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L'ILLUMINAZIONE: la Luce elettrica, l’Energia

Per i nostri antenati, la cottura, il riscaldamento e l’illuminazione erano le tre grandi necessità che nel miracolo del fuoco si soddisfacevano tutte. La prima a distaccarsi fu l’illuminazione che divenne indipendente e distribuita in più luoghi degli antichi insediamenti con fiaccole. Il successivo passo dello sviluppo tecnico è la realizzazione della candela.  L’uomo cercò di creare una fiaccola di dimensioni più piccole, facile da maneggiare, suscettibile di ardere a lungo, di produrre poco fumo e facilmente infiammabile. Mentre nella fiaccola, fiamma e combustibile erano un tutt’uno, nella candela essi furono separati in due frazioni distinte. La fiamma ardente intorno allo stoppino rappresentò la prima forma di luce utilizzata esclusivamente a scopo d’illuminazione. Tale fiamma illuminante rimase sostanzialmente inalterata fino al Settecento. Alla fine del Settecento il maggiore fabbisogno di luce costituì la molla di questo cambiamento, e la teoria della combustione, sviluppata da Lavoisier negli anni 70 del Settecento, la base su cui operare. Le lampade dovevano essere costruite in modo da permettere alla fiamma di ricevere una quantità d’aria superiore a quella ricevuta sino allora. Fino al 1780-1790, tutte le lampade ad olio, evoluzione delle antiche lucerne, producevano una luce fioca, molto fumo ed un odore intenso, soprattutto se a bruciare era olio di balena o altri cetacei. Altri combustibili od oli che erano entrati nel processo illuminante erano l'olio di colza e l'olio d’oliva. Colza e balena non erano accessibili a tutti per il costo e per questo motivo la maggior parte della popolazione utilizzò lardo e grasso animale, resto o cascame dalla preparazione dei cibi. 

Tra gli oli minerali occorre ricordare l'olio di scisto e soprattutto il petrolio. L'introduzione di quest'ultimo a partire dal 1850 ca. sarà un'autentica rivoluzione per le condizioni di vita della popolazione. Le manifestazioni petrolifere naturali nel nostro Appennino (Piacenza: La Romana Velleia) erano note da tempo e già sfruttate come combustibile ed impermeabilizzante (catrame). L'estrazione organizzata di olio inizia nel 1860 quando anche da noi arrivano le nuove pompe a vapore. Ad Ozzano di Parma, la ditta Donzelli scavò i primi pozzi profondi 32 e 45 metri, ottenendo 25 kg. di petrolio al giorno Nel 1864 fu perforato a Vallezza, tra Respiccio e Neviano de’ Rossi, il primo pozzo per idrocarburi (40 metri). Per l’epoca l’Italia era diventata il secondo produttore mondiale di petrolio. Il culmine di quest’attività s'ebbe ai primi del Novecento, quando in funzione c’erano ben 354 pozzi. L’Appennino sembrava Dallas. Per le candele si poteva scegliere fra candele di sego, economiche ma fumose e puzzolenti, e candele di cera d'api: luce chiara; ma costose. Candele di spermaceti (balene), luce chiara, brillante e costosa. Attorno al 1823, il francese Chevreul scoprì che il sego era formato da acidi grassi, tra i quali l'acido stearico. Attraverso un procedimento chimico, Chevreul ottenne una massa bianca e dura che chiamò "stearina", luce discreta a basso costo. Per le famiglie, le candele diventarono accessibili attorno al 1850, quando James Young ottenne cera di paraffina da olio di bitumi. Successivamente la paraffina fu ottenuta direttamente dal petrolio. L'introduzione della illuminazione e del riscaldamento a gas, a partire dagli inizi dell'Ottocento, ebbe invece conseguenze notevolissime sulla vita sociale e mutò radicalmente molte abitudini quotidiane della gente: cambiavano la vita privata, il lavoro, i divertimenti, si accentuava il distacco città-campagna. Il sistema di produzione del gas illuminante venne messo a punto da Samuel Clegg, attraverso la distillazione del litantrace. Sotto l'azione del calore il fossile si trasformava in carbon coke (speciale per fonderie), liberando nel contempo una miscela di gas che, depurata, poteva essere utilizzata per l'illuminazione. 

