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 AL CANCELLIERE DELLA CORTE  EUROPEA

                   DEI  DIRITTI DELL’UOMO                       

STRASBURGO

 

AL SIGNOR PRESIDENTE  DELLA REPUBBLICA       

ROMA

 

AL SIGNOR MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA                      ROMA

 

AL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA  

ROMA

 

ALLA SUPREMA  CORTE DI CASSAZIONE                         

ROMA

 

AL PRESIDENTE DELLA CORTE D'APPELLO

                        PRESSO IL TRIBUNALE DI                         

GENOVA

 

AL SIGNOR G.I.P.  DOTTORESSA M. TERESA RUBINI

                     PRESSO IL TRIBUNALE DI

RIF. nr. 1003/04-R.G.P.M.- E  nr. 4215/04 R.G.I.P.

                       per le ore 09 del 7/4/2005                                   

GENOVA

                                                                                  

AL PROCURATORE AGGIUNTO DOTT. GIANCARLO

PELLEGRINO PRESSO IL TRIBUNALE DI                      

GENOVA

 

AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI                             

FIRENZE

 

AL PROCURATORE CAPO PRESSO

                   IL TRIBUNALE DI                                              

FIRENZE

 

A TUTTI GLI ORGANI DI INFORMAZIONE

RADIO E TELEVISIVI  LOCALI E NAZIONALI

 

ESPOSTO

 

 

Presentato da un vecchio e fedele milite servitore dello Stato Italiano -Brigadiere Capo dei Carabinieri GALARDO EDIPO nato a Albanella (SA) il 19.2.1950, residente Roma dove ivi presta servizio presso la Sanità  del Comando Regione CC: “LAZIO” PADRE del Carabiniere Paolo GALARDO assassinato alle ore 20,30 circa del 1°/11/1998, assieme a una sua amica ed alla fidanzata in  località Ponte a Signa agro del comune di Lastra a Signa (FI).

Il 13/14 aprile 2004 il GIP di Firenze, emetteva decreto di archiviazione relativamente ai fatti avvenuti il 1.11.1998 in cui trovavano la morte mio figlio Paolo, Lucia Manetti e la sua amica Gemma Palumbo.

 E’ opportuno spiegare il perché e i motivi per cui deve essere annullato il decreto di archiviazione  sopra citato e comunque devono essere riaperte le indagini.

Quando a lamentarsi è un vecchio Carabiniere, che dopo sei anni di lotta è costretto a ricorrere in Cassazione che è l'ultima speranza della legge Italiana, è segno che effettivamente le cose non vanno.

 Signori Giudici , se quella maledetta sera del 1/11/98, morivano tre cani, avrebbero fatto più cose. La prima stranezza è che sul luogo del delitto intervenne il diretto superiore di mio figlio impossessandosi della situazione.

Il S. Procuratore Pappalardo della Procura di Firenze, quella sera non si portò sul posto, ma non sapendo i fatti delegò lo stesso diretto superiore  del Carabiniere morto, alle indagini che infatti  non furono fatte e così fece subito portare via i cadaveri,  e anziché documentare la scena del delitto- fece il padrone della legge, e si lavò i panni sporchi in famiglia, sostituendosi alla Magistratura, e senza un dimostrabile straccio di prova emise la sua sentenza condannando Paolo Galardo. Oggi a distanza di 6 anni ancora non è stata prodotta una sola prova certa che possa condannare il Galardo – Signori, se questo comportamento  è legittimo, giudicate Voi. Tutti noi cittadini, e Voi giudici compresi, siamo ritornati al Medio Evo, perché lo Stato Italiano ha perso il terzo  potere, la speranza della GIUSTIZIA – non ha più la figura emblematica del GIUDICE che ti condanna con  prove certe.

Ma buon Dio se succede un semplice incidente con una macchina dei CC. non possono rilevarlo gli stessi – mentre se viene misteriosamente assassinato un Carabiniere che addirittura voleva denunciare il suo superiore, questo superiore può fare le indagini sul dipendente, senza circoscrivere, documentare, e repertare  sia il luogo che la scena del delitto, inquinando e distruggendo tutte le prove, - ma non solo, per quanto gli possono essere riaffidate le indagini per una seconda volta. Mi  domando se è legittimo e che significato può avere .

Signori Magistrati il vero fulcro di questo triste giallo è che la sera dell’1/11/1998, questo  triplice omicidio fu trattato dagli stessi Carabinieri –Il superiore di Paolo Galardo coinvolse i colleghi e  il procuratore Pappalardo, che in buona fede dette credito alla storiella raccontatagli. “”Il Carabiniere geloso che ammazzava l’amica e la fidanzata e poi si suicidava.””. Infatti ho preso visione del fascicolo depositato presso la  Corte di Cassazione  in vista dell’udienza del 18.2.2005 ed ho notato che è privo di molti atti che provano la verità sul caso, perché purtroppo non sono mai stati fatti. Quelli prodotti dopo due anni e nel tempo nulla hanno a che fare con la vera scena del delitto- Gli atti della prima archiviazione avvenuta nel 99 erano composti da due certificati uno di arrivo e uno di morte del Galardo presso l’Ospedale Careggi di Firenze, da un verbale di s.i. testimoniale fatte dai stessi colleghi al Mar.CC. Franceschini, tre mesi dopo, il 12/01/1999, altro verbale al Carabiniere Caramuscio Sebastiano, che fu sentito la stessa sera dei fatti. Questo fu l’ultimo collega a vedere in vita Paolo Galardo e solo due ore dopo affermò che il Galardo era rimasto con lui a vedere la televisione fino alle ore 21– cosa non vera perché l’uccisione di Paolo Lucia e Gemma era già avvenuta alle ore 20,30, come si può avere conferma dalla notizia di reato che e la perfetta copia dell’immediata segnalazione fatta subito sul luogo del delitto, sembra che la segnalazione era già accuratamente preparata-   Inoltre vi erano tre ispezioni cadaveriche, le quali lasciano capire che a Firenze è possibile morire un giorno e otto ore dopo le ispezioni cadaveriche – Sempre a Firenze – tutto e possibile anche i cadaveri non si raffreddano mai- dopo 18 ore  che stanno in una sala fredda e fortemente refrigerata risultano ancora caldi nelle parti declive e al termotatto.

Successivamente a una seria di esposti fatti a tutte le Autorità  della Magistratura e dello Stato costituito sul territorio nazionale, compresi i mezzi d’informazione ad ogni livello nonché alla Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Solo dopo i miei esposti  sono man mano aumentati gli atti nel fascicolo processuale di Paolo- per cui non hanno nessun valore giuridico, essendo stati compilati lontani nel tempo e luogo del delitto.

