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“Sentimento Nuovissimo”

di
Monia Di Biagio.


© Proprietà esclusiva. [Monia Di Biagio] ® Tutti i diritti riservati.

Note introduttive alla Silloge

La Silloge di Poesie, "Sentimento Nuovissimo", è un insieme di pensieri e cari ricordi di quell’Excursus Amoroso, che ciascuno di noi ha vissuto e che va dalla scoperta del Primo Amore, vissuto come qualsiasi adolescente, molto intensamente dall’Autrice Monia Di Biagio, fino alla perdita di quest’ultimo, alla convinzione di non saper più amare, accompagnata però dal forte desiderio di poterlo fare ancora, allo scoprirsi di nuovo e più fortemente, sempre "Innamorata dell’Amore", nello stesso momento in cui l’autrice all’unisono di questo suo Nuovissimo Stato d’Animo, di qui il titolo "Sentimento Nuovissimo", incontrerà l’Uomo della sua Vita, che come è possibile leggere nella penultima ed ultima Poesia, oggi è Suo Marito!

SILLOGE PREMIATA.

L’autrice, Monia Di Biagio, nel 2002, viene invitata a partecipare insieme ad altri 120 scrittori selezionati in tutta Europa, su segnalazione di Organismi culturali e qualificate pubblicazioni, al Premio “Omaggio a Goldoni”, che vince classificandosi al primo posto nella categoria “Anni Verdi”, con il racconto inedito “I sogni in un baule”, oggi facente parte della Raccolta “Destini”. Superata questa prima selezione e menzionata tra gli scrittori Europei migliori e più meritevoli, premiati in quest’ultimo Concorso Europeo, l’autrice viene invitata a partecipare al Premio Letterario Internazionale “Victor Hugo”, che vince l’8 dicembre 2002 appunto con la Silloge “Sentimento Nuovissimo”. Il 13 Dicembre 2002 riceve inoltre la Menzione d’Onore al Premio Interlingue “Nosside”, per la Poesia “Oblio”, ivi contenuta ed “Inno all’Amore”, lirica facente parte sempre di questa Silloge, selezionata ed inserita nell’E-Book “PER AMORE” del Club Letterario Pennepazze per la ricorrenza di S.Valentino 2003.

Prefazione

Liberamente tratto da “Il Piacere” di Gabriele D’Annunzio:

<<Egli mi conquista l’intelletto e l’anima, ogni giorno di più, ogni ora di più, senza tregua, contro la mia volontà, contro la mia resistenza. Le sue parole, i suoi sguardi, i suoi gesti, i suoi minimi moti entrano nel mio cuore. Quando parliamo insieme, talvolta io sento che la sua voce è come l’eco dell’anima mia. Accade talvolta che io mi senta spingere da un subitaneo fascino, da un’attrazione cieca, da una violenza irragionevole, verso una frase, verso una parola, che potrebbe rivelare la mia debolezza. Mi salvo per prodigio e viene allora un intervallo di silenzio, nel quale io sono agitata da un terribile tremito interiore. Mi sembra che una fiamma mi corra sotto la pelle del viso, quasi che io stia per arrossire. S’egli cogliesse quell’attimo per guardarmi risolutamente negli occhi, sarei perduta. Io non so prendere una risoluzione non so fare un proposito. Io mi abbandono un poco a questo nuovissimo sentimento, con il trepidante ardire di chi, per cogliere le violette, s’avventura sull’orlo di un abisso in fondo a cui rugge un fiume vorace. Egli non saprà nulla dalla mia bocca. Le anime saliranno insieme un breve tratto, berranno qualche sorso alle fonti perenni, quindi ciascuno riprenderà la sua via, con maggiore confidenza con minor sete. I moti del mio spirito prendono forma d’interrogazione, di enigmi. Io interrogo di continuo me stessa e non rispondo mai.

Non ho avuto il coraggio di guardare proprio in fondo, di conoscere con esattezza il mio stato, di prendere una risoluzione veramente forte e leale. Io sono pusillanime, vile, ho paura del dolore, voglio soffrire il meno possibile, voglio ancora ondeggiare, temporeggiare, palliare. Salvarmi con sotterfugi, invece di affrontare a viso aperto la battaglia decisiva. Il fatto è questo: che io temo di rimanere sola con lui, d’aver con lui un colloqui grave. L’ artificio è indegno di me. O voglio assolutamente rinunziare a questo amore, ed egli udirà la mia parola triste e ferma.  O voglio accettarlo nella sua purità, ed egli avrà il mio consenso spirituale. Ora io mi domando: che voglio?  Quale scelgo delle due vie? Rinunziare? Accettare? Rinunziare è ormai come strappare, con le mie unghie una parte viva del mio cuore. L’angoscia sarà suprema, lo spasimo passerà i limiti di ogni sofferenza. Accettare è l’eroismo che viene coronato, premiato dalla divina dolcezza che segue ogni forte elevazione morale, ogni trionfo dell’anima sulla paura di soffrire. Accetterò. Ara con pianti, anima dolorosa, per mietere con canti d’allegrezza!>>

