Introduzione
Il domicilio coatto, istituito come strumento transitorio contro il brigantaggio dopo l'unificazione d'Italia, fu utilizzato in seguito come strumento di repressione del dissenso politico. Anarchici e socialisti durante il Governo Crispi, furono i più colpiti. Sul finire del secolo, contro tale istituto, fu condotta una consistente campagna stampa agitando il problema nel Paese e nel Parlamemnto. Nel periodo giolittiano il domicilio forzato per motivi politici fu abolito ma rimase per reati comuni. A differenza degli altri periodi, durante il ventennio, con Mussolini, diventa strumento permanente di Governo. Il fascismo, infatti, nel novembre del 1926, per annientare l'ultimo residuo dello stato di diritto e completare il passaggio al regime dittatoriale, istituì il confino di polizia. Esso non funzionò soltanto come strumento per reprimere l'antifascismo, ma servì anche per soffocare ogni esile espressione di dissenso o di collera popolare contro le miserevoli condizioni di vita.
Dal 1926 al 1943 più di 17 mila persone furono inviate al confino. Di queste circa il 15% in Calabria(1). Tale consistente presenza in una regione come la Calabria era dovuta alla sua particolare condizione storica: estromessa dallo sviluppo-economico, offriva l'indispensabile isolamento dei confinati. Non per caso nella provincia di Catanzaro il domicilio forzato era in paesi con scarsissime linee di collegamento. Più di trenta erano i centri sedi di confino elencati nelle circolari che i questori inviavano ai podestà. Tra questi Cortale, situato in collina, a 450 metri sul livello del mare, tra il Golfo di Squillace e il Golfo di Lamezia Terme.
Dal 1934 al 1941, a Cortale, quattromila abitanti all'epoca, furono confinate 50 persone, in larga maggioranza comunisti e antifascisti, 11 gli "apolitici". Tra gli apolitici c'erano i cosiddetti "confinati comuni": condannati per reati di traffico di valuta, millantato credito, prostituzione, corruzione, ecc.
La politica imperialistica del fascismo e la sciagurata impresa coloniale, ebbero come risposta dalle potenze democratiche l'applicazione delle sanzioni economiche all'Italia. Principali vittime della crisi dovuta all'embargo furono i ceti popolari. La maggioranza di assegnazioni al confino coincise con tale periodo. A Cortale, invece, il maggior numero di confinati si ebbe nel 1941. Per la più insignificante critica circa le operazioni militari in Etiopia, per aver fatto dell'ironia sul duce, per aver cantato "Bandiera rossa", molte persone pagarono con anni di carcere e di confino la dolorosa lotta per la sopravvivenza. Per limitare il disagio crescente e controllare gli umori popolari il fascismo agì con feroce fermezza, disaggregando intere famiglie. Esemplare il caso del falegname Enrico Scotti, antifascista, confinato nel 1935 per avere esclamato: "Mussolini è un egoista" e criticato aspramente l'operato dell'Italia in Africa Orientale. Nel fascicolo personale di Scotti (A.C.C.) c'è la lettera di un avvocato che scrive al podestà di Cortale a nome e per conto della moglie del confinato: «...La sventurata moglie e madre di due bambini, da circa un mese è priva di notizie del marito le sarò pertanto veramente grato, trattandosi di caso più che reprimibile, disgraziato, se Ella vorrà disporre affinché io possa ricevere prontamente notizie...».
Il confino di polizia non indebolì la forte opposizione al regime dei "politici puri". Molti di loro, infatti, scontata la condanna, continuarono la lotta nelle file dell'antifascismo e furono esponenti di primo piano nella Resistenza: Alessandro Camia nel Lazio, Mario Babini in Romagna, Giacomo Caranzano a Torino, Roberto Bandiera a Milano...
Nonostante le tante restrizioni previste nella "carta di permanenza" molti confinati, soprattutto comunisti, continuarono la propaganda antifascista né mancarono episodi di solidarietà e di amicizia con la popolazione locale. Molte persone, ancora oggi, ricordano Pietro Cocco come il primo ispiratore di idee comuniste.
Il fascismo, perseguitando ed isolando quanti erano considerati "sovversivi", non riuscì a fermare coloro che rano animati da forti e salde convinzioni politiche ed ideali, non riuscì ad estirpare il seme della libertà e della ribellione alla tirannia.
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