L’ "elettricità” invece è molto più vecchia di quanto si pensi. Fu il medico e fisico inglese William Gilbert, attorno al 1600, ad iniziare studi sperimentali sul magnetismo e a coniare il vocabolo elettricità. Il resto è storia di casa nostra grazie alle scoperte di due polemici scienziati, il bolognese Luigi Galvani e il comasco Alessandro Volta. Galvani, studiando le rane, scoprì che, scorticate, mantenevano la capacità di contrarre gli arti inferiori se i centri nervosi venivano stimolati e ne dedusse che gli esseri viventi possedessero una intrinseca elettricità. Volta corresse il tiro dimostrando che l'elettricità poteva nascere dal contatto fra due metalli diversi. Era il 1800 quando mise a punto la pila, una colonnina di monete di rame, di dischi di zinco e feltri imbevuti in acido che produceva corrente elettrica. La scoperta fu importante perché permise di stabilire un nesso fra due discipline come la fisica e la chimica, fino allora ritenute molto differenti. Questa scoperta, che destò scalpore, rimase però confinata ai laboratori. Nel corso del secolo vengono ideati diversi tipi di pile per ottenere rendimenti sempre migliori; appaiono i primi accumulatori ricaricabili. Nel 1835 l’ insegnante americano di scuola media, Joseph Henry , inventa il “Relè ad induzione magnetica”; dispositivo che al passaggio della corrente elettrica in un avvolgimento, fa aprire o chiudere l’interruttore di un altro circuito; tale scoperta fu inizialmente utilizzata per costruire campanelli elettrici, ma la premessa necessaria per la costruzione del telegrafo era aperta. Il 24 maggio 1844 Samuel Morse (1791-1872), inviò il primo messaggio telegrafico tra Washington e Baltimora. Nel 1849 il fiorentino Antonio Meucci (1808-1889), autodidatta, allora attrezzista al Teatro dell’ Avana a Cuba, fece i primi esperimenti con telelegrafo parlante; strumento che poi il prof. Alexander Graham Bell (1847-1922) perfezionò e brevettò (il 7 marzo 1876) con il nome attuale di “telefono). Nel 1877. Un altro grande inventore e impresario americano Thomas Alva Edison (1847-1931), inventò e brevettò il fonografo a cilindro. Egli cercava un sistema per memorizzare i messaggi telegrafici e scoprì che facendo girare velocemente un disco su cui erano stati incisi i punti e le linee dell’ alfabeto Morse, toccandoli con una punta metallica si udivano delle note, che potevano essere amplificate. Nel 1879 lo stesso Edison inventò la “lampadina”; comprendendone il valore commerciale, fondò la Edison Electric Light Company, che nel giro di due anni produceva più di 100 mila lampadine all’ anno. Edison assieme al suo assistente Nikola Tesla progettò anche le prime centrali elettriche a corrente continua, che entrarono in funzione, una a Londra (gennaio 1882) e poi l’ altra a New York (settembre 1892). Tesla entrò in conflitto con il suo datore di lavoro, perché preferì progettare centrali elettriche a corrente alternata. Date le dimissioni passò ad un’ altra società elettrica, la Westinghouse, con cui costruì e mise in funzione (1891) la prima centrale idroelettrica sul Niagara per azionare motori elettrici, simili a quelli che il fisico piemontese Galileo Ferraris (1847-1897) aveva costruito ma non brevettato nel 1888 perché perseguiva l’ idea che la scienza fosse un bene universale. Da quel momento la corsa in Italia alla illuminazione pubblica  fu veloce. Ed ecco il "miracolo" di piazza del Duomo illuminata a giorno. Dopo questo evento, nel 1883, il Teatro di Santa Radegonda ospitò il primo impianto termoelettrico in Europa. Fu poi la volta di quello di Tivoli, inaugurato nel 1886, che sfruttava le cascate dall'Aniene. Il titolo di "città della luce" (in francese: Ville Lumière) fu assegnato a Parigi, ma per estensione anche a tutte le grandi città che si erano dotate di una rete di illuminazione stradale. La ricchezza d’acqua favorì il moltiplicarsi  delle centrali idroelettriche un po’ dovunque, ma anche altri sistemi di produzione, alimentati da combustibili fossili come carbone, gas naturali, gasolio o fonti geotermiche (soffioni) vennero sperimentati. Nel 1905 l'Italia, priva di carbone, è la prima nazione europea per potenza idroelettrica installata e nel 1912 registra il primato europeo per la lunghezza delle linee ferroviarie elettrificate. Alla fine del secolo Guglielmo Marconi realizza la telegrafia senza fili, passando in un campo sconosciuto che aprirà le porte a radio e televisione.

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