A distanza di 5 anni ancora non si sa chi accompagnò Lucia e Gemma  ad acquistare la cena a Firenze in un ristorante Cinese riaccompagnandole poi a casa. Non si sa quante persone  presero parte a quella cena e quanti piatti e posate vi erano. Il papà di Lucia Giovanni Manetti sentì tutta la scena del delitto, misteriosamente fu sentito a verbale 10 giorni dopo che tutto il materiale locale e pistola compresa era già stato dissequestrato immediatamente. Eppure il Manetti, come dai verbali  di s.i. testimoniale. racconta che verso le 20,30 circa alla fine del telegiornale sentì solo dei rumori (non sentì liti ) poi due spari- là per là pensò che la figlia con l’amica stesse sparando dei petardi, subito dopo la figlia Lucia gridò  “mamma – mamma”  e poi un finale di quattro colpi sparati tutti velocemente come una raffica di mitra. Il vicino di casa ne sentì tre finali –una cosa è certa -  nessuno dei due testimoni uditivi sentì un colpo di pistola  isolato, perché se si trattava di suicidio dovevano inevitabilmente sentire un colpo isolato– vedasi allegata relazione psichiatrica e criminologia  fatta dal noto criminologo Francesco Bruno, che Firenze ha tutto l’interesse a non spedire. 

FATTO

La sera del 1.11.1998, verso le ore 21, a seguito di segnalazioni telefoniche pervenute alle ore 20,35 al “112 e 118” di Firenze,  segnalava che presso il villino di proprietà dei coniugi Manetti in località Ponte a Signa - Lastra a Signa (FI) nella tavernetta – garage sottostante l’appartamento, vi era stata una sparatoria. I Carabinieri arrivati sul posto dopo i soccorsi, dietro segnalazione del diretto superiore di Paolo,  immediatamente con certezza  segnalarono che il carabiniere Paolo Galardo di anni 21, in servizio presso la Caserma di Lastra a Signa aveva sparato alla  fidanzata e l'amica e poi con la pistola di ordinanza si era suicidato. Tutto questo successe mentre il corpo agonizzante di Paolo Galardo era ancora a terra all'interno della tavernetta, poco lontano vi era il cadavere della povera Gemma Palumbo, mentre quello agonizzante di Lucia Manetti crivellato di colpi di pistola si trova a circa 13  metri fuori dalla tavernetta. 

Tutti e tre attinti da colpi esplosi da arma da fuoco.

Lucia Manetti decede quasi subito dopo l’arrivo dei soccorsi, Paolo Galardo decede in Ospedale intorno alle 22,30 del 1.11.1998, Gemma Palumbo, come detto era già deceduta prima dell’arrivo dei soccorsi.

Come si può vedere dalle immediate segnalazioni fatte, e senza un minimo straccio di prova i fatti vennero subito addebitati al Carabiniere Paolo Galardo, a incolparlo fu il suo diretto superiore. La fretta di chiudere e far archiviare  il caso fu enorme, al punto tale, che nulla fu repertato e documentato, inoltre non si fece uno stub, o un guanto di paraffina, non si raccolsero i campioni di sangue non si fecero le autopsie, nemmeno la pistola che doveva essere corpo di reato fu repertata e conservata, dagli atti risulta figurativamente sequestrata alle ore 4 della notte dall’1 al 2/11/98, la stessa mattina, dal luogo del delitto telefonicamente venne chiesto l'immediato dissequestro della pistola Beretta 92/S Parabellum rinvenuta sul posto con il caricatore inserito (N.B. il vicino di casa l'ingegnere Francione - dirigente industriale -  il primo ad arrivare sul posto, vide sotto la gamba destra di Paolo una pistola, descrivendola calibro 9  e che era con il caricatore sfilato, fu sentito a verbale solo 30 minuti dopo. Che fine ha fatto quella pistola, e perché i Carabinieri ne documentarono solo una col caricatore inserito?) nonché  dei bossoli ed ogive e l’immobile.

Fu fatta una veloce ricognizione esterna dei cadaveri che risultarono tutti e tre attinti da colpi di arma da fuoco.

1)- Con un colpo di pistola alla regione parietale oltre il padiglione auricolare destro con fuoriuscita del proiettile dal lato opposto Paolo Galardo, che presentava anche evidenti segni a mo di strozzamento al collo; il sangue cadde tutto sulla spalla lato destro, chi consumò il delitto lo dovette trattenere per il collo fortemente inclinato all’indietro tenendogli la pistola a circa 12 - 13 cm dalla testa gli sparò, nel caso contrario se fosse stata la sua mano a sparare, in rapporto alla lunghezza dell’arma e alla torsione del braccio,  per poter premere il grilletto avrebbe dovuto appoggiare l'arma alla testa e la pistola nella fase del veloce scorrimento del carrello otturatore gli avrebbe sfondato la teca cranica, mentre il colpo di pistola sarebbe andato a finire sulla parete laterale opposta e non sotto al soffitto, Paolo fu sparato mentre voltava le spalle alla porta, lui era destrimane, infatti tracce di materia ematica e capelli sono sulla parete di sinistra per chi entra nella tavernetta, sotto al soffitto vi era un colpo di pistola.

2)- Da un colpo alla regione pettorale sinistra con fuoriuscita dal lato opposto dorsale Gemma Palumbo;

3)- Da diversi e non quantificati colpi di arma da fuoco in varie parti del corpo Lucia Manetti. Successivamente sul cadavere della povera Lucia vengono elencati 13 fori di proiettili, otto fori di entrata con chiaro alone di sugellazione, e 5 di uscita tutti identici e tondeggianti, la cosa strana e assurda e che si insiste a voler far credere che a procurare i tredici fori sono state 4 pallottole, di cui una era trattenuta nell'avambraccio destro.vedi anche relazione  del lume della scienza Medico Legale  Prof. Angelo FIORI titolare di Cattedra dell’Università del Sacro Cuore di Roma, che definisce le ispezioni cadaveriche gravemente carenti.

IRREGOLARITA’

Tutto il materiale  fortemente attinente alla scena del delitto  non fu sequestrato, ma disperso- in quella tavernetta oltre ai bossoli raccolti che non corrispondono con i fori di proiettili addosso alle persona, vi erano due  pistole, quella con matricola U51657Z  documentata mediante identificazione, e che subito telefonicamente venne chiesto il dissequestro.

