Prison
Si svolge alcune settimane
dopo l'episodio
2x06 Trinity
'Sometimes it's hard to know where I stand, [Qualche volta è
difficile sapere in che condizione sono ]
It's hard to know where I am, [è difficile sapere dove io sia ]
Well maybe it's a puzzle I don't understand' [beh, forse è un enigma che non
capisco]
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Parole dalla canzone 'Is it any wonder?' dei
Keane
Due settimane.Due settimane in una prigione.
Era seduto su un letto con una coperta
avvolta intorno a lui, rabbrividendo dal freddo, curvato, le braccia intorno
alle ginocchia tentando di mantenersi caldo, e fallendo. Le notti
erano fredde e la prigione non aveva riscaldamento. Una coperta non era
sufficiente a tenerlo caldo, ma era sufficiente per evitare l'ipotermia.
Rabbrividì. Naturalmente, non riusciva a dormire molto di notte, dormiva
soprattutto di giorno, quando era perlomeno sopportabile, e la coperta
svolgeva il suo compito.
Il cibo arrivava due volte al giorno. Beh, lui
lo chiamava cibo; ed era commestibile, appena. Non molto, ma
abbastanza da impedirgli di morire di fame e tenere a bada l’ipoglicemia.
Stava perdendo peso, però; il che non lo stava aiutando con il problema del
calore, dato che il grasso funge da isolamento .Non che lui fosse grasso,
tutt’altro, ma… tutto faceva brodo.
Trascorreva la maggior parte del suo tempo
bloccato nella sua cella, da solo. Due volte a settimana lo facevano uscire
per fargli fare una doccia e radersi. Tre volte a settimana per fare
esercizio fisico nel cortile con gli altri prigionieri. Al principio, alcuni
di loro avevano parlato con lui, ma non ora. Le guardie della prigione
avevano sparso voci sul suo crimine, e negli occhi di tutti era evidente
l'odio. L'unico motivo per cui nessuno dei prigionieri l’aveva aggredito era
a causa di quello che sarebbe accaduto se l’avessero
fatto. Le guardie erano controllate molto attentamente da coloro che erano
in carica per farla franca sul maltrattamento di prigionieri
.Immaginava che dovesse essere grato per queste piccole benedizioni.
Uno degli altri prigionieri prima che
diventasse un paria, gli aveva detto come funzionava il sistema:se avevi
qualcuno fuori disposto a pagare una piccola somma di denaro ogni
settimana, allora ottenevi altre due coperte e cibo di migliore qualità, di
più e tre volte al giorno; se avevi qualcuno disposto a pagare un po’ di
più, allora ottenevi privilegi extra come le lettere, sia da ricevere sia da
spedire, visite saltuarie e piccoli lussi come libri ,oppure fotografie, o
magari cibo extra.
Lui non aveva nessuno fuori disposto a
pagare qualcosa per lui. Nessuno su questo Pianeta l’avrebbe fatto. Lui non
era di qui , perciò niente famiglia, niente amici.
Niente amici.
Non più, a quanto pare. Era stato lasciato indietro, abbandonato al suo destino. Alla faccia di ’Non lasciare mai nessuno indietro’. Questa regola non si
applicava a lui. Una volta era così , e non tantissimo tempo fa, in verità;
ma non adesso.
A quanto pare aveva commesso un errore di
troppo. Duranda era stato il 'primo chiodo sulla bara'. E non aveva
dubbi che sarebbe stata la sua bara. Quanto tempo sarebbe trascorso
prima di ammalarsi o per la mancanza di calore, di cibo decente? Quanto
tempo sarebbe trascorso prima di morire qui, da solo e odiato?
Così, Duranda era stato il primo chiodo.
O forse era stata l’ultima goccia? E quest’errore, in questo posto,
su questo patetico Mondo, era stata l'ultima goccia, che non aveva
fatto traboccare il vaso, ma distrutto la fiducia, l'amicizia, il
rispetto di tutti. Lasciandolo esiliato, a dover convivere con le
conseguenze del suo errore. Il suo terribile errore che aveva causato la
morte di centinaia di persone di questo posto. Non c’era da stupirsi che lo
considerassero un omicida di massa; benché fu soltanto in parte colpa sua, e
per questo era stato l'unico motivo per cui aveva evitato un verdetto di morte; lui non era
del tutto da biasimare.
Il secondo chiodo, goccia, quello che
era, fu su M8z-005. Un impianto del controllo meteorologico di
progettazione Antica aveva garantito che il Mondo restasse abitabile; non
era chiaro che cosa gli fornisse energia. Non uno Zeta Pi Emme, di questo
n’era certo.