G. D’Annunzio

Note alla Prefazione

Il brano è tratto da “Il piacere” di Gabriele d’Annunzio, il primo dei tre romanzi, successivamente in seconda edizione, classificati dallo stesso Poeta, come facenti parte della “Trilogia della rosa”.  Questo suo primo romanzo vide la luce nel maggio 1889 per opera dell’Editore Treves di Milano. Erano gli anni dell’intenso amore con Elvira Natalia Fraternali in Leoni, ma che il D’Annunzio -come era sua abitudine - volle chiamare Barbara (Barbarella) Fu un grande ed intenso amore che ebbe inizio il 2 aprile 1887 a Roma in occasione di un Concerto; amore che durò cinque anni. Il brano liberamente tratto ed ivi pubblicato, si riferisce al Diario segreto che la protagonista del romanzo -Maria Ferrer - quotidianamente teneva e riportato nel romanzo con la data iniziale del 15 settembre 1886.

Premessa dell’autrice.

I pensieri, le emozioni che vado a trascrivere, dato che troppo presuntuoso mi sembrerebbe chiamarle “Poesie”, mi sono state dettate dal cuore nei momenti di intensa gioia e immenso dolore, in un periodo assai lungo sentimentalmente, della mia vita, quello che solitamente viene definito “Il Primo Amore”. Con l’ardore di chi ama, impavida, mi gettavo inconsapevole tra il turbinio delle onde di questo Nuovissimo Sentimento, che di lì a poco avrebbe fatto sanguinare il mio cuore e per sempre avrebbe marchiato l’anima mia. Incominciai a vivere in maniera assoluta, quelle emozioni che con la stessa frequenza del respirare, mi venivano tanto generosamente donate. Non rinunciai a nessuna di esse, e ad ognuna diedi estrema importanza, forse perché inconsciamente sapevo che quell’Età, artefice di tutto questo, e quel Sentimento Nuovissimo non sarebbero mai più ritornate. Così scrissi e scrissi ancora, finché ogni moto dell’anima mia, ogni spasimo del cavalcante cuore, vennero messi “nero su bianco”, guadagnando così quel sentore di Eternità, che la labile memoria umana non gli avrebbe mai concesso. Un tipo di Amore, di idillio, il mio, assolutamente platonico e che come nella migliore tradizione, lentamente è volto al termine. E quando quelle corde smisero di vibrare tutto ciò che rimase fu un vuoto incolmabile. Tutto ciò mi ha dato modo di cominciare trascrivere i miei più profondi sentimenti, a coglierli, riconoscerli, analizzarli, dandomi inoltre la possibilità di conoscere un po’ più anche me stessa. Scoprii così in me l’esistenza di quella parte poetica ed estremamente emotiva, che incondizionatamente e con enorme forza voleva uscire fuori, esistere, vivere, non essere più dimenticata. A quel Sentimento Nuovissimo e a quel Primissimo Amore, che dopo molto tempo e con enorme sforzo introspettivo, riuscii ad allontanare dalla mia mente, sono interamente dedicate queste mie prime composizioni, di cui Egli non fu mai possessore, perché questo avrebbe significato, affidargli le mie creature, nell’incertezza totale che Lui avrebbe potuto amarle, come certamente le amo io.

Monia Di Biagio

Dedica dell’autrice: al Nonno.

"Bocciolo di rosa"

Nel "suo" giardino
c’era una rosa:
la più bella di tutte.
Non osavo coglierla,
per non spegnerne
la vivacità del colore.
 
Ore passate accanto a lei,
estasiata dalla sua bellezza.
 
Un giorno però,
voltai le spalle
mi rigirai
e non la vidi più.
 
Ma ne serberò
per sempre
il profumo.
 
A lungo,
mi sono chiesta:
<<Perché proprio la mia rosa?>>
 
Forse,
proprio perché
era
la più bella di tutte!

Con Amore nel vivo ricordo,

Monia Di Biagio

 

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