N.B. sempre la stessa pistola con matricola U51657Z , fu identificata una seconda volta  alle ore 15 del 3/11/98 nei locali del Reparto Operativo di Firenze, al momento che fu consegnata al capitano Ruocco. Più quella con matricola U31657Z  che fu scritta a nome del Galardo dopo morto. Dagli accertamenti le due pistole  esistono  entrambe Inoltre sotto a quella Tavernetta vi era anche la pistola calibro 9  col caricatore sfilato  sotto la gamba destra del Carabiniere  disteso a terra e che  vide l’ingegnere Francione, ed era immersa nel sangue. La pistola menzionata dai Carabinieri fu anche fotografata e si trovava infondo alla tavernetta, a oltre tre metri da dove era il corpo agonizzante del Galardo, dalle foto si può notare che non è sporca di sangue ma perfettamente pulita. La pistola col caricatore sfilato da quella notte dei tempi se ne persero le tracce, e mai nessuno ha chiesto perché.

 Misteriosamente dopo due anni  nel fascicolo processuale è stato aggiunto uno strano certificato rilasciato a nome del dott. Tommaso Calemma del P. Soccorso  della Misericordia di Lastra a Signa datato 1/11/98, dove  afferma che alle ore 21,20 avrebbe spostato una pistola  specificando anche i centimetri e la mattonella dove la poggiò, Cosa impossibile Perché agli atti vi è sempre stato il certificato del P:Soccorso dell’Ospedale Careggi di Firenze dove conferma che Paolo alle ore 21,30 già era presso quel centro – che dista ben  28 km - la distanza e composta di tutto centro abitato e strada di non facile percorribilità oltre che quella sera pioveva a dirotto, l’ambulanza in meno di 9 minuti non avrebbe mai potuto coprire quel percorso, questa e la  conferma che il certificato è stata fatto fare in altra data solo per giustificare e mascherare la pistola vista dal testimone, col  caricatore sfilato. Diversamente perché quel certificato che vogliono far sembrare cosi importante è stato aggiunto agli atti solo due anni dopo?

 Dopo la morte di mio figlio si presentò a casa un suo compagno d’infanzia, era molto preoccupato e piangendo mi disse  che era certo che a commettere i fatti non era stato Paolo, perché a lui  aveva confidato di ricevere delle minacce, e che era costretto a girare armato. Di sua spontanea volontà volle essere sentito a verbale, segnalato il caso a Firenze, dopo tempo fu interrogato dai Carabinieri di Gaeta (LT) Ebbene questo verbale non ha mai fatto parte del fascicolo processuale , misteriosamente e apparso due anni dopo, a seguito di una serie di denuncie che ne citavano la scomparsa..

Chiesi tutti i panni che mio figlio vestiva quando fu ucciso, i panni li fecero sparire, mi fu data solo la giacca dopo averla fatta lavare più volte, per far sparire ogni traccia.

Ho chiesto più volte che  venissero attinti i tabulati telefonici, del periodo del delitto 1/11/98 sui cellulari dei tre morti Paolo, Lucia, Gemma, e su quello del maresciallo Franceschini e figlio, nonché il numero privato della sua abitazione non intestato a lui e della caserma CC. Di Lastra a Signa. Il Procuratore Fleuri, forse ha voluto fare uno scherzo oppure non ha capito che il delitto successe l’1/11/98, diversamente non avrebbe chiesto di mettere i telefoni sotto controllo per alcuni  giorni il 3/12/2003, addirittura 5 anni dopo il tragico assassinio dei tre giovani. Chiedo che risultato può avere  se non quello di aggiungere confusione.

Regalai a Paolo una valigetta 24 ore a combinazione numerica fissata sul numero 112 difficile da dimenticarsi per un Carabiniere, all’interno racchiudeva tutti gli appunti della sua indagine sui personaggi che avevano a che fare con la droga e diverse copie di relazioni di fatti anomali che gli capitavano e che allegava anche una copia al foglio di servizio. Alla sua morte la valigetta fu forzata e aperta, il materiale che Paolo mi aveva confidato che aveva, era sparito.

La sera prima che l’uccidessero, al telefono dai locali della caserma mi disse “Papà ci sono fatti gravi cose gravi, ora non posso parlare appena verrò a casa ne parliamo meglio di persona.” Quella fu l’ultima volta che ascoltai la sua voce.

Signori Giudici, la pistola e i bossoli furono immediatamente dissequestrati. Giuridicamente e da ritenersi materiale inquinato, anche perché fu affidato ai stessi superiori che  distrussero la scena del delitto.

Certamente ebbero tutto l’interesse a non fare uno stub o il guanto di paraffina, proprio per incolpare il Galardo,  perché  diversamente se fosse stato lui, altro che guanto!  ma non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di camuffare e falsificare  tutte le date e gli atti riguardante la pistola . Diversamente  non si comprende a che titolo e perché  di fronte a tre morti non si procedette a tale primario e necessario accertamento dello stub o il guanto di paraffina.

Indagare un morto e un reato grave perché la morte e inviolabile, i morti vanno rispettati e seppelliti, non calpestati e accusati, di crimini che non hanno commesso solo perché non si possono difendere. L'iscrizione di un reato a carico di un morto avviene solo dopo aver eseguito accurati accertamenti a 380 gradi che provano e dimostrano la sua colpevolezza con sicurezza, anche perché e molto facile incolpare i morti, tanto essi non parlano e non si possono difendere.  Paolo Galardo senza uno straccio di prova e stato immediatamente incriminato. Secondo il nostro Stato di Diritto nessuno può condannare un uomo senza prove, nemmeno un giudice della Repubblica. Come genitore e come  cittadino Carabiniere mi domando, perché  una persona deceduta è stata indagata con il n. 3863/98 nel registro mod. 21 - data 2/11/1998.

Dal’1/11/98 dopo 6 anni  alla data odierna  ancora non esiste un solo indizio o una prova certa e comparativa che in qualche modo possa affermare, ma nemmeno ipoteticamente,  che a commettere i fatti e impugnare quella pistola fu la mano del Galardo.

Signori Giudici voi siete l'ultima speranza per un cittadino, ma come servitore della giustizia e che ancora  ci crede   nonostante  tutte le gravi angherie di questo vero e proprio giallo, vi dico  la pistola che quella sera sparò non era di mio figlio, gli fu segnata a suo nome dopo morto, lui era in possesso di una pistola con matricola diversa, come appresso meglio indicata, basta visionare il libretto personale originale che io conservo e tutte le carte e vi rendete conto che quanto dico purtroppo e la verità. Come tutto il resto.

Rappresento a Codesta S. Corte, che chiedere giustizia nel nostro sistema democratico e previsto perché e un diritto di tutti i cittadini.

