Premessa
L'idea di "raccontare" le storie degli antifascisti confinati a Cortale è nata in maniera inconsueta qualche anno fa. Era l'estate del '95 e, presso il circolo di Rifondazione Comunista, si preparava la festa di "Liberazione". Era presente, poichè in vacanza, Peppino Braccio, esponente comunista cortalese di gran prestigio nel dopoguerra e sindaco alla fine degli anni cinquanta, che, come ogni estate ci faceva e fa dono della sua amicizia e della solidarietà di comunista mai pentito. Si era all'indomani della scissione dei "Comunisti unitari" e sentivamo il bisogno di ripercorrere, insieme, le alterne vicende della storia dei comunisti italiani. Io, particolarmente, che non avevo avuto precedenti esperienze di militanza politica, avevo la curiosità di conoscere l'origine della storia dei comunisti cortalesi. E così quella sera si parlò, e non era certamente la prima volta, di Pietro cocco, confinato comunista sardo, che aveva fondato la sezione del PCI dopo la Liberazione e che durante il confino aveva "propagato" e diffuso l'idea comunista. Nessuno però ricordava quanti erano stati i confinati durante il regime, si parlava di tre o quattro. Nei giorni seguenti non riuscivo a non pensare a "questa storia". Mi recai perciò al palazzo municipale e, presso l'archivio comunale, molto ben conservato, iniziai una ricerca che riservò non poche soprese.
Una della prime cose che mi colpì fu l'elevato numero dei confinati a Cortale: ben cinquanta! Ma di costoro nessuno più conservava memoria. Allora, con l'aiuto degli elenchi telefonici delle provincie di provenienza dei confinati, cercai eventuali "superstiti" o loro parenti. Un metodo di ricerca quanto mai empirico ma che si rivelò assai utile...
La ricerca in alcuni casi fu vana, in altri ricevetti risposte evasive, frutto presumibilmente di rimozioni più o meno dolorose, poi riuscì a rintracciare Angelo Babini, ultimo di una "dinastia" di militanti comunisti decimati nella lotta per la libertà, parente di Mario Babini, il figlio di Giacomo Caranzano, il nipote di Alessandro Camia e, infine, rintracciai Pietro Cocco, unico confinato vivente, che mi inviò una cassetta registrata che, trascritta, è integralmente riportata. Potei così sapere cosa era successo dopo il confino a molti di loro, seguirli nel prosieguo della loro vita dopo il confino. Le loro storie, alcune particolarmente dolorose, meritavano di essere conosciute, meritavano la memoria, e la gratitudine di tutti noi.
Iniziai un lavoro per me, non aduso a simili imprese, difficile e faticoso ma che mi ha certamente arricchito e motivato. Queste pagine non hanno alcuna presunzione, non sono una ricerca storiografica, non sono opera di specialisti, né, ovviamente, sono indirizzate a "specialisti". L'intento è quello di far comprendere cosa significasse essere antifascisti durante il regime, far conoscere le storie di alcuni militanti della libertà che hanno sacrificato tanto, in alcuni casi la vita, per dare un avvenire più umano e giusto a tutti noi.
Due sono le storie che commuovono e toccano in modo particolare. Commuove la vita di Mario Babini che, nonostante il confino, il carcere, le continue persecuzioni, tra i primi organizza formazioni partigiane e che, per il suo impegno generoso, è barbaramente assassinato, dalle bande nere, il sei maggio 1944 a Giovecca di Lugo (Ravenna), morte decretata ed eseguita "per dare l'esempio".
Tocca profondamente la storia di Giacomo Caranzano, "di cultura alquanto superiore agli altri compagni della sua condizione", come recita il dispositivo di condanna che, attivo a Torino durante la fase del "soccorso rosso", partecipa in prima linea agli scioperi della Fiat e, per rappresaglia è arrestato, caricato su un treno con altri antifascisti ed ebrei e portato a Mauthausen dove venne fatto "passare per il camino".
La storia, "confinata" ai margini, misconosciuta, è un inno alla libertà contro la tirannia, alla speranza contro l'abbruttimento dell'umanità.
P.S.
In questi ultimissimi anni, e grazie a queste ricerche empiriche, sono successe diverse "cose". Alcune: il circolo di Rifonadzione Comunista di Cortale e quello di Conselice, intitolato a Mario Babini, si sono gemellati in un giorno particolarmente commovente in cui si sono ripercorse le tappe della sua vita e del suo martirio. Il gemellaggio si è svolto in occasione della festa di "Liberazione" a Conselice (Ravenna), nel giugno del 1997, "padrino" d'eccezione Aurelio Crippa, della segreteria nazionale di Rifondazione Comunista. Con i compagni di Conselice si è stabilito un felice e fecondo rapporto politico e di fraterna amicizia che si rinnova periodicamenre in occasione delle feste di "Liberazione" o di manifestazioni nazionali... L'estate scora è tornato a Cortale, pungolato dal ricordo e dalle mie telefonate, dopo più di cinquant'anni, Pietro Cocco, che ci ha regalato emozioni difficilmente esprimibili a parole, e che ci ha trasmeso non solo la memoria del passato, ma, cosa assai rara in tempi in cui la politica è spesso cattivo spettacolo, un rigore nell'analisi e un'attiva fiducia nel futuro che solo un uomo della sua tempra, e con il suo vissuto, può esprimere pienamente.
Aprile 2000 - Pietro Mascaro |