Naturalmente, i suoi tentativi di localizzare
la fonte d’energia nella speranza di poter trovare un nuovo
modo per fornire energia ad Atlantide, erano finiti con lui che aveva quasi
distrutto l’impianto meteorologico ben regolato di questo Mondo; una
tempesta particolarmente intensa era passata sopra a dove si trovavano
distruggendo quasi il dispositivo antico e l’edificio in cui era riposto,
uccidendo quasi la sua squadra e lui stesso. Furono fortunati a cavarsela
con solo delle ferite minori.
L’impianto del controllo meteorologico del
pianeta andò a posto da solo tanto rapidamente quanto era impazzito; una
volta che ebbe rimediato al suo errore se n’andarono senza sapere in
che modo il dispositivo si alimentasse. Era contrario ad andarsene, anche
allora, ma le espressioni sui volti della sua squadra gli erano stati
sufficienti a farlo rinunciare. Non ne erano stati felici, e neppure
Elizabeth lo era stata quando ascoltò che cosa era accaduto. Non era stato
un bel modo per riguadagnare la loro fiducia. Per riguadagnare fiducia di
Sheppard.
Voleva solo trovare un nuovo modo per fornire
energia alla Città, ma aveva quasi distrutto un Mondo e i suoi abitanti,
che, per fortuna, erano all'oscuro del dispositivo o della presenza della
squadra, altrimenti la faccenda si sarebbe potuta concludere anche molto male.
Senza contare che aveva quasi ucciso la sua squadra. Non era stato il suo
momento migliore, ma neanche il peggiore. No, Duranda, o questo luogo,
era il peggiore, solo non aveva ancora deciso quale dei due lo fosse.
E così l’ultima
goccia, era stata qui, su Kelther. Un Mondo con una tecnologia quasi dello
stesso livello dei primi anni dell '[1]900, ma che aveva uno Scudo lasciato dagli Antenati e che
aveva scoperto il Naqahdah, che si trovava naturalmente sul loro Mondo. Lo
Scudo ricopriva un’area di un raggio di circa 50 KM e i Kelthans restavano
principalmente all'interno di quella zona, vicino a quelli che vivevano
all’esterno; presumibilmente abbastanza vicino per fuggire qualora fossero
arrivati i Wraith, poiché la Sala Controllo dello Scudo li avvertiva anche
delle Navi in avvicinamento. La Porta era all'esterno della zona protetta,
ma almeno erano protetti dai Wraith, ogni volta che essi giungevano. E, alla
fine, i Wraith ci rinunciavano sempre e procedevano oltre.
C’era la possibilità di negoziare per il
Naqahdah, così come per il cibo fresco, per integrare i rifornimenti dalla
Terra, e per alcune erbe medicinali che avevano fatto eccitare Carson,
perché, apparentemente, potevano curare una malattia che stava causando dei problemi
a uno dei nostri altri alleati in questa galassia.
I Kelthans stavano tentando di sfruttare
l'energia dal Naqahdah non come bomba, ma come fonte d’energia per la loro
società nascente, che stava aumentando, ricorrendo all’elettricità invece
del vapore; ma un tragico incidente che aveva causato la morte di venti
scienziati e la distruzione del loro laboratorio, che, per fortuna, avevano
avuto l’accortezza di collocare all’esterno delle loro zone abitate, aveva
portato a una momentanea interruzione del progetto.
McKay era stato completamente a favore a formare un'alleanza
con questa gente. Avere accesso al Naqahdah a Pegaso, invece di fare affidamento
sulla consegna da parte della Dedalo, era qualcosa che valeva davvero la pena
ottenere; in cambio, potevano offrire un aiuto per costruire i
generatori.
Elizabeth era stata titubante; si preoccupava
della possibilità che i generatori si trasformassero in armi. Lui l’aveva
assicurata che questo non sarebbe accaduto, le parlò di un progetto di un
generatore che aveva più di un meccanismo di sicurezza incorporato che
rendeva impossibile il sovraccarico, e che rimuovendoli avrebbe impedito al
generatore di funzionare del tutto. Il Governo degli Stati Uniti aveva
scelto di usare un progetto che consentisse il sovraccarico, avendo una
fonte d’energia che poteva essere trasformata in un'arma, superava in
importanza qualunque preoccupazione riguardante la sicurezza.