A me purtroppo capita, che per chiedere Giustizia, per un figlio assassinato come un cane assieme a due giovani ragazze, solo per aver lamentato l’assurdo comportamento del Procuratore aggiunto di Firenze Rosario Minna, che non ha mai voluto vedere e assumere agli atti la giacca che mio figlio vestiva la sera che fu ucciso, e altro materiale fortemente attinente alla scena del delitto. Lui strillando  forte  diceva  “io sono il titolare delle indagini e nessuno mi deve dire cosa devo fare”. Sempre  strillando cacciò fuori come un cane  mio figlio Antonio e non gli volle far riconoscere la firma del fratello morto,  creò in quella sala un’aria di terrore. Mia moglie gli chiese perché le indagini non erano state fatte prima. Il Procuratore sempre arrabbiatissimo rispose, “”Signora ormai sono passati tre anni  se ci avete oppure vi prendete un pezzo di terra e vi andate a spassare, e poi avete l’altro figlio””

Il Procuratore oltre che ad offenderci e umiliarci nel nostro dolore e decoro ci ha trattato come bestie, e imbecilli, perché personalmente lui sentì a verbale il maresciallo Franceschini, e non rilevò le falsità che questo  gli affermò, a negare assolutamente di sapere se il Carabiniere Galardo suo dipendente, aveva cambiato o meno la famosa e tanto discussa pistola dei fatti. Come si può vedere  egli negò, mentre solo tre mesi dopo sapendo che vi era in corso l’esame calligrafico  sulle firme , cadde in paura, e a un suo pari grado e collega, mar. CC Mitridate affermò di conoscere la calligrafia è che era stato proprio lui a scrivere quella pistola al Galardo. (il M/llo Mitridate per la sua troppa complicità, non si rese conto che anche lui affermava  di aver sostituito la  nota pistola al Galardo, pur non facendo servizio a quel reparto, ma che addirittura si trovava in un altro comune. A seguito di contenere tale situazione fu premiato a successore del Francescani, diventò comandate della caserma di Lastra a Signa (FI).

Il  Dott. Minna , oltre che non fece quanto descritto, ma il suo odio personale  era quello di denunziare il povero genitore (che con rispetto dignità e sottomissione chiedeva "GIUSTIZIA" per il figlio assassinato come un cane assieme a due ragazze)

La denuncia   è stata presentata  presso il Tribunale di Genova, che e compete sul quello di Firenze, per i reati di:

Calunnia – ingiuria – diffamazione – violenza privata e minaccia –

Da premettere che il povero genitore non si è mai presentato  presso la Procura della Repubblica di Firenze senza una regolare convocazione.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova ha esaminato gli atti e non ravvisando alcun reati sopra descritto, chiedeva l’archiviazione. il Procuratore Minna presentava opposizione. Lo scrivente il 07 Aprile 2005, si dovrà presentare davanti al G.I.P.  del Tribunale di Genova.

Signori Giudici, come può ben capirsi, in Italia chiedere legittima giustizia è considerato uno sgarro al potere di qualche magistrato. Di questo ne sono convinto anche perché sono stato presso la Suprema Corte di Cassazione  per ritirare gli atti della requisitoria del Procuratore Generale, fatta su tre morti uccisi e su tutte le gravi irregolarità commesse, e che a distanza di 6 anni ancora non esiste una prova o indizio serio e dimostrabile che possa provare chi la sera del 1/11/98 impugnò la pistola che stroncò tre giovani vite. La prego  Procuratore non me ne voglia  ma rimango sconcertato per la sua requisitoria, che è solo un foglio stampato con la scritta dove dice che  la Corte di Cassazione dichiari  inammissibile il ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

E’ evidente che  qui non è in discussione  la legittimità del ricorso, ma addirittura si punisce severamente moralmente e economicamente uno già disastrato genitore che da sei anni si e dissanguato, con enormi sacrifici legittimamente per chiedere  GIUSTIZIA per il figlio assassinato con le due povere ragazze, solo purché ha osato contraddire le tesi inesatte di alcuni giudici che con leggerezza hanno creduto a fatti non veri e dimostrabili, privi di  ogni certezza, scrivendo indagando e processando un morto, condannandolo, immediatamente e  superficialmente senza un misero e dimostrabile straccio di provaCome genitore e come Carabiniere da 37 anni, so come vanno fatte le indagini, e i fatti non quadrano, o dimostrato più volte, come anche dalle relazione del noto criminologo Francesco Bruno e dei prof. Angelo Fiori e Alberto Bravo, non si può accettare che venga  condannato un morto innocente, mentre  il vero assassino e in libertà. Le solo dico con dignità, i figli sono pezzi di cuore, e l’innocenza di un figlio non ha prezzo, perché non chiedono loro di venire al mondo siamo noi a metterli.

In Televisione ho visto che a Napoli la popolazione impediva l’arresto di un capo camorrista, e un fatto che lascia pensare, Si e mai chiesto perché quella massa di gente si fida di un comune delinquente e no della Legge dello Stato-- Certamente non condivido quanto successo, ma penso che la Giustizia deve trionfare

E opportuno far presente che Paolo in Caserma subì il furto del portafoglio, tesserino e carta di credito, dopo il casino che si creò  il giorno dopo rinvenne il tutto sotto al materasso, dove lui non l’aveva messo.

Paolo mi confidò che in caserma c’era diversa droga sequestrata a piccole dose e mai versata,- droga che era sparita, e che stava indagando sul figlio del suo comandante Mar. Franceschini perché spacciava droga ed era il grossista della zona, e che sempre il figlio del suo comandante da Carabiniere assieme ad altri Carabinieri aveva fatto una estorsione e che il materiale estorto lo aveva portato nell’alloggio di servizio del padre maresciallo, dove poi successivamente la Polizia di Stato andò a sequestrarlo - aggiungendo che il figlio del suo comandante entrava ed usciva dalla caserma  come a quando voleva e guai a chi parlava, - inoltre il suo comandante aveva acquistato una villa ancora in costruzione  di 270 milioni.

Il 12.11.1998 il PM pur non avendo un minimo indizio o traccio di prova a chi addebitare i fatti, chiedeva l’archiviazione: “Esaminato il procedimento penale indicato a margine e ritenuto che va richiesta l’archiviazione del procedimento in quanto il reato di omicidio commesso da Paolo Galardo è estinto per morte del medesimo, visto l’art. 408 cpp, chiedo l’archiviazione del procedimento.”

