Così, Juccia, toltasi quel grosso peso dallo stomaco, si dirige
a guisa di volpe verso casa. Una volta arrivata , circa verso le sette
di sera, trova il vecchio nonno Peppone seduto sulla sua solita poltrona
a guardare la televendita di Giorgio Mastrata sulle pentole. Peppone è
un "giovanotto" di anni 84 e se li porta molto male. Infatti da quando
è morta sua moglie Salutina, il povero nonno si è lasciato
andare, trascurava i suoi interessi (e il suo corpo soprattutto) e se ne
stava da circa 13 anni su quella dannata poltrona. Si alzava solo per andare
al bagno (per motivi diversi). Inoltre il nonno peppone era anche un po
andato di testa, però, nonostante tutto, una cosa la faceva bene:
"rompere i coglioni". Difatti enunciava sempre i medesimi avvenimenti riguardanti
sua moglie e la 2° Guerra Mondiale, guerra che lui non aveva combattuto
ma aveva un amico, un certo Benito, che gli aveva raccontato tante cose
a riguardo e che una volta gli aveva anche fatto conoscere un tale signore
di nome Adolf ... Ovviamente Juccia ed il resto della famiglia non gli
credevano, in fondo Peppone è un povero vacchiaccio di merda che
vive ancora nonostante tutte le maledizioni e le imprecazioni mandategli
da tutti.
Alla vista del solo nonno, Juccia si stupisce che gli altri familiari
non siano ancora arrivati ed intanto impreca contro di esso. Infatti i
genitori di Juccia, Rocco e Assunta (da chi non si sa), hanno un ortofrutticola
ben avviata e insieme a loro lavorano i tre fratelli di Juccia: Eligio,Basilio
ed Ettore, rispettivamente di anni 27, 24 e 19 (sulla ruota di Venezia),
per un peso totale di 300 Kg divisi così: 150 a Basilio, 70 a Egidio
e ben 60 ad Ettore. L'ortofrutticola è sita nel centro di Monte
S.Biaggio e se essi non fanno ancora ritorno a casa, è segno che
gli affari vanno a vele gonfie.
Così la giovane Juccia incomincia a preparare la cena ma poco
più tardi una voce che le viene da dentro, ma sopratutto il fetore
che le viene da fuori, la induce ad andare a farsi un bidè.
Fine settimo capitolo.
Qui
vediamo Ettore da bambino con degli amici mentre lavora nell'ortofrutticola
del padre.
Foto
del vecchio nonno Peppone con la sua indivisibile fisarmonica
CAPITOLO 8
"Le mazzate"
Sul fare della sera si approprinqua a tornare a casa la famiglia di Juccia.
In particolare i tre fratelli sono oltremodo taciturni e codesto atteggiamento
sospetto fa raddrizzare i biondi baffi di Juccia. Infatti ella osservò
i cupi volti dei suoi tre fratelli e capì che sotto c'era qualcosa.
Erano le 19 e 17 passate (da circa un minuto) e l'intera famiglia Copertone,
escluso il nonno a cui era già tanto se gli davano un pezzo di pane
avanzato...la settimana prima, era riunita a tavola a mangiare la frittata
al mascarpone i famosi broccoletti "alla cacciatora" ed infine come dessert
il panettone con i calamari. Dopo una bella scorpacciata, Eligio, Basilio
ed Ettore presero in disparte Juccia.
Basilio:"O' Juccia, semo incontrato Natassya e issa ha ditto
che t'ha visto con Sergio Collarata e isso te toccava o' culo! Ninné
vero?" (Cara Juccia, codesto dì abbiamo incontrato Natassya e ci
ha raccontato di averti vista in compagnia di Sergio Collarata in atteggiamenti
che non si addicono alla tua persona. Tutto ciò non corrisponde
a verità?).
Juccia:"Mannaggia Sant'Eustacchio, che credete a tutte le strunzate
che dice chella zitellona de Natassya? (Per dindirindina, considerate vera
ogni parola che fuoriesce dalle labbra di Natassya, donna ancora non maritata?).
Ettore:"Senti Juccia, noi se stamo zitti con mammeta e patto
perchè le cose le mettemo noi a posto! (O cara Juccia, noi tutti
lascieremo i nostri genitori all'oscuro di questa faccenda poichè
democraticamente abbiamo deciso di trovare una soluzione con le nostre
mani.).
Juccia fu presa dal panico, ma lo sbaglio più grande fu non
prendere alla parola i suoi tre fratelli. Difatti il giorno seguente i
tre fratelli andarono a cercare Sergio per schiarirgli le idee: i tre fratelli
di Juccia lo gonfiarono talmente de mazzate che dopo la polizia per riconoscerlo
dovette prendergli le impronte digitali. Egli fu percosso con delle grosse
clave, ma gli fecero più male quando gli tagliarono le unghie delle
mani e dei piedi e gli estrassero i peli dal naso.
Fine ottavo capitolo.
La gioia dei fratelli di Juccia durante
una festa paesana.
CAPITOLO 9
"La fuga"
A questo punto della storia, in un momento di vera insulsaggine e di
integerrimo sbandamento, i due nostri amanti integamano l’idea di fuggire
in un’altra località dove poter trovare gratificazione nonché
gratitudine. Così i due convengono unanimemente con l’identificare
con Roccasecca dei Volsci, noto altopiano dell’Agro Pontino, il loro luogo
ideale. Il piano per fuggire è quasi completato, mancano solo dei
piccoli dettagli. Infatti i due partiranno domani notte a bordo dell’Ape
Cross di Sergio, faranno un’unica lunga sosta a Vallemarina a casa di un
vecchio compagno di scuola di Sergio ma non perché non si vedono
da tanto tempo ma solo con lo scopo di scroccare qualcosa da mangiare.
Difatti le loro uniche scorte alimentari sarebbero un kilo di mozzarella
di bufala da degustare durante il tragitto con un aperitivo. Una volta
giunti a Roccasecca dei Volsci, Sergio suderà 7 camicie per trovare
un lavoro e, dato che di camicie ne ha solo una, puzzerà un bel
po’. Nel frattempo la nostra Juccia non resterà a guardare, bensì
cercherà un posto da hostess o meglio ancora da invaginatrice di
struzzi. I due sanno che i primi tempi non saranno facili ma soprattutto
sanno anche che non avranno il bagno per un po’ e quindi la loro pelle
ne risentirà un po’. A questo punto tutto sarebbe pronto se non
fosse per i loschi pensieri che turlupinano la glutinata testa di Juccia.
Ella, infatti, è alquanto insicura riguardo al viaggio, ma basta
una sola frase di Sergio che ogni dubbio è dissipato.
Sergio:”Juccia, se rimanemo qua quegli strunzi de tua fratelli
me rigonfiano de botte come una zampogna”. (O Juccia, se perseveremo a
rimanere in codesto luogo, i tuoi 3 fratelli, i quali non nutrono molta
amicizia nei miei riguardi, mi pesterebbero nuovamente). Dopo queste parole
si alza un alone di silenzio prontamente rotto da Juccia che impetuosamente
del culo fa trombetta (emana con veemenza un peto). E così con questo
suono di chiusura, Juccia si congeda dal suo amato.