Qualcosa per cui tutti dovevano essere
riconoscenti, aveva sottolineato lui. Doveva menzionare il nanovirus?
Gli fu chiesto se poteva
costruire questo generatore più sicuro, lui rispose che certo che poteva.
Chi pensavano l’avesse progettato in primo luogo? Dopo tutto, il Governo
degli Stati Uniti poteva aver dovuto acconsentire che la Russia avesse un
programma Naqahdah in quel particolare momento, ma questo non significava
che volesse che possedessero una potenziale arma; di conseguenza, dopo
essere stato inviato a sovrintendere la faccenda, aveva avuto l’idea di
questo progetto. Questo diede ai Russi un generatore Naqahdah e tenne anche
gli Americani alquanto ammansiti.
Avevano offerto questo progetto e un aiuto per costruirlo, e in cambio
ottennero un rifornimento di Naqahdah, cibo e delle erbe medicinali. Una
situazione di reciproco vantaggio.
O così era sembrata.
Naturalmente, quando qualcosa era
andato per il verso giusto nella Galassia di Pegaso?
I Kelthans avevano dei
vicini su un altro continente che non erano protetti da uno Scudo, e che erano lasciati alla mercé dei
Wraith, e non erano noti per la loro misericordia. Molti volte, gruppi di questi Thaneks , come si definivano, tentarono di prendere il
controllo dello Scudo, ma non vi erano mai riusciti; comunque, sembrava che
i Kelthans volessero porre fine agli attacchi entrando in possesso di
un'arma che avrebbe intimorito i Thaneks.
Di notte , quando Rodney stava dormendo, gli
diedero una gomitata e lo svegliarono;quindi rispose alle loro domande,
mostrò loro i nuovi progetti, e poi ritornò a dormire; quando si svegliò il
giorno seguente non aveva ricordo dell’evento; si sentiva più stanco di
quanto si aspettasse, ma l’aveva attribuito allo stress di lavorare con i
Kelthans.
Una settimana più tardi, i Kelthans, a quanto
pare, erano stati rapidi nell’apprendere, avevano costruito una
bomba al Naqahdah funzionante che avevano usato sui Thaneks. Furono uccise
centinaia di persone.
I Kelthans avevano preteso delle risposte e
gliele forinirono; lui sapeva che doveva essere biasimato per
ogni cosa. Aveva convinto lui Elizabeth che il generatore sarebbe stato
sicuro, e aveva avuto torto. Torto marcio. Di nuovo.
Stavano ritornando alla Porta quando i Thaneks
attaccarono;invece di essere intimoriti, cercarono vendetta. Questa volta
vennero numerosi e presero il controllo, uccidendo centinaia di Kelthans
nello scontro.
Lui fu separato dalla sua squadra, tagliato
fuori dalla Porta. Sheppard gli aveva comunicato via radio che stavano
tornando indietro tramite la Porta e che sarebbero ritornati con i Jumper e
che doveva pazientare e aspettare lì.
Non ritornarono mai ,e lui fu catturato;
processato e trovato colpevole per aver aiutato i Kelthans a costruire la
loro bomba, ma poiché non era stato intenzionale, commutarono la sentenza al
carcere a vita, e non a morte; benché, in effetti, fosse la stessa cosa,
alla fine. Non sarebbe durato a lungo in questo luogo; probabilmente dei
mesi, al massimo. Era una morte lenta, tutto qui.
Era stato abbandonato. Due settimane e nessuno
era venuto. Nessun Jumper tramite la Porta. Nessun salvataggio.
Era solo, in una cella fredda, con del cibo
orribile, circondato dall’odio; con la colpa a tenergli compagnia. Colpa.
Per tutte le cose che aveva sbagliato nella sua vita;tutte quante le
decisioni sbagliate che aveva preso; tutte le morti di cui si sentiva
responsabile; tutti gli errori e tutte le loro conseguenze.
Tutte le amicizie che aveva perduto.
Lui non li biasimava, per tutto questo. Faceva
male, che, ovviamente, avessero deciso che stavano meglio senza di lui. La
sua intelligenza e conoscenza non valevano il grattacapo che era, certamente non valevano la pena dei disastri che aveva provocato, o
quasi provocato. Poteva aver salvato Atlantide, o la sua squadra,
innumerevoli volte, ma Zelenka era bravo; se l’avrebbero cavata. Meglio
cavarsela senza di lui che doversi occupare dei suoi pasticci.
Non li biasimava, malgrado questo facesse
male. Se l’era meritato.
Faceva ancora molto male.