Il GIP di Firenze, preso atto di una nota scritta pervenutagli da parte del Brigadiere dei Carabinieri Galardo Edipo, padre di Paolo, ritenuta quale atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, fissava l’udienza del 13.4.99 in camera di consiglio all’esito della quale sentiti il Galardo ed il PM : “ritenuto che la richiesta di archiviazione…non è allo stato accoglibile in quanto le indagini vanno approfondite, anche alla luce della dettagliata investigazione suppletiva richiesta da Galardo Edipo…e degli indicati mezzi di prova” ritenendo altresì necessario la convocazione delle altre pp.oo. (eredi Manetti e Palumbo) rifissava l’udienza camerale del 15.6.99 all’esito della quale, incredibilmente disattendendo il proprio originario provvedimento disponeva l’archiviazione per morte del reo, accogliendo la conforme richiesta del P.M

 Un nuovo esposto del luglio 2000 dell’odierno ricorrente veniva iscritto al n. 1973/00 Mod. 45 e dopo avere eseguito alcune attività investigative il P.M. inseriva quel fascicolo nell’altro relativo al procedimento 3863/98 mod. 21  richiedendo al GIP in sede la riapertura delle indagini nel detto proc. 3863/98.

Riapertura che veniva autorizzata con provvedimento del 27.12.2000 – 3.1.2001.

Il PM: successivamente riaffidava le indagini agli stessi Carabinieri diretti superiori di Paolo Galardo, che le avevano omesse prima distruggendo ogni prova

Il procedimento 3863/98 mod. 21 in questione era stato iscritto, e tale resterà, a carico di Galardo Paolo per il reato di duplice omicidio, seguito da suicidio, immediatamente  ai fatti pur non essendovi alcun indizio o testimone che avesse assistito ai fatti. Quella sera il papà di Lucia sentì quattro colpi finali, il vicino di casa ne sentì tre. Subito dopo accorse sul posto, e vide sotto la gamba destra del Galardo una pistola calibro 9 con il caricatore sfilato. I carabinieri giunti dopo sul posto documentarono una pistola col caricatore perfettamente inserito. Il procuratore della Repubblica quella sera non si portò nemmeno sul posto.

A seguito della riapertura delle indagini venivano effettuati una serie di accertamenti, esperita consulenza medico legale e balistica, consulenza grafologica, all’esito delle quali il 19.9.2001 veniva formulata una nuova richiesta di archiviazione ex art. 411 cpp da parte del P.M.  il quale riteneva che : “Non vi siano ragioni per non richiedere un giudizio conforme a quanto già deciso dal GIP il 15.6.99” e cioè archiviazione per morte dell’indagato. Pur non avendo un minimo indizio contro Paolo Galardo.

Detta richiesta veniva comunicata alla pp.oo. Galardo Edipo.

Nel frattempo erano state depositate da parte del  Galardo Edipo consulenze di parte redatte : quella medico legale  dal Prof. Angelo Fiori; grafologica dal  prof. Alberto Bravo; criminologia  dal prof. Francesco Bruno.

Con nuovo atto di opposizione del 10.10.2001 Galardo Edipo nel contestare la richiesta del PM analizzava, per comprovare l’inattendibilità delle conclusioni dei consulenti del PM, i fori di ingresso e di uscita dei colpi che avevano attinto Lucia Manetti e ancora una volta, come già affermato nella consulenza di parte redatta dal Prof. Fiori, ribadiva l’impossibilità di una ricostruzione della dinamica dei fatti con margini di obbiettività tali da permettere di individuare  un responsabile cui addebitarli, sia pure nella forma dell’art. 411 cpp.

A tale proposito si richiedeva di rinnovare la consulenza medico legale e di fare autopsia sui corpo di Manetti Lucia, Paolo Galardo e Gemma palombo, perché mai fatte.

In ordine all’asserito suicidio si chiedeva che venissero disposti ulteriori accertamenti sulle caratteristiche morfologiche di Paolo Galardo (altezza, lunghezza degli arti superiori etc.) poiché questo accertamento, in relazione alla lunghezza dell’arma, alle caratteristiche della ferita di ingresso ed egresso sul capo, alla direzione del colpo mortale, avrebbe potuto offrire ulteriori elementi di riscontro ai fini della ipotesi omicidiaria – suicidiaria sostenuta dal P.M. Il quale trascurava i segni di strozzamento che Paolo aveva al collo, e la pistola vista dal testimone col caricatore sfilato e il fatto che questo durante la scena del delitto aveva sentito sparare tre colpi finali, mentre lo stesso papà della Lucia Manetti ne sentì  prima due e poi quattro sparati alla fine e tutti assieme. come una raffica di mitra In ogni caso nessuno dei due sentì  sparare un colpo isolato, come nel caso di omicidio- suicidio immancabilmente si doveva sentire.

L’ultimo PM fece periziare la valigetta 24 ore a combinazione, quella che fu forzata e aperta, in caserma, dove sparirono tutte le carte e le prove sull’indagine dello spaccio di droga a Lastra a Signa che Paolo teneva chiuso nell’armadietto. Perizia che e stata positiva, effettivamente era stata forzata.

Il ricorrente dalla prima denuncia  ha sempre lamentato che il figlio Paolo pur non essendovi un minimo indizio che possa condannarlo, risulta colpevole solo in base alle semplici parole dei diretti superiori. I stessi che si impossessarono delle indagini (per lavare i panni sporchi in famiglia) dispersero e inquinarono la scena del delitto. Come proprietari della Legge, calpestarono ogni diritto sancito dalla Costituzione.

In questo caso delicato, anche i PM. Che si sono succeduti, danno l’impressione di non aver capito  gli atti, essendo che hanno riaffidato le indagini ai stessi diretti superiori del Galardo, quelli che le avevano già fatte e omesse prima. Addirittura anche l’ultimo PM Fleuri stranamente riaffidò le perizie ai stessi periti che aveva nominati il Proc. Minna. che solo in base a perizia cartacea, sconfinarono dal proprio campo peritale, (vedasi  relazione Prof. Angelo Fiori) In questa circostanza nominare  i stessi periti è illegale, perché non si sarebbero mai dato la zappa sui piedi Tutti gli atti notificati al Galardo Edipo, padre del defunto Paolo, sono sempre stati fatti transitare per mano degli stessi CC. del Reparto Operativo di (FI) come a di avvertimento, cosa che non doveva succedere essendo coinvolto nelle gravi omissioni come prima persona, il Maggiore  CC. Grisoli Che era il Comandante del  suddetto Reparto e fu delegato dal Proc. Pappalardo.

