Prefazione
Ben venga un lavoro come questo in tempi in cui si vogliono azzerare le differenze tra "i ragazzi di Salò" e i partigiani, in cui si intende cancellare, attraverso l'abolizione della festa del 25 aprile, la memoria dell'antifascismo e i valori che esso ha alimentato. Basato su un metodo empirico, la ricognizione di Pietro Mascaro fornisce elementi preziosi a quanti da anni si sforzano di ricostruire la mappa, la geografia del "popolo al confino". Con passione ed umiltà Mascaro, mosso da un forte bisogno di conoscenza, ha scavato tra le polverose carte dell'archivio municipale del suo paese, con tenacia si è messo sulle tracce dei 50 confinati inviati tra il 1934 e il 1941 a Cortale, un piccolo centro dell'entroterra collinare calabrese. Mettendo insieme materiali eterogenei, di diversa provenienza e genere, ha riannodato fili andati dispersi, ha tolto dal cono d'ombra, in cui erano immerse, figure e vicende solo apparantemente marginali, minori.Ha restituito, così un volto ed una fisionomia ad "anonimi eroi", a uomini e donne che hanno pagato con privazioni, sacrifici, sofferenze e persino con la vita la loro scelta politica, fondata sull'adesione agli ideali di libertà ed uguaglianza, sulla speranza di una società più giusta. I loro percorsi documentano, in maniera a volte tragica, l'intreccio tra micro e macrostoria, l'intersecarsi degli itinerari individuali con le fasi scandite dalle decisioni prese da chi è al posto di comando, ben assiso ai vertici delle istituzioni statuali. Due le realtà che interagiscono nelle pagine di questo libro: da un lato il gruppo variegato dei confinati, in cui prevale la componente comunista, dall'altro Cortale, con i suoi braccianti, con i suoi contadini poveri, con la sua piccola borghesia rurale e professionistica. Sullo sfondo la Calabria ancora avviluppata nelle spire dell'arretratezza, scossa nei primi anni Trenta da numerose manifestazioni di protesta contro le vessazioni fiscali, da un malcontento sociale acuito dagli effetti della politica deflazionistica e dalle ripercussioni della grande depressione. Proprio quando rientra nella "normalità" il malumore contro il potere, impersonato nella dimensione, locale dai podestà, Cortale e altri borghi del catanzarese divengono sedi di destinazione non solo di militanti clandestini caduti nelle maglie dell'apparato poliziesco ma anche di coloro che vengono sorpresi ad ironizzare sul Duce o a cantare nostalgicamente "Bandiera rossa" o ad esprimere disappunto e scetticismo per le imprese militari del fascismo, come l'aggressione all'Etiopia. Persino la parola è sequestrata, espropriata. Il regime -è bene ricordarlo ai tanti che acriticamente sposano le tesi di Renzo De Felice- alla costruzione e alla ricerca del consenso abbina la repressione sistematica di qualsiasi forma, sia pure inoffensiva, di dissenso. Soprattutto nei confronti degli strati popolari e proletari, tra cui la sua penetrazione incontra maggiori resistenze, tende ad esercitare un controllo capillare quanto occhiuto. L'obiettivo è quello di impedire il coagularsi di sacche d'opposizione, disgregando ed isolando i "sovversivi" o presunti tali attraverso l'istituto del domicilio coatto. A tal fine risponde l'invio dei confinati in luoghi come Cortale, lontani e tagliati fuori dalle arterie principali della vita regionale e nazionale. Eppure, paradossalmente, coloro che sono obbligati alla cosiddetta "villeggiatura" spesso riescono a rompere il cerchio dell'isolamento, a entrare in contatto con la popolazione locale, diffondendo idee e principi contrari alla dittatura mussoliniana. E' il caso di Pietro Cocco, antifascista sardo, che semina, con l'aiuto di altri compagni, il "campo" da cui nascerà nell'immediato dopoguerra la sezione del Partito comunista. Se Carlo Levi nella sua permanenza a Gagliano prende atto della misera e dura condizione dei "cafoni" del Sud, Cocco, meridionale tra meridionali, figlio di una terra periferica, catapultato in una terra altrettanto periferica, non demorde sino a promuovere la fondazione del Pci nel piccolo centro calabrese. Altre storie, altri brandelli di storia vengono recuperati da Mascaro e con essi un pezzo importante e necessario per meglio comprendere le vicissitudini e le peregrinazioni del "popolo al confino". Francesco Soverina |