IL "Fai da te" Ma perchè?
Lizia Dagostino - Gazzetta del Mezzogiorno del 12 Settembre 1992
Un salto in libreria, per abitudine, per convinzione e per star più freschi. Il mercato editoriale offre, fra l’altro Come creare una rete di relazioni e rapporti per avere successo: peccato! possibile che non si possano avere relazioni e rapporti solo per simpatia? Come indurre gli altri ad agire a modo vostro: ci presteranno gli occhi e le mani magari già intrecciate, di Casella? Come gestire intelligentemente i propri subordinati: visto che siamo tutti subordinati di qualcun altro, forse, non è il caso di rivedere il concetto di subordinazione, prima di tutto? Come gestire i propri affari e vivere felici: vivere felici, cioè, facendosi i fatti propri? Come essere una donna e salvare la pelle: questo me lo compro di sicuro, non si sa mai...
Ci scusino, gli autori, prendiamo in prestito, per le nostre riflessioni, solo i titoli di libri che, nei contenuti, sicuramente, sono di supporto e valido aiuto per affrontare le odierne problematiche lavorative. Il fatto è che siamo stufi, non ci importa più che qualcuno ci insegni come fare una cosa, come imparare un’attività, ma vogliamo capire perché farla, vogliamo scoprire il perché delle nostre azioni, ormai troppo abusate, copiate, stereotipate, a servizio, sempre, di qualcun altro, il capo, la famiglia o di qualcos’altro, il successo, il denaro, il potere.
Sono innumerevoli i manuali «fai da te», a volumi, a dispense e i seminari su come imparare in cinque giorni a gestire il gruppo di lavoro, lo stress o il tempo. Come sempre, le esagerazioni sono da evitare: il tavolino da me costruito è bello ma non potrò certo venderlo come uno di Cassina e l’enciclopedia del marketing mi informerà ma difficilmente mi formerà tanto da potermi proporre direttore marketing in un’azienda. Ci vengono proposti corsi a favore dell’aerobica, dell’alpinismo, dell’agriturismo, dell’abbigliamento, delle acconciature, e corsi su come combattere l’alcolismo, l’alchimia, 1’aids, l’aggressività, per restare alla «A».
La verità, è che non sono gli strumenti e le informazioni che ci mancano, in questo mondo di macchine, di offerte e di corsi di formazione. Abbiamo bisogno di motivazioni che si fondino sulla comprensione del perché e del per chi si fa una cosa o si deve smettere di farla; abbiamo bisogno di affettività ed emozioni nei simboli ormai consunti che ci circondano. E’ questione di progetti, prima che di mezzi. E’ come salire su di un’auto (e l’auto, oggi, ce l’hanno tutti) e non sapere dove andare e perché.
Non è, questo, un invito al libertinaggio, ma alla scoperta della libertà, la libertà di scegliere di appartenere ad un’azienda, ad una persona, ad un progetto, ad un gruppo, di scegliere il fine per il quale imparare a fare qualcosa.
Questo è l’apprendimento dell’apprendimento, è ciò che ci hanno negato a scuola. Ci hanno insegnato come imparare il latino e il greco e noi volevamo sapere perché. Come fare l’Europa unita, e noi continuiamo a chiederci perché. Ciò che è imposto dal di fuori è destinato a fallire, ciò che nasce da un’esigenza interna, dà alla persona la forza di agire e non solo la rabbia di reagire, la capacità di inventare e di inventarsi e non solo la modalità di rattoppare.
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