Già nell’atto di opposizione del 10.10.2001, nell’esternare e motivare tutti i dubbi e le perplessità sull’ipotesi del duplice omicidio – suicidio, il Galardo prospettava la necessità che l’eventuale archiviazione fosse disposta ex art. 415 cpp, per essere rimasto ignoto l’autore dei fatti, non essendo plausibile  nemmeno in via puramente concettuale che essi potessero essere addebitati a Paolo Galardo.

La consulenza balistica disposta dal PM aveva concluso per la compatibilità tra i bossoli repertati sul posto e la pistola ivi sequestrata (e poi immediatamente dissequestrata lo stesso giorno dopo i tragici fatti il PM trascura che la compatibilità non è certezza, perché tutte le armi  moderne in dotazione alle Forze di polizia, sono altamente tarate, e una pallottola sparata con una qualsiasi pistola di uguale calibro, le pallottole sparate sono tutte compatibili ma non certe -  Per confermare la certezza occorrono  esami altamente  scientifici, che in Italia l’unico Istituto in grado di soddisfare tale esigenza (e che lavora anche per la CIA Americana) e  l’Istituto ENEA, questo e stato anche consigliato  al PM con lettera agli atti, ma essendo  che si doveva archiviare, perché già era stata fatta la nomination dell'ipotetico colpevole, non vi fu nessuno interesse ad appurare la verità. (Infatti lo dice anche il proverbio va salvato il vivo non il morto).  tant'evvero che a contenere le cose ci pensarono gli stessi periti già  nominati dal Proc. Minna, che  e opportuno ripete - in base a delle carte che avranno letto superficialmente, altrimenti si sarebbero accorto che stavano esaminando e balisticando materiale  diverso dai verbali.

In ordine alla pistola che avrebbe esploso tutti i colpi (Beretta 92/S Parabellum matr. U 31657 Z) asseritamente in dotazione di Galardo, si chiedeva che, poiché detta pistola risultava essere stata sottoposta a revisione meccanica successivamente al 1.11.1998, venisse accertato se la detta revisione avesse potuto produrre delle modifiche tali da lasciare tracce diverse sui bossoli.

Poiché però da tutti gli atti ufficiali (sequestro e dissequestro) risultava che la pistola repertata sul posto del triplice delitto fosse la Beretta 92/S Parabellum matr. U 51657 Z ( e non quella U 31657 Z) si chiedeva anche di accertare se effettivamente tale pistola esistesse poiché la sua eventuale esistenza avrebbe potuto aprire nuovi ed inquietanti scenari.   

L’odierno ricorrente ha sempre contestato che la pistola U 31657 Z fosse in dotazione a Paolo Galardo.

Tale convincimento derivava e deriva dal fatto che Paolo otto giorni prima il 21/10/1998, era stato in licenza a casa a Fondi (LT), ed era in possesso della sua vera pistola matricola U16499Z. Il padre da vecchio militare se ne annotò la matricola compreso le manette e tutti i documenti personali e militari del figlio, conferma si può avere da una attenta analisi controllando le manomissione e aggiustamenti di date e matricole sui registri.

Risulta con certezza che Galardo avesse avuto originariamente in dotazione la pistola Beretta Parabellum matr. U 16499 Z, in data 3.9.1996.

Dal registro delle armi conservato presso la Caserma di Lastra a Signa ed oggetto della consulenza grafologica risulta che la detta arma sarebbe stata riconsegnata all’Ufficio il 9.12.1997, dove nel riquadro alla lettera R manca la firma che il Galardo avesse versato l’arma.

Risulta altresì che la pistola U 31657 Z sarebbe stata consegnata a Galardo il giorno successivo al ritiro della prima e cioè 10.12.1997, cosa grave, perché il cambio della pistola avviene nello stesso momento, si versa una e si ritira l’altra.

 Poi la firma posta al fianco che accavalla del tutto il baricentro del riquadro “C” e “R” e sempre stata sconosciuta dai parenti, cosa confermata anche dall’esame calligrafico del professore Alberto BRAVO, dove afferma  che quella firma fu posta da una mano carica di tensione  che imitò la firma  di Paolo Galardo.

Sempre nel detto registro risultava nella corrispondente casella “Data di ritiro dell’arma” scritto a penna : “01/11/98 arma ritirata x decesso” - anche questo e strano, e può far riflettere, perché sempre al dire dei superiori del Galardo, questa pistola menzionata fu dissequestrata telefonicamente, ma in realtà materialmente fu consegnata nelle mani del Capitano Ruocco alle ore 15 del 3/11/98, nei locali del Reparto Operativo CC. di Firenze, che e lontano 30 chilometri dalla caserma di Lastra a Signa, come può essere possibile, che risulta ritirata l'1/11/98—

Come può vedere anche i verbali sono inattendibili e non veritieri, falsi. Essendo che ci sono tre morti  e non c’è un solo argomento che quadra tra date orari omissioni falsificazioni dispersione di corpi di reato, sostituzione di pistole, falsificazione e aggiustamento di matricole, tutto al fine di far risultare a nome  del Carabiniere Galardo Paolo la pistola del triplice delitto.  

Invece dal libretto personale in dotazione al Galardo risulta che la pistola U16499Z fosse stata versata, e cioè riconsegnata, il 14.3.1998.

Tale essendo l’annotazione scritta con penna biro rossa posta a fianco del numero di matricola U 16499 Z, depennato con un analogo tratto di biro.

Con la stessa grafia risulta una ulteriore annotazione al di sotto del numero di matricola U16499Z, annotazione  riportante la matricola n. U31657Z e stante a significare l’assegnazione della nuova arma in data 14.3.1998.

Ciò indicando una circostanza illogica ed incompatibile: avere avuto il Galardo Paolo in dotazione contemporaneamente due armi.  la U 16499 Z e la U 31657 Z dal 10.12.97 al 14.3.98. Oppure nel caso contrario, se gli fosse stata ritirata la pistola U16499Z il 9/12/97 come falsamente affermano, la data 14/3/98, sarebbe riferita al ritiro della pistola U31657Z (quella del delitto) che ad ogni costo dovevano farla risultare in carico al Galardo. Ma nota bene nella convinzione di caricare a nome del Galardo la pistola U31657Z presumibilmente del delitto, perché mai accertato scientificamente, trascurarono che asserendo questa tesi il Galardo, sarebbe rimasto senza pistola dal 14/3/98 fino alla sera del triplice delitto 1/11/98.

E necessario e importante ripetere che la sera dell’1/11/98, sul luogo del delitto fu generalizzata mediante identificazione la pistola  92/S matricola 

 U 51657 Z – e non la U 31657 Z . La pistola U51657Z realmente esiste ed è in dotazione a un Carabiniere. Cosa molto grave  e non si comprende perché il Procuratore FLEURI non ha provveduto all’immediato sequestro di detta arma, che fu identificata  sul luogo del delitto.

