra.

Detti quartieri saranno in forte crescita se non si fa giustizia punendo severamente i tipi come il Signor CETOLA che abusando del Potere, ovunque passano lasciano tra dipendenti e cittadini ingiustizia e sfiducia verso le Istituzioni.   

Signore Autorità

Lascio a voi i commenti di questa assurda storia.

Io personalmente chiedo che voi intervenite e che la Magistratura  finalmente riapre il caso di mio figlio Paolo GALARDO,  riabilitandolo alla memoria postuma.

Come vedete, ci troviamo di fronte a un grave e meschino assassinio, di tre giovani ragazzi che attendono  GIUSTIZIA

Non procedendo nei confronti dei responsabili, non si salva l’Italia,  lo Stato o si evita una guerra. Ma si solo premiano assassini mandanti è protettori.

Essendo Paolo stato ucciso con premeditazione da chi ad ogni costo gli volle chiudergli per sempre la bocca, unitamente alle due povere ragazze per non essere denunciato.

 E’ ora che i responsabili vengano interrogati, spiegando una volta per tutte, per ordine di chi quella sera hanno omesso il repertamento dell’intera scena di un triplice  delitto, chiedendone  l’immediato dissequestro, disperdendo e facendo sparire tutti i corpi di reato, con maggior riferimento ai panni che il morto vestiva.

Il giorno 01/11/2006  è stato l’anniversario di otto anni che i tre giovani aspettano GIUSTIZIA.

Lucia di anni 17 – Gemma anni 18 e Paolo anni 21

Sperando che l'Italia è ancora una Repubblica democratica amministrata e comandata dal Potere Politico, dove chiunque, compreso giudici e generali devono rispettare la Legge.

E di NON vivere in uno stato dei colonnelli, che sono  i padroni che decidono chi  dei loro dipendenti deve vivere o  morire.                                               

Roma, lì 05/02/2007                                             

                                 

Brig. Capo GALARDO Edipo

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Il sottoscritto subordinatamente

E'  pronto e resta a disposizione per  qualsiasi audizione, dimostrando con atti alla mano le cose scritte nel presente esposto denuncia.

Recapiti Telefonici cellulare 338/9839515- Ufficio. 06-58594438–4476– 4322  8810.

Nota Bene  per la verità del contenuto  del presente esposto denuncia. Si possono

 contattare gli Studi Legali degli avvocati Ermanno MARTISCIELLO di Fondi (LT). Recapiti telefonici Studio 0771-513023  Cellulare 347--8337097.

 E Avvocato Nino MARAZZITA con  Studio Roma, Tel. 0636301975. Dove sono depositati fotocopie degli interi fascicoli Giudiziari.

Esistono copia spedita ai Ministeri della Giustizia - Difesa e Interni,  nonché a tutti i vertici della Magistratura e Autorità dello Stato Italiano, Politiche e non, compreso l’Agenzia ANSA di Firenze, e tutti i maggiori giornali compreso radio e Televisione.