Passò un'altra settimana, gli venne una tosse
insistente che lo lasciò spossato. Non sprecavano le medicine sui
prigionieri, a meno che non si avesse qualcuno fuori disposto a pagarle; il
che, voleva dire: niente medicine per lui. Così l’emicrania e la tosse non
migliorarono, in effetti, peggiorarono;finora non erano comparsi febbre,
dolore o sofferenza, niente starnuti o naso ostruito, ma una tosse
persistente, un mal di testa che minacciava di trasformarsi in un'emicrania,
e un’apatia che lo teneva a letto la maggior parte del tempo.
Le guardie non lo avevano costretto a uscire
per l’ultima sessione d’esercizio fisico, il che, non era sicuro, se
fosse, o no, una cosa positiva. Si sentiva troppo male per andare fuori, ma,
forse, un po’ d’aria fresca l’avrebbe aiutato. O forse no.
Non voleva morire, nonostante la prigionia e
l'abbandono. Voleva vivere, anche se, non aveva nessuna speranza di
un salvataggio, e poca di un rilascio; ma quanto tempo sarebbe
trascorso prima che si prendesse una malattia che l’avrebbe ucciso? Forse
l’aveva già.
Era davvero così ingiusto. Tuttavia, anche se
pensava questo, si ricordò dei suoi errori, le persone che erano morte, o
quasi morte, a causa sua; forse non era così ingiusto, dopotutto.
Una guardia aprì l’uscio della sua cella e lo
fece uscire; si alzò in piedi sulle gambe malferme e lo seguì. Era già
ora di una doccia e di pulirsi? O avevano deciso di non saltare la sessione
d’esercizio fisico, come aveva pensato, ma di fargli fare esercizio da solo
così da non contagiare gli altri prigionieri? Non si diede pena di chiedere,
aveva imparato, all’inizio, che non rispondevano mai alle sue domande, e lui doveva, in questo momento, dedicare le sue energie
al camminare e non a
parlare. La concentrazione necessaria a mantenersi in piedi e a muoversi lo
distrassero dai luoghi circostanti, e non notò che stavano dirigendosi
invece in un altro posto. Non il bagno o il cortile per l’esercizio fisico.
Quando fu condotto in un'altra stanza con un
tavolo e due sedie, una da ogni lato, fu sorpreso, confuso e preoccupato.
Sprofondò in una delle sedie, e fu lasciato solo.
Che cosa stava succedendo?
Incrociò le braccia e le stese sul tavolo, e
ci appoggiò sopra la testa, debolmente. Un colpo di tosse lo costrinse a
tirarsi su, ma una volta che fu cessato, posò di nuovo giù la testa ed
attese.
Passarono alcuni istanti, poi la porta si
aprì, qualcuno entrò e si sedette sulla sedia dall'altro lato del tavolo; la
porta si chiuse, e lui si fece violenza per sollevare la testa e guardare la
persona di fronte a lui.
"Ehi," L'uomo fece una pausa, esaminandolo in
modo critico. "Hai un aspetto orribile, McKay."
"Allora il mio aspetto riflette come mi
sento, Maggiore," Rispose lui, domandandosi se stesse avendo
un’allucinazione. "Perché sei qui?"
Notò che Lorne aveva l’aria confusa per questa
sua reazione.
"Tu che pensi? Per farti uscire da qui."
"'Oh," Si accigliò, ma un attacco di tosse lo
interruppe prima che potesse dire altro.
"Sembra proprio una brutta tosse," Lorne si
alzò, fece il giro per sistemarsi sul tavolo accanto a lui; poi fece
scivolare un trasmettitore sulla spalla di McKay ed attese che
la tosse diminuisse.
"Credi di poter stare in piedi?"
"Perché?"
"Perché altrimenti cadrai sulle chiappe quando
ci teletrasporteremo a bordo della Dedalo."
"Oh, giusto," Rodney si stava sforzando di
venire a patti con il suo salvataggio. Perché erano venuti adesso?
Avevano cambiato idea? Si era guastato qualcosa che solo lui poteva
riparare? Questo era molto più probabile, immaginò. Si sollevò lentamente con il Maggiore Lorne che gli offriva una mano ferma. Una volta
raddrizzatosi, Lorne contattò la nave e furono teletrasportati in
Infermeria; dove lui sprofondò nell’oscurità.