E’ opportuno ripetere, che i Carabinieri nella fretta di sistemare le cose commisero l’ulteriore sbaglio sulla  presunta pistola del delitto U31657Z, addirittura dalla rubrica della caserma di Lastra a Signa, risulta ritirata l’1/1198,per decesso, quando in realtà fu sequestrata il giorno 2/11/98 alle ore 04:00 di mattino, e venne data alle ore 15  del giorno 3/11/98 nelle mani del capitano come già spiegato. Questo comportamento  è inaccettabile perché si tenta di far cadere le colpe  sul morto, il Galardo  che tanto non può parlare. Signori di Codesta Corte  vi prego riflettete bene  quella sera non fu la mano del Galardo a sparare, l’assassino e ancora libero assieme al suo mandante.

Buon Dio, dico e possibile mai che il Procuratore e i giudici di Firenze, come il Sostituto Proc. Generale non abbiano rilevato tutte le false e gravissime anomalie e le forti  contraddizioni contenute in questo intrigato giallo, dove vi sono tre morti – Forse sarà perché chi doveva esaminare il caso non ha avuto il tempo di leggere e si sono fidati dei colleghi, eppure ci sono cose che leggendole  fanno rabbrividire . Li  ha letti con la dovuta attenzione il GIP Giudice superparte ?

Dalla consulenza grafologica del PM è emerso che la scritta “Versata  14.3.98” sul libretto personale di Paolo Galardo è stata vergata dalla stessa mano che sul registro delle armi presso la caserma di Lastra a Signa ha scritto : “01/11/98 arma ritirata x decesso”

La scritta “Versata 14.3.98” apposta sul libretto personale di Galardo è siglata con il timbro del comandante la stazione CC di Lastra a Signa, Mar. Franceschini.

Peraltro un altro dato notevolmente singolare era emerso dallo studio del fascicolo fotografico predisposto dai CC relativo ai rilievi da questi effettuati la notte tra il 1.11.98  ed  il 2.11.98.

Tale fascicolo riporta nel frontespizio “Fascicolo fotografico dei rilievi tecnici eseguiti in data 14/03/98 alle ore 21 inerenti il duplice omicidio di Manetti Lucia e Palumbo Gemma ad opera di Galardo Paolo…”

Naturalmente, il  fascicolo risulta iniziato il 1.11.98 e terminato il 2.11.98 e cioè la sera ed il giorno successivo ai tragici fatti.

Quella data del 14.3.1998 misteriosamente apparsa su di un fascicolo riguardante fatti avvenuti 8 mesi dopo gettava e getta un’ombra pesante di oscuri interventi sulla descritta situazione relativa alle controverse date di consegna e restituzione delle armi. A conferma di quanto detto, lo stesso perito del PM, sulla rubrica della caserma di Lastra a Signa, rilevò che la pistola

U 31657 Z (del delitto segnata poi al Galardo) risulta scritta a matita e poi ricalcata a penna biro, il procuratore Minna non ha mai voluto sequestrare quella rubrica ed assumerla agli atti.

E opportuno ancora citare uno dei tanti casi che gettava e getta tutt’ora pesante ombra sull’intera faccenda. L’App. dei CC. SAVOCA, trasferito per opportunità, per riottenere di ritornare nella zona dove prima prestava servizio. Presentò un esposto anonimo alle varie Autorità, dove oltre il “caso Galardo” accusava alcuni superiori dei CC.  di Signa (FI) di gravi reati, compreso quello che era successo al Galardo, inoltre verbalmente avrebbe denunciato particolari tremendi sul caso Galardo. Venni a conoscenza di tali fatti - Contattai telefonicamente il SAVOCA- si fece dare il mio indirizzo, mi disse “Brigadiere gli manderò per scritto entro due giorno delle cose tremende, e che e successo a suo figlio“  Peccato sto ancora aspettando perché il SAVOCA fu subito intercettato dai CC. di Firenze, e fatto interrogare a verbale dallo stesso PM Pappalardo, che  affidò il caso del Carabiniere Galardo e le indagini ai stessi superiori – La cosa più agghiacciante e che il SAVOCA, minacciava di denunciare il Caso Galardo. e alcuni superiori di gravi reati  Al suo interrogatorio, per evitare che lui parlasse fecero assistere il maresciallo DIOTIAIUTI che col Maggiore Grisoli, avevano commesso tutte le gravi omissioni, stravolgendo la scena del delitto,( cose da non credere-). Certamente il SAVOCA dopo solo 40 giorni fu ritrasferito nella stessa zona dove prima operava  ed era ritenuto opportunoso.

Orbene, alla luce della intricata situazione sopra descritta, nell’atto di opposizione del 10.10.01 erano state chieste oltre alle ulteriori indagini sopra indicate anche altre attività sui seguenti punti:

a)    accertare l’autore delle scritte sui documenti in questione, chiedere spiegazioni e chiarimenti in ordine alle incongruenze delle scritte e delle date di consegna e ritiro dell’arma e del cosiddetto “versamento” della stessa, ricostruire la vita amministrativa completa delle armi in questione, i vari passaggi amministrativi e burocratici;

b)   accertare l’origine della clamorosa “svista” che aveva indotto l’autore del fascicolo fotografico a retrodatare la morte di Galardo al 14.3.98 (che come si è capito, è la stessa data apocrifamente apposta sul libretto personale del Galardo, riferita all’impossibile versamento della prima pistola); chiedere ragioni su come mai proprio quella particolare data fosse comparsa sul detto fascicolo;

c)    altro approfondimento investigativo era stato richiesto in relazione alle dichiarazioni rese da tale FEDERCI Enrico, amico fraterno di Paolo Galardo, al difensore del Galardo Edipo ai sensi dell’art. 391 cpp. Il suddetto FEDERICI aveva infatti esplicitamente dichiarato che Paolo Galardo gli avesse confidato di essere preoccupato per la sua incolumità tanto da girare armato essendo stato ultimamente minacciato da persona del luogo. Si chiedeva infatti di indagare nell’ambiente frequentato dalle due giovani Manetti Lucia e Palumbo Gemma, in relazione alle preoccupazioni manifestate da Galardo in relazione alle sue attività investigative nell’ambiente degli spacciatori di sostanze stupefacenti.

d)   si chiedeva infine l’apertura di una grossa busta gialla contenente materiale cartaceo sequestrato all’epoca, al fine di esaminarne il contenuto. Busta il cui contenuto è ancora segreto non risultando essere stata svolta attività di catalogazione del suo contenuto.

All’esito della camera di consiglio del 3.10.02, appositamente fissata , alla quale partecipava l’odierno ricorrente quale  parte offesa, il GIP con ordinanza del 7.10.2002 disponeva ulteriori accertamenti riguardanti:

1-l’acquisizione di un fascicolo riguardante un procedimento penale  per il reato di estorsione, svoltosi a carico del carabiniere Franceschini Luca figlio del diretto comandante di Paolo più altri carabinieri (il materiale estorto fu custodito nella caserma comandata dal padre, dove poi successivamente venne sequestrato dalla Polizia di Stato) Questo caso avrebbe potuto avere attinenza con le indagini in corso, essendo che la sentenza del Franceschini fu emessa solo il 31/10/1998, giorno prima che Paolo venisse assassinato assieme a Lucia e Gemma;

2- Si era chiesto la verifica circa l’esistenza di una pistola Beretta Parabellum S/9 con matricola U51657Z (avente cioè numero di matricola simile a quello dell’arma asseritamente in consegna al Galardo, dagli accertamenti la pistola U51657Z esiste, ed è  in dotazione  a un Carabiniere.

Ora  negli atti di sequestro oltre la pistola col caricatore sfilato  vista dal testimone,  c’è ne sono altre due  la vera  pistola identificata la sera dei fatti, avendo la matricola  U51657Z , più la pistola con matricola U 31657 Z) e che sono i due numeri di matricola delle pistole citate sugli atti di sequestro avvenuto il 2/11/98 alle ore 04, e dissequestrato  poche ore dopo nella stessa mattinata, risultano entrambi i due numeri di matricola delle pistole, essere stati oggetto dei provvedimenti probatori; la verifica ad accertare se effettivamente esisteva la pistola  con la matricola U51657Z, ha dato i suoi frutti, legato al fatto, circa la destinazione e le modalità di custodia della pistola e dei bossoli sequestrati il 2.11.98. Sia l’arma che il materiale essendo stata dato alla custodia, di chi aveva tutto l’interesse a mettere a tacere uno scandalo, cosa dimostrabile come realmente risultano le gravi omissioni di documentare e repertare tutta la scena dei tragici fatti dell’1/11/98, nulla può giustificare o smentire le gravi omissione commesse, nonché gli aggiustamenti  di date ore fatti e circostanze.

In base a quanto detto, oggi non si è minimamente in grado, di stabilire il luogo dove quando, e quale delle due pistole,  e in che luogo sono stati sparati realmente quei bossoli, e se realmente sono ancora gli stessi. Quale e quante delle ogive colpirono Lucia Manetti, dall’accertamento fatto, dovrebbe risultare anche il gruppo sanguigno della povera ragazza, essendo che nel corpo aveva 13 fori di proiettili, di cui uno trattenuto. Identica cosa dicasi per Paolo Galardo e Gema Palumbo. I Procuratori che hanno condotto le indagini si sono trovati di fronte a un caso di tre morte violenti, come mai hanno omessi i necessari accertamenti che la legge obbligatoriamente imponeva fare, oggi era necessario sapere il tipo di sangue e a chi apparteneva e se effettivamente quella sera sotto a quella tavernetta vi era solo il sangue di Paolo –Lucia e Gemma-

3-la verifica circa la telefonata di partenza che segnalò il tragico fatto al Maresciallo Franceschini, diretto superiore di Galardo Paolo. Tali tabulati non sono mai stati acquisiti – come già specificato il procuratore Fleuri ha fatto mettere i telefoni sotto controllo 5 anni dopo, e questo è illogico

4--la riesumazione dei cadaveri delle tre vittime al fine di effettuare un accertamento tecnico, avente ad oggetto l’esatta ricostruzione del fatto.

Il Giudice nulla dispose in ordine alle altre richieste di indagini -di cui ai superiori punti a) b) c) d) - pur formalmente indicate nell’atto di opposizione del 10.10.01.

Il P.M. provvide ad effettuare alcune delle indagini demandate tranne la riesumazione dei cadaveri di Paolo Galardo e di Palumbo Gemma, riesumazioni ritenute superflue ai fini della ricostruzione della dinamica dei fatti.

All’esito di dette indagini presentava nuova richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 411 cpp ritenendo in definitiva che la ricostruzione dei fatti come duplice omicidio e suicidio ad opera di Paolo Galardo fosse suffragata da tutti gli elementi acquisiti anche a seguito delle ulteriori attività investigative svolte e che quindi “…le indagini suppletive effettuate non possano portare a conclusione diversa rispetto a quella della precedente richiesta di archiviazione”.

Avverso la detta richiesta di archiviazione presentava tempestiva opposizione la pp.oo. Galardo Edipo chiedendo ulteriori approfondimenti di indagini non ritenendo esaustive quelle esperite dal PM, e comunque reiterando espressamente la richiesta di investigazioni suppletive già contenute nell’opposizione del 10.10.2001 e non prese in considerazione dal GIP nel provvedimento del 7.10.2002.

Né mancava di sottolineare l’opponente come, ove si fosse voluta disporre comunque l’archiviazione allo stato degli atti, la formula più aderente ai fatti ed alla norma  non poteva essere che quella contenuta nell’art. 415 cpp ovverosia  essere rimasti ignoti gli autori del fatto.

E ciò anche a prescindere dalla circostanza che fin dal 2.11.98 il PM avesse proceduto ad iscrivere la notizia di reato al mod. 21 n. 3863 a carico di Galardo Paolo. Iscrizione peraltro avvenuta successivamente al decesso  avvenuto incontestabilmente alle ore 22,30 del 1.11.98.

Veniva  fissata udienza camerale per il giorno 8.4.04 all’esito della quale il GIP con il decreto in questione disponeva l’archiviazione del procedimento ritenendo di accogliere la richiesta del PM. (duplice omicidio seguito da suicidio)  “non potendo avanzarsi, neppure al livello di ipotesi, una diversa ricostruzione del fatto.” Anche se il PM non era stato in grado di raccogliere e formulare un minimo indizio, concreto, certo  e comparativo, che con certezza potesse incolpare dei fatti Paolo Galardo.

Chiedo pertanto che tutti gli organi in indirizzo si adoperino nell’ambito delle proprie competenze per fare piena luce sulla vicenda, ristabilendo definitivamente la verità, ed attivandosi per la riapertura delle indagini.

Fondi – Roma 9.2.2005

Brigadiere Capo dei Carabinieri

GALARDO EDIPO

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