Emergeva di tanto in tanto, conscio
soprattutto dell’accento dialettale di Carson, anche se talvolta ci
fossero anche altre voci :Sheppard, Ronon, Teyla, Elizabeth, Radek; ma non
riusciva a capire che cosa stessero dicendo, riusciva solo a rabbrividire,
tossire e ripiombare nel sonno.
Naturalmente, quando dormiva arrivavano i sogni. Incubi e ricordi, di essere abbandonato al suo destino, della
sua squadra, dei suoi amici; tutti con volti arrabbiati che lo
rimproveravano per i suoi errori , e si allontanavano; lasciandolo indietro,
perché non potevano più tollerare i suoi errori. Rabbia e odio, dove prima
vi era stata amicizia e fiducia. Il suo intero mondo stava per cadere a pezzi.
Essere lasciato solo e odiato, come si meritava. Era davvero colpevole:
delle persone erano morte a causa sua e ora nessuno l’avrebbe aiutato.
Aveva commesso troppi errori, aveva esagerato.
Non sapeva che i suoi incubi diventavano
parole, indistinte e frammentarie, dette nella febbre a quelli che
ascoltavano e che si addoloravano per lui. Tutta la sua colpa e paura, tutte
le sue insicurezze in se stesso, e nei suoi amici, tutta la sua solitudine;
tutto questo fu messo a nudo.
E loro si resero conto che quest’uomo
arrogante, egotista e rude, era fragile nell’animo; era un concetto
che mai avevano realmente realizzato prima. Sapevano che ci teneva, sapevano che c’era qualcosa di più sotto la superficie, ma mai
avevano pensato che fosse così fragile, così vulnerabile, così insicuro
di sé, e di loro.
I recenti avvenimenti lo avevano messo in crisi più di
quanto avessero inteso. Aveva nascosto la sua crescente colpa, la sua
crescente insicurezza nelle proprie abilità, nella loro opinione nelle sue
abilità, la sua crescente insicurezza sul suo valore, ai loro occhi e ai
propri. Febbre, e settimane credendo che alla fine fosse stato abbandonato
ad affrontare, infine, quello che la sua colpa gli aveva detto che si
meritava, lo fece aprire completamente a loro. E ciò che videro
fu straziante.
Avevano bisogno di preparare una risposta. Avevano bisogno di riassicurarlo, ma in un modo in cui lo avrebbe accettato,
un modo che non l’avrebbe reso sospettoso delle loro azioni. Per
riaffermarlo, ma con cautela.
Lui doveva sapere che lo stimavano
come persona, non solo per il suo intelletto o le sue capacità; ma doveva
essere fatto in un modo che sembrasse naturale per ciascuno di loro. Non
avrebbe funzionato se, improvvisamente, si fossero comportati con lui
diversamente dal solito;ciascuno doveva trovare il proprio modo.
Sarebbe occorso del tempo, molto tempo, ma
erano determinati ad assicurarsi che sapesse, al di là d’ogni dubbio,
che mai, e poi mai, l’avrebbero abbandonato; che avrebbero sempre
lottato per ritrovarlo, salvarlo, se mai si fosse perso di nuovo.
E per di più, ognuno di loro aveva le proprie
questioni da affrontare riguardanti le sue ultime azioni: come la fiducia,
il perdono, ed accettare che non era perfetto, poiché nessuno lo era
mai; che lui non era infallibile.
Non avrebbe mai, e poi mai, saputo che cosa
avevano sentito, che aveva messo a nudo la sua anima dinanzi a loro. Sarebbe
stato soltanto più un danno che un bene, e lui aveva sofferto abbastanza
danni. L’avrebbero protetto da qualunque altra sofferenza con
quest’unico atto di silenzio.
Una delle prime cose che
Sheppard gli disse, quando infine si svegliò e fu cosciente, era che non
l’avevano abbandonato; che la Porta su Kelther era stata danneggiata e che
erano stati costretti ad aspettare che la Dedalo ritornasse dalla Terra; che erano venuti non
appena avevano potuto, mandando solo Lorne per timore che qualsiasi membro
della squadra sarebbe stato riconosciuto e catturato.
E che non doveva essere biasimato per le
azioni dei Kelthans. La perdita di vite umane non era colpa sua.
Era un inizio.
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'Some
long ago when we were taught [Qualche tempo fa quando ci fu insegnato
That for whatever kind of
puzzle you got [che per qualsiasi tipo di enigma che incontri
You just stick the right
formula in [ devi solo applicare la formula giusta
A solution for every fool'
[una soluzione per ogni stupido
Parole dalla canzone: 'Least Complicated'
delle
Indigo Girls
